1.
Edmund
Quando
si cresce, si sa, si cambia.
Si
devono prendere delle decisioni, ed essere responsabili.
Ma
la mia strada non mi era ancora chiara. Tra Susan e mia madre che mi dicevano
d’evitare di andare al college, e mio fratello Edmund che mi esortava a fare
ciò che più ritenevo giusto per me.
Lui,
invece, aveva già deciso cosa fare. Sarebbe diventato un grande avocato. E
finita l’estate sarebbe partito per Manchester in una facoltosa università.
Non
sarebbe tornato se non per le vacanze natalizie.
Ma
in quel momento. Quando l’estate era appena iniziata non pensavo alla sua
partenza.
Non
lo trovavo importante...o meglio ero troppo disorientata nei miei problemi che
tutto il resto mi sembrava inutile.
Come
quel giorno... Quando tutto iniziò...
Edmund
quel giorno stava seduto in cucina, con il capo chino su un libro
particolarmente grosso e complesso.
Stava
studiando per arrivare al college almeno un po’ preparato.
Io
stavo di fronte a lui con aria stanca. La matita che ondeggiava tra l’indice e
il medio e gli occhi fissi sulla finestra.
Ero
stanca per davvero, la notte avevo constanti incubi che mi facevano dormire poco
e male. Non ne avevo parlato con nessuno dei miei fratelli. Non lo trovavo
giusto e comunque erano delle sciocchezze.
Però
ad Ed era difficile nascondere qualcosa.
Era
di un anno più vecchio di me, e talmente intuitivo che non si poteva far altro
che abbassare gli occhi e sperare di non fargli sapere ciò che t’inquietava.
Era diventato così da quando fu proclamato re a Narnia.
Edmund
il giusto, veniva chiamato così.
Poi
eravamo tornati a casa. Nel nostro tempo, ancora bambini, con tutta la vita
davanti a noi.
E
lui era rimasto così sempre.
Ogni
tanto, lo devo ammettere, perdeva le staffe, come quand’era durante la guerra.
E
anche quel giorno, nonostante i lunghi capelli che gli scivolavano davanti gli
occhi, e il capo chino mi capì.
“Cosa
c’è che non va?” Mi chiese.
Mi
voltai di colpo, mi ero dimenticata della sua presenza.
Teneva
le mani diafane sul tavolo. Senza muoverle. Erano nascoste da maniche
lunghissime di una larga camicia bianca.
“Nulla...”
avevo sussurrato spostando la mia attenzione sul libro di matematica.
Lui
non si mosse e non disse nulla.
Alzò
solo lo sguardo penetrante, che chiunque poteva vedere dietro la nera frangetta.
Sentivo i suoi occhi su di me...o meglio sulla matita che ancora giocava tra le
mie dita.
Non
so dirvi quanto passò, ma per me fu tanto.
Poi
la sua voce matura mi destò dal mio tentativo d’ignorarlo.
“Andiamo
a fare due passi.”
E
così senza che accettassi, nel giro di pochi minuti mi ritrovai affianco a mio
fratello sul sentiero che portava al fiume.
Edmund
si era portato la frangetta dietro le orecchie, liberando il suo bel volto. La
camicia gli ricadeva comunque sul corpo esile come stropicciata, e i lunghi
pantaloni color cenere sembravano usciti da un campo di battaglia.
Nonostante
il carattere cambiato, mio fratello aveva comunque tenuto la sua aria trasandata
e infastidita.
I
suoi passi sembravano annoiati.
Non
parlava molto, da qualche anno. Da quando Narnia ci aveva chiamato l’ultima
volta.
Ma
gli dava un senso di mistero che alla mia cara amica Winnifred piaceva tanto.
Arrivati
al lago ci fermammo.
Peter
stava lì con un suo caro amico e Susan.
Non
ci avevano invitati proprio per evitare di dare fastidio ai loro grandi
discorsi...e perché l’amico di Peter non sopportava Ed.
Nostro
fratello ci notò.
Come
sempre vestito in maniera impeccabile.
Come
sempre con i corti capelli e fisico da nuotatore.
Salutò
con la mano, esitante.
Edmund
invece gli diede le spalle.
Forse
tanto saggio non è...
Pensai così quel giorno. Non avevo capito che nel suo gesto, che mi sembrava
scortese, c’era tutta la sua buona fede per non fare un torto a Peter.
E
quando vidi Ed ritornare sui suoi passi, capii che la passeggiata era finita.
Lo
seguii mesta e quando entrammo a casa, mio fratello entrò nella proprio stanza.
Per il resto del giorno non lo vidi.
Edmund
era fatto così.
Era
strano.