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Autore: Phantom_Miria    21/08/2011    5 recensioni
Timothy Hearst è entrato da poco nell’Ordine, ma in sole due settimane riesce quasi a causare più danni di quanti ne causò a suo tempo Komurin II.
Quindi molti.
Troppi, per inciso.
È importante, però, ricordare che Timothy ha nove anni. Di fronte alle attraenti e avventurose prospettive che la sua Innocence appena scoperta gli offre ben disposte su un glorioso, metaforico piatto d’argento, poche cose riescono a tenerlo al guinzaglio.

[Lavi/Allen] Timothy Hearst alle prese con esorcisti, scienziati e i segreti dell'Ordine Oscuro.
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro personaggio , Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Scusatemi, ma questa fic non ha senso. Solo che ce l’avevo in testa, e inaspettatamente mi sono ritrovata con carta e penna e tempo libero in mano e in una notte l’ho scritta (poi c’ho messo novant’anni per betaizzarla, come al solito). Comunque non succederà più. Volevo inventare più cose divertenti per questa shot, infilarci dentro segreti e aneddoti scompiscianti, ma non ci riuscivo :I Quindi invece che tenerla in ostaggio per sempre sperando di riuscire a scrivere cose che non sarei mai riuscita a scrivere, l’ho pubblicata com’era e cippaminkia :I

Disclaimer: non mio eccetera eccetera blah blah. Solo io penso che l’ultimo capitolo di DGM sia strabellofantastico?

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« in youth we learn; in age we understand »

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Timothy Hearst è entrato da poco nell’Ordine, ma in sole tre settimane riesce quasi a causare più danni di quanti ne causò a suo tempo Komurin II.

Quindi molti. Troppi, per inciso.

È importante, però, ricordare che Timothy ha nove anni. Di fronte alle attraenti e avventurose prospettive che la sua Innocence appena scoperta gli offre ben disposte su un glorioso, metaforico piatto d’argento, poche cose riescono a tenerlo al guinzaglio – una di queste è il generale Cloud Nine, il tipo di donna capace di far collassare in pianti incontrollati gli uomini più coraggiosi solo incrociando il loro sguardo, ma persino lei non riesce a tenerlo sempre sott’occhio. È la sua maestra, ma ha pur sempre i suoi impegni da generale da svolgere durante il giorno; tenere a bada un bambino di nove anni ventiquattr’ore su ventiquattro si rivela ben presto impossibile. Quindi capita che la severa Nine allenti la sua presa, di tanto in tanto.

E così nei suoi primi giorni all’Ordine, tra un allenamento sotto lo stretto controllo di Nine e una lezione nelle grinfie di Emilia, Timothy si esercita clandestinamente nell’evocazione della sua Innocence – che è un modo velato per indicare l’attività, tendente alla scorrettezza morale, di possedere i corpi altrui. Senza il loro consenso, naturalmente – Timothy, con un ghigno degno di una iena africana, si dice tra sé e sé che chiederebbe anche il permesso, ma questo implicherebbe la mancanza del fattore sorpresa, fondamentale per l’invasione.

In quelle sole tre settimane, grazie a Tsukikami – e ignorando adeguatamente le deboli proteste che questi muove contro i suoi piani, esponendogli in un infinito climax ascendente i motivi per cui tutto ciò sia non carino, da evitare, immorale, e altre cose da adulti che a Timothy davvero non interessano –, Timothy riesce a possedere praticamente l’intero Ordine.

Timothy non è stupido: sa che possedere qualcuno con la sua Innocence significa prendere il controllo del suo corpo e lasciare il proprio completamente indifeso, e questo è un problema che va risolto. Sa anche che, essendo appena arrivato, lui e il suo potere costituiscono una novità, non molto conosciuta – svariati sanno cosa fa la sua Innocence, ma non sanno cosa vuol dire effettivamente essere posseduti, e questo elemento costituisce una differenza fondamentale. E Timothy ha intenzione di sfruttarla a suo vantaggio.

Quando mette a punto il suo piano – semplice, ma comunque perfetto – non riesce a trattenersi dal gonfiare il petto e sorridere malignamente mentre saetta per i corridoi sui suoi Rollerblades fiammeggianti – suscitando a sua insaputa quasi impercettibili brividi di inquietudine nella gente che scorge la sua espressione.

Non vuole rendere palesi le sue possessioni. Per far ballare il tango al corpo di Lvellie, o far lo svenevole con le poche donne dell’Ordine con quello di Bookman, ci saranno tante occasioni nel futuro, una volta che l’Ordine si sarà abituato alla sua presenza e saprà cosa aspettarsi quando lui possiede qualcuno – niente di tutto questo. Timothy per il momento vuole solo divertirsi per i fatti suoi: visitare stanze private, scoprire segreti, vedere il mondo da prospettive diverse.

Non lo si fraintenda. Sembrerebbe quasi che Timothy sia una studioso affascinato dalla psiche umana. Non esattamente – tutta la faccenda ruota pressoché interamente intorno alla sua voglia di sfuggire all’insopportabile tedio dei lunghi pomeriggi in cui Cloud Nine sparisce dalla circolazione.

Comunque, Timothy trova un piccolo ripostiglio in uno dei tanti corridoi, e con quello la caccia ha inizio.

I suoi primi tentativi vedono come vittima Yuu Kanda – davvero non c’è di che stupirsi. Un po’ per vendetta, per l’avere minacciato di morte il suo corpo inerte durante il loro primo incontro all’esterno dell’orfanotrofio, che sembra ormai così lontano nel tempo anche se non sono passate neanche due settimane; un po’ perché non ci serve un genio per capire che Kanda è forte, e che tutti lo temono e cercano di evitarlo, se possono – a parte qualche rara eccezione di cui Timothy ancora bene non riesce ad afferrare il motivo: sospetta fortemente che alcuni dei suoi compagni esorcisti abbiano tendenze masochistiche.

Comunque sì, Kanda è una preda molto allettante, e Timothy non vede l’ora di sperimentare come ci si sente nei panni del Demonio.

Ma dopo tre giorni di tentativi ininterrotti, alcune serie minacce di menomazione ed alcune effettive ferite da arma da taglio riportate un po’ in giro sul suo corpo, Timothy capisce che sorprendere Yuu Kanda non è la cosa più facile del mondo; decide di rimandare quella possessione. Non si arrende, perché Timothy Hearst non si arrende mai davanti a nulla, men che meno davanti a un effeminato samurai dalla lingua tagliente che passa il tempo a scuotere nell’aria il suo stuzzicadenti affilato.

Semplicemente rimanda.

Così cambia obiettivo, e la sua nuova vittima diventa Lenalee. Non è una possessione esattamente programmata: durante un pranzo, qualcuno gli chiede scherzosamente se ha mai pensato di possedere Kanda e la risposta è in effetti sì, guarda caso ha passato gli ultimi tre giorni a tentare di fare proprio quello ma Kanda sembra non stupirsi davanti a nulla, quella dannata femminuccia, spiega. E, nell’enfasi della spiegazione del suo magnifico potere, procede con un brillante esempio – Emilia gli ha sempre detto di fornire esempi validi quando vuole esporre un suo parere, quindi teoricamente non c’è nulla di male nelle sue azioni, ed è anche vero che Lenalee capita nel momento giusto al posto giusto.

E possedere Lenalee si rivela un’esperienza piuttosto interessante: non è cosa da tutti i giorni sperimentare il corpo di una donna, per non parlare di una donna come Lenalee. Appena entra nel suo corpo, avverte un peso insolito sul torace, un’inspiegabile linea di pressione al di sopra delle costole, uno strano, lieve prurito alle caviglie e una generale sensazione di maggiore nudità. Ma prima di poter apprezzare appieno i soffici capelli neri e lisci che gli ricadono verso il mento e muovere quelle gambe lunghe e toniche, le facce degli altri esorcisti intorno a lui gli suggeriscono che c’è un pericolo in avvicinamento alle sue spalle.

Gli acuti dolori e la permanenza in infermeria durante la giornata successiva – come anche il ricordo del rumore infernale dei trapani di Komui Lee – lo portano a concludere che Lenalee è off limits.

Così il testimone passa a Link; già visto, già provato, ma Link è un personaggio intrigante, seppur fastidioso. Perciò, dopo aver nascosto il proprio corpo nel ripostiglio buio, Timothy cammina tranquillo in giro, sperando ardentemente in un improvviso avviso di convocazione da parte di Lvellie che lo metta al corrente di qualche importantissimo segreto e che gli permetta di mettere in atto un qualche strategico ricatto che lo faccia diventare ricco. Ma, con sua somma delusione, la convocazione non arriva, così Timothy passa il tempo a esplorare i contenuti dei suoi vestiti, ammirando le serie di affilati pugnali argentati e i sottili fogli da incantesimo che si porta ben nascosti dentro la sua giacca. Ma Timothy impara presto che un Link che non segue Allen come un cane da guardia è sospetto, quindi, preferendo una maggiore libertà, passa a qualcun altro.

Si dà il caso che quel qualcun altro sia Bak Chang, il caposezione della Sede Asiatica, ormai noto per il suo vagabondaggio senza sosta e senza senso tra le sedi dell’Ordine. Per un po’ è molto divertente, visitare zone che sono dall’altra parte del mondo ed essere salutato da sconosciuti che ogni tanto si avvicinano per chiedergli come vanno le cose in Asia; ma quando gli impegni dovuti alla sua posizione iniziano a gravare scomodamente sulle sue spalle, accompagnati dalla voce disperata del suo aiutante e dalle vive proteste degli altri scienziati sotto costante stress, si costringe a lasciare Bak al suo lavoro – è senza dubbio un caso l’abbandonarlo giusto in tempo per non testimoniare il calcio volante diretto alla sua testa da parte di una ragazzina dai capelli rosa che, infuriata, grida qualcosa riguardo a un capo scemo e perditempo.

Timothy decide di continuare nella Sede Centrale – e, anche questo, non ha assolutamente niente a che fare con la ragazzina dai capelli rosa e le sue braccia a forma di lame. In fondo lui starà lì per la maggior parte del tempo, è logico che si informi sulle persone che abitano quella zona piuttosto che le altre. Arriverà il momento in cui indirà missioni di perlustrazione anche nelle altre Sedi, ma non ora – Timothy si rifiuta di riconoscere come sua la voce terrorizzata che, nella sua testa, continua a ripetergli braccia a forma di lame.

C’è questo tizio, all’Ordine, con cui Timothy non ha mai parlato, che rappresenta una totale incognita. Si chiama Aleister Crowley III, e Timothy non può fare a meno di pensare che un nome del genere non gli si addica molto. Sarebbe più adatto a un autorevole barone impavido e tiranno, gli suggerisce la sua fantasia, ma non a un tipo come Crowley.

Crowley è un personaggio contraddittorio, Timothy pensa: ha un aspetto inquietante, che potrebbe mettere in serio dubbio anche l’uomo più scettico sull’esistenza dei vampiri – con il suo inspiegabile ciuffo di capelli bianchi, la pelle tanto bianca da sembrare trasparente, le guance incavate, gli occhi infossati e due arcate di sospettissimi denti affilati come rasoi – eppure l’unico a spaventarsi, quando Crowley scivola silenziosamente per i corridoi seguito solo dalla sua ombra e dal fruscio del suo lungo mantello nero, sembra essere lui stesso. Con lo sguardo sempre impaurito, sussulta ad ogni minimo rumore e si guarda sempre intorno con i modi di un animale braccato – e quello che Timothy trova davvero divertente è che la gente che lo vede viene contagiata dalla sua paura. Sussulti all’unisono e occhiate circospette non sono cosa infrequente intorno a Crowley.

Timothy non lo vede spesso in giro, perciò ne deduce intelligentemente che passi la maggior parte del tempo o nella zona di allenamento – da cui Timothy si tiene ben alla larga, soprattutto da quando Kanda ha scoperto dei suoi tentativi di possessione – oppure nella sua stanza.

C’è da dire che Crowley è preoccupantemente alto, ma Timothy non avrebbe mai pensato di provare un senso di vertigine nell’osservarsi i piedi – ma forse non è per l’altezza. Forse è per il senso di sproporzione e sottigliezza che avverte quando guarda verso il basso, verso il suo corpo magro e slungato, su cui pelle e muscoli sembrano stiracchiati come burro spalmato su una fetta di pane troppo lunga per essere riempita a dovere.

La stanza di Crowley si rivela più insignificante del previsto. È spoglia, tetra, e l’unico pezzo di mobilia presente, escluso il letto, è un piccolo armadio di legno contenente altri noiosi vestiti neri e alcune paia di divise da esorcista.

Solo dopo aver curiosato un po’ in giro, Timothy scopre qualcosa: c’è una foto sotto al cuscino, una piccola foto sgualcita e macchiata in più punti, che raffigura una donna in bianco e nero. È davvero bella, pensa Timothy, una bellezza pari a quella di Lenalee o di Emilia, se non superiore. Non l’ha mai vista all’interno dell’Ordine, perciò la sua mente si lancia nell’elaborazione di più ipotesi contemporaneamente – mentre una sensazione indecifrabile gli stringe il petto.

Nel silenzio più totale, Timothy tiene la foto tra le mani, contemplandola e sperando vagamente che, se il suo sguardo è abbastanza intenso, lui possa carpire i suoi segreti, quando si sente un improvviso bussare alla porta. Prima che possa rimettere la foto al suo posto, Timothy sobbalza per la sorpresa e in un attimo abbandona il corpo, prima di far in tempo a riflettere sulla situazione.

Quindi alla fine l’esperienza con Crowley non si rivela essere una grande avventura. Timothy, come suo prossimo obiettivo, mira a qualcosa di più avvincente.

Non conosce molto bene Lavi, lo strano ragazzo coi capelli rossi e la benda sull’occhio, ma non gli ha perdonato la volta in cui ha fatto il cascamorto con Emilia ignorando apertamente le sue minacce – solo lui è autorizzato a infastidire Emilia, quel rosso non deve mai più osare guardarla in quel modo orrendamente sdolcinato. In realtà non farebbe male neanche sedare la sua curiosità su quell’occhio coperto.

Perciò medita una qualche losca vendetta, come quella di palpare di nuovo il seno di Lenalee o provarci con la sua maestra – sangue potrebbe essere sparso, molto presto.

Una volta posseduto, Timothy sguscia via dalla noiosa biblioteca e si aggira con passo affrettato per i corridoi della Home.

Timothy aveva previsto che vedere con un solo occhio sarebbe stato differente, ma tra il prevederlo e lo sperimentarlo in prima persona c’è un certo dislivello. Timothy si diverte a cercare di toccare dei punti precisi sui muri di pietra alla sua sinistra e scoprire di non riuscire a mirarli esattamente al primo tentativo. Sulla via verso i bagni – il posto più vicino dove sa che ci sono degli specchi – va a sbattere contro alcuni angoli che era sicuro fossero fuori dalla sua traiettoria.

La prima cosa che muore dalla voglia di fare, vendetta a parte, è scoprire cosa c’è sotto la benda. Non ci metterebbe la mano sul fuoco, ma gli sembra di sentire qualcosa muoversi nella sua orbita. Ma non vuole rovinarsi la sorpresa, quindi cerca di resistere fino ai bagni.

Ma, svoltato l’ennesimo angolo di pietra grigia, compare Allen, che cammina sovrappensiero con lo sguardo rivolto verso il basso.

Timothy pensa velocemente. Sa che i due hanno un’amicizia piuttosto stretta, e sarebbe innaturale passargli di fianco facendo finta di non notarlo. Quindi, sicuro di sé come solo potrebbe esserlo uno che è riuscito a scamparla fin troppe volte nella sua vita, solleva la mano e saluta Allen. Quello che non si aspetta è il sorriso di Allen quando quest’ultimo alza la testa.

Timothy ha nove anni e sa di comportarsi come il bambino che è. Ma solo pochi sanno che quando vuole, Timothy sa essere un buon osservatore. E sa che quel sorriso è qualcosa di diverso dal suo solito andrà tutto bene o il suo semplice ciao come va, nonostante non sappia cosa questo significhi di preciso – troppo giovane, troppa poca esperienza, e lui sa anche questo.

“Lavi, non eri in biblioteca a scrivere il rapporto?” E allora Timothy trova che il suo sorriso assomigli a quello che ha quando oddio vi prego ditemi che quelle torte sono tutte solo per me, ma in questa situazione non avrebbe molto senso, quindi Timothy abbandona quel pensiero.

“Sì, l’ho finito da un pezzo.” Sorride anche lui, cercando di conferire al suo quella tipica incurvatura da sorriso beota.

Allen gli si avvicina, guardandosi intorno per un attimo. “Beh, Link al momento ha da fare… dovrei essere libero per un po’… ti va di andare da qualche parte? Nella mia camera, ad esempio?”

Un’altra cosa di cui Timothy è ben consapevole, a suo malgrado, è che per ora le sue doti emulative sono parecchio scarse. E per quanto l’invito di Allen lo incuriosisca – perché non sembra esserci niente di emozionante da fare in una camera, ma Allen lo dice con una sicurezza e uno sguardo che gli fanno pensare il contrario –, mentalmente si prepara la scusa più plausibile che gli viene in mente, pronto a defilarsi per tornare alla sua missione originaria.

“Scusami, Allen, ma ho saputo che c’è uno spiraglio che dà sul bagno delle donne, devo andare a controllare se è vero!”

E mentre si allontana al trotto con le lunghe gambe di Lavi, Timothy non può fare a meno di notare l’ancor più strana espressione dipinta sulla faccia di Allen, che rimane immobile come una statua al centro del corridoio, e qualcosa nella sua testa, un vago presentimento che non riesce a collocare, gli dice che ha appena fatto qualcosa che non doveva fare.

Nonostante la sua mente gli dica che coscienza e responsabilità sono noiose robe da adulti, Timothy non riesce a levarsi quella strana sensazione di dosso neanche quando un calcio volante da parte di Bookman lo colpisce alla testa facendolo schizzare via dal corpo di Lavi e ritornare nel proprio.

Ma Timothy è un bambino di nove anni, e il grande di quel presentimento svanisce con lo svanire dell’alba del giorno successivo.

Dopo aver sperimentato il vedere da un occhio solo, Timothy si sente particolarmente audace: cosa si prova ad essere ciechi?

Così Timothy si lancia alla ricerca di Marie Noise. Marie è davvero immenso, e a Timothy è piaciuto fin dal primo incontro – magari dal secondo, dato che nel primo stavano cercando di arrestarlo, ma comunque. La sua voce ha un che di rassicurante, e il modo in cui non sembra in alcun modo limitato dalla sua cecità è conturbante.

Una volta entrato nel corpo di Marie, tutto diventa nero. Il mondo a colori non esiste più, ed è un unico e continuo accozzarsi di rumori e voci. Nei primi secondi, tutto ciò che Timothy sente sembra un frastuono. Ma poi, rimanendo fermo su un lato del corridoio, con gli occhi chiusi e la testa appoggiata contro il muro, impara piano piano a distinguere i suoni. E in quel momento, avvolto in quell’inusuale oscurità e circondato dal rumore della pioggia che batte su vetri lontani, Timothy avverte la netta sensazione di star invadendo qualcosa di profondo e privato che non gli appartiene. Per la seconda volta ha la sensazione di star facendo qualcosa di sbagliato, e a quel punto si chiede stizzito se non stia crescendo troppo velocemente, perché il senso di colpa non è una cosa da lui.

All’improvviso, dei passi risuonano con chiarezza lungo le scale, e un ansito gli rimbomba nelle orecchie.

“Marie,” dice una voce incerta, che Timothy riconosce subito come quella di Miranda Lotto, l’inquietante signorina dalle occhiaie pesanti che fa tornare indietro il tempo.

Timothy non sa bene cosa fare, quindi tenta. “Sì, Miranda?”

La sua stessa voce profonda lo sorprende.

“Ti stavo cercando,” dice Miranda, e Timothy riesce a percepire la cadenza di ogni singola lettera, ogni respiro, tanto che gli sembra di poter intravedere tra le righe di quel silenzio migliaia di parole non dette, criptate secondo un codice a lui sconosciuto, e Timothy non è neanche sicuro di voler riuscire a tradurlo. Ha uno strano presentimento.

“Volevo dirti che…. Che io… ecco, io…” E in quel momento, Timothy vede con chiarezza, come fossero disegnate davanti ai suoi occhi con colori fluorescenti, le emozioni racchiuse in quelle parole – preoccupazione, incertezza e – e capisce. Capisce che si trova nel momento sbagliato nella persona sbagliata, e con uno strattone si tira via da quel corpo prima di poter sentire il resto della frase.

Una volta ritornato nel suo corpo, nel buio del suo ripostiglio non è neanche sicuro di essere tornato dal corpo di Marie. Apre in fretta la porta del nascondiglio e allora, mentre prende una boccata d’aria, gli infiniti corridoi di pietra dell’Ordine non gli sono mai parsi così silenziosi e apprezzabili, persino nella loro opaca e tetra luminescenza.

Timothy si sente in vena di riflessioni – non è una cosa che succede molto spesso. Nei suoi pochi anni di vita ha imparato a seguire il suo istinto di bambino e non preoccuparsi di nulla, men che meno delle conseguenze delle sue azioni, a chiudere la mente e continuare a causare scompiglio come se quello fosse il suo unico scopo di vita.

Ma ogni tanto – come quando scoprì che l’orfanotrofio rischiava di chiudere, o quando si trattò di decidere se seguire gli esorcisti o meno – capita che Timothy si senta in vena di riflessioni.

E riflettendo, ammette a se stesso che forse quella strana sensazione che avverte da un po’ di giorni è davvero senso di colpa, che ora non è più solo questione di divertimento e curiosità e che, forse, è il caso di smettere, che possedere i corpi dei suoi compagni per scoprire i loro segreti e immischiarsi nei loro affari di vita non è molto corretto – Tsukikami evita gentilmente di dirgli te l’avevo detto.

Capisce anche, però, che il suo essere bambino è troppo forte e già medita le possessioni del giorno dopo – Tsukikami rimpiange di non avergli detto te l’avevo detto.

Ma una cosa è certa, non si tratta più solo di divertimento. Ormai i suoi sensi sono affinati, e nella settimana successiva possiede un po’ di persone della scientifica – sono i più facili da sorprendere.

Inizia a far caso a cose. Al modo in cui ognuno sembra stremato intorno a lui, sommerso dai propri studi e ricerche; a come, ogni volta che passa Lvellie, si levano sbuffi di stizza malcelati e volano occhiate velenose; a come tutti insultano Komui Lee per il suo comportamento frivolo ma in realtà si scambiano dei mezzi sorrisi tra di loro mentre lo scortano a forza nel suo ufficio; a come tutti diventano tristi ogni volta che un esorcista si allontana dalla Home per una missione ma non smettono di lavorare, anzi, sembrano procedere con più accanimento di prima.

Timothy nota molte cose, ed alcune di queste lo rendono più sicuro della sua scelta di diventare esorcista. Nota molte cose, e pur non conoscendo il significato di ognuna, le memorizza per un futuro in cui forse potrà comprenderle.

E poi, dopo aver ormai posseduto quasi tutti almeno una volta, tra esorcisti e personale, ne rimane solo uno, a suscitare il suo interesse.

Allen Walker è una persona particolare, Timothy l’ha capito dal primo incontro. Non solo per gli strani capelli bianchi da vecchio che si ritrova all’età di sedici anni o per la cicatrice a pentacolo sulla fronte, ma qualcos’altro. Non sa spiegare in che modo è particolare – non è mai stato bravo con le parole; lui vive di sensazioni indescrivibili e azioni caotiche non molto assennate.

Si dice che sia il più forte, eppure il più giovane, dopo di lui. È quello con più cicatrici, ma quello che non si lascia mai scoraggiare o intimorire, da nessun nemico. Generale a quindici anni, e il nemico più odiato dal Conte in persona.

A Timothy dispiace molto ammetterlo, ma qualcosa in Allen Walker suscita in lui un certo timore reverenziale.

Quindi non è un caso che sia rimasto l’ultimo da possedere – nonostante l’abbia già posseduto una volta, ma quella non conta. Timothy si sente così cresciuto da allora.

Così arriva finalmente il momento in cui Link si allontana a sufficienza, e in un secondo il mondo gli appare da una visuale un po’ più elevata del solito, e con la coda dell’occhio scorge alcuni ciuffi bianchi ricadere sulla sua fronte.

Timothy ha sentito alcune voci sul conto di Allen. Sul fatto che lui sia la reincarnazione di uno dei Noah, che sia destinato a passare ben presto dalla parte dei nemici, che prima o poi sarà la causa della distruzione dell’intero Ordine e che i piani alti dovrebbero provvedere subito al problema in qualche modo, in qualsiasi modo, l’importante è che loro abbiano salva la vita, in fondo.

La cosa strana è che Allen sembra completamente imperturbato da queste voci. Sorride sempre a chiunque, non si arrabbia mai quando qualche stupido nuovo scienziato gli punta il dito contro accusandolo di parteggiare per il nemico, non batte ciglio quando Lvellie gli parla con quella sua finta voce mielosa che trabocca disprezzo e superiorità.

E Timothy si domanda spesso il perché.

Forse Allen sa qualcosa che gli altri non sanno, pensa. Forse Allen sa che lui non è uno dei Noah, o che non c’è pericolo che il Noah prenda il sopravvento. Forse sopporta tutto questo perché prima o poi dimostrerà a tutti questi idioti che si servono di lui per difendersi dai pericoli del mondo che lui è indispensabile in questa guerra, e che saranno costretti a pregarlo in ginocchio per ricevere il suo aiuto.

O forse è soltanto stupido, e non si accorge del fatto che le persone che lo odiano sono tante se non di gran lunga superiori in numero rispetto a quelle che lo amano, vede solo quello che vuole vedere – ma Timothy ne dubita profondamente, mentre, dirigendosi verso la stanza di Allen, sente su di lui gli sguardi di molti, sguardi così intensi che teme che prima o poi gli aprano dei fori nel tessuto del suo maglione.

Quando non incontra più nessuno, si ferma, e chiude gli occhi. Tenta di sentire se c’è qualcosa di anomalo dentro di lui, come una presenza estranea, una tendenza omicida sospetta, qualsiasi cosa – davvero non sa cosa spera di trovare. Una qualche prova, magari.

Ma non sente assolutamente nulla. Per un minuto si concentra come poche volte nella sua vita, ma l’unica cosa che avverte è l’innaturale silenzio che regna in quell’ala della Sede. Quindi scrolla le spalle, e si rimette in marcia.

Timothy non sa cosa pensare di tutto questo, perciò decide di basarsi su quello che lui sa. E quello che sa è che è in debito con Allen Walker per aver salvato l’intero orfanotrofio.

Arrivato alla sua stanza, Timothy la esplora con attenzione, come ha fatto con quella degli altri, in cerca di non sa bene cosa – ma qualunque cosa fosse, di certo non è la quantità immonda di mazze ferrate, accette, zucche essiccate e candele consumate che invece trova.

Alla fine i suoi occhi cadono su uno specchio. Coglie l’occasione per fare un’intera serie di smorfie facciali – si diverte parecchio, fino a che non iniziano a dolergli i muscoli. La sua attenzione ricade allora sulla lunga cicatrice scarlatta che gli percorre la faccia. Al tatto è più liscia di quanto pensasse. Prova a sorridere uno di quei sorrisi che Allen fa sempre, ma scopre di non riuscirci. Non capisce perché, ma c’è qualcosa nel sorriso di Allen che lui non è in grado di riprodurre. Dopo un attimo di pallida frustrazione, si stupisce per il fatto già ammirevole di essersene reso conto, e si loda da solo – non molti bambini della sua età sono acuti come lui, d’altronde.

Un impeto di curiosità lo investe, e con un solo movimento si toglie il maglione e lentamente comincia a sbottonarsi la camicia.

Ci sono tante cicatrici lungo il suo petto, piccole strisce di pelle chiara che sembrano quasi lucide sotto la luce della stanza. Poi vi è quella cicatrice immensa, lungo tutto il torace, che si è procurato salvando l’orfanotrofio. È una cicatrice inquietante, spessa e pallida, e Timothy si chiede quanto male deve aver fatto e se anche lui da grande potrà sfoggiare cicatrici del genere – da un lato pensa che siano parecchio fighe, le ragazze amano le cicatrici; dall’altro lato, riflette tra sé e sé, a lui davvero non piace il dolore fisico.

Il suo sguardo risale verso la spalla sinistra, dove si snoda la striscia di pelle nera che unisce il braccio con l’Innocence al resto del corpo. Timothy la trova un’arma affascinante, un braccio staccabile e trasformabile in spada non lo si trova tutti i giorni – anche se l’idea di staccarsi un braccio per combattere non lo alletta al massimo—e se poi la spada si rompe? O la perde? O gliela rubano? Ma lui non dovrebbe davvero parlare, lui che lascia dietro di sé il suo intero corpo.

Timothy si immagina un Allen più giovane girare per le strade da solo a spaventare i delinquenti con il suo braccio-spada – la vita doveva essere stata facile per lui, poteva difendere splendidamente se stesso e le persone a lui care.

O forse quel braccio gli ha causato problemi come a lui gliene aveva causati la sua pietra?

All’improvviso si rende conto di sapere poco o niente su Allen, e questo fatto, inspiegabilmente, lo disturba. Per un attimo ripensa alle occhiate della gente nei corridoi e al cane da guardia di Lvellie e vagamente realizza di essere un bambino relativamente fortunato.

E proprio mentre si sta riallacciando i bottoni della camicia, la porta della stanza si apre e si richiude. Timothy si volta e rimane decisamente sorpreso nel vedere Lavi, appoggiato contro la parete, che lo fissa con uno sguardo indecifrabile.

“Beh, hai già cominciato senza di me?” dice Lavi ghignando in modo sinistro, e Timothy non risponde, perché non capisce di cosa Lavi stia parlando.

In realtà non fa neanche in tempo a chiederselo appropriatamente cosa quello voglia dire, perché in un battito di ciglia Lavi si materializza di fronte a lui e da lì, Timothy ha la sensazione di vedere tutto al rallentatore. Il collo di Lavi si inclina, la faccia di Lavi si avvicina, Lavi lo bacia.

Lo. Bacia.

Ora, Timothy è un bambino di nove anni. Come ogni bambino di quell’età, conosce un numero infinito di imprecazioni, all’insaputa degli adulti, da utilizzare in qualsiasi situazione – non sa cosa vogliano dire la maggior parte di queste; le conosce, e questo gli basta. Ma all’orfanotrofio chi diceva parolacce saltava la porzione serale di dolce, quindi Timothy è ben abituato a non utilizzarle.

Ma in quel momento, solo le labbra di Lavi gli impediscono di eruttare quel fiume inarrestabile di imprecazioni che in un istante gli invade il cervello impedendogli di pensare logicamente – la solida diga della porzione serale di dolce ormai completamente ridotta in frantumi.

Le labbra di Lavi sono morbide e calde contro le sue, ma di questo a lui non frega assolutamente nulla, nella sua mente regna il caos più totale, e lo stupore gli fa perdere l’equilibro sotto ai piedi. Barcolla all’indietro di qualche passo, fino a sbattere contro la parete.

Lavi lo segue, ad occhi chiusi, senza staccare le labbra dalle sue, e lo intrappola tra sé e il muro. Le sue mani si posano sulla pelle del suo torso seminudo ed esplorano ogni centimetro che trovano, liberandolo ulteriormente dalla costrizione della camicia.

Timothy continua a guardarlo pietrificato, con occhi così sgranati che teme gli possano cadere dalle orbite da un momento all’altro. Nel panico generale, non sa più cosa fare, non capisce cosa stia succedendo e non riesce a trovare una soluzione logica per far smettere tutto questo. In realtà si dimentica di essere nel corpo di qualcun altro – in un lampo lo sovviene il ricordo di aver posseduto Allen poco prima, ma come è comparso, quel ricordo svanisce, ripiombando nel tempestoso mare del suo caos mentale. Impossibile, pensa.

Ma quando sente qualcosa di umido e strano sfiorargli le labbra, intrufolarsi tra di esse e toccare la sua lingua, il suo cervello esplode e in un attimo il suo corpo si riattiva, ogni parte ritorna a funzionare correttamente.

Timothy non si accorge neanche che quelle mani grandi si sono fermate sui suoi fianchi e le labbra calde si sono allontanate, che una voce incerta gli chiede “Allen, qualcosa non va?” quando lui alza una mano e tira il pugno più forte che abbia mai tirato in vita sua, e

“Restituiscimi il mio primo bacio, scemo!”

in un secondo Timothy si allontana di parecchie decine di metri da quella stanza e si ritrova ansimante nel solito ripostiglio buio.

Con gli occhi ancora sbarrati, inizia a sputare per terra e a strofinarsi la lingua con le dita.

“Mai più,” rantola tra uno sputo e l’altro, “non possederò mai più.”

+ + +

 

Ma Timothy ha nove anni, e dopo tre giorni si dimentica del suo giuramento solenne e torna a possedere con frivolezza la gente dell’Ordine, senza risparmiare nessuno.

In poco tempo scopre sempre più cose sulla gente dell’Ordine; notizie lampo, segreti sconcertanti – fino a che quelli dell’Ordine capiscono che non si tratta di un’epidemia di amnesia temporanea con effetti imprevedibili sulla psiche, bensì dell’Innocence di Timothy.

Dopo tre settimane, Timothy può effettivamente dire di saper molte cose che molti all’interno della Home non sanno.

Ma ci sono altrettante cose che Timothy non sa, perché Timothy è un bambino di nove anni e non si preoccupa troppo delle conseguenze di quello che fa.

Quello che Timothy non sa è che dopo aver posseduto Lenalee, il direttore della Sede Centrale Komui Lee ha iniziato a costruire una nuova e numerosa serie di Komurin per poter difendere Lenalee alla prima minaccia incombente, che è destinata nel giro di poche settimane a danneggiarsi, impazzire e distruggere per l’ennesima volta gran parte dell’edificio dell’Ordine.

Quello che Timothy non sa è che dopo aver posseduto Howard Link, suddetto agente ha iniziato a sospettare con più forza di Allen Walker, dopo essersi risvegliato in una stanza vuota senza ricordare come c’era finito, e ha rafforzato la sua sorveglianza sul ragazzo, rendendo ancor più difficile ad Allen godersi quel minimo di vita privata concessagli.

Quello che Timothy non sa è che dopo aver posseduto Bak Chang, il caposezione della Sede Asiatica ha subito una lieve contusione cerebrale a causa del calcio di una certa ragazzina dai capelli rosa, che entrambi sapevano che in una normale circostanza avrebbe evitato. Bak è rimasto a letto per due intere settimane, una per un malessere vero che ha preoccupato persino Fou, l’altra per svogliatezza di recarsi al lavoro.

Quello che Timothy non sa è che dopo aver posseduto Aleister Crowley, l’esorcista ha creduto per svariate settimane che lo spirito di Eliade tentasse di comunicargli qualcosa, essendosi trovato all’improvviso nella sua stanza con la sua fotografia in mano e le poche robe che possiede non nell’ordine in cui lui le aveva memorizzate.

Quello che Timothy non sa è che poco prima che possedesse Marie Noise, Miranda Lotto si era appena decisa una volta per tutte, dopo sette mesi di travagliata crisi interiore, a confessare i suoi sentimenti all’uomo, e vederlo svenire davanti a lei mentre si stava dichiarando l’ha traumatizzata abbastanza da farle credere che fosse un segno del destino, e che lei non debba trovare l’amore per nessun motivo al mondo. Temendo che la sua sfortuna nera sia contagiosa, ha iniziato a evitare Marie come la peste, non volendo arrecargli ulteriore danno – e attardando così di qualche mese il loro fidanzamento.

Quello che Timothy non sa è che dopo aver posseduto l’intera sezione scientifica si è diffuso il timore di un’epidemia di amnesia temporanea, che è poi diventata la scusa preferita di Komui Lee per i giorni successivi e quindi la causa dell’aumento esponenziale di importanti documenti sulla sua scrivania.

Quello che Timothy non sa è che dopo aver posseduto Lavi, il giovane rosso ha subito, senza comprenderne il motivo, la peggiore punizione che potesse immaginare da Allen Walker: Allen non ha voluto parlargli, toccarlo, baciarlo, fare nulla con lui, per un’intera settimana. Ha continuato a rifiutarsi di avvicinarglisi, giustificando la sua ira con ripetuti lo sai perché, non fare finta di nulla! Idiota, sei un idiota! Vai a fare il cascamorto da qualche altra parte! Ma Lavi davvero non sapeva il perché.

Quello che Timothy non sa è che ha posseduto Allen Walker esattamente il giorno successivo a quello in cui Lavi e Allen hanno fatto pace – la notizia dell’epidemia di amnesia temporanea con effetti imprevedibili sulla psiche ha infine raggiunto anche l’orecchio di Allen – e che quello era il primo bacio dopo una settimana di sofferta astinenza da parte di tutti e due e che a quello dovevano seguire altre attività di coppia più stancanti – perché Timothy non sa che non era un caso la fortuita assenza di Link intorno ad Allen quel giorno. Quello che Timothy non sa è che, mentre accusava Lavi di aver rubato il suo primo bacio, Lavi rantolava per terra dal dolore perché la mano che l’aveva preso a pugni era per sfortunata coincidenza la mano sinistra di Allen, che è un altro modo per dire ‘forza fisica esponenzialmente più elevata rispetto al normale’.

Quello che Timothy non sa è che la sezione scientifica non è stupida come sembra, e che in pochi giorni, con l’utile apporto dei racconti – in parte modificati – di Lavi e Allen, diventa facile fare due più due.

Quello che Timothy non sa è che forse farebbe meglio a iniziare a correre.

   
 
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