«Ci sono tanti tipi di bellezza
quanti sono i modi abituali di cercare la felicità»
Charles Beaudelaire (1821-1867).
Molti al Campo Mezzosangue
sostenevano che la cabina numero cinque fosse senza ombra di dubbio la
peggiore di tutte.
I figli di Ares sparavano
musica heavy metal e hard rock a tutto volume ventitré ore
su
ventiquattro, con grande disappunto dei figli di Afrodite, ai quali si
drizzavano i capelli ad ogni singola nota; inutile dire che anche i
ragazzi della
casa di Apollo questa se la fossero legata al dito.
Si urlavano contro insulti
di ogni genere come se fosse una sorta di saluto amichevole e le
scazzottate per loro erano parte della routine quotidiana.
Stavano sempre ad
azzuffarsi con quelli della casa di Apollo: i figli di Ares
finivano sempre, come minimo, a parlare in rima per una settimana,
mentre quelli
dei dio della musica si ritrovavano le articolazioni barbaramente
frantumate, così da essere impossibilitati a suonare lire e altre
diavolerie delle loro.
Prendevano sempre uno su
cinque alle ispezioni dell'igiene e, stando alle voci di corridoio,
si dice che un ispettore di Afrodite entrò e non fece
più
ritorno.
Non passava un singolo
giorno senza che non facessero a gara di rutti in mensa o a chi
tirava sberle più forti, con il risultato di ritrovarsi
almeno
cinque dita stampate per guancia.
Distruggevano qualunque
cosa non andasse loro a genio, che fosse una scultura agli
dèi
o una spada mal bilanciata.
Erano la forza bruta, la
violenza fatta persona. Erano la potenza. Dentro di loro ardeva
l'essenza della guerra.
I figli di Ares erano le
creature più strane sulla faccia della Terra, ma, a detta
sua,
erano anche le più interessanti. Avrebbe pure osato dire
affascinanti, ma questo valeva solo per Clarisse la Combattente. Per
lui, gli altri passavano in secondo piano in confronto a lei.
Lo affascinava tutto di
lei: il modo in cui combatteva, il modo in cui prendeva a calci il
fondoschiena di Jordie della cabina di Apollo, il modo in cui
inforcava la sua lancia e si gettava a capofitto nel bosco a caccia
di qualche mostro da far fuori, il modo in cui buttava i novellini
con la testa dentro il water. Questo solo per fornire qualche
esempio, lui avrebbe potuto passare ore ed ore a parlare della sua
Clarisse, figlia di Ares.
Clarisse non rispecchiava
lo stereotipo della ragazza della sua età, come poteva fare,
per esempio, Silena Beauregard: Clarisse era violenta, Clarisse era
un maschiaccio. Non cercava nemmeno di apparire un po' carina.
Ma, secondo lui, Clarisse ci
riusciva lo stesso.
Clarisse era diventata
un'ossessione, come ci si può ossessionare di qualcosa che
non
si potrà mai avere, specie se si è consci di
questo
fatto.
Atena era restia all'idea
di una possibile relazione dei suoi figli con quelli dell'odiato
Poseidone e del suo stupido fratellastro Ares. Ma lui non poteva farci
nulla.
Clarisse lo aveva
stregato. Non sapeva come, sapeva solo che c'era riuscita.
Quel giorno la sua
Clarisse stava prendendo a pugni un paio di ragazzi della cabina di
Apollo che giocavano a pallavolo. Lui non poteva più
resistere
lì, in piedi sull'uscio della cabina numero sei, non poteva
stare a guardare.
Doveva parlare con
Clarisse ad ogni costo.
Corse come in trance verso
il campo di pallavolo, dove ormai i due figli di Apollo giacevano
stremati con entrambi gli occhi neri a mo' di panda ed un paio di
denti a terra. Clarisse ghignava, soddisfatta del risultato: nessuno
poteva insultare la figlia di Ares ed anche solo sperare di passarla
liscia.
Lui si fermò alle
sue spalle e la chiamò. -Clarisse?
Clarisse la Combattente si
voltò, pronta a sferrare un manrovescio se si fosse trattato
di un nemico. Tuttavia si ritrovò davanti solo un ragazzo
dai
capelli biondi e gli occhi grigi che alzava le mani con un sorriso,
in segno di resa.
Clarisse la Combattente
abbassò di poco la guardia. -Che vuoi? Sei un novellino?-
chiese con un luccichio negli occhi.
-No.- rispose lui, troppo
incantato dalla visione di Clarisse per articolare una frase composta
da più di un monosillabo.
-Ehi, non starai mica arrossendo come
una
femminuccia, vero?- sbraitò Clarisse, vedendo che le guance
del
biondo avevano iniziato a colorirsi. -Per cosa arrossisci, poi?
-N-no, nulla Clarisse.-
farfugliò lui,
cercando di darsi un contegno. Era pazzesco che perdesse il
controllo così di fronte a lei.
-Come sai il mio nome?-
domandò Clarisse, sospettosa.
Lui arrossì ancora di più. -Chi non
conosce Clarisse la Rue, la potente, combattente figlia di Ares?
Gli occhi di Clarisse si
accesero di quello che poteva essere compiacimento.
-Ti ho mai parlato prima
di oggi?- gli domandò, soffiando via un ciuffo ribelle dei
capelli castani ricadutole in fronte.
-No.- rispose lui, sempre rosso in
volto. -Mai
parlato prima.
Clarisse alzò un
sopracciglio. -Beh, quindi? Chi sei?
-Malcolm. Figlio di
Atena.
My
little corner:
Ebbene sì, signore e signori, la mia prima
crackship.
Per quanto adori Chris con Clarisse, ho voluto dare un po' di spazio al
caro Malcom, il braccio destro di Annabeth nella cabina numero sei.
Credo che nessuno che non abbia letto il quarto libro conosca Malcolm,
l'anticipazione è tutta qua (però l'avviso Spoiler! dovevo
metterlo per correttezza).
Devo essere ammattita per aver scritto quest'affare... con Clarisse
spero di non essere caduta nell'OOC, mentre per quanto riguarda Malcolm
si sa poco-niente di lui. Grazie in anticipo se sceglierete di
lasciarmi una recensione, mi farebbe molto piacere. XD
Beh, spero di cuore che vi sia piaciuto. ^^
Aly.
PS: Un grazie particolare ad Ella_Sella_Lella
per avermi fatto venir voglia di scrivere una crack. Perciò,
ehm, grazie. ^^
Credits:
Characters © Rick Riordan
Title Font = Angelic War
Text Font = Traditional Arabic
Questi personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà
di
Rick Riordan. Questa fanfiction non è stata scritta per
scopo di
lucro alcuno.