Libri > Alice nel paese delle meraviglie
Segui la storia  |      
Autore: Gufo_Di_Inchiostro    24/08/2011    3 recensioni
Nessuna tana del bianconiglio e nessun tè delle cinque sarà presente in questa nuova avventura di Alice che, diventata più grande, sarà di nuovo al centro del suo meraviglioso mondo a cui non dava più ne’ spazio ne’ attenzioni da molto tempo. Ma non tutto è come prima: al posto del castello della regina di cuori , delle foreste e della tavola imbandita del Cappellaio Matto, un grande vecchio orologio ha sovrastato Wonderland non solo con la sua presenza, ma anche dal suo incessante ticchettio. Tra dodici chiavi, dodici ore e nuovi personaggi - buoni e non- Alice avrà il compito di salvare il suo vecchio mondo e con esso la sua anima fanciullesca ormai quasi dimenticata, in una vera e propria corsa contro il tempo...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

1.

Zucchero su note color arancio

 

Plic.

  Plic.

  Plic.

  Plic.

 

“Ancora zucchero cara?”

“Oh no grazie, basta così”

Tutto in quella stanza odorava di stantio, quasi di muffa: la carta da parati damascata che in alcuni tratti, come scrostata, lasciava intravedere il muro nudo e grigiastro; i cuscini rossi di quel divano su cui ero seduta; quel tavolino di legno basso rovinato dal tempo su cui ora poggiava un maestoso servizio da tè in porcellana finissima. Ben dodici tazzine e una gran teiera che sbuffava vapore profumato; strano servizio per sole due persone; si, io e...quella donna. Quella donna ben vestita e acconciata , ma di cui non ricordavo nulla. Possibile? Mi trovavo in una stanza mai vista , con una donna anch’essa mai conosciuta, a bere e conversare come amabili amiche e a parlare del più e del meno. “Impossibile Alice, del tutto impossibile” pensai nella penombra della stanza. I miei occhi saettavano cercando di scovare in quella sconosciuta un particolare, anche solo uno che me l’avrebbe fatta riconoscere: grandi occhi grigi fissavano come stanchi la tazzina che teneva tra le dita pallide e lunghe dipinte di un rosso scarlatto; un largo vestito verde e grigio con ricami floreali le cui pieghe all’estremità si muovevano ritmo di un vento inesistente nascondeva le sue forme,  il grande fermaglio di diamanti lasciava cadere di tanto in tanto qualche ciocca di capelli, che cadeva scomposta  sulle spalle lattee, creando un'immagine di una dama a metà tra il lusso e la trascuratezza. Poche parole sarebbero allora uscite dalla mia gola “Dove siamo? Chi è lei?” se qualcosa non me l’avesse impedito. Le parole morivano in gola silenziose e dolorose, come se un bavaglio alla bocca veniva stretto senza pietà quando volevo pronunciare tali semplici e chiare domande. Lenta, strisciante, l’ansia e la paura presero il possesso della mia persona. Le mani tremavano e sudavo freddo su quel vecchio divano barocco. Riuscì solamente a pronunciare “Ehm, lo zucchero va bene così, grazie “ notando solo in quel momento che la Dama Ignota - così decisi di chiamarla- proprio vicino al mio fianco, seduta comodamente sulla sua poltrona, continuava ad aggiungere zollette e ancora zollette di zucchero nella mia tazza di tè al ritmo di una canzone un po’ malinconica proveniente da uno degli angoli bui della stanza. Lì, un pianista in penombra, di cui solo in quel preciso momento mi accorsi,  ricurvo su stesso, era intento a premere minuziosamente ogni tasto, come se fosse la sua ultima occasione di suonare. Dal mio posto riuscivo solamente ad intravedere le sue spalle ossute ricurve e le sue mani lunghe che lente andavano e venivano su ogni tasto del piano. Rimasi qualche istante a fissarlo: avrei voluto alzarmi per ammirarne la bravura se fosse capitato in un’altra occasione, non ora,in quella stanza, non con quella donna che aggiungeva e aggiungeva zucchero nelle altre tazzine del servizio; non qui, non ora.

 

“Ah che bella canzone , non trovi mia cara? E’ da tanto che la sento eppure non me ne stanco mai!La senti? E’ come un lento fruscio fra e chiome degli alberi, o come delle termiti che mangiano il legno: tu appoggi l’orecchio e senti quel suono flebile e minuzioso...O come le zollette di zucchero che si sciolgono nel tè! Ancora zucchero mia cara?” disse la donna ridendo sporgendosi dalla sedia e facendo scricchiolare il pavimento in legno scuro messo a dura prova del suo peso non  indifferente. 

Non sapevo davvero cosa dire; non mi ero mai trovata davanti una persona di cui non ricordavo nulla, possibile che non la conoscessi?
Nn trovando nulla da dire, forse per la confusione, mi limitai soltanto in un “ehm no grazie” . Ciò nonostante un’altra zolletta volò nella mia tazza sprofondando in un piccolo mare color arancio che via via diventava sempre più chiaro, forse per via di tutto quello zucchero.  

“Aspettiamo qualcuno?” accennai poi , in attesa di quel dannato indizio che mi facesse capire il motivo di quella visita, se tale si poteva definire.

“No, cosa te lo fa credere?” disse la signora prendendo la sua tazza da tè velocemente , come offesa.

“Oh no  nulla credetemi, è solo che qui c’è un servizio da dodici e noi siamo solo...beh..in tre.” trovai il coraggio di dire, alzando le spalle ed indicando con una mano prima le tazzine disposte disordinatamente sul tavolo e poi i presenti in sala: io, la donna e quel pianista che non aveva ancora proferito parola. Aspettai qualche minuto prima di udire un leggero sospiro con una risposta.

“Oh no cara, non aspettiamo nessuno fidati, e siamo solo noi due. Lui -disse, indicando il pianista ricurvo come si indica un ratto di fogna- non è con noi. Lui suona, non beve. Ah ma che canzone magnifica!” terminò , battendo le mani come una bimba felice e provocando uno strano rumore che echeggiò in quella triste stanzetta per qualche secondo, sovrastando per un istante perfino la musica lenta e calma, quasi stanca del pianista. Cercai di respirare più profondamente che potevo: farsi prendere dal panico non era certo la migliore delle azioni in tali seppur strane circostanze. Ma il lungo respiro, da calmo come quella musica, si spezzò per lasciar posto ad un affanno e veloce.

Sgranai d’un tratto gli occhi, accorgendomi solo in quell’istante che la donna proprio accanto a me aveva qualcosa di strano oltre al modo di conversare: la luce della lampada proprio vicino a noi, che penzolava donando una luce giallina che leggermente andava e veniva, ora metteva in mostra uno strano bagliore sulla sua pelle, quasi una strana lucidità; come una bambola di porcellana, o quel meraviglioso servizio da tè.  Indietreggiai piano sulla poltrona, affondando nuovamente nei cuscini, e solamente in quell’istante, come se prima non ci fossero mai state, fermai la mia attenzione su dei lunghi fili trasparenti, che quella luce faceva luccicare nell’oscurità parziale della stanza. Lunghi fili che partivano dal soffitto e scendevano precisi e velati come la ragnatela di un ragno fino ai polsi della donna, ai piedi, ed alla testa. Deglutii fortemente, tanto che la signora, prima intenta nel fissare il pianista con aria compiaciuta, si voltò verso di me per dirmi “Cara mia, ti sei strozzata forse?” Ma nel farlo mise in evidenza due piccole scanalature che partivano dai lati della bocca e terminavano paralleli sul mento. “Chi sei?” riuscì infine a dire con flebile voce strozzata; il bavaglio si era come sciolto d’un tratto ed era volato via, lasciando il posto a delle trasparenti gocce di sudore che lente scendevano dalla fronte per andare ad accarezzare le tempie, che pulsavano senza sosta.

Ma tutto tacque: la Dama Ignota mi fissava ansiosa, poggiando lo zucchero sul tavolino e perfino il pianista , seppur per un istante , smise di suonare, lasciando spazio ad un suono, chiaro e conciso:

 

“Tic-Tac

Tic-Tac

Tic-Tac 

Tic-Tac

  Tic-Tac”

 

“SUONA! COSA FAI?! SUONA! PERDERAI IL TEMPO!” disse la Dama Ignota rivolgendosi di scatto verso il pianista con tutto il fiato che poteva. La sua voce cambiò : da gentile seppur acuta , divenne roca e strozzata, ed il suo volto, prima calmo e pacato, sembrava ora deformato dalla rabbia. Mi alzai allora di scatto dal divano, sentendo le pareti che si facevano sempre più strette intorno a me e le gambe che cedevano , e sfrecciai con tutta me stessa verso la porta  in legno scuro cercando di aprirla. Ma mentre cercavo di spalancare il passaggio con le mani sudate che scivolavano sul metallo freddo della maniglia, il pianista lanciò un grande mazzo di chiavi molto grandi ai miei piedi. Mi voltai così a guardarlo e stavolta lo riconobbi:  le mani, lunghe e bianchicce, erano impreziosite da numerosi anelli e contornate da un maestoso seppur rovinato merletto ai polsi; indossava una grande giacca rovinata dal tempo, con bottoni saltati o che pendevano da un filo qua e la;  un grande fiocco  a pois copriva quasi completamente il collo, e stessa cosa faceva quell’enorme cappello verde sormontando i capelli che, d’un tempo rosso vermiglio, erano divenuti bianchi e sottili.

“C-cappellaio matto?” dissi fermandomi, ma intravedendo con un veloce sguardo la Dama Ignota piena di rabbia che si alzava dalla sedia con spalle ricurve fissandolo, urlai rimettendomi all’opera stavolta con quel mazzo “Cosa fai lì? Vieni, aiutami,scappa!!” ma lui rispose con un sorriso malinconico e rassegnato “  Adesso non ho tempo mia cara Alice, neanche per il tè...”e nel finire la frase  mi mostrò una lunga catena annodata alla sua gamba che terminava in un grande orologio da taschino.

 

 

  “…Se per di qui vuoi andar

la testa non ti scordar!

Eh si perchè il tempo scorre

e tempo non c’è per esporre

ricorda solo che al terminar del tic-tac

non accadrà un “patatrac

ma se continuerà

 Alice perderà...”

 

 

 

 

Solo questo risuonò nella mia testa quando sprofondai in un vortice nero e denso. Una caduta senza freni o indugi, tra urla e singhiozzi e quella musica malinconia e sinistra, 

 

ma quando aprii gli occhi tutto cessò. 

 

Ero nel mio letto, e la grande finestra vicino al baldacchino filtrava chiari raggi di luce provenienti da quel cielo mattutino azzurro come il mare. Sbattei più volte le palpebre sentendo quelle piccole gocce che mi imperlavano la fronte scendere lente fino al mento. Erano passati moltissimi anni dall’ultima volta che avevo veduto il paese delle meraviglie, e non sapevo bene se quel distacco era terminato quella notte oppure no. Avevo veduto il cappellaio matto, ma, seppur i ricordi del paese delle meraviglie si facevano ogni giorno più confusi, ricordavo chiari alberi, maestosi castelli e cieli azzurri: non era nulla di ciò che avevo veduto quella notte. Ero cresciuta e quello del paese delle meraviglie era un meraviglioso ricordo; ma solo quello, niente di più, chiuso in un cassetto della memoria che non aprivo da anni ormai, invecchiato e impolverato, che perdeva qualche pezzetto ogni giorno che passava. Mi asciugai la fronte tranquillizzandomi “Un brutto incubo, nulla di più nulla di meno” e mi tirai su dal letto con le poche forze che non avevo sprecato nel parlare o forse urlare nel sonno. “Perchè il Cappellaio Matto era prigioniero?” mi ritrovai poi però a pensare, guardando la finestra con aria assente, fino a che un flebile “Miao” non si udì sulla soglia della porta. 

“Oreste! Buongiorno!” dissi al micio ormai vecchio che, saltato sul letto, si acciambellò per un sonnellino mattutino. Lo accarezzai e per tutta risposta sentì le fusa di un vecchio gattone desideroso di coccole.  Ma d’un tratto, tra le coperte , senti qualcosa di diverso dal pelo morbido e caldo del gatto; qualcosa di freddo e sottile. Incuriosita feci spostare Oreste dall’altro lato del grande baldacchino e spostai l’intreccio di coperte e lenzuoli per poi trovarla: una chiave. Era vecchia ed arrugginita , ma non era certo la chiave della mia stanza: l’impugnatura era sottile e sembrava somigliare ad un grande uno su cui un tempo, erano stati raffigurati vari simboli: un libro, forse anche una frase, ma la chiave era vecchia e gran parte della pittura era andata via lasciando posto alla ruggine.Quando la sfiorai con l’indice ricordai: era una delle chiavi del grande mazzo che mi aveva lanciato il Cappellaio Matto proprio quella notte! Ritirai indietro la mano come se mi fossi scottata; non poteva essere. Spaventata e perplessa,  restando qualche minuto in contemplazione di quell’oggetto così piccolo e insignificante all’apparenza, con cautela lo misi nella tasca del vestito che oggi avevo scelto di indossare, senza un motivo preciso.
Un collegamento con quel sogno... La piccola Alice sarebbe stata al settimo cielo per un simile avvenimento, ma  l’Alice di oggi è cresciuta e sa distinguere cosa può succedere e cosa no, e questo non poteva succedere. 

 

Il paese delle meraviglie reclamava forse l’Alice di un tempo? 
 

Scesi le scale più in fretta che potevo, come se volessi scappare da quella stanza, da quell’incubo e da quella chiave, che la mia mente contorta sentivo di dover tenere in tasca . Attraversai il salotto a grandi passi e spalancai le ante del portone di casa che affacciavano su un vasto e verde giardino che quel mattino si mostrava in tutto il suo primaverile splendore. L’odore floreale riempiva le narici e un caldo venticello creava un fruscio così rilassante che , con un sorriso sulle labbra, riuscì a distogliere le mie attenzioni su tutto ciò che mi passava per la mente concentrandomi esclusivamente su quella meravigliosa giornata. Il leggero vento caldo mi scompigliava i capelli, che sottili e lisci, si facevano trasportare dalla brezza estiva. Chiusi gli occhi per assaporare quel momento dopo così tanti giorni di pioggia incessante, ma li riaprì all’udire di risate  e voci familiari. A pochi metri da me le mie sorelle conversavano amabilmente, entusiasti anche loro del tempo. Ridevano e si scambiavano sorrisi mentre la domestica serviva loro la colazione. Perfino lei, bisbetica ma di buon cuore, quel giorno era sorridente e colloquiava con loro; forse aveva finalmente ricevuto una lettera dal suo fidanzato lontano, chissà. Corsi verso il tavolino in ferro battuto e con un grande sorriso, mi sedetti nell’unica sedia non occupata. C’era ogni ben di Dio: croissant appena fatti, biscotti al cioccolato, arance, fette di torta che mia sorella maggiore Lorina tra una lettura del giornale mattutino e l’altra ,attaccava con il suo cucchiaino senza pietà facendole divenire sempre più piccole ed indifese; tè, caffe, caramello, miele e zucchero e quant’altro. “Ah, amo le belle giornate per queste colazioni all’aperto” dissi addentando il primo croissant sul vassoio in argento. Ma d’un tratto , distratta ancora un po’ dalle notizie che stava leggendo, mia sorella Edith mi domandò :” Sei stata male questa notte? Mi è sembrato di sentire qualche rumore strano provenire dalla tua camera. Non hai dormito bene?” Un lampo a ciel sereno piombò nella mia mente e la mia mano saettò dal croissant alla tasca contenente la chiave. “S-si, non prendevo sonno e mi sono alzata per un po’ ” dissi in modo per nulla convincente- non ero bravissima nel mentire- ma quella risposta sembrò bastare ad Edith e Lorina, tant’è che mi regalarono un sorriso entrambi. Il cuore smise pian piano, forse aiutato da quei sorrisi, di battere così veloce e, seppur con timore, lasciai la chiave dalla tasca e ripresi a mangiare anche se la gola si era chiusa. Qualche foglia verde smeraldo cadeva, forse per via del vento, dal grande albero proprio vicino di noi, impreziosendo la tavola già piena, tra il rumore di fogli di giornale, delle posate e di qualche discussione  accompagnata da risate dettate dal buon umore . Respirai piano e assaporai un pasticcino alla crema, quando,  nel vento, tra le foglie che cadevano leggere, udì uno strano rumore, quasi come una leggera musica. Lenta , flebile, come se fosse sul punto di morire. Mi ricordava qualcosa; era come familiare, ma non riuscivo ad udire bene le note. Sul punto di pronunciar parola con Lorina, ebbi uno sgradevole riscontro: le mie sorelle conversavano amabilmente, come se non udissero quella musica che via via si faceva più chiara e forte. Sgranai gli occhi, cercando senza farmi notare di ispezionare con lo sguardo il nostro giardino, ma non vidi nulla se non fili d’erba chiaro che ondeggiavano ad un ritmo che solo il vento dettava, nient’altro. Mi girai alle mie spalle lentamente : anche lì nulla; ma ora sentivo quella musica chiara nelle mie orecchie: così malinconica, non l’avevo udita che una volta sola, in quella buia stanza che odorava di stantio, tra le chiacchiere della Dama Ignota e la musica del Cappellaio matto...la musica, era la sua musica al pianoforte! Abbassai lo sguardo velocemente e feci per ritornare con gli occhi fissi sul piatto, cercando di ignorare quella melodia almeno davanti alle due donne, ma quelle non v’erano più. Solo il piccolo tavolino in ferro battuto sormontato da una grande, grandissima tazza da tè vuota, la mia. Il sole metteva in risalto quelle rose dipinte sulla finissima porcellana chiara e luminosa, così grande...Spalancai la bocca ma non ne’ usci neppure un suono e i miei occhi si chiusero di scatto nel momento in cui  quell’ormai non più tazzina saltò come animata giù dal tavolo per cadere pesantemente verso di me. Ma nessun rumore, ne’ di porcellana che s’infrangeva, ne’ della mia testa che sbatteva sul fondo di questa: mi trascinò giù non so per quanto, sottoterra, come in quel racconto di Verne, per poi risalire in pochissimo tempo su una superficie strana, diversa.

 

 

 

 

••••

 

Angolino dell’autrice:
Salve a tutti!
Grazie mille per esservi interessati a queste mie righe, spero molto che vi sia piaciuto!
Sono sempre rimasta affascinata dal mondo di Alice, e spero di riuscire nell’impresa di farvi conoscere ed interessare ad un’Alice cresciuta e a tutto ciò che le capiterà in questa nuova storia.

Ho deciso di pubblicarla spinta dalla curiosità di vedere sia il riscontro con voi cari lettori, sia se avevo davvero il coraggio di pubblicarla! (è la mia prima storia vera e propria) 

 Spero che continuerete a leggere questo mio racconto e perchè no, se vi è piaciuto lasciate un commentino qua e là!  Grazie e tutti ! Se avrete in seguito domande da pormi o cose simili vi risponderò in seguito in quest'angolino! Altrimenti beh, si vedrà XD
Arrivederci al prossimo capitolo e grazie mille a tutti!

•Alice•

 

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Alice nel paese delle meraviglie / Vai alla pagina dell'autore: Gufo_Di_Inchiostro