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Autore: _Frah    22/08/2011    5 recensioni
«Sono in una costante caduta libera»
«E tu, in questa caduta, stai cercando di trascinare anche me?»
Frah ©
Genere: Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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«Allora, qui dice tenere fuoco alto, saltare e girare spesso, facendoli dorare»
Lessi a voce alta tenendo il mestolo con la sinistra puntato verso la padella e il ricettario nella mano destra.
«Non può essere così difficile!»
Esclamai alzando le spalle. Buttai il ricettario sul bancone e presi il manico della padella con tutte e due le mani, alzandola di poco dal fuoco e provai a far saltare i bocconcini di pollo. Non andò proprio male, escludendo quei due o tre pezzi che saltarono dalla padella ricattando di macchiare il mio vestito a fiori. Appoggiai il tutto sul fuoco e continuai a girare con il mestolo. Posso giurare che non stavo cucinando il pollo solo perché era uno dei cibi preferiti di Joseph. Ecco, Joseph. Appena la mia mente iniziò a pensare a lui le mie guance si colorarono di un delizioso rosa acceso. Tanto che ero persa nel mio mondo che non mi accorsi che Robert stava delicatamente bussando al vetro della finestra. Mi girai e gli sorrisi salutandolo con la mano. Già, Robert. Un amico di Joe che quest’ultimo gli chiese il favore di tenermi d’occhio quando lui non poteva stare a casa. Ormai mi stavo abituando all’idea di essere tenuta sempre sotto controllo e poi Rob non dava fastidio. Certo, forse per la sua robustezza poteva incutere non poca paura ma alla fine se lo si conosceva era davvero un uomo simpatico. Diedi un veloce sguardo all’orologio appeso al muro e mi resi conto che sarebbero arrivati a momenti. Abbassai la fiamma portandola al minimo e mi girai verso la tavola apparecchiata per tre, fiera. Fiera perché trovare tre bicchieri uguali in quella casa era davvero una missione impossibile. Cacciai l’acqua dal frigo e la posizionai attentamente al centro dalla tavola, in certi casi ero tremendamente precisa. Girai un po’ la carne e buttai la pasta nell’acqua che ormai bolliva da tempo. Mi appoggiai lentamente al bancone buttando la testa all’indietro massaggiandomi il collo, ero distrutta. Il mio sguardo scese lentamente verso il segno rosso, detto comunemente succhiotto, che troneggiava sul seno. Segno che, Joseph, la sera prima, l’aveva denominato in segno di conquista. Scossi la testa sorridendo e mi sistemai il vestito, coprendo tutto, aggiustando anche il cinturino marrone che avevo legato sotto il seno. Mi ero fatta anche una treccia, una di quelle lunghe che mi arrivavano fino a metà schiena, sia per stare più fresca, visto che il caldo era ufficialmente scoppiato e stava dando il meglio di se, sia per stare più apposto, quella massa di capelli che mi ritrovavo era indomabile in quei giorni. Uno. Due. Tre scatti e sentii sbattere la porta contro la parete. Mi affacciai verso il corridoio appoggiandomi alla porta scorrevole e m’incantai a vedere la donna affianco a Joe. Così sicura e delicata nei suoi movimenti mentre si avvicinava lentamente verso di me, preceduta dalla sua mano, con un sorriso familiare sul volto.
«Ciao, io sono Denise. Tu devi essere»
«Felicity. E lei è davvero bellissima»
Esclamai prendendole la mano e salutandola con due baci informali sulle guance. Scoppiò in una tenera e breve risata e mi prese prontamente tutte e due le mani, voltandosi verso Joseph che aveva portato la valigia in casa e chiuso la porta.
«Si sapeva che le tue descrizioni telefoniche erano poco affidabili ma caro, questa volta ti sei sbagliato di grosso. E’ molto meglio di come mi hai detto»
Gli aveva parlato di me? Al telefono? Durante quelle poche volte che si sentivano? Sentii lentamente le guance andarmi a fuoco e messi a fuoco il sorriso della donna su di me.
«Avete fame? Ho cucinato qualcosa se volete»
Detto questo Joseph si piombò in cucina cadendo quasi dalla sedia.
«Credo proprio che qualcuno abbia fame»
Esclamò Denise raggiungendo Joe a tavola, con meno enfasi del figlio. Portai in tavola la pasta al ragù alla bolognese, comprato a caro prezzo in un negozietto italiano in città.
«Non sono ancora un asso in cucina quindi avete tutto il diritto di non toccare niente e ordinare una pizza»
Dissi sedendomi affianco a Joseph che era già intento ad arrotolare le tagliatelle con la forchetta portandosi il malloppo alla bocca.
«Quindi hai cucinato tu... nulla di surgelato?»
Chiese con la bocca piena e un pezzo di pasta che gli usciva fuori e io annuii divertita. Ovviamente non poteva lasciarci mangiare tranquillamente senza il suo show aiuto sto soffocando con il quale risposi con una smorfia e una gomitata sul fianco di lui.



 

«Se non mi dispiace io vado a riposarmi. Il viaggio mi ha un po’ stancato»
Esclamò con voce pacata e soprattutto stanca Denise, sempre con il sorriso sulle labbra, mentre faceva scivolare all’indietro la sedia.
«Ti accompagno»
La seguii Joe accompagnandola di sopra, sicuramente per farle vedere nel dettaglio tutte le cose che le sarebbero servite. Dopo qualche minuto di riposo massaggiandomi le tempie con un movimento lento dei polpastrelli mi alzai iniziando a sparecchiare. Buttai piatti, posate e bicchieri nel lavandino  iniziando a lavare tutto con estrema lentezza chiudendo persino gli occhi per qualche secondo. Fino a quando non sentii spostarmi la treccia sulla spalla destra e cingermi la vita da due braccia di cui conoscevo bene il proprietario. Una scia di baci appena accennati sul collo mi fecero andare in estasi con cui risposi con un gemito strozzato.
«Che cosa stai facendo?»
Chiese con il suo tono basso e sensuale. Sentii il cuore prendere la corsia di emergenza e strizzai la spugna fino a prosciugarla dall’acqua che aveva assorbito. Diamine Felicity! Riprenditi.
«Massaggio i piatti con la spugna perché sono stressati. Cosa vuoi che faccia?»
Risposi con il mio tono da stronza con un pizzico di acidità. Come non detto, la stanchezza gioca brutti scherzi. Boccheggiai e mi lasciai andare contro il suo petto caldo sospirando.
«Scusami, sono stanca»
Mi asciugai le mani con la pezza appoggiata li vicino e sfiorai il braccio di Joseph. In questi momenti non parlavamo molto, causa l’imbarazzo o no, ma eravamo solo felici di essere vicini.
«Dai, ti aiuto»
Mi lasciò un bacio delicato sulla nuca e si impegnò ad asciugare i piatti che gli passavo e a metterli al proprio posto. Era stanco anche lui ma non voleva darlo a vedere, voleva assicurarsi che il mio sorriso non si spegnesse. Come mi aveva confessato qualche settimana prima al secondo matrimonio di mia madre, lui aveva bisogno di me per non essere triste. Io avevo bisogno di lui non solo per quello, lui c’era quando volevo sfogarmi, piangere, guardare film senza senso mangiando gelato direttamente dalla vaschetta. Semplicemente... lui c’era. Non mi accorsi che lo stavo praticamente fissando da cinque minuti buoni fino a quando non si avvicinò a me prendendomi la mano e intrecciando le sue dita alla mie.
«Che ne dici di andare in camera mia?»
Sussurrò sfiorando con il naso il tragitto collo - orecchio destro. Sorrisi inclinandomi da un lato facilitandogli il lavoro.
«C’è un secondo fine a questo invito?»
Chiesi appoggiandomi con una mano sul bancone della cucina per non perdere l’equilibrio, decisamente troppe emozioni tutte insieme. Sentii il suo sorriso allungarsi lungo la mia spalla e la sua mano salire lungo il fianco. Ovviamente avevo recepito il messaggio e iniziai a camminare lentamente all’indietro verso le scale trascinandomi Joseph, torturandomi il labbro inferiore incatenando il suo sguardo al mio. Mi tirò contro di lui e con una breve risata mi ritrovai su di lui, con le sue braccia strette lungo il bacino e le mie gambe che cingevano i suoi fianchi. Amami, prendimi, stringimi e non lasciarmi mai. Gradino dopo gradino sentivo il suo profumo più dolce, il suo respiro solleticarmi il collo e la mia schiena sbattere contro la porta di camera sua.
«Sei impazzito? Se svegli tua madre puoi definirti morto»
Sussurrai seria schiacciandogli il naso con il dito. Lo volevo più di qualsiasi altra cosa e aspettare la sera mi avrebbe fatto impazzire solo al pensiero di fare il conto alla rovescia di quanto tempo mancava a ritrovarmi dinuovo con lui. Scosse la testa sorridendo e l’aiutai ad abbassare la maniglia. Una volta dentro, dopo aver chiuso la porta con un leggero movimento del piede, sprofondai sul letto portandomi dietro Joe e diminuendo la distanza tra noi. Socchiusi la bocca e sfiorai le sue labbra calde e leggermente rosse a causa del mio vizio di mordergliele. Era a pochi millimetri da me, era li con me, era li per me ed era mio. Faticavo ancora a crederci. Mossi il bacino contro il suo e ansimai lievemente al mio stesso gesto, lui si limitò a sospirare e torturarsi il labbro per trattenersi.
«Che ne dici di chiudere la porta a chiave?»
Gli sussurrai infilando una mano tra i suoi capelli e annui. Si allontanò da me per qualche secondo ma mi sentii senza ossigeno e gli scatti della serratura mi riempirono la testa fino a quando non fu sostituito dal fruscio del mio vestito a fiori scivolato sul pavimento. Me lo ritrovai addosso intento a infuocarmi ogni parte del corpo li dove appoggiasse le labbra. Gli sfilai la maglia di dosso e appoggiai il palpo della mano sul suo torace, era muscoloso ma non troppo e i suoi addominali si percepivano sotto i polpastrelli ed erano lievemente delineati. Non era un tipo da palestra ma si teneva in forma.
«Sei la cosa più bella che mi potesse capitare, Felicity»
Perché quella frase detta in quel modo mi aveva fatto eccitare più della sua mano che si era insinuata dietro la schiena a sganciarmi il reggiseno? Le mie mani scesero a sbottonargli il jeans e percepii un gemito all’altezza dell’orecchio non appena sfiorai con le dita la sue evidente eccitazione. Lo stavo portando al limite e me ne resi conto quando mi sfilò gli slip con tanta violenza che mi chiesi persino se me li avesse strappati. Si mise in ginocchio e, infilandosi una mano tra i capelli, iniziò a fissarmi. Nuda, con il cuore a mille e il respiro irregolare. Ero sicura di avere perfino le gote rosse e i capelli appiccicati al viso ma, insomma, era il momento meno adatto ad imbarazzarsi. Cingendogli un braccio intorno al collo lo riportai contro di me, con il seno contro il suo petto, cuore e anima a sua completa disposizione. Inclinai la schiena non appena le sue labbra iniziarono a baciare il mio seno con dolcezza e avidità.
«ti voglio ti voglio ti voglio»
E non volevo solo il suo corpo, volevo lui dentro fuori e vicino a me. Cercai di non urlando quando un pizzicò di lucidità mi ricordò che a pochi metri c’era sua madre. L’elastico dei boxer scivolo lungo i suoi fianchi ed entrò dentro di me in un’unica spinta che mi tolse il respiro e mi fece aggrappare alle sue spalle con forza.
«Amore non. non resistevo più» Ansimò, muovendo il bacino contro il mio. Con il mento appoggiato sulla sua spalla e la bocca socchiusa che gli sfiorava la guancia mi resi conto di come mi aveva chiamata. Cazzo, mi aveva chiamata Amore.



Non so che dire ahahaha ah si!
Ringrazio le quattro recensioni che mi avete lasciato e le persone che mi hanno aggiunta su twitter per farmi i complimenti (che non me li merito maaa comunque) 
Allora per questo capitolo le canzoni che mi hanno ispirato sono state:
How To Love - Sam Tsui (youtube) | sopratutto per la prima parte del capitolo.
Innocence - Avril Lavigne (youtube) | per la parte finale uu
Insomma... non è che vi interessi molto xD ora risponderò alle vostre recensioni :3 ne aspetto altre eh ùwù
Al prossimo capitolo,
Frah! 

   
 
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