Scusatemi, ma questa fic non ha senso. Solo che ce l’avevo in testa, e
inaspettatamente mi sono ritrovata con carta e penna e tempo libero in mano e
in una notte l’ho scritta (poi c’ho messo novant’anni per betaizzarla, come al solito). Comunque non succederà
più. Volevo inventare più cose divertenti per questa shot, infilarci dentro segreti e aneddoti scompiscianti, ma
non ci riuscivo :I Quindi invece che tenerla in ostaggio per sempre sperando di
riuscire a scrivere cose che non sarei mai riuscita a scrivere, l’ho
pubblicata com’era e cippaminkia :I
Disclaimer: non mio eccetera eccetera
blah blah. Solo io penso
che l’ultimo capitolo di DGM sia strabellofantastico?
+ + +
«
in youth we learn; in age we understand »
+ + +
Timothy
Hearst è entrato da poco nell’Ordine, ma in sole tre settimane
riesce quasi a causare più danni di quanti ne causò a suo tempo Komurin II.
Quindi
molti. Troppi, per inciso.
È
importante, però, ricordare che Timothy ha nove anni. Di fronte alle
attraenti e avventurose prospettive che la sua Innocence
appena scoperta gli offre ben disposte su un glorioso, metaforico piatto
d’argento, poche cose riescono a tenerlo al guinzaglio – una di
queste è il generale Cloud Nine,
il tipo di donna capace di far collassare in pianti incontrollati gli uomini
più coraggiosi solo incrociando il loro sguardo, ma persino lei non
riesce a tenerlo sempre sott’occhio. È la sua maestra, ma ha pur
sempre i suoi impegni da generale da svolgere durante il giorno; tenere a bada
un bambino di nove anni ventiquattr’ore su
ventiquattro si rivela ben presto impossibile. Quindi capita che la severa Nine allenti la sua presa, di tanto in tanto.
E
così nei suoi primi giorni all’Ordine, tra un allenamento sotto lo
stretto controllo di Nine e una lezione nelle grinfie
di Emilia, Timothy si esercita clandestinamente nell’evocazione della sua
Innocence – che è un modo velato per
indicare l’attività, tendente alla scorrettezza morale, di
possedere i corpi altrui. Senza il loro consenso, naturalmente – Timothy,
con un ghigno degno di una iena africana, si dice tra sé e sé che
chiederebbe anche il permesso, ma questo implicherebbe la mancanza del fattore
sorpresa, fondamentale per l’invasione.
In
quelle sole tre settimane, grazie a Tsukikami – e ignorando adeguatamente le deboli
proteste che questi muove contro i suoi piani, esponendogli in un infinito
climax ascendente i motivi per cui tutto ciò sia non carino, da evitare, immorale, e altre cose da adulti che a
Timothy davvero non interessano –, Timothy riesce a possedere
praticamente l’intero Ordine.
Timothy
non è stupido: sa che possedere qualcuno con la sua Innocence
significa prendere il controllo del suo corpo e lasciare il proprio
completamente indifeso, e questo è un problema che va risolto. Sa anche
che, essendo appena arrivato, lui e il suo potere costituiscono una
novità, non molto conosciuta – svariati sanno cosa fa la sua Innocence, ma non sanno cosa vuol dire effettivamente
essere posseduti, e questo elemento
costituisce una differenza fondamentale. E Timothy ha intenzione di sfruttarla
a suo vantaggio.
Quando
mette a punto il suo piano – semplice, ma comunque perfetto – non riesce a trattenersi dal gonfiare il petto e
sorridere malignamente mentre saetta per i corridoi sui suoi Rollerblades fiammeggianti – suscitando a sua
insaputa quasi impercettibili brividi di inquietudine nella gente che scorge la
sua espressione.
Non
vuole rendere palesi le sue possessioni. Per far ballare il tango al corpo di Lvellie, o far lo svenevole con le poche donne dell’Ordine
con quello di Bookman, ci saranno tante occasioni nel
futuro, una volta che l’Ordine si sarà abituato alla sua presenza
e saprà cosa aspettarsi quando lui possiede qualcuno – niente di
tutto questo. Timothy per il momento vuole solo divertirsi per i fatti suoi:
visitare stanze private, scoprire segreti, vedere il mondo da prospettive
diverse.
Non lo
si fraintenda. Sembrerebbe quasi che Timothy sia una studioso affascinato dalla
psiche umana. Non esattamente – tutta la faccenda ruota pressoché
interamente intorno alla sua voglia di sfuggire all’insopportabile tedio
dei lunghi pomeriggi in cui Cloud Nine
sparisce dalla circolazione.
Comunque,
Timothy trova un piccolo ripostiglio in uno dei tanti corridoi, e con quello la
caccia ha inizio.
I suoi
primi tentativi vedono come vittima Yuu Kanda – davvero non c’è di che stupirsi.
Un po’ per vendetta, per l’avere minacciato di morte il suo corpo
inerte durante il loro primo incontro all’esterno
dell’orfanotrofio, che sembra ormai così lontano nel tempo anche
se non sono passate neanche due settimane; un po’ perché non ci
serve un genio per capire che Kanda è forte, e che tutti lo temono e cercano
di evitarlo, se possono – a parte qualche rara eccezione di cui Timothy
ancora bene non riesce ad afferrare il motivo: sospetta fortemente che alcuni
dei suoi compagni esorcisti abbiano tendenze masochistiche.
Comunque
sì, Kanda è una preda molto allettante,
e Timothy non vede l’ora di sperimentare come ci si sente nei panni del Demonio.
Ma dopo
tre giorni di tentativi ininterrotti, alcune serie minacce di menomazione ed
alcune effettive ferite da arma da taglio riportate un po’ in giro sul
suo corpo, Timothy capisce che sorprendere Yuu Kanda non è la cosa più facile del mondo;
decide di rimandare quella possessione. Non si arrende, perché Timothy Hearst non si arrende mai davanti a nulla, men
che meno davanti a un effeminato samurai dalla lingua tagliente che passa il
tempo a scuotere nell’aria il suo stuzzicadenti affilato.
Semplicemente
rimanda.
Così
cambia obiettivo, e la sua nuova vittima diventa Lenalee.
Non è una possessione esattamente programmata: durante un pranzo,
qualcuno gli chiede scherzosamente se ha mai pensato di possedere Kanda e la risposta è in effetti sì, guarda caso ha passato gli ultimi tre giorni a tentare di fare proprio
quello ma Kanda sembra non stupirsi davanti a nulla, quella
dannata femminuccia, spiega. E, nell’enfasi della spiegazione del suo
magnifico potere, procede con un brillante esempio – Emilia gli ha sempre
detto di fornire esempi validi quando vuole esporre un suo parere, quindi teoricamente non c’è nulla
di male nelle sue azioni, ed è anche vero che Lenalee
capita nel momento giusto al posto giusto.
E
possedere Lenalee si rivela un’esperienza
piuttosto interessante: non è cosa da tutti i giorni sperimentare il
corpo di una donna, per non parlare di una donna come Lenalee. Appena entra nel suo
corpo, avverte un peso insolito sul torace, un’inspiegabile linea di
pressione al di sopra delle costole, uno strano, lieve prurito alle caviglie e
una generale sensazione di maggiore nudità. Ma prima di poter apprezzare
appieno i soffici capelli neri e lisci che gli ricadono verso il mento e
muovere quelle gambe lunghe e toniche, le facce degli altri esorcisti intorno a
lui gli suggeriscono che c’è un pericolo in avvicinamento alle sue
spalle.
Gli
acuti dolori e la permanenza in infermeria durante la giornata successiva
– come anche il ricordo del rumore infernale dei trapani di Komui Lee – lo portano a concludere che Lenalee è off limits.
Così
il testimone passa a Link; già visto, già provato, ma Link
è un personaggio intrigante, seppur fastidioso. Perciò, dopo aver
nascosto il proprio corpo nel ripostiglio buio, Timothy cammina tranquillo in
giro, sperando ardentemente in un improvviso avviso di convocazione da parte di
Lvellie che lo metta al corrente di qualche
importantissimo segreto e che gli permetta di mettere in atto un qualche
strategico ricatto che lo faccia diventare ricco. Ma, con sua somma delusione,
la convocazione non arriva, così Timothy passa il tempo a esplorare i
contenuti dei suoi vestiti, ammirando le serie di affilati pugnali argentati e
i sottili fogli da incantesimo che si porta ben nascosti dentro la sua giacca.
Ma Timothy impara presto che un Link che non segue Allen come un cane da
guardia è sospetto, quindi, preferendo una maggiore libertà,
passa a qualcun altro.
Si
dà il caso che quel qualcun altro sia Bak Chang, il caposezione della Sede Asiatica, ormai noto per
il suo vagabondaggio senza sosta e senza senso
tra le sedi dell’Ordine. Per un po’ è molto divertente,
visitare zone che sono dall’altra parte del mondo ed essere salutato da
sconosciuti che ogni tanto si avvicinano per chiedergli come vanno le cose in
Asia; ma quando gli impegni dovuti alla sua posizione iniziano a gravare
scomodamente sulle sue spalle, accompagnati dalla voce disperata del suo
aiutante e dalle vive proteste degli altri scienziati sotto costante stress, si
costringe a lasciare Bak al suo lavoro –
è senza dubbio un caso
l’abbandonarlo giusto in tempo per non testimoniare il calcio volante
diretto alla sua testa da parte di una ragazzina dai capelli rosa che,
infuriata, grida qualcosa riguardo a un capo scemo e perditempo.
Timothy
decide di continuare nella Sede Centrale – e, anche questo, non ha assolutamente
niente a che fare con la ragazzina dai capelli rosa e le sue braccia a forma di lame. In fondo lui
starà lì per la maggior parte del tempo, è logico che si
informi sulle persone che abitano quella zona piuttosto che le altre.
Arriverà il momento in cui indirà missioni di perlustrazione
anche nelle altre Sedi, ma non ora – Timothy si rifiuta di riconoscere
come sua la voce terrorizzata che, nella sua testa, continua a ripetergli braccia a forma di lame.
C’è
questo tizio, all’Ordine, con cui Timothy non ha mai parlato, che
rappresenta una totale incognita. Si chiama Aleister Crowley III, e Timothy non può fare a meno di
pensare che un nome del genere non gli si addica molto. Sarebbe più
adatto a un autorevole barone impavido e tiranno, gli suggerisce la sua
fantasia, ma non a un tipo come Crowley.
Crowley è un personaggio
contraddittorio, Timothy pensa: ha un aspetto inquietante, che potrebbe mettere
in serio dubbio anche l’uomo più scettico sull’esistenza dei
vampiri – con il suo inspiegabile ciuffo di capelli bianchi, la pelle
tanto bianca da sembrare trasparente, le guance incavate, gli occhi infossati e
due arcate di sospettissimi
denti affilati come rasoi – eppure l’unico a spaventarsi, quando Crowley scivola silenziosamente per i corridoi seguito solo
dalla sua ombra e dal fruscio del suo lungo mantello nero, sembra essere lui
stesso. Con lo sguardo sempre impaurito, sussulta ad ogni minimo rumore e si
guarda sempre intorno con i modi di un animale braccato – e quello che Timothy
trova davvero divertente è che la gente che lo vede viene contagiata dalla sua paura. Sussulti
all’unisono e occhiate circospette non sono cosa infrequente intorno a Crowley.
Timothy
non lo vede spesso in giro, perciò ne deduce intelligentemente che passi
la maggior parte del tempo o nella zona di allenamento – da cui Timothy
si tiene ben alla larga, soprattutto da quando Kanda
ha scoperto dei suoi tentativi di possessione – oppure nella sua stanza.
C’è
da dire che Crowley è preoccupantemente alto, ma Timothy non avrebbe mai pensato di
provare un senso di vertigine nell’osservarsi i piedi – ma forse
non è per l’altezza. Forse è per il senso di sproporzione e
sottigliezza che avverte quando
guarda verso il basso, verso il suo corpo magro e slungato, su cui pelle e
muscoli sembrano stiracchiati come burro spalmato su una fetta di pane troppo
lunga per essere riempita a dovere.
La
stanza di Crowley si rivela più insignificante
del previsto. È spoglia, tetra, e l’unico pezzo di mobilia
presente, escluso il letto, è un piccolo armadio di legno contenente
altri noiosi vestiti neri e alcune paia di divise da esorcista.
Solo
dopo aver curiosato un po’ in giro, Timothy scopre qualcosa:
c’è una foto sotto al cuscino, una piccola foto sgualcita e
macchiata in più punti, che raffigura una donna in bianco e nero.
È davvero bella, pensa Timothy, una bellezza pari a quella di Lenalee o di Emilia, se non superiore. Non l’ha mai
vista all’interno dell’Ordine, perciò la sua mente si lancia
nell’elaborazione di più ipotesi contemporaneamente – mentre
una sensazione indecifrabile gli stringe il petto.
Nel
silenzio più totale, Timothy tiene la foto tra le mani, contemplandola e
sperando vagamente che, se il suo sguardo è abbastanza intenso, lui
possa carpire i suoi segreti, quando si sente un improvviso bussare alla porta.
Prima che possa rimettere la foto al suo posto, Timothy sobbalza per la
sorpresa e in un attimo abbandona il corpo, prima di far in tempo a riflettere
sulla situazione.
Quindi
alla fine l’esperienza con Crowley non si
rivela essere una grande avventura. Timothy, come suo prossimo obiettivo, mira
a qualcosa di più avvincente.
Non
conosce molto bene Lavi, lo strano ragazzo coi capelli rossi e la benda
sull’occhio, ma non gli ha perdonato la volta in cui ha fatto il
cascamorto con Emilia ignorando apertamente le sue minacce – solo lui è autorizzato a
infastidire Emilia, quel rosso non deve mai più osare guardarla in quel modo orrendamente sdolcinato. In realtà non farebbe male neanche sedare la sua
curiosità su quell’occhio coperto.
Perciò
medita una qualche losca vendetta, come quella di palpare di nuovo il seno di Lenalee o provarci con la sua maestra – sangue potrebbe essere sparso, molto
presto.
Una
volta posseduto, Timothy sguscia via dalla noiosa biblioteca e si aggira con
passo affrettato per i corridoi della Home.
Timothy
aveva previsto che vedere con un solo occhio sarebbe stato differente, ma tra
il prevederlo e lo sperimentarlo in prima persona c’è un certo
dislivello. Timothy si diverte a cercare di toccare dei punti precisi sui muri
di pietra alla sua sinistra e scoprire di non riuscire a mirarli esattamente al
primo tentativo. Sulla via verso i bagni – il posto più vicino
dove sa che ci sono degli specchi – va a sbattere contro alcuni angoli
che era sicuro fossero fuori dalla sua traiettoria.
La
prima cosa che muore dalla voglia di fare, vendetta a parte, è scoprire
cosa c’è sotto la benda. Non ci metterebbe la mano sul fuoco, ma
gli sembra di sentire qualcosa
muoversi nella sua orbita. Ma non vuole rovinarsi la sorpresa, quindi cerca di
resistere fino ai bagni.
Ma,
svoltato l’ennesimo angolo di pietra grigia, compare Allen, che cammina
sovrappensiero con lo sguardo rivolto verso il basso.
Timothy
pensa velocemente. Sa che i due hanno un’amicizia piuttosto stretta, e
sarebbe innaturale passargli di fianco facendo finta di non notarlo. Quindi,
sicuro di sé come solo potrebbe esserlo uno che è riuscito a
scamparla fin troppe volte nella sua vita, solleva la mano e saluta Allen.
Quello che non si aspetta è il sorriso di Allen quando
quest’ultimo alza la testa.
Timothy
ha nove anni e sa di comportarsi come il bambino che è. Ma solo pochi
sanno che quando vuole, Timothy sa essere un buon osservatore. E sa che quel
sorriso è qualcosa di diverso dal suo solito andrà tutto bene o il suo semplice ciao come va, nonostante non sappia cosa questo significhi di
preciso – troppo giovane, troppa poca esperienza, e lui sa anche questo.
“Lavi,
non eri in biblioteca a scrivere il rapporto?” E allora Timothy trova che
il suo sorriso assomigli a quello che ha quando oddio vi prego ditemi che quelle torte sono tutte solo per me, ma
in questa situazione non avrebbe molto senso, quindi Timothy abbandona quel
pensiero.
“Sì,
l’ho finito da un pezzo.” Sorride anche lui, cercando di conferire
al suo quella tipica incurvatura da sorriso beota.
Allen
gli si avvicina, guardandosi intorno per un attimo. “Beh, Link al momento
ha da fare… dovrei essere libero per un
po’… ti va di andare da qualche parte? Nella mia camera, ad
esempio?”
Un’altra
cosa di cui Timothy è ben consapevole, a suo malgrado, è che per
ora le sue doti emulative sono parecchio scarse. E per quanto l’invito di
Allen lo incuriosisca – perché non sembra esserci niente di
emozionante da fare in una camera, ma Allen lo dice con una sicurezza e uno
sguardo che gli fanno pensare il contrario –, mentalmente si prepara la
scusa più plausibile che gli viene in mente, pronto a defilarsi per
tornare alla sua missione originaria.
“Scusami,
Allen, ma ho saputo che c’è uno spiraglio che dà sul bagno
delle donne, devo andare a controllare se è vero!”
E
mentre si allontana al trotto con le lunghe gambe di Lavi, Timothy non
può fare a meno di notare l’ancor più strana espressione
dipinta sulla faccia di Allen, che rimane immobile come una statua al centro
del corridoio, e qualcosa nella sua testa, un vago presentimento che non riesce
a collocare, gli dice che ha appena fatto qualcosa che non doveva fare.
Nonostante
la sua mente gli dica che coscienza e responsabilità sono noiose robe da
adulti, Timothy non riesce a levarsi quella strana sensazione di dosso neanche
quando un calcio volante da parte di Bookman lo colpisce alla testa facendolo
schizzare via dal corpo di Lavi e ritornare nel proprio.
Ma
Timothy è un bambino di nove anni, e il grande di quel presentimento
svanisce con lo svanire dell’alba del giorno successivo.
Dopo
aver sperimentato il vedere da un occhio solo, Timothy si sente particolarmente
audace: cosa si prova ad essere ciechi?
Così
Timothy si lancia alla ricerca di Marie Noise. Marie
è davvero immenso, e a Timothy
è piaciuto fin dal primo incontro – magari dal secondo, dato che
nel primo stavano cercando di arrestarlo, ma comunque. La sua voce ha un che di rassicurante, e il modo in cui
non sembra in alcun modo limitato dalla sua cecità è conturbante.
Una
volta entrato nel corpo di Marie, tutto diventa nero. Il mondo a colori non
esiste più, ed è un unico e continuo accozzarsi di rumori e voci.
Nei primi secondi, tutto ciò che Timothy sente sembra un frastuono. Ma
poi, rimanendo fermo su un lato del corridoio, con gli occhi chiusi e la testa
appoggiata contro il muro, impara piano piano a
distinguere i suoni. E in quel momento, avvolto in quell’inusuale
oscurità e circondato dal rumore della pioggia che batte su vetri lontani,
Timothy avverte la netta sensazione di star invadendo qualcosa di profondo e
privato che non gli appartiene. Per la seconda volta ha la sensazione di star
facendo qualcosa di sbagliato, e a quel punto si chiede stizzito se non stia
crescendo troppo velocemente, perché il senso di colpa non è una
cosa da lui.
All’improvviso,
dei passi risuonano con chiarezza lungo le scale, e un ansito gli rimbomba
nelle orecchie.
“Marie,”
dice una voce incerta, che Timothy riconosce subito come quella di Miranda Lotto,
l’inquietante signorina dalle occhiaie pesanti che fa tornare indietro il
tempo.
Timothy
non sa bene cosa fare, quindi tenta. “Sì, Miranda?”
La sua
stessa voce profonda lo sorprende.
“Ti
stavo cercando,” dice Miranda, e Timothy riesce a percepire la cadenza di
ogni singola lettera, ogni respiro, tanto che gli sembra di
poter intravedere tra le righe di quel silenzio migliaia di parole non dette,
criptate secondo un codice a lui sconosciuto, e Timothy non è neanche
sicuro di voler riuscire a tradurlo. Ha uno strano presentimento.
“Volevo
dirti che…. Che io…
ecco, io…” E in quel momento, Timothy
vede con chiarezza, come fossero disegnate davanti ai suoi occhi con colori
fluorescenti, le emozioni racchiuse in quelle parole – preoccupazione,
incertezza e – e capisce.
Capisce che si trova nel momento sbagliato nella persona sbagliata, e con uno
strattone si tira via da quel corpo prima di poter sentire il resto della
frase.
Una
volta ritornato nel suo corpo, nel buio del suo ripostiglio non è
neanche sicuro di essere tornato dal corpo di Marie. Apre in fretta la porta
del nascondiglio e allora, mentre prende una boccata d’aria, gli infiniti
corridoi di pietra dell’Ordine non gli sono mai parsi così silenziosi
e apprezzabili, persino nella loro opaca e tetra luminescenza.
Timothy
si sente in vena di riflessioni – non è una cosa che succede molto
spesso. Nei suoi pochi anni di vita ha imparato a seguire il suo istinto di
bambino e non preoccuparsi di nulla, men che meno
delle conseguenze delle sue azioni, a chiudere la mente e continuare a causare
scompiglio come se quello fosse il suo unico scopo di vita.
Ma ogni
tanto – come quando scoprì che l’orfanotrofio rischiava di
chiudere, o quando si trattò di decidere se seguire gli esorcisti o meno
– capita che Timothy si senta in vena di riflessioni.
E
riflettendo, ammette a se stesso che forse quella strana sensazione che avverte
da un po’ di giorni è davvero senso di colpa, che ora non è
più solo questione di divertimento e curiosità e che, forse,
è il caso di smettere, che possedere i corpi dei suoi compagni per
scoprire i loro segreti e immischiarsi nei loro affari di vita non è
molto corretto – Tsukikami
evita gentilmente di dirgli te
l’avevo detto.
Capisce
anche, però, che il suo essere bambino è troppo forte e già
medita le possessioni del giorno dopo – Tsukikami rimpiange di non
avergli detto te l’avevo detto.
Ma una
cosa è certa, non si tratta più solo di divertimento. Ormai i suoi
sensi sono affinati, e nella settimana successiva possiede un po’ di
persone della scientifica – sono i più facili da sorprendere.
Inizia
a far caso a cose. Al modo in cui
ognuno sembra stremato intorno a lui, sommerso dai propri studi e ricerche; a
come, ogni volta che passa Lvellie, si levano sbuffi
di stizza malcelati e volano occhiate velenose; a come tutti insultano Komui Lee per il suo comportamento frivolo ma in
realtà si scambiano dei mezzi sorrisi tra di loro mentre lo scortano a
forza nel suo ufficio; a come tutti diventano tristi ogni volta che un
esorcista si allontana dalla Home per una missione ma non smettono di lavorare,
anzi, sembrano procedere con più accanimento di prima.
Timothy
nota molte cose, ed alcune di queste lo rendono più sicuro della sua
scelta di diventare esorcista. Nota molte cose, e pur non conoscendo il
significato di ognuna, le memorizza per un futuro in cui forse potrà
comprenderle.
E poi,
dopo aver ormai posseduto quasi tutti almeno una volta, tra esorcisti e
personale, ne rimane solo uno, a suscitare il suo interesse.
Allen Walker è una persona particolare, Timothy l’ha
capito dal primo incontro. Non solo per gli strani capelli bianchi da vecchio
che si ritrova all’età di sedici anni o per la cicatrice a
pentacolo sulla fronte, ma qualcos’altro.
Non sa spiegare in che modo è particolare – non è mai stato
bravo con le parole; lui vive di sensazioni indescrivibili e azioni caotiche
non molto assennate.
Si dice
che sia il più forte, eppure il più giovane, dopo di lui.
È quello con più cicatrici, ma quello che non si lascia mai
scoraggiare o intimorire, da nessun nemico. Generale a quindici anni, e il
nemico più odiato dal Conte in persona.
A
Timothy dispiace molto ammetterlo, ma qualcosa in Allen Walker
suscita in lui un certo timore reverenziale.
Quindi
non è un caso che sia rimasto l’ultimo da possedere –
nonostante l’abbia già posseduto una volta, ma quella non conta.
Timothy si sente così
cresciuto da allora.
Così
arriva finalmente il momento in cui Link si allontana a sufficienza, e in un
secondo il mondo gli appare da una visuale un po’ più elevata del
solito, e con la coda dell’occhio scorge alcuni ciuffi bianchi ricadere
sulla sua fronte.
Timothy
ha sentito alcune voci sul conto di Allen. Sul fatto che lui sia la
reincarnazione di uno dei Noah, che sia destinato a
passare ben presto dalla parte dei nemici, che prima o poi sarà la causa
della distruzione dell’intero Ordine e che i piani alti dovrebbero
provvedere subito al problema in qualche modo, in qualsiasi modo, l’importante è che loro abbiano salva
la vita, in fondo.
La cosa
strana è che Allen sembra completamente imperturbato da queste voci.
Sorride sempre a chiunque, non si arrabbia mai quando qualche stupido nuovo
scienziato gli punta il dito contro accusandolo di parteggiare per il nemico,
non batte ciglio quando Lvellie gli parla con quella
sua finta voce mielosa che trabocca disprezzo e superiorità.
E
Timothy si domanda spesso il perché.
Forse
Allen sa qualcosa che gli altri non sanno, pensa. Forse Allen sa che lui non è uno dei Noah, o che non c’è pericolo che il Noah prenda il sopravvento. Forse sopporta tutto questo perché
prima o poi dimostrerà a tutti questi idioti che si servono di lui per
difendersi dai pericoli del mondo che lui è indispensabile in questa guerra, e che saranno costretti a
pregarlo in ginocchio per ricevere il suo aiuto.
O forse
è soltanto stupido, e non si accorge del fatto che le persone che lo
odiano sono tante se non di gran lunga superiori in numero rispetto a quelle
che lo amano, vede solo quello che vuole vedere – ma Timothy ne dubita
profondamente, mentre, dirigendosi verso la stanza di Allen, sente su di lui
gli sguardi di molti, sguardi così intensi che teme che prima o poi gli
aprano dei fori nel tessuto del suo maglione.
Quando
non incontra più nessuno, si ferma, e chiude gli occhi. Tenta di sentire
se c’è qualcosa di anomalo dentro di lui, come una presenza
estranea, una tendenza omicida sospetta, qualsiasi
cosa – davvero non sa cosa spera di trovare. Una qualche prova, magari.
Ma non
sente assolutamente nulla. Per un minuto si concentra come poche volte nella
sua vita, ma l’unica cosa che avverte è l’innaturale
silenzio che regna in quell’ala della Sede. Quindi scrolla le spalle, e
si rimette in marcia.
Timothy
non sa cosa pensare di tutto questo, perciò decide di basarsi su quello
che lui sa. E quello che sa è che è in debito con Allen Walker per aver salvato l’intero orfanotrofio.
Arrivato
alla sua stanza, Timothy la esplora con attenzione, come ha fatto con quella
degli altri, in cerca di non sa bene cosa – ma qualunque cosa fosse, di
certo non è la quantità immonda di mazze ferrate, accette, zucche
essiccate e candele consumate che invece trova.
Alla
fine i suoi occhi cadono su uno specchio. Coglie l’occasione per fare
un’intera serie di smorfie facciali – si diverte parecchio, fino a
che non iniziano a dolergli i muscoli. La sua attenzione ricade allora sulla
lunga cicatrice scarlatta che gli percorre la faccia. Al tatto è
più liscia di quanto pensasse. Prova a sorridere uno di quei sorrisi che
Allen fa sempre, ma scopre di non riuscirci. Non capisce perché, ma c’è
qualcosa nel sorriso di Allen che lui non è in grado di riprodurre. Dopo
un attimo di pallida frustrazione, si stupisce per il fatto già
ammirevole di essersene reso conto, e si loda da solo – non molti bambini della sua età
sono acuti come lui, d’altronde.
Un
impeto di curiosità lo investe, e con un solo movimento si toglie il
maglione e lentamente comincia a sbottonarsi la camicia.
Ci sono
tante cicatrici lungo il suo petto, piccole strisce di pelle chiara che
sembrano quasi lucide sotto la luce della stanza. Poi vi è quella
cicatrice immensa, lungo tutto il torace, che si è procurato salvando
l’orfanotrofio. È una cicatrice inquietante, spessa e pallida, e
Timothy si chiede quanto male deve aver fatto e se anche lui da grande
potrà sfoggiare cicatrici del genere – da un lato pensa che siano
parecchio fighe, le ragazze amano le
cicatrici; dall’altro lato, riflette tra sé e sé, a lui
davvero non piace il dolore fisico.
Il suo
sguardo risale verso la spalla sinistra, dove si snoda la striscia di pelle
nera che unisce il braccio con l’Innocence al
resto del corpo. Timothy la trova un’arma affascinante, un braccio
staccabile e trasformabile in spada non lo si trova tutti i giorni –
anche se l’idea di staccarsi un braccio per combattere non lo alletta al massimo—e se poi la spada si rompe? O la perde? O
gliela rubano? Ma lui non dovrebbe davvero parlare, lui che lascia dietro di
sé il suo intero corpo.
Timothy
si immagina un Allen più giovane girare per le strade da solo a
spaventare i delinquenti con il suo braccio-spada – la vita doveva essere
stata facile per lui, poteva difendere splendidamente se stesso e le persone a
lui care.
O forse
quel braccio gli ha causato problemi come a lui gliene aveva causati la sua
pietra?
All’improvviso
si rende conto di sapere poco o niente su Allen, e questo fatto,
inspiegabilmente, lo disturba. Per un attimo ripensa alle occhiate della gente
nei corridoi e al cane da guardia di Lvellie e
vagamente realizza di essere un bambino relativamente
fortunato.
E
proprio mentre si sta riallacciando i bottoni della camicia, la porta della
stanza si apre e si richiude. Timothy si volta e rimane decisamente sorpreso
nel vedere Lavi, appoggiato contro la parete, che lo fissa con uno sguardo
indecifrabile.
“Beh,
hai già cominciato senza di me?” dice Lavi ghignando in modo
sinistro, e Timothy non risponde, perché non capisce di cosa Lavi stia
parlando.
In
realtà non fa neanche in tempo a chiederselo appropriatamente cosa
quello voglia dire, perché in un battito di ciglia Lavi si materializza
di fronte a lui e da lì, Timothy ha la sensazione di vedere tutto al
rallentatore. Il collo di Lavi si inclina, la faccia di Lavi si avvicina, Lavi
lo bacia.
Lo. Bacia.
Ora,
Timothy è un bambino di nove anni. Come ogni bambino di
quell’età, conosce un numero infinito di imprecazioni,
all’insaputa degli adulti, da utilizzare in qualsiasi situazione –
non sa cosa vogliano dire la maggior parte di queste; le conosce, e questo gli
basta. Ma all’orfanotrofio chi diceva parolacce saltava la porzione
serale di dolce, quindi Timothy è ben abituato a non utilizzarle.
Ma in
quel momento, solo le labbra di Lavi gli impediscono di eruttare quel fiume inarrestabile di imprecazioni che in un istante
gli invade il cervello impedendogli di pensare logicamente – la solida
diga della porzione serale di dolce
ormai completamente ridotta in frantumi.
Le
labbra di Lavi sono morbide e calde contro le sue, ma di questo a lui non frega
assolutamente nulla, nella sua mente
regna il caos più totale, e lo stupore gli fa perdere l’equilibro
sotto ai piedi. Barcolla all’indietro di qualche passo, fino a sbattere
contro la parete.
Lavi lo
segue, ad occhi chiusi, senza staccare le labbra dalle sue, e lo intrappola tra
sé e il muro. Le sue mani si posano sulla pelle del suo torso seminudo
ed esplorano ogni centimetro che trovano, liberandolo ulteriormente dalla
costrizione della camicia.
Timothy
continua a guardarlo pietrificato, con occhi così sgranati che teme gli
possano cadere dalle orbite da un momento all’altro. Nel panico generale,
non sa più cosa fare, non capisce cosa stia succedendo e non riesce a
trovare una soluzione logica per far smettere tutto questo. In realtà si
dimentica di essere nel corpo di qualcun altro – in un lampo lo sovviene
il ricordo di aver posseduto Allen poco prima, ma come è comparso, quel
ricordo svanisce, ripiombando nel tempestoso mare del suo caos mentale. Impossibile, pensa.
Ma
quando sente qualcosa di umido e strano sfiorargli le labbra, intrufolarsi tra
di esse e toccare la sua lingua, il
suo cervello esplode e in un attimo il
suo corpo si riattiva, ogni parte ritorna a funzionare correttamente.
Timothy
non si accorge neanche che quelle mani grandi si sono fermate sui suoi fianchi
e le labbra calde si sono allontanate, che una voce incerta gli chiede
“Allen, qualcosa non va?” quando lui alza una mano e tira il pugno
più forte che abbia mai tirato in vita sua, e
“Restituiscimi
il mio primo bacio, scemo!”
in un
secondo Timothy si allontana di parecchie decine di metri da quella stanza e si
ritrova ansimante nel solito ripostiglio buio.
Con gli
occhi ancora sbarrati, inizia a sputare per terra e a strofinarsi la lingua con
le dita.
“Mai
più,” rantola tra uno sputo e l’altro, “non
possederò mai più.”
+ + +
Ma
Timothy ha nove anni, e dopo tre giorni si dimentica del suo giuramento solenne
e torna a possedere con frivolezza la gente dell’Ordine, senza
risparmiare nessuno.
In poco
tempo scopre sempre più cose sulla gente dell’Ordine; notizie
lampo, segreti sconcertanti – fino a che quelli dell’Ordine
capiscono che non si tratta di un’epidemia
di amnesia temporanea con effetti imprevedibili sulla psiche, bensì
dell’Innocence di Timothy.
Dopo
tre settimane, Timothy può effettivamente dire di saper molte cose che
molti all’interno della Home non sanno.
Ma ci
sono altrettante cose che Timothy non sa, perché Timothy è un
bambino di nove anni e non si preoccupa troppo delle conseguenze di quello che
fa.
Quello
che Timothy non sa è che dopo aver posseduto Lenalee,
il direttore della Sede Centrale Komui Lee ha
iniziato a costruire una nuova e numerosa serie di Komurin
per poter difendere Lenalee alla prima minaccia
incombente, che è destinata nel giro di poche settimane a danneggiarsi,
impazzire e distruggere per l’ennesima volta gran parte
dell’edificio dell’Ordine.
Quello
che Timothy non sa è che dopo aver posseduto Howard Link, suddetto
agente ha iniziato a sospettare con più forza di Allen Walker, dopo essersi risvegliato in una stanza vuota senza
ricordare come c’era finito, e ha rafforzato la sua sorveglianza sul
ragazzo, rendendo ancor più difficile ad Allen godersi quel minimo di
vita privata concessagli.
Quello
che Timothy non sa è che dopo aver posseduto Bak
Chang, il caposezione della Sede Asiatica ha subito una
lieve contusione cerebrale a causa del calcio di una certa ragazzina dai
capelli rosa, che entrambi sapevano che in una normale circostanza avrebbe
evitato. Bak è rimasto a letto per due intere
settimane, una per un malessere vero che ha preoccupato persino Fou, l’altra per svogliatezza di recarsi al lavoro.
Quello
che Timothy non sa è che dopo aver posseduto Aleister
Crowley, l’esorcista ha creduto per svariate
settimane che lo spirito di Eliade tentasse di
comunicargli qualcosa, essendosi trovato all’improvviso nella sua stanza
con la sua fotografia in mano e le poche robe che possiede non
nell’ordine in cui lui le aveva memorizzate.
Quello
che Timothy non sa è che poco prima che possedesse Marie Noise, Miranda Lotto si era appena decisa una volta per tutte,
dopo sette mesi di travagliata crisi interiore, a confessare i suoi sentimenti
all’uomo, e vederlo svenire davanti a lei mentre si stava dichiarando
l’ha traumatizzata abbastanza da farle credere che fosse un segno del
destino, e che lei non debba trovare l’amore per nessun motivo al mondo.
Temendo che la sua sfortuna nera sia contagiosa, ha iniziato a evitare Marie
come la peste, non volendo arrecargli ulteriore danno – e attardando
così di qualche mese il loro fidanzamento.
Quello
che Timothy non sa è che dopo aver posseduto l’intera sezione
scientifica si è diffuso il timore di un’epidemia di amnesia temporanea, che è poi diventata la scusa
preferita di Komui Lee per i giorni successivi e
quindi la causa dell’aumento esponenziale di importanti documenti sulla
sua scrivania.
Quello
che Timothy non sa è che dopo aver posseduto Lavi, il giovane rosso ha
subito, senza comprenderne il motivo, la peggiore punizione che potesse
immaginare da Allen Walker: Allen non ha voluto
parlargli, toccarlo, baciarlo, fare nulla con lui, per un’intera
settimana. Ha continuato a rifiutarsi di avvicinarglisi,
giustificando la sua ira con ripetuti lo
sai perché, non fare finta di nulla! Idiota, sei un idiota! Vai a fare
il cascamorto da qualche altra parte! Ma Lavi davvero non sapeva il
perché.
Quello
che Timothy non sa è che ha posseduto Allen Walker
esattamente il giorno successivo a quello in cui Lavi e Allen hanno fatto pace
– la notizia dell’epidemia di
amnesia temporanea con effetti imprevedibili sulla psiche ha infine
raggiunto anche l’orecchio di Allen – e che quello era il primo
bacio dopo una settimana di sofferta astinenza da parte di tutti e due e che a
quello dovevano seguire altre
attività di coppia più stancanti – perché Timothy
non sa che non era un caso la fortuita assenza di Link intorno ad Allen quel
giorno. Quello che Timothy non sa è che, mentre accusava Lavi di aver
rubato il suo primo bacio, Lavi rantolava per terra dal dolore perché la
mano che l’aveva preso a pugni era per sfortunata coincidenza la mano
sinistra di Allen, che è un altro modo per dire ‘forza fisica
esponenzialmente più elevata rispetto al normale’.
Quello
che Timothy non sa è che la sezione scientifica non è stupida
come sembra, e che in pochi giorni, con l’utile apporto dei racconti
– in parte modificati – di Lavi e Allen, diventa facile fare due
più due.
Quello
che Timothy non sa è che forse farebbe meglio a iniziare a correre.