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Autore: sayaka_kamijo    25/08/2011    6 recensioni
Promesse non mantenute... promesse dimenticate... e un luogo fuori dal tempo e dalla concezione umana. Silent Hill è un incubo ad occhi aperti... e James scoprirà a spese sue cosa significa non mantenere una promessa importante.
Genere: Dark, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Sunderland
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"James... James... apri gli occhi! Svegliati pigrone!"

La dolce voce di Mary lo colse nel sonno, scuotendolo lentamente dal suo dolce dormire. Mary cinguettò allegramente al suo fianco, mentre James sbadigliava sonoramente ridendo.

"E' una splendida giornata!! Potremmo... andare a fare un giro al lago, che ne dici? Toluca è splendida in questo periodo! Potremmo affittare una barca e allontanarci di poco, soltanto di poco... per avere un po' di sole! Che ne pensi?"

James rise ancora guardandola agitarsi sul letto gesticolando entusiasta e guardando di tanto in tanto fuori dalla finestra. James si girò ancora un po' a fatica verso di lei, combattendo contro la pigrizia mattutina del proprio corpo e le cinse la vita con un braccio; Mary lo fissò speranzosa.

"Ma certo, tutto quello che desideri!"

Mary gli circondò il collo con le braccia e si strinse forte a lui.

"Bene! Allora, sarà meglio iniziare a prepararsi!!"

Lei si staccò un po' dal suo abbraccio per guardarlo negli occhi e a James sembrò quasi di vederla per la prima volta, mentre il suo cuore faceva qualche capriola. Mary era tutto ciò che lui desiderava e che voleva nella sua vita.

E' davvero così?

James cercò di ignorare quella voce nella sua testa, continuando a guardare Mary che aveva un volto e un sorriso tanto felici.
Poi la vide girarsi dall'altra parte... due colpi di tosse... no... adesso tre...

"Mary... è tutto a pos..."

Ma quando la donna si rigirò verso di lui, il suo viso era improvvisamente sciupato, invecchiato, segnato. Mary si sdraiò accanto a lui, sembrava essere priva di forze e di vitalità e il suo colorito era pallido, sembrava quasi un cadavere.

"Mary!! Tesoro!!"

Ma guardandosi attorno James si rese conto con sgomento e paura, che non si trovavano nella loro bellissima stanzetta d'albergo sulle rive del lago, bensì dentro un ospedale. Le infermiere andavano e venivano dalla stanza, portando diverse bottigliette di flebo con sorrisi rassicuranti e pieni di pietà e commiserazione.

"No... NO! Non guardate Mary in quel modo!! NON E' GIUSTO!!!"

Le infermiere però lo ignoravano tranquillamente, come se lui dentro quella stanza non fosse presente; James si sentiva dentro una bolla d'aria: tutto divenne lentamente indistinto, silenzioso, ovattato come in una giornata di neve. Avrebbe dovuto essere rassicurante e invece si sentiva incredibilmente solo e impotente, la stessa sensazione che provi quando da bambino ti svegli e ti rendi conto che i tuoi genitori non sono nel lettone con te. Ti senti abbandonato, agitato, hai voglia di piangere e gridare.
James continuava ad osservare attonito la scena da "fuori" come se lui non ne facesse parte: Mary continuava a tossire mentre medici e infermiere la bucavano ovunque con aghi chirurgici.

"Smettetela... SMETTELA!!! Così la ucciderete!!!"

James gridava e gridava, ma la sua voce rimbalzava in quella bolla e gli tornava indietro ancora più atterrita e spaventata di prima. E la stanza divenne buia... nessun colore, eccetto il cremisi che si spandeva da sotto il corpo di Mary nel letto, e si propagava come un'enorme macchia di sangue. E James iniziò a sudare freddo, pensando che fosse assurdo, che un corpo umano non può contenere nemmeno tutto quel sangue.
E col sangue arrivarono i sensi di colpa, profondi come aghi conficcati nella carne, così profondi da scavare fossi nel suo cervello. Mille voci lo assalirono sibilanti nella sua testa...

sei stato tu
sei stato tu
sei stato tu
sei stato tu
sei stato tu
sei stato tu
SEI STATO TU!!

James si portò le mani alla testa, il suo viso era completamente contratto in smorfie di dolore mentre scivolava in ginocchio sul pavimento, sentendo le lacrime rigargli il viso. Il senso di colpa così forte divorava la sua anima in profondità e le lacrime non cessavano. Voleva gridare e strapparsi i capelli; anche strapparsi il cuore dal petto se fosse stato necessario a far cessare tutto ciò che gli stava accadendo.

"James... perchè?"

Aprì gli occhi di scatto e ciò che vide lo portò a rannicchiarsi contro il muro, spaventato e atterrito come un bambino: cosa era quella cosa che stava davanti a lui? No... quella non poteva essere Mary... non poteva essere la SUA Mary!!!

"James... perchè?"

Il fantasma gli si rivolse nuovamente con un tono di voce stanco e sconfitto... faceva fatica a parlare per via della malattia.

"Mary??"

Il fantasma con le fattezze di Mary (o quello che gli sembrò un fantasma), aveva teso le braccia verso di lui.

"No... non puoi essere tu! La mia Mary è diversa!! Lei è..."

Ma il fantasma lo interruppe immediatamente.

"E' COLPA TUA!!!!"

La voce di Mary ora si era fatta dura, secca, divorata dal rancore, con gli occhi accesi di rosso iniettati di sangue. Il suo aspetto si fece, se possibile, ancora più grottesco e demoniaco, mentre James si alzava di scatto dal pavimento e come una molla si dirigeva verso la porta cercando di aprirla, ma questa era sigillata da un alone rosso.
Forse anche l'ambiente circostante era imbevuto della rabbia di questo demone.
L'uomo non riusciva ancora a credere che quella fosse la vera Mary e aveva ingaggiato una dura lotta con la sua coscienza per reprimere tutti i sentimenti e le sensazioni più terrificanti che lo assalivano in quel momento. Le sue mani erano sudate e il pomello della porta, continuamente percosso, continuava a scivolargli, rendendogli impossibile cercare di fuggire.

"James... perchè? tu... avevi promesso... AVEVI PROMESSO!!!"

La voce di Mary, tornata ad essere disperata e piangente, lo raggiunse spaventosamente da dietro le spalle e incredibilmente vicina; James sudava freddo e si girò lentamente per guardare dietro di sè. Una mano... la mano di Mary... gli toccò la spalla. Quelle sue mani gentili e premurose, che più volte gli avevano accarezzato il viso con dolcezza e lo avevano preso per mano nei momenti più difficili della loro vita insieme.

Avevo promesso... ma non ho mai mantenuto... perchè esisto ancora? Che valore ha la mia esistenza adesso?
Dopo quello che ti ho fatto... quale vita posso sperare di avere?
Eri tutto per me, ma egoisticamente speravo di riavere indietro la mia vita serena... senza ospedali e senza ostacoli.
Perdonami... perdonami Mary...
Ti amo...

James si risvegliò di colpo. Il cuore batteva furiosamente nel petto per l'agitazione, e gli occhi dilatati cercavano e cercavano nell'oscurità di quella piccola, sconosciuta stanzetta nella quale si trovava: mobili fracassati, lenzuola sporche, vetri rotti e indumenti sparsi.

"Dopotutto era solo un sogno..."

annunciò a se stesso nel silenzio tombale della stanza, forse nella speranza che qualcuno gli rispondesse... o forse no. Tuttavia il senso di colpa permeava ancora la sua coscienza ed era ben lontano dal lasciarlo vivere in pace, mentre si rialzava a fatica e andava verso la porta per lasciare quel luogo.
Attraversò la stanza ma all'improvviso si fermò davanti alla toeletta... l'enorme specchio lì sopra gli metteva inquietudine, senza sapere il perchè, ma non riusciva a staccarne gli occhi... e poi la vide... una stanza che era molto, ben diversa da quella che appariva alle sue spalle.
Il ronzio tornò, feroce nella sua testa, diventando insopportabile e James si portò nuovamente le mani a coprirsi il viso, disperatamente e in modo straziante... il ronzio diventò il rumore di qualcosa di pesante... qualcosa di estremamente pesante che veniva trascinato sul pavimento... un suono spettrale e terrificante, e si faceva sempre più vicino.
Nella stanza riflessa nello specchio, davanti a sè, comparve il Giudice delle Colpe Negate. La sua testa, che era un enorme costrutto a forma di piramide, cigolante e arrugginita, era girata verso di lui... non aveva occhi ma James sapeva bene che stavano puntando verso di lui. Lo aveva visto ed era anche uno "sguardo" accusatorio.
La sua figura imponente respirava piano, quasi in modo calcolato e James riconobbe al volo cosa fosse l'enorme oggetto che veniva trascinato sul pavimento qualche istante prima, e si ritrovò a fissare atterrito l'enorme coltello (?) che il Giudice reggeva con una mano, mentre con l'altra reggeva una massa informe di qualcosa di orripilante e sanguinolento.
La mano della creatura lasciò cadere al pavimento l'ammasso informe e con gesto deciso alzò la mano verso James, puntando il dito dritto contro di lui.

La sua colpa era troppo schiacciante... troppo dolorosa per negarla ancora... doveva dire la verità a se stesso... e senza sapere più distinguere il sogno dalla realtà, fissò la figura davanti a sè con occhi assenti e vuoti, conscio soltanto dell'unica verità possibile:

non sarebbe mai stato perdonato...

Anche tu meriti di morire James.
  
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