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Autore: Arsax    23/08/2011    5 recensioni
E' finita. E' tutto finito. Continuo a dirmi mentre sono in macchina con mio zio, mia madre e il mio fratellino dal ritorno dal funerale, ma non è finito niente. E' solo finito quel periodo di pace in cui vivevo con mia madre, mio padre e il mio fratellino Daniele, che è accanto a me in lacrime, raggomitolato su se stesso mentre mi stringe freneticamente la mano.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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E' finita. E' tutto finito. Continuo a dirmi mentre sono in macchina con mio zio, mia madre e il mio fratellino dal ritorno dal funerale, ma non è finito niente. E' solo finito quel periodo di pace in cui vivevo con mia madre, mio padre e il mio fratellino Daniele, che è accanto a me in lacrime, raggomitolato su se stesso mentre mi stringe freneticamente la mano. Ha solo otto anni e già ha dovuto fare i conti con la morte. Si, mio padre è morto. Morto in uno stupido incidente stradale per un idiota ubriaco che guidava ai novanta all'ora per la città e, ovviamente, il pirata della strada è uscito illeso dall'incidente, con solo qualche ferita superficiale. E' buffo, come molte volte la vita venga portata via ad un povero innocente e non a colui che ha commesso il crimine, perché quello che è successo a mio padre è un crimine, esatto. Se ne andrà in carcere per qualche anno e poi tornerà alla vita di sempre, mentre mio padre no, sarà sotto tre metri di terra lasciando moglie e figli. Non ho pianto al funerale e non piango neanche adesso, neanche quando il poliziotto ci chiamò a casa dandoci la tragica notizia, non ci riesco. E' come se non avessi lacrime, come se ciò che era successo a mio padre non contava nulla eppure...un vuoto nel petto mi perseguita da giorni, senza darmi tregua, senza farmi chiudere occhio.
-Isabella? Isabella mi hai sentito?
-Cosa?- mi risveglio dai miei pensieri osservando mia madre che mi guardava dallo specchietto retrovisore con i suoi occhi color nocciola gonfi e rossi per il pianto, gli stessi di Daniele. Qualche ciocca castano dorato di capelli le sfugge dalla coda che le lega i capelli.
-Ho detto che per stanotte staremo dallo zio.
Zio Janky, o meglio zio Giancarlo, non è veramente nostro zio, era il migliore amico di nostro padre, si erano conosciuti all'asilo e per quarant'anni non si erano più lasciati.
-P-perchè?
-Non me la sento di tornare a casa...non oggi.- mi risponde sospirando e abbassando lo sguardo prima che la veda ricominciare a piangere. Guardarmi per lei non è facile, sono la fotocopia di papà: stessi occhi grandi color del cielo in estate e lunghi e setosi capelli neri che mi ricadono morbidi sulle spalle, lisci come spaghetti.
-Capisco...- le rispondo mentre arriviamo a casa di zio Janky. La sera ci mettiamo a dormire, la mamma e zio Janky di sopra, io e Daniele sotto in salotto a dormire sul divano letto. Sono le due e Daniele dorme nella grossa, esausto. Lo guardo dormire un sonno agitato e pieno di incubi e quel senso di vuoto che ho nel petto si ingigantisce, fino a diventare un dolore lacerante, come se qualcosa, o qualcuno, mi avesse strappato il cuore per poi gettarlo nelle fiamme e mille lame che mi squarciano il petto lentamente. Non gli ho neanche chiesto scusa. Penso mentre un flashback mi fa ritornare a un paio di settimane prima...
“-Tu non andrai a quel concerto chiaro?!
-Perché no?! Sai che sogno questo momento da anni! E tu non mi vuoi far andare! Ho detto che il biglietto me lo pagherò io!
-E' troppo lontano! Non andrai a Milano per quello stupido concerto!
-Non è stupido! Sei tu che non capisci! Non mi fai mai fare niente, non sono più una bambina papà! Ti odio!”.

Invece non lo odiavo affatto, e non lo odio neanche adesso che se n'è andato.
“Sgattaiolo via dalla finestra, avviandomi alla macchina della mia amica Clarissa che mi attendeva tutta emozionata all'idea di andare ad un LORO concerto.
-Sei sicura che lo vuoi fare?- mi chiede lei preoccupata, ma emozionata all'idea di una fuga come quelle dei film.
-Si che ne sono sicura, ho atteso una vita solo per andare da LORO e non sarà di certo un padre apprensivo a fermarmi.
-Perfetto andiamo!- e partiamo con un urlo di eccitazione. Per tutto il viaggio da Torino a Milano ascoltiamole LORO canzoni cantandole a squarciagola, e quando arriviamo là è pieno di gente anche se sono le cinque del mattino. Facciamo la coda  senza muoverci dal nostro posto, facendo i turni per andare in bagno e per andare a prendere da mangiare, finché non aprono i cancelli e da lì è una corsa contro le altre ragazze che sono lì per LORO. Arriviamo in prima fila, non ci crediamo nemmeno, siamo in prima fila! Esultiamo e li aspettiamo con ansia, finché le luci non si abbassano, tutti urlano e le prime note della prima canzone vengono intonate...”.

Non mi accorgo che sto già piangendo, ma il flashback continua.
“Alla fine del concerto, torniamo a casa stravolte con una marea di gadget LORO. Saluto Clarissa, già preparata mentalmente per la paternale che riceverò dai miei. Apro la porta, entro e trovo mia madre in lacrime, in preda al delirio con il telefono in mano. Appena mi vede mi corre incontro e mi urla 'Dove sei stata?!' e un'altra serie di frasi che non riesco a capire, ma l'ultima frase che mi dice è: -Tuo padre è andato a cercarti per la città e un ubriaco l'ha travolto! E' morto! Capisci?! Morto!- si butta contro di me in preda alle lacrime e ai singhiozzi stringendomi forte mentre io digerisco la notizia. Il giorno dopo andiamo all'obitorio, senza Daniele, con noi c'è zio Janky e ci mostrano il corpo di mio padre. Lo vedo immobile, come se dormisse, bianco e senza respiro. Solo allora mi rendo conto di ciò che è successo, mi rendo conto che mio padre è morto per davvero, e per colpa mia.”
Continuo a piangere e immergo la faccia nel cuscino per non rischiare di attirare l'attenzione di qualcuno, solo in quel momento il mio dolore si manifesta, ma è troppo forte e non riesco a trattenerlo. Mi alzo velocemente e me ne vado in bagno sfogandomi, piangendo e urlando con la porta chiusa. Mia mamma e zio Janky mi sentono e corrono da me trovandomi raggomitolata in un angolo del bagno, con le ginocchia al petto mentre piango e chiamo mio padre.
-Isabella...Isabella...- mia madre mi stringe e inizia a piangere anche lei con me, zio Janky ci abbraccia entrambe facendoci sfogare. -Non ti odio papà...non ti ho mai odiato...ti voglio bene!- urlo tra un singhiozzo e l'altro. Dopo un po' che piango stretta a mia madre e a zio Janky la stanchezza mi assale e mi addormento.

  
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