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Autore: Akemi_Kaires    25/08/2011    9 recensioni
{Dragonshipping; Lance/Sandra}
Molto spesso i sogni si tramutano in realtà.
E ancor più spesso ciò accade in situazioni disperate e inaspettate.
Non si riesce sempre a distinguere la verità dalla fantasia galoppante dei propri pensieri...
[Partecipante al Pokèmon Special Challange indetto da nihil no kami su EFP; Shipping: Dragonshipping]
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
- Questa storia fa parte della serie 'With You, My Love'
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Per prima cosa devo ringraziare queste persone, che hanno commentato la mia serie fino ad ora: TeddyBiBBy, Misaki_Chan, julia28, Puccio_, berserker eagle, Ciccio85, gm19961, Alexia 97, Darkangel99, Wonder, nihil no kami, bayleef 99 Shinushio e, ultimi ma non per importanza, tutti i lettori.
I miei ringraziamenti più sentiti vanno a voi, ragazzi!
E se chiunque di voi volesse una One shot riguardo una coppia specifica può chiedere senza alcun problema!! ^^ Per voi questo e altro! Anzi, spero di essere all'altezza delle vostre aspettative.
Detto questo... buona lettura!!!

Dedicata a TeddyBiBBy e a coloro che aspettano che il loro sogno d'amore venga coronato...

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This Is Not A Dream



Un lampo squarciò il cielo oscurato da nubi nere e minacciose, mentre un tuono infrangeva la barriera silenziosa che avvolgeva i luoghi che sottostavano a quel cielo temporalesco.
- Non mi abbandonare. Non mi lasciare qui da solo, per favore!!!
Un’ombra avanzò velocemente tra le fronde che baciavano le falde del Monte Argento, facendosi largo tra la selva furiosamente, cercando di resistere alla stanchezza che pareva consumargli le energie.
Tra le braccia di essa, una figura esile e slanciata giaceva quasi incosciente e spossata, dal respiro flebile e piuttosto debole.
- Hai visto…? Ormai… credo di essere… arrivata al… tuo livello…
L’individuo misterioso spostò lo sguardo verso colei che reggeva, guardando con orrore una profonda ferita scarlatta dalla quale sgorgava copiosamente il nettare della vita, quel liquido caldo e viscoso dall’odore metallico e pungente. La mano dell’altra teneva ben salda la presa alla divisa del suo salvatore, cercando di reggersi da sola con le poche forze rimaste.
- Non ti sforzare! Così comprometti ancor più la tua situazione!!!
- Puoi… anche lasciarmi. Posso cavarmela… da sola…
Un gemito di dolore scivolò dalle labbra della ragazza, la quale strinse gli occhi, digrignando i denti e contraendo il viso in una smorfia di puro dolore. Un male atroce e acuto parve dilaniarla dall’interno, mozzandole il respiro, non concedendole un misero attimo di pietà.
- Non dire idiozie! Credi anche ti assecondi in un momento critico come questo?!
- Già… non l’hai… mai fatto. Non… mi hai mai… accontentata.
Quelle parole innocenti e veritiere sferzarono il cuore del giovane, colpendolo con la sporca e cruda realtà. Se lei, la persona a lui più cara, si trovava in quella situazione drammatica, era solamente per colpa sua.
- Non ti abbandonerò mai!
Sotto la sua presa, il corpo freddo e pallido della ragazza si rilassò per un attimo, e perfino la presa che ostentava sulla sua giacca si allentò.
- C’è… caldo. Sento uno strano tepore…
Lacrime disperate scivolarono lungo il viso dell’uomo, mentre l’avvenire si stava avventando sulla sua bella senza che lui potesse opporsi in qualche modo. Implorò alle sue gambe di andare più veloci, nella speranza di raggiungere in tempo il luogo d’incontro con i soccorsi. Pregò con tutto il cuore che la morte non strappasse l’anima di lei, che la risparmiasse ancora per un po’.
- Per favore, resta con me. Non abbandonarmi in questo mondo! Prometto che ti starò sempre vicino…

Doveva trattarsi sicuramente di un orrido incubo: ciò che aveva dinnanzi ai suoi occhi stanchi non poteva corrispondere alla realtà. Dopotutto, era troppo cruente e ingiusta per esserla, troppo malsana e incoerente.
Quei fatti non potevano essere accaduti sul serio. Si sarebbe certamente svegliato tra breve, e magari avrebbe trovato dinnanzi a sé la ragazza. L’avrebbe anche insultato come rimprovero per aver dormito tutto il pomeriggio, trascurando i suoi doveri di Domadraghi. Inoltre, magari, in risposta, le avrebbe anche dato un pugnetto sulla spalla, lamentandosi, e avrebbero scherzosamente cominciato ad insultarsi affettuosamente a vicenda com’era solito fare.
Un velo di lacrime appannò la sua vista, già offuscata dalle tenebre oscure della notte, non appena posò lo sguardo su quel piccolo e morbido letto che aveva accanto a sé. Seduto su una sedia, scrutò con attenzione e strazio la figura esile che era posta sopra quelle comode coltri bianche, immersa in un sonno doloroso e leggero.
Lance digrignò i denti, stringendo le mani in pugni, sfogandosi per mezzo di un pianto silenzioso e disperato, carico di rimorsi e sensi di colpa. Si sentiva quasi spaurito e indifeso, come un infante innocente e puro, abbandonato a sé stesso, di fronte a quella vista che gli mozzava il respiro con tanta crudeltà.
“E’ solo un brutto sogno” continuò a ripetersi incessantemente, fino allo stremo, cercando di soffocare la realtà dei fatti in quella convinzione. Quella situazione l’avrebbe condotto alla pazzia, se non fosse rimasto lucido.
Ancora non riusciva a credere che proprio lui, con la sua condotta orgogliosa e dannatamente miserabile, aveva quasi gettato tra le spire della morte la persona che considerava più cara al mondo, immergendola a capofitto nell’oblio del dolore. Ancor meno riusciva a capacitarsi di quanto fosse enorme la pericolosità dello stato in cui Sandra, la sua adorata cugina, si trovava.
Improvvisamente, la ragazza gemette di dolore, cominciando a stringere convulsamente il lenzuolo, mentre gocce salate e brucianti scivolavano lungo il suo viso stanco e corrugato in una pura espressione di sofferenza. Un male lancinante pareva dilaniarle il corpo e corroderle l’anima, come fuoco vivo che bruciava sempre più, non concedendole alcuna tregua.
Il Campione, istintivamente, afferrò l’unguento antidolorifico e scoperchiò leggermente le sue gambe, soffermandosi preoccupato al fianco destro. Si chinò sulla radice di tutti i mali, quella enorme ferita scarlatta ove il sangue raffermo aveva impedito al nettare vitale di sgorgare a fiotti. Come temeva, però, in alcuni tratti si era riaperta, recando nuovamente male alla giovane.
Pazientemente, cercando di non abbandonarsi alla gelida e invitante morsa del panico, cercò di medicare quella che ormai era in procinto di divenire una cicatrice, servendosi di tutti i mezzi che aveva a disposizione. Ad ogni urlo dovuto allo strazio provato dalla Capopalestra, l’uomo si sentì sempre più determinato al porre fine a quel tormento che la stava consumando momento dopo momento. L’avrebbe trascinata fuori da quella pena, anche a costo di vigilare sul suo sonno per lunghe notti intere. Dopotutto, era stato lui a metterla in quella pessima condizione, ed era il minimo che potesse fare per rimediare a quel suo errore.
Tutto ciò era accaduto solamente per colpa del suo orgoglio e della sua superficialità. Era disposto ad agire in qualsiasi modo, pur di porre fine a quella macabra vicenda.
Se solo avesse accettato di darle una mano, riguardo quella missione di salvataggio al Monte Argento, invece che ignorarla e lasciarla andare da sola, forse non sarebbe ridotta in quello stato.
Se fossero stati lì entrambi, con l’intenzione di salvare quel povero Gible caduto in un precipizio, forse avrebbero avuto modo di sfuggire dalle grinfie di un furente Ursaring, irritato dalla loro poco gradita presenza.
Invece era stata costretta ad affrontarlo da sola, lasciandosi squartare da quegli artigli affilati, pur di tener fede al suo essere Domadraghi e trarre in salvo quel povero cucciolo indifeso. Se solo lui si fosse trovato al suo fianco, forse non avrebbe giocato a dadi con la morte.
Nella sua mente, riecheggiavano ancora vivide e nitide le parole della giovane disperata, sul punto di crollare, sopraffatta dal cordoglio.
“Lance... LANCE!!! Per favore… vieni… ho… ho paura!!! La gamba... sanguina… c’è sangue dappertutto…!! AIUTO! Mi… sento… bruciare dentro…!!!”.
Ricordava ancora come la disperazione lo aveva assalito, non appena l’aveva scorta in lontananza, rintanata sotto una quercia, protetta dalla sua Kingdra, immersa in una pozza di sangue.
Aveva lottato fino allo stremo, pur di continuare a vivere, combattendo con tutte le sue forze contro la morte che la voleva strappare da quel percorso che riguardava la sua esistenza. Se entrambi si trovavano lì, in quel momento, era dovuto anche alla determinazione e alla voglia di continuare a far battere il suo cuore.
Con cura, il Campione terminò di curare amorevolmente la ferita, medicandola e bloccando l’emorragia. Con affetto, inoltre, asciugò con un panno umido la fronte madida di sudore della ragazza, alleviando ulteriormente stanchezza e dolore.
Carezzò dolcemente i suoi capelli azzurri, notando con gioia quanto ella si stesse rilassando. Infine, non appena la giovane sprofondò tra le braccia di Morfeo, decise di vegliare il suo sonno.

Sospesa tra una strana sensazione di calda e familiare dolcezza e quel bruciante fastidio che oramai pareva provenire da un punto remoto del suo corpo, Sandra schiuse leggermente le palpebre, sbattendole più e più volte nel vano tentativo di adattare i suoi occhi color ghiaccio alla luce del sole nascente che le carezzava il viso.
Spaesata, si guardò attorno, cercando di focalizzare e riconoscere il luogo ove si trovava in quel momento. L’ultimo ricordo la vedeva tra le braccia di Lance, in bilico tra vita e morte. Com’era finita in camera sua, allora? Era riuscita a salvarla, forse?
Se ciò corrispondeva alla realtà, dov’era lui?
Voltò leggermente il capo, cercando di non risvegliare il dolore sopito nella ferita, osservando la figura che giaceva seduta su una sedia al fianco del suo letto. Con le braccia incrociate al petto e gli occhi chiusi, era in un perfetto stato di dormiveglia. Da quanto aveva potuto intuire la ragazza, aveva fatto la guardia al suo riposo.
Ciò le parve quasi impossibile. Si era davvero interessato a lei fino a quel punto? Davvero aveva rinunciato al riposo solo per lei? Non poteva essere.
Non appena mosse leggermente le gambe, nel vano tentativo di cambiare posizione, un gemito strozzato le sfuggì dalle labbra, dovuto al dolore acuto immediatamente provocato.
Il Campione spalancò lo sguardo, alzandosi di scatto istintivamente. Non appena si capacitò della situazione, si chinò al suo fianco, guardandola negli occhi con fare incredulo e preoccupato.
- Ti… ti sei svegliata? – domandò titubante, sperando davvero in una possibile semi-guarigione della sua bella.
L’altra, sinceramente, non sapeva cosa rispondere. Ogni cosa, nel suo campo visivo, pareva evanescente e irraggiungibile, lontana e inafferrabile. Perfino la voce morbida del cugino sembrava provenire da chilometri di distanza, e la sua figura muscolosa e slanciata appariva appannata e dai contorti leggermente distorti. Non riusciva neppure a godere appieno della bellezza di quelle iridi da cerbiatto che tanto segretamente amava.
- Come ti senti? – chiese ancora lui, ansioso per non aver ricevuto la dovuta risposta. – Ti fa ancora male?
Era troppo gentile per essere il solito borioso cugino con il quale aveva sempre avuto a che fare per gran parte della sua vita. Troppo buono per essere lo stesso ragazzo orgoglioso che l’aveva umiliata più volte davanti allo sguardo serioso del nonno, sconfiggendola fisicamente e umiliandola moralmente.
“È un sogno. Ecco l’amara verità…” si disse, chiudendo gli occhi, abbandonandosi a quella triste convinzione. Sicuramente, non appena si sarebbe davvero risvegliata, si sarebbe trovata in infermeria, da sola, in una stanza bianca odorante di disinfettante.
Era un sogno. Tanto valeva viverlo come se si trattasse della realtà, però.
E le parole cominciarono a scivolare a fiume dalle sue labbra, cariche di sentimento e verità, senza alcun controllo.
- Se dicessi la verità che ho da sempre celato e nascosto – cominciò a mormorare a bassa voce, faticosamente, abbandonandosi ad un sorriso liberatorio e lacrime di disperata tristezza – sgretolerei quella vita che abbiamo costruito attraverso fatiche e sacrifici, vanificando ogni nostro lavoro. E finiresti con l’odiarmi, mentre la gente comincerebbe a guardarci con ribrezzo e orrore…
Tanto, che aveva da perdere o ottenere? Si trattava del frutto della sua immaginazione oppressa dal dolore.
Quella futura confessione non avrebbe avuto alcun senso o ripercussione nella vita reale, purtroppo.
- Di cosa parli…? – pose il quesito Lance, incuriosito dalle strane e seriose parole della cugina.
- Il primo momento in cui mi sono resa conto di essere perfettamente e incondizionatamente innamorata di te – proseguì lei, afferrando e stringendo la mano morbida del ragazzo alla sua, fissandolo negli occhi felice come non mai – è quando mi hai detto che non mi avresti mai lasciata sola, nonostante poco prima mi avessi abbandonata ad una rischiosa missione. Forse avrei dovuto odiarti per quanto falsa suonava quella tua promessa… invece non l’ho fatto. Anzi, ho tratto forza da quella convinzione, lottando per continuare a vivere accanto a te.
Di fronte a quella confessione inaspettata e, al contempo, bramata da tanto tempo, Lance non sapeva come reagire. Data la situazione, avrebbe pensato sicuramente ad un delirio da parte di Sandra dovuto allo shock vissuto. Eppure i suoi occhi erano accesi dalla vivida luce della verità, bruciante di passione e malinconica al contempo.
Davvero nutriva quel sentimento nei suoi confronti e non l’aveva mai confessato solo per preservarlo e salvarlo dai pregiudizi altrui, dovuti al loro legame di parentela? Non aveva mai avuto modo di notarlo, forse per via del suo orgoglio, oppure per la rassegnazione provata alla consapevolezza che mai lo avrebbe amato come lui faceva nei suoi confronti.
Si diede dello stupido, non appena incrociò nuovamente lo sguardo speranzoso di lei. Se solo si fosse accorto prima di ciò, forse i loro sogni si sarebbero realizzati prima.
- La cosa di cui mi rammarico è che questo è solamente un sogno… - sussurrò faticosamente lei, tornando a fissare il soffitto, rilassandosi nuovamente.
Il Domadraghi sgranò gli occhi di fronte a quell’ultima affermazione. Ecco il motivo di quella strana e improvvisa schiettezza e dolcezza: credeva si trattasse solamente di un inganno della sua mente stanca.
Sorrise dolcemente, sedendosi sul letto, mentre carezzava la sua guancia, asciugando le lacrime. Tanto valeva rendere quel suo “sogno” ancor più dolce e reale, come entrambi avevano incosciamente desiderato da sempre.
- Io ti amo, Lance – esclamò lei, sospirando. Quanto voleva che quel momento fosse reale…!
Le sue parole, così cariche e ricche di amore sincero, fecero sussultare il cuore del giovane.
Quest’ultimo, con fare deciso, si chinò lentamente, avvicinando il viso a quello di lei. Immerse il suo sguardo in quelle amate iridi ghiacciate, beandosi della loro bellezza.
Chiuse lentamente gli occhi, inclinando dolcemente il volto della giovane, per concatenare le loro labbra in un bacio che sugellava l’alba di quel nuovo legame nato all’insegna dei sogni.

Sandra fece timidamente un passo in avanti, uscendo finalmente da casa sua, riaffacciandosi alla cara e mancata Ebanopoli. Inspirò profondamente l’aria profumata di menta e lavanda, fresca e pungente, inebriandosi di essa. Quanto le erano mancati tutti quegli aspetti del suo luogo natale.
Sorrise a tutti coloro che la stavano aspettando, avanzando lentamente, capacitandosi del fatto che, finalmente, la ferita rappresentava un antico ricordo ormai sopito in fondo alla sua mente.
Erano passati svariati giorni dall’incidente, forse perfino settimane o mesi. Ancora non se ne rendeva conto. E, altrettanti giorni, erano passati da quel bacio che aveva sognato, ormai divenuto un ricordo struggente e agrodolce di quella verità mancata e inafferrabile.
Scortata dagli sguardi attenti e premurosi dei suoi compaesani, si avviò verso la sua Palestra, ove finalmente ne avrebbe ripreso comando. Non vedeva l’ora di sconfiggere ancora qualche intraprendente sfidante speranzoso di strapparle la tanto agognata Medaglia Levante.
Mai si sarebbe immaginata, però, di trovarvi all’interno dell’edificio nient’altri che Lance. Sbarrò gli occhi, alquanto stupita. Lo credeva alla Lega, intento ad occuparsi delle sue faccende d’amministrazione.
- Ti aspettavo.
L’aveva accolta in quel modo, con un caloroso e aperto saluto che aveva messo in soggezzione l’indispettita e diffidente Capopalestra.
- Come mai sei qui? – domandò lei, invece, alquanto curiosa riguardo al motivo della sua inaspettata presenza.
- Volevo vedere come stavi. Ero preoccupato – confessò lui, avvicinandosi timidamente a lei, sfoderando un sorriso timido e affettuoso.
- Come no – sbuffò lei, di risposta, ferendo l’animo del giovane. Desiderava solamente allontanarlo, per evitare di ricordare quell’agrodolce sogno che li aveva legati e che, come tale, apparteneva ad una realtà mancata e solamente sua. – Dì la verità: speravi nella mia morte. Mi spiace deluderti, ma i sogni non si avverano mai!
- Tu dici? – ribatté lui, cogliendola in fallo, stupendola. Serioso come non mai, la fissò negli occhi, abbozzando un sorriso soddisfatto. Distaccò leggermente gli occhi dalla sua figura, per evitare di arrossire prima del tempo. – Credi che tutti i sogni non corrispondono alla realtà?
Sandra lo squadrò per un attimo con dubbio, non riuscendo a comprendere a pieno il significato profondo delle sue parole. Cosa stava cercando di dirgli?
- Ho sorvegliato il tuo sonno ogni notte, senza mai distaccare lo sguardo dal tuo viso – confessò lui, allora, prendendo il coraggio a due mani, pronto ad affrontare l’avvenire.
La giovane indietreggiò di qualche passo, rischiando di inciampare nel suo stesso mantello, mentre il respiro cominciava a farsi sempre più irregolare e veloce. Il suo cuore prese a pulsare convulsamente, impazzito, in preda all’emozione. - Mi stai dicendo che…?!
Dolcemente, lui annuì, intenerito dalla reazione impacciata della cugina. Era già molto, comunque, che non fosse fuggita a gambe levate da quel luogo, cercando di scampare dalla vergogna e dall’imminente rottura del suo orgoglio.
La ragazza si portò una mano alla bocca, cercando di trattenere le lacrime di gioia che stavano per sgorgare dai suoi occhi velati di gioia ed incredulità.
- Non ci posso credere…! DANNAZIONE! ERA TUTTO REALE!!!
Il suo desiderio si era tramutato in realtà.
E, questa volta, avrebbe lottato ancor più contro il destino, pur di proteggere tale tesoro da qualsiasi altra futura ferita mortale.

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Tana del Drago:
Perchè si sa, bisogna cogli l'ispirazione quando ti capita sotto mano, sorprendola e rendendola tua.
Dopo questo piccolo sclero, volevo dire due paroline riguardo questa shot.
Quanti di voi hanno pensato che Sandra fosse morta, nella prima parte della shot?
Diciamo che, nonostante sia stata lunga da scrivere, questa storia mi è piaciuta molto. Prima volta che sono soddisfatta di un mio lavoro... wow.
Sono stata un po' crudele a far credere a Sandra che fosse tutta una finzione. Mi vorrà morta, ora.
Nel finale l'ho resa un po' cattiva... per via del fatto che proprio non voleva ricordare quel sogno. Perchè? Beh, vi è mai capitato di vivere un bellissimo momento tanto bramato... e di svegliarvi di colpo, per poi dire "NOOOOOOO!!!"? Ho immaginato che per lei, rivedere Lance e ricordare quanto fosse "falso" ciò che aveva vissuto, dovesse essere piuttosto doloroso. Tutto qui. ^^
In ogni caso... chiedo venia per i possibili errori di battitura. ^^""
Questa fic è dedicata a te, Teddy!!! Per ringraziarti di quanto fai per me. Grazie di tutto cuore!!! Ti voglio bene, Regina!!!
E a voi recensori, un enorme grazie in anticipo! E ricordate di citare (se volete) una coppia che volete vedere in questa serie di shot. ^^b Ci conto!!!
Spero sia stata una gradita lettura!
A presto!!!
Akemi
  
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