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Autore: Nene_chan    20/08/2011    0 recensioni
Bene... avverto tutti quati che questa è una fanfiction EROTICA. Sono costretta a inserirla nei rating arancioni, in quato non potrei visualizzarla se la metessi assieme ai reting rossi.
Avverto anche che non sarà l'unica fanfic che farò su di loro e la maggior parte saranno appunto erotiche.
I due personaggi, Ioru e Rin, sono nati dalla collaborazione della mia mente malata e dalla mia mano. Infatti sono nati entrambi come personaggi di un breve manga che avrei voluto realizzare.
- Ho capito, va bene. Allora ti ci vorrà tempo, eh? - disse scostandomi il ciuffo dall’occhio sinistro e portandomelo all’indietro, arruffandomi.
Devo confessarvi un'ultima cosa: m'imbarazza un po' pubblicarla!
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Rimascemmo nel primo decennio del ventunesimo secolo, pressappoco una trentina d’anni dopo la nostra epoca originaria. La nostra età, però, non cambiava mai: io avevo diaciannove anni, lei quindici; frequentavamo la stessa scuola, solo due classi differenti: io stavo finendo la terza superiore e lei finiva l’ultimo anno di medie.
Oh, a proposito, io sono Ioru e, in quella vita, di cognome mi chiamavo Kuregawa –a causa della mia natura di demone il mio cognome varia di volta in volta- e la “lei” di cui parlo è Rin Toshima, la mia padrona e la mia… ehm… ragazza.
Siamo sempre vissuti assieme, sotto lo stesso tetto che, inizialmente, era un tempio shintoista. Anche in quella vita vivevamo insieme, avevamo un’appartamento sul mare, niente genitori, solo noi. Ci siamo sempre bastati.
Quel dannato pomeriggio, Rin mi aveva proposto di… giocare con il sesso.
Dato e considerato che ormai, se fossimo cresciuti normalmente, avremmo avuto un centinaio d’anni, quasi, era normale fare certi giochi d’intrattenimento, no..?
Accettai, quindi. Avevamo già fatto cose di quel genere. Ma mi accorsi solo quando mi ordinò di spogliarmi che avevo fatto un grande errore.
Il protagonista del gioco ero io. Con la scusa che dovevo fare il cavaliere avevo sempre ‘lavorato’ solo io e non mi ero mai lasciato fare qualcosa. In realtà, però, la motivazione era un’altra. Io… io mi… ecco… forse è meglio che vi racconti com’è andata.
 
Dopo che ebbi accettato mi ordinò di spogliarmi. Completamente. E Dio solo sa quanto può essere perfida se si arrabbia, perciò fui obbligato a farlo.
Mi spogliai davanti a lei che a sua volta di stava spogliando. Non capivo bene perché, ma in un certo senso ne fui pure rincuorato. Una volta nudi, uno davanti all’altra, mi fece mettere in piedi di fronte al nostro letto -sì, dormiamo assieme, ma non abbiamo mai fatto l’amore, nel caso foste curiosi-  e lei ci si sedette sopra a gambe incrociate.
Le chiesi che voleva fare esattamente, ora. E lei, con un sorriso furbo, mi guardò.
Alzandosi mi baciò, schiusimo entrambi le labbra e le nostre lingue  giocarono e si rincorsero, come sempre. Si staccò lentamente.
- Cosa credi che voglia fare, scemo? - mi chiese di rimando. Se a lei appariva ovvio, a me per nulla. Posò lo sguardo sul mio sesso. - Prima di tutto però, ti devo far eccitare. - mormorò tra sé, ma io riuscii benissimo a sentirla.
La guardai con sguardo smarrito mentre iniziava a leccarmi poco sopra l’ombelico e poi giù, fino al limite che sancivano i fianchi e di nuovo su e giù ancora. Quel contatto strano mi faceva rabbrividire, era curioso come poteva essere eccitante anche quel piccolo stimolo.
Stanca di quel circolo vizioso, si mise in ginocchio e, con la lingua, iniziò a torturarmi i capezzoli che subito si intorpidirono. Pian piano stavo reagendo, mi stavo eccitando e, fin lì, non avevo problemi. Mi ero spesso eccitato giocando con lei a quel modo.
Di nuovo si sedette e guardò il mio sesso. Alzò lo sguardo e la vidi, la sua espressione perversa, mi fece quasi paura. Ora avevo capito cosa voleva fare.
Vi posò la lingua, alla base, per poi risalire fino alla punta e leccarlo in un movimento circolare. Mi venne la pelle d’oca e mi concentrai sul fruscio delle onde, fuori dalla finestra aperta.
Quando lo prese in bocca, mi allarmai.
- R-Rin, aspetta… ti prego… fermati… - la supplicai in un ansimo, cercando di fermarla mettendole una mano sulla fronte e una sulla spalla. Ma lei imperterrita continuò. Dalla base alla punta e viceversa. E ancora, ancora… - Rin, basta! - le urlai. Non resistevo più e… e non volevo. Non volevo venire nella sua bocca. Il mio problema in sostanza… era questo.
Mi sentii svotare all’improvviso. Guardai Rin, che si era fermata di colpo. Era rossa in viso, ma sembrava avere un’aria soddisfatta. Stacco la bocca dal mio sesso e, lasciandola socchiusa, fece scivolare sulle lenzuola il mio seme. Arrossii violentemente e, non saprei ben dire che espressione potevo avere in viso, ma distolsi lo sguardo. Mi sentivo ferito.
- I-Ioru? - mi chiamò per avere la mia attenzione, ma io non la guardai, il mio sguardo era fisso a terra, sul parquet ambrato.
Mi lasciai cadere sul materasso e lei mi prese tra le braccia, una mano tra i miei capelli e una sulla schiena mi strinse dolcemente.
- Oh, Ioru… - sussurrò piano. E questa materna dolcezza improvvisa, mi fece sentire in colpa.
Affondai il viso nel suo seno morbido e formoso, per la sua età, una mano a strigere il suo braccio, il corpo abbandonato sulle sue gambe. Mi sentivo come un bambino. Una lacrima sottile e salata mi rigò il volto e andò a cadere sul petto nudo di Rin e scivolò giù.
- Il mio randagio… - sussurrò ancora. - Mi dici che cos’hai? - chiese dolcemente.
- Gh… - soffocai un singhiozzo. Che sciocco che ero… piangevo esattamente come un bambino che, sentendosi grande per piagere con la mamma, soffocava i singulti. - Rin… Rin scusami. Io… non so come spiegartelo. Ecco, mi… io… - iniziai, sussurrando, ma la voce mi si spense in gola. Presi un respiro profondo. - Mi vergogno. - conclusi tutto in un fiato, arrossendo e nascondendo di più il viso tra i suoi seni.
- Ti vergogni? Ioru… non essere ridicolo! Che dovrei dire io che sono sempre stata la protagonista dei giochi? Nuda davanti a te… nuda e imbarazzata. - rispose indignata. Queste parole mi ferirono, quasi.
- Rin… io sento anche d’averti sporcata. Tu non capisci… - scossi il capo. - …è come se la mia erezione t’avesse sporcata… io… io... - mi bloccai ancora.
- Non mi hai sporcata, stupido. Primo perché sono stata io stessa a volerlo. Secondo perché io ti amo e… e credo che anche tu lo faccia. Quindi è giusto fare questi giochi. - mi rassicurò. - Bè, messo tra parentesi, dovremmo pure essere sposati da un  bel po’, in realtà. Ma la nostra età non ce lo consente, qui in Giappone. Ciò per dire che è una cosa del tutto lecita. - aggiunse.
La guardai dal basso. Allora, se avesse potuto, avrebbe davvero accettato di sposarmi… sorrisi appena, felice di ciò.
- Rin, il problema maggiore è il fatto che io mi vergogni… -
- Di cosa, tesoro? - mi interruppe.
- N-non chiamarmi così, però, sai che mi imbarazza… - arrossii un poco. Poi continuai: - Mi vergogno di essere venuto. È quest’azione involontaria di per sé che mi mette a disagio. - dissi soffocando la voce sul suo petto.
- I-Ioru, praticamente tu ti vergogni d’essere un maschio?! - mi domandò sconcertata.
- No! Io sono felicissimo di essere un maschio! - urlai. - E poi… - aggiunsi ancora, a mezza voce - …anche le femmine vengono… -
- Arriva al punto. - mi ammonì.
- Il punto è che mi vergogno a venire. È questo! Se sapessi il perché credo che non mi darebbe nemmeno più tanto fastidio farlo davanti a te, non credi? - ribattei vagamente irritato.
Spostò la mano con cui mi tratteneva la testa e mi accarezzò la guancia con delicatezza.
- Ho capito, va bene. Allora ti ci vorrà tempo, eh? - disse scostandomi il ciuffo dall’occhio sinistro e portandomelo all’indietro, arruffandomi.
- S-sì… credo di sì. -
Si alzò, adagiandomi sul materasso e se ne uscì dalla stanza. Rimasi immobile, intontito per un momento, poi mi alzai, mi misi i jeans e la seguii.
Si era spostata in cucina, stava trafficando al piano di lavoro. Non vedevo cosa stava facendo esattamente, aveva indossato il grembiule senza vestitirsi, direttamente sul corpo nudo. Mi avvicinai e da dietro le circondai la vita con le braccia e appoggiai il mento sulla sua spalla. Ora vidi cosa stava facendo: aveva tagliato il medio a un guanto in lattice. La guardai di traverso e misi le mani sopra le sue, fermandole.
- Lascia stare, ti prego. - le sussurrai. - Non è necessario nulla di ciò che stai facendo… -
- Ma… sarebbe la soluzione al problema, no? -
- No, affatto. Sarebbe solo rimandare tutto. Davvero, non è necessario, lascia stare. -
- Va bene! - sorrise, alzando le braccia in segno di resa e voltandosi verso di me. Mi abbassai un poco e lei si alzò in punta di piedi, per colmare la differenza d’altezza eravamo costretti a ciò -ci separano circa trentacinque centimetri- e le nostre bocce si sfiorarono, si toccarono e si schiusero in dolci baci che mi fecero scordare dell’imbarazzo di poco prima.
 
Mi vergogno tutt’ora di questo. E, a dirla tutta, è anche una cosa coerente analizzando il mio carattere schivo e brusco. Ma giocando, sto comunque cercando di superare tutto, pian piano… ma è dura.
La seconda volta che giocammo, mi resi conto che stavo per venire e cercai di scostare Rin, ma lei è tutt’ora così ostinata… venni con un urlo soffocato e arrossii ancora violentemente. La terza già fu un po’ meglio. Con il tempo e l’esercizio si migliora… no?
R-Rin… però ora ti… ti… prego, smettila!

  
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