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Autore: Scar    21/08/2011    0 recensioni
[Alles was zählt] Fan fiction in 8 capitoli che tiene conto, non degli ultimi spoiler, ma solo degli episodi correnti fino a metà luglio. Come sarebbero andate le cose se, una volta fallito il Centro Steinkamp, Roman avesse deciso di lasciare Essen e cercare la sua fortuna altrove? Avrebbe dimenticato Deniz per sempre?
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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7/8

*

Quando Deniz dormiva dava la sensazione di essere molto più giovane di quanto fosse in realtà, molto più cucciolo e molto più innocente. La bocca leggermente aperta e quel lieve russare che, anziché disturbarlo, gli aveva regalato sempre una soffice sensazione di pace, come una ninna nanna cantata in punta di voce.
Roman sollevò il busto, puntellandosi sul gomito.
E mentre lo guardava, ripensò alla sera precedente e a come fossero finiti a letto insieme.
Non era sorpreso: l'aveva desiderato dal primo giorno e, nonostante il complicarsi della situazione, l'aveva desiderato sempre di più.
Dopo il film erano finiti a pomiciare in auto come due adolescenti. Lui, all'inizio, aveva mostrato un po' di reticenze, ma i metodi usati da Deniz si erano rivelati piuttosto persuasivi, e non aveva saputo rifiutarsi.
Calcolò che poi avessero percorso la strada a 100, forse 120 km/h, e questo stava a significare solo che Deniz lo desiderava almeno quanto lui. L'auto parcheggiata senza cura, la porta d'ingresso chiusa con un calcio, e loro due a spogliarsi e a baciarsi, senza preoccuparsi di accendere la luce, né tentare di raggiungere il divano o la camera da letto. Un istinto animale che aveva acceso quella serata, come pure la notte che n'era seguita. Era davvero difficile poter dare una connotazione romantica a qualcosa che di romantico non aveva nulla, e tutto a causa di un desiderio represso troppo a lungo.
Chiuse gli occhi, e si adagiò sulla sua spalla. Deniz si mosse nel sonno e si girò verso di lui, circondandolo con un braccio.
Roman si chiese se Deniz si rendesse conto, in quel momento, di chi avesse al suo fianco; forse immaginava qualcun altro. Il dubbio gli attanagliò le visceri in una morsa di fuoco. Poi gli vide aprire faticosamente gli occhi e regalargli un gran sorriso.
“Ehi!” si sentì dire da una voce roca, per poi essere baciato sulla punta del naso.
Il fuoco e i dubbi dentro di lui si dissolsero come nebbia.
“Ehi!” gli rispose.
Aveva preso a baciarlo sulle labbra, quando un rumore sordo, proveniente dalle profondità dello stomaco di Deniz, interruppe l'idillio di prima mattina. Entrambi cercarono di ignorarlo.
Con uno scatto Deniz fu sopra di lui e cominciò a baciargli il petto. Il suo stomaco protestò di nuovo e ancora più vigorosamente.
“Cristo” sospirò, guardandolo con aria seccata. “Vado a preparare la colazione” concluse, mentre con un balzo scendeva dal letto.
Roman lo vide uscire ancora nudo dalla stanza e si chiese se si fosse destato del tutto.
Deniz era sempre stato abbastanza pudico e, in passato, nemmeno una volta l'aveva visto girare completamente nudo per casa. Non che la cosa gli desse fastidio, attualmente. La familiarità di quella sua fame incontrollabile dopo aver fatto sesso, inoltre, gli regalò un vago senso di tranquillità, come un oggetto caro che credeva perduto e che invece era sempre stato lì, nel solito posto.
Si stiracchiò a lungo nel letto, un sorriso dipinto sulle labbra che non sarebbe andato via nemmeno se glielo avessero voluto strappare a forza. Infine, decise di alzarsi a sua volta e fare una doccia veloce prima di colazione. I suoi indumenti, ovviamente, dovevano essere dispersi in qualche punto tra l'ingresso e il soggiorno, così uscì dalla stanza nell'identica mise di Deniz. Solo quando si trovò all'esterno capì che non era stata una buona idea: a braccia incrociate sul petto e con un sopracciglio ferocemente arcuato, Vanessa si stagliava di fronte a lui.
Delle mutande gli volarono dritte sul volto e lui si affrettò a indossarle, Il piccolo Michael era alle prese con il telecomando della tv e Deniz, a pochi passi, con addosso solamente un grembiule recante una frase che dava adito a più di un'interpretazione: 'I AM THE BEST!'
“Avevo dimenticato che saresti venuta” spiccicò Deniz, mentre si grattava un orecchio per l'imbarazzo.
“Evidentemente” puntualizzò la ragazza, fingendo un'aria offesa ma che a stento tratteneva una risatina. Guardò Roman di sottecchi al principio; poi, allargò le braccia di scatto regalandogli un luminoso sorriso. “Sei l'ultima persona che mi sarei aspettata di trovare qui”.
Roman le andò incontro e l'abbracciò, evitando di domandarle chi si sarebbe aspettata di trovare al suo posto.
“Non ti chiedo se stai bene. Si vede” gli disse, allontanandolo da sé e squadrandolo da capo a piedi “Wow!”
“Anche tu... cioè... ti trovo in forma”.
“Si fa quel che si può” replicò lei, mimando la posa di una modella, oversize in quel caso. La ragazza poi si rivolse a Deniz, lanciandogli il sacchetto con le brioches ancora calde, che lui prese al volo.
“Okay! Vado a fare un giro con Michael. Vi basta mezz'ora per rendervi presentabili?” concesse, facendo slittare rapidamente gli occhi dall'uno all'altro.
“Oh... certo” rispose Roman, dopo una breve pausa.
“Fa pure con comodo” aggiunse Deniz.
“Michael, honey! Come here!”
Il bambino si alzò quasi di scatto dal tappeto, dove un attimo prima stava rovistando tra i suoi giochi, e raggiunse velocemente la mamma, davanti allo sguardo stupito di Roman. Infine, uscirono entrambi.
“Mi vengono i brividi al pensiero che Vanessa diventi sempre più somigliante a Simone Steinkamp. Povero bambino” sospirò.
“Qualcuno deve pur portare i pantaloni in casa” ironizzò Deniz, stringendosi a lui e prendendo a baciargli il collo.
“Ehm... non per fare il guastafeste” esitò lui, mentre la mani di Deniz s'infilavano tenacemente sotto l'elastico delle mutande. “Ma credo che dovremmo lavarci, vestirci e renderci presentabili”.
Deniz annuì. “Tra mezz'ora, certo”.
Lui lo guardò accigliato. “Ma non eri affamato?”
“Da morire” rispose, prima di catturargli le labbra tra le sue.

E dopo mezz'ora, o poco più, si ritrovò a fare colazione insieme a quella famigliola, dove lui era l'intruso e, ovviamente, a disagio; tuttavia, Deniz e Vanessa avevano insistito fino allo sfinimento affinché restasse. Anche il piccolo Michael pareva avesse fatto i capricci purché gli cantasse di nuovo 'la bella e la bestia' con il Karaoke, sebbene ancora gli sfuggisse quando e con quali mezzi il bambino avesse esplicato quel suo desiderio.
E dopo la colazione, a base di musical e marmellata, loro due si ritrovarono di nuovi da soli, e di nuovo a letto.
In questo modo, in una versione breve ma dettagliata, Roman venne a conoscenza di tutta la vita di Deniz da quando si erano lasciati: l'avventura americana a Los Angeles, la convivenza con Nina e il ragazzo di lei, musicista emergente, il jet set, i party con le star di Hollywood, qualche piccola comparsa in un paio di film. Tutto quello che Deniz aveva desiderato per una vita, ma che era arrivato nel momento sbagliato. Niente di tutto questo lo entusiasmava da diverso tempo.
Ma a Roman premeva sapere altro, qualcosa a cui Deniz aveva accennato qualche giorno prima.
“E' vero che sei stato in terapia?” gli chiese, in tono preoccupato.
Deniz annuì.
“Perché?”
Lui sospirò, guardandolo con un'espressione seria in volto.
“E' accaduto dopo la nascita di Michael. Ero a Los Angeles per lavoro e Vanessa a Boston. Il parto è avvenuto in anticipo e io non ero presente. Li ho potuti vedere solo dopo due giorni e questa cosa mi ha steso”.
“In che senso?” chiese lui, accigliandosi.
“Ho cominciato a soffrire d'ansia. Non dormivo più la notte ed ero sempre distratto sul lavoro. E' stata Nina a convincermi a rivolgermi a uno specialista” ridacchiò. “A Los Angeles si va dallo psichiatra come se si andasse a comprare il latte”.
“Immagino” replicò Roman, confortandolo con un sorriso e una carezza. “E come è andata?”
“All'inizio è stato terribile. Stavo peggio a ogni seduta, tanto che mi ero rifiutato di ritornarci”.
“Sarà stata la parcella” intervenne lui per sdrammatizzare.
“Mi sentivo svuotato e allo stesso tempo confuso” continuò, guardando distratto un punto davanti a sé. “Tutto quello che avevo rimosso negli anni è tornato a galla in una sola volta e non riuscivo a gestirlo”.
“E poi ci sei riuscito?”
“In parte sì”.
Si voltò, guardandolo di nuovo.
“E quella cosa... riguardante Jessica?” chiese ancora, titubante.
Deniz alzò le spalle. “E' stato l'analista a dirlo. Io... davvero non lo so. Mi disse che fondamentalmente tendevo a controllare troppo le mie emozioni e le mie pulsioni, e che anziché affrontare i problemi, preferivo ricorrere alla droga o all'alcol. Allora mi sembrò assurdo anche solo restare ad ascoltarlo”.
Roman lo fissò in silenzio. Forse non avrebbe mai saputo il vero motivo per cui Deniz fosse finito a letto proprio con Jessica, ma quando era andato con quel Patrick era sotto l'effetto della cocaina, ed era stato insieme a Vanessa e ad altre decine di ragazze perché non accettava il fatto di essere gay.
“Però qualcosa di buono è venuto fuori da quelle sedute” riprese, scrutandolo intensamente negli occhi. “Ho imparato a dire quello che penso... be'... il più delle volte, e che è molto meglio non tenersi tutto dentro”.
“Tipo?” fece lui, incuriosito.
“Ad esempio” gli rispose, accarezzandogli il viso. “Non ti ho mai detto niente sul giorno in cui ci siamo conosciuti, allo stand di Annette.”
Roman sbatté le palpebre più volte, incredulo. Nemmeno sapeva che lui si ricordasse di quel giorno. Lui, invece, ce l'aveva marchiato a fuoco in testa. Gli erano suonate le sirene di allarme tutte insieme quando se l'era visto venire incontro; poi, quando lui si era girato per andarsene, notando che era perfetto dietro come davanti, scoprì di esserne perdutamente innamorato”.
“Avevo notato i tuoi occhi”.
La voce di Deniz gli arrivò come una carezza improvvisa. “I miei occhi?” fece Roman, ridendo. “Che cosa avevano i miei occhi?”
“Mi guardavano ed erano ... sono meravigliosi. E anche le tue mani. Sentii qualcosa quando ti strinsi la mano, ma... allora non capivo”.
“Desideravi che un uomo ti accarezzasse” aggiunse lui, ricordando le sue stesse parole. Così dicendo, gli sfiorò il viso lentamente e poi lo baciò.
Deniz rispose brevemente al bacio. “E poi dopo il party al N°7, quando mi hai baciato” continuò, “non facevo che pensare a te”.
“Odiandomi” intervenne lui.
Deniz sbuffò una piccola risata. “Odiavo il fatto di non riuscire a toglierti dalla testa”.
La sua espressione si corrugò e, d'un tratto, lo abbracciò di slancio.
“Ho aspettato per mesi che tu tornassi da me” disse, con una nota quasi disperata nella voce.
Roman si sentì preso alla sprovvista, mentre lo sentiva respirare in modo sconnesso. Chiuse gli occhi e si abbandonò completamente in quell'abbraccio che valeva più di ogni altra parola e – avrebbe potuto dirlo con sicurezza – molto più del sesso fatto fino a quel momento.

*

Se si fosse lanciato sulla pista per eseguire un triplo axel, Roman ci sarebbe riuscito al primo tentativo, perché si sentiva leggero come una piuma e camminava già a un metro dal suolo, con Deniz al suo fianco.
I provini furono lunghi ed estenuanti, essendosi presentati molti più aspiranti del giorno prima, dei quali alcuni completamente inadatti. Le selezioni però andarono avanti senza intoppi e lui già si pregustava un'altra serata a base di sesso e chiacchierate fino all'alba.
Gli sembrava tutto troppo bello per essere vero.
Dopo tre ore di selezioni, decise di tornare al loft, da Annette, per fare una doccia e cambiarsi d'abito, mentre Deniz aveva da sbrigare ancora delle faccende in ufficio prima della chiusura. Così si diedero appuntamento davanti all'entrata del Centro.
I consigli di Annette e le sue crisi isteriche su cosa indossare lo fecero ritardare di quasi venti minuti, e quando non trovò Deniz ad attenderlo, cominciò a temere che l'avesse mollato a causa del ritardo. Poi, in uno sprazzo di lucidità, immaginò che fosse ancora impegnato in ufficio ed entrò per cercarlo.
Una scena spiacevole, seppur vista un milione di volte, resta pur sempre una scena spiacevole. Soprattutto quando vengono fomentate le peggiori paure.
E quelle di Roman si concretizzarono tutte nei pochi istanti in cui vide Deniz abbracciarsi e baciarsi con quel Justin Google o Goblin, o come diavolo si chiamasse, a bordo piscina.
No. Non avrebbe mai potuto accettare quel genere di rapporto.
Tornò come un fulmine sui propri passi, respirando l'aria fredda della strada unito al gelo che gli aveva riempito in un istante il cuore.
Era stato tutto fin troppo bello per poter essere vero.
  
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