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Autore: eclissirossa    25/08/2011    2 recensioni
Come si fa a vivere una vita vuota?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Distesa su un letto, avvolta dall'oscurità, giace il corpo di una ragazza calata in un sonno profondo, che a quanto pare, non sembrava esser troppo piacevole. I movimenti del corpo erano scattanti, rigidi, come se cercasse di sfuggire a una presa immaginaria di una figura fatta d'aria che la catturava e intrappolava. La stanza, era carica di giochi tenebrosi dovuti a luci e ombre provenienti dall'esterno della finestra, la cui tenda era lasciata appena socchiusa e dalla quale filtravano fasci di luce della luna. D'un tratto il corpo della giovane s'irrigidì, quasi come se fosse stata immobilizzata o una statua distesa in quel letto. Sembrava quasi come se quel sogno divenisse realtà, mentre invece era solo un brutto scherzo della sua mente, della sua memoria.

Due mani. Occhi privi di pietà.

Tremò, il gracile corpo a quell'immagine, nonostante fosse un semplice riflesso incondizionato della sua mente. Gli occhi della giovane si spalancarono nel buio, ritrovandosi umidi e bagnati come le gote. Restò immobile nel letto, avvolta in un bagno di sudore nonostante fosse febbraio inoltrato e il freddo non si faceva desiderare, chiaro segno erano il pigiama pesante e le tre distese di coperte a coprirla. Rimase ferma, come se ancora fosse immobilizzata nel buio, lasciando scorrere le lacrime sulle gote, senza frenarle o asciugarle. Riprese piano coscienza di se, e la forza di respirare da sola, iniziando a calmarsi e a calmare i battiti irregolari del suo cuore, ed attese, fin quando quelle mani e quegli occhi fossero spariti dalla sua mente, almeno per quel momento. Si smosse, dopo un lasso di tempo forse infinito e non misurato, ruotando piano il corpo e il capo verso il piccolo comodino accanto al suo letto sul quale un orologio elettronico segnava l'ora.

05.40

Ispirò profondamente leggendo l'orario in rosso sullo sfondo nero. Le cinque e quaranta. La notte era ancora lunga, o quasi. Lei avrebbe dovuto svegliarsi verso le otto, andare in Università e raggiungere Sango per la sua nuova smania in cui si era ritrovata catapultata per puro caso. Caso. Ghignò a quel pensiero, era sicura al cento per cento che non fosse un caso che la sua migliore amica avesse trovate interessante quel determinato sport, se cosi poteva chiamarsi. Sospiro pesantemente, tornando a voltarsi verso il muro, con gli occhi castani spalancati nel buio, con la chiara intenzione di non chiudersi, e di non riaddormentarsi. Restò cosi, sveglia lasciando che la sua unica compagnia fossero gli usuali rumori del suo nuovissimo appartamento. Un appartamento piazzato nel mezzo di Tokyo, piena città, piena vita, come diceva la sua amica, una pienezza a cui non era abituata lei, era abituata a vivere nel tempio che era appartenuto alla sua famiglia per secoli, e a cui, era molto legata, o meglio, lo era. L'unica fortuna era che si trovava all'ultimo piano di una palazzina dagli abitanti tranquilli e per niente chiacchieroni o fastidiosi. Nel suo appartamento rientrava un terrazzino dalla quale si aveva una visuale, della città, faceva molto loft in New York, ma non le importava più di tanto. L'appartamento da parte sua era normale, carino e non esagerato. Il salottino con la cucina comunicante, un bagno, una stanza da letto e un piccolo studio inutilizzato, lei era solita studiare in cucina, con la luce del giorno che entrava dalle finestre.
Il tempo volò, o almeno cosi le parve, e tra una constatazione e l'altra, e una piccola piantina mentale del suo appartamento, la sveglia suonò, segnando le sette. Si alzo lentamente, tirando le tende della stanza e lasciando che il leggero chiarore esterno entrasse nella stanza. Il cielo era terso, e non sembrava ben disposto ad aprirsi e lasciar sbucare fuori un raggio di sole. Si spostò nella cucina, recuperando il caffè che era appena uscito da una macchinetta automatica, e che aveva disperso l'odore dolciastro nella stanza. Sorrise leggermente, stringendosi nel suo pigiama e consumando la sua colazione a base di caffè e biscotti con cereali in silenzio, e nella solitudine con cui ormai si accompagnava da due mesi a quella parte. Si concesse una doccia veloce e calda, prima di spostarsi in camera per vestirsi. Il vivere da sola aveva i suoi pregi, non preoccuparsi di nulla se non di se stessi. Legò i capelli con un asciugamano, evitando di farli gocciolare, infilandosi velocemente in un paio di jeans grigi appena larghi sulle gambe, retti da una cintura scura, sui fianchi sottili, un paio di converse consunte ai piedi e un pullover ambrato a coprire il corpo, anche questo largo sul busto e sulle braccia, quasi come se
tentasse di coprire le forme prosperose e ben messe, che madre natura le aveva donato. Aveva asciugato velocemente la cascata di capelli scuri che ricadevano lungo la schiena fino ai fianchi, e li aveva spazzolati per bene, prima di coprirsi nel suo cappottino , sistemarsi sciarpa e cappellino, e addentrarsi nel gelo e nel caos mattutino, come unica compagna una borsa a tracolla dove portava i libri dell'Università. Si congratulò con se stessa, quando, in attesa del bus sotto casa, scorse l'orologio e notò che mancava solo un quarto d'ora all'appuntamento, e che poteva concedersi un caffè, visto il breve tempo che impiegava ad arrivare all'Università con i mezzi pubblici.
Nel pullman, abbracciata a un palo per non cadere, visto che i posti erano tutti occupati, leggeva un libro con aria attenta e concentrata. Era un bel mattone, se cosi vogliamo definirlo, era un libro che bene o male rientrava nel programma della sua Università, e che l'avrebbe aiutata a superare il prossimo esame. Si era iscritta all'Università di Storiografia, scegliendo come corso quello che si concentrava sul Sengoku Jidai, corso al quale si era iscritta assieme alla sua amica secolare Sango. Quel libro, il
mattone, riportava tramite romanzo, gli avvenimenti più importanti che avevano contraddistinto l'Epoca Sengoku dalle altre, senza lasciar mancare una serie di intrecci e intrighi amorosi. Sospirò piano, quando la voce elettrica e gracchiante del bus, le ricordò che la sua fermata era arrivata, e spintonando un po' abbandono il mezzo pubblico, richiudendo il libro e infilandolo nella borsa, avviandosi verso l'entrata enorme e storica dell'Università, per concedersi un caffè. Incontrò Sango poco dopo, e la giornata prosegui tra normalità e monotonia; seguirono i loro corsi e si trattenerò a ricopiare gli appunti fino a quando una Sango abbastanza entusiasta le ricordava dell'appuntamento in comune del pomeriggio.

‹ Allora Kagome? › Blaterò una Sango in trepidazione, mentre la struttura della palestra si faceva sempre più vicina alle due ragazze. Sango era di una bellezza particolare, aveva i lineamenti del viso sottili e dolci, un corpo ben strutturato e formato da anni e anni di sport, qualsiasi sport, cambiava sport ogni anno, e il fisico era quello di una ragazza molto sportiva. Kagome invece, era più una ragazza sedentaria, ma la fortuna le aveva donato un metabolismo veloce, che le permetteva di mangiare il giusto senza ingrassare; non era mai stata particolarmente legata al cibo, lei, e nell'ultimo anno, questa attenzione a cibarsi era calata, nei limiti della normalità.

‹ Allora cosa, Sango? Mi hai costretto tu a venire qua! › Aveva borbottato di tutta risposta la ragazza stretta in un cappottino blu notte, con aria contrariata. Non era brava negli sport, e questa pensata di Sango di trascinarla con se, non le era piaciuta più di tanto, ma c'era stata una sottile minaccia, e aveva dovuto accettare. Sango, era l'unica, o quasi, con la quale si concedesse comportamenti umani, e non da vegetale o asociale, e perdere la sua unica amica, non le andava. Era sicura che non l'avrebbe abbandonata, ma meglio non rischiare, no?Aveva avvertito la presa leggera sulle spalle, dell'amica, mentre la trascinava dietro di se con una risatina divertita.

La palestra, era quello che si poteva definire il classico buco con le pareti specchiate di una scuola di basso livello, ma a lei questo non importava, infondo dubitava che potesse restare a frequentare quel corso per più di un mese, o quasi, non era abbastanza sportiva e attiva, era più tipo da pizza e divano. Aveva seguito i movimenti di Sango, per evitare di fare figuracce già dal primo giorno, e dopo essersi sfilata le suoe milioni di coperture, e sistemate su un appendiabiti dello spogliatoio, assieme allo zaino, aveva sfilato le scarpe e legato i capelli, seguendo Sango verso la sala dove avrebbero praticato quello sport, a detta sua, indicibile. Deglutì piano, guardando le poche ragazze che si erano presentate e si rammarico di essersi alzata quella mattina dal sul caldo lettuccio. Arrivata nella saletta, noto due figure maschili, vestite in tuta, parlare e sghignazzare tra loro divertite. Uno, quello di spalle, aveva lunghi capelli del colore della notte, che ricadevano sulla schiena, ed ebbe come l'impressione che fossero molto curati. Una t-shirt bianca copriva il busto e la vita sottile, e un paio di pantaloncini scuri di una tuta lasciavano scoperti i polpacci del ragazzo, ed infine un paio di calzini di spugna al piede; capì il perchè, le erano state fatte togliere le scarpe solo quando avverti sotto i piedi la moquettes morbida. Sospirò, quando l'altra figura maschile si volse a fissare lei e Sango, quella era conosciuta, fin troppo conosciuta. Lo vide agitarsi, come a voler richiamare la loro attenzione tra una folla inesistente, prima di dirigersi verso di loro con un gran sorrisone.


‹ Oh! Le mie dolci fanciulle! › Mormoro, da bravo maniaco qual'era, con un sorrisone , sempre quel sorrisone, sulle labbra, allargando le braccia per cingerle entrambe in un abbraccio, casto per lei, un po' meno per Sango che gli sferrò un bel pugno sulla testa, in seguito una palpata sul fondoschiena. Rise a quella visione, e si trattenne le risa con la mano, all'espressione da cucciolo bastonato di Miroku, che guardava Sango con occhi languidi in cerca di perdono, mentre l'amica sembrava più offesa che mai, e quasi decisa ad andarsene da un momento all'altro. Lo sperò vivamente, ma sapeva di sperare invano. Tornò a fissare Miroku, che ora si era improvvisamente concentrato su di lei, con aria seria, e ne conosceva il motivo. Ricambiò lo sguardo a sua volta seria, prima di calarlo sulla punta dei piedi coperti da un paio di calzini bianchi e rosa.

‹ Venite! Vi presento il mio amico prima dell'inizio della lezione! › Aveva ammesso, spezzando quello spiacevole silenzio, che rendeva i tre ragazzi consapevoli e uniti in un unico pensiero, cingendo le spalle ad entrambe e trascinandole verso la figura del ragazzo con il quale stava parlando poco prima che era rimasto in una posizione statica, da quando aveva smesso di fissarlo. Ebbe come la sensazione che non si fosse mosso. Lanciò uno sguardo veloce a Miroku, e lo trovò vestito in maniera uguale all'altro ragazzo, e se non fosse stato per i capelli legati a codino e qualche centimetro di meno, li avrebbe scambiati per fratelli. Sospiro piano, sentendo la stretta del ragazzo sulle spalle e provando un profondo disagio a quel contatto, dal quale si sciolse poco prima di arrivare davanti alla figura del ragazzo, ancora di spalle. Notò Miroku ritirare il braccio immediatamente, e lasciarlo dondolare lungo un fianco, limitandosi a stringere solamente la spalla di Sango, silente.

‹ Inuyasha, queste sono le due ragazze di cui ti avevo parlato. › Aveva proferito verso il ragazzo di spalle, aspettando che si girasse. Per un attimo senti la moquettes sparirgli da sotto i piedi, e la piacevole sensazione di vertigini, che le aggrovigliò lo stomaco; si era ritrovata a sprofondare in due pozze scure come la pece, ma al cui interno, ritrovò delle pagliuzze più chiare che contornavano la pupilla, del colore del grano maturo. Erano due occhi bellissimi, pregò di poter restare quanto più tempo possibile, a fissarle e ad affondarci dentro, si sentiva piacevolmente soggiogata da quegli occhi. Li osservò, e li trovò sorpresi per qualche attimo, mentre ricambiava lo sguardo, che per quanto le parve lungo, constatò fosse durato pochi secondi, poiché lo vide posare quegli occhi sulla figura di Sango.

‹ Lei e Sango.› Aveva mormorato Miroku, indicando la giovane che ancora stringeva, sorridendo come un ebete verso questo Inuyasha, che aveva allungato la mano verso quella dell'amica e l'aveva stretta borbottando un “ piacere “ stretto tra i denti. ‹ ..e lei, è Kagome. › La voce di Miroku la risveglio, dallo stato di trans in cui era caduta, fissando quel ragazzo. Solo ora, si concesse un analisi più dettagliata del suo viso. Tratti decisi, ma non esagerati, quasi fanciulleschi, naso sottile e dritto, e le labbra che le sembravano invitanti come i dolci alla crema di sua madre. Lo vide volgersi nuovamente verso di lei, e ringrazio i Kami di quel dono, allungando la mano a sua volta verso di lui, e lasciando che la stringesse in una presa salda ma calda al tempo stesso, nella quale abbandonò per qualche attimo di troppo la sua mano. Gli sorrise piano, facendo per schiudere le labbra e parlare, venendo bloccata dal suo ritirarsi e brontolare uno ‹ Tsè.› tra i denti, allontanandosi di qualche passo e incrociando le braccia al petto, poggiandosi contro uno specchio della stanza. Lo guardò stordita per un attimo, prima di voltarsi indispettita a sua volta per quel comportamento da maleducato che aveva quel tipaccio lì, bello sicuramente, ma non aveva di certo iniziato bene, cosi. Arrestò la sua avanzata, fermandosi a qualche passo da Sango e deglutendo in maniera sonora. Miroku aveva detto che aveva parlato di lei e di Sango. Sperò, ancora una volta, vivamente, che Miroku non avesse parlato di Lei, e di determinati avvenimenti a quello sconosciuto. Strinse gli occhi, trattenendo l'istinto di andarsene via di corsa, sentendo la mano di Sango sulla spalla scuoterla piano e la voce di Miroku, che faceva da sottofondo a una miscela di disgusto e rabbia.

‹ Anche se siete poche, e consapevoli, vi do lo stesso il benvenuto a questo corso di autodifesa. › Aveva mormorato un Miroku che dalla sola voce gli parve sornione e divertito. Rimase ferma un attimo, ricacciando tutto dentro di se e riaprendo appena gli occhi, sorridendo verso l'amica, che la guardava preoccupata e scuotendo appena il capo. Si voltò verso Miroku, che notò la stesse guardando, come in attesa e gli sorrise gentilmente, lanciando uno sguardo fugace all'altro ragazzo dietro di lui, poggiato agli specchi e sbuffando piano. Senti nuovamente la voce di Miroku riempire la sala, tra una risata e l'altra, e tornò a fissarlo con attenzione, restando attenta e in ascolto per quella prima lezione, che ricordava molto una presentazione generale non solo di loro due, - maggiormente Miroku, Inuyasha sembrava ben poco interessato a parlare – ma anche dello sport di per se e di quello che avrebbero fatto, o almeno provato, durante la durata del corso.

  
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