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Autore: depy91    27/08/2011    0 recensioni
Il primo torneo si è ormai concluso, le strade dei due wrestler mascherati si sono separate. Due anni dopo viene annunciato il secondo Tekken, King dovrà superare ostacoli apparentemente insormontabili, primo fra tutti la frustrazione, per risorgere più determinato che mai. Ne sarà capace? Sta a voi scoprirlo!;) "Gocce di sudore sgorgavano dalla pelle, evaporando al semplice contatto con la sua schiena bollente per la tensione..."
Genere: Malinconico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Armor King, King
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ruggito del Giaguaro'
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King si preparava al match, raccoglieva tutta la concentrazione di cui disponeva per essere pronto all’imminente duello contro la sua vecchia conoscenza, le cui tecniche tuttavia l’avevano sempre impensierito per rapidità e imprevedibilità. Nella stanza del tempio, che gli era stata affidata in attesa del suo momento, aleggiava un sentore di placida sacralità, Un silenzio invadente permetteva di udire in lontananza il cantilenante coro dei grilli notturni. King dischiuse gli occhi, trovandosi di fronte il ripiano su cui aveva adagiato la sua maschera. Sembrava fissarlo come per infondergli lo stesso spirito combattivo appartenuto al giaguaro da cui era stata ricavata. Una scossa adrenalinica stimolò un brivido sulla la pelle del wrestler. Egli s’alzò e indossò i suoi stivali di cuoio dalla tinta corvina, il suo torso rimase scoperto, lasciando in mostra muscoli pulsanti di febbricitante attesa. Afferrò i bordi del volto felino e lo sovrappose al proprio, lentamente, osservando ogni gesto attraverso lo specchio che aveva innanzi. Quando la maschera fu completamente sistemata, King diede un’occhiata al suo riflesso ed intonato un forte ruggito, mormorò: “Sono tornato!”. Si incamminò dunque lungo il corridoio che conduceva al vasto cortile del tempio, dove si era appena concluso uno degli incontri della prima fase del torneo. Gli spettatori, ancora visibilmente eccitati per lo spettacolo offerto loro, commentavano la schiacciante vittoria conseguita dall’iracondo Heihachi Mishima, micidiale come la carica di un toro, deciso a proseguire la sua corsa verso la finale contro l’odiato figlio. King si immise in una delle vie del labirintico edificio di culto, diretto al luogo in cui avrebbe incontrato il rivale. L’ambientazione selezionata per il loro incontro occupava il grande giardino Zen del tempio, ove leggere e pure scorrevano le acque sacre di una cascatella, espulsa dagli umidi meandri di rocce porose, ricoperte di vegetazione. Una canna di bambù, fissata nel proprio centro ad un fulcro, s’abbassava in direzione di una delle estremità, quando questa veniva a colmarsi del fresco fluido della vita. Piccoli campi quadrangolari di terra finissima erano stati recentemente rastrellati, disegnando sulla loro superficie affascinanti fantasie in un gioco di dossi e depressioni. Un nobile pesco dalla chioma rosea contribuiva a rendere ancor più intenso il profumo di pace vigente in quell’ameno angolo di paradiso. Una folla di spettatori si radunò lungo tutto il perimetro del giardino, come loro in cielo un popolo di stelle apparve luminescente per assistere alla sfida. Dagli altoparlanti, fissati in punti strategici, risuonò il discorso di benvenuto e presentazione. Quando i rispettivi nomi furono annunciati, i duellanti fecero contemporaneamente il loro ingresso ai capi opposti sul terriccio sacro, tra i boati del pubblico, esaltato dal livello tecnico dei partecipanti al torneo. I due si scrutavano, intenti a leggersi l’un l’altro fin nel profondo dell’anima, per cogliere la minima insicurezza o debolezza da sfruttare a proprio vantaggio appena se ne fosse presentata l’occasione. Protetto dalla sua preziosa armatura, il giaguaro nero guardava dritto negli occhi colui che gli si parava innanzi, galvanizzato dalla stimolante sfida che lo attendeva e da così lungo tempo auspicata. Entrambi pronti a dare fondo ad ogni energia durante lo scontro, contavano gli ultimi secondi che li separavano dall’azione. Al grido di un metallico “Hajime”, la voce diede inizio all’incontro.

Armour King scattò per primo, ruggendo ferocemente, ma l’avversario interruppe la sua corsa, aggrappandosi con entrambe le braccia ad un ramo del grande albero, che gli offrì lo slancio per stampare sul volto del rivale le suole dei propri stivali. Incassato il colpo, il wrestler dagli splendenti paramenti metallici finì al suolo, ma subito si riprese, lanciandosi all’attacco con maggiore foga. Stavolta King non poté esimersi dal subire le potenti tecniche dello sfidante, ma balzando su una roccia, si catapultò addosso al giaguaro nero, avvolgendolo in una delle sue famose prese. Tuttavia Armour King non si era fatto trovare impreparato e, nei giorni antecedenti al torneo, aveva studiato nei minimi dettagli le strategie del lottatore contro cui stava misurandosi. Dunque venne fuori dalla morsa di King e con una serie di rapidissimi gesti ribaltò la situazione. Sollevò di peso l’avversario, stringendone il capo tra spalla e collo, infine concluse la mossa, gettandosi all’indietro sulla nuda terra. King accusò il colpo e sembrò avere molte difficoltà a rialzarsi. Armour King approfittò allora del momento propizio, si accovacciò sul rivale disteso, incastrandone il busto tra le gambe piegate, per giungere a neutralizzarlo completamente, mentre con le braccia gli infliggeva una dolorosa trazione innaturale degli arti inferiori, allo scopo di sfinirlo. King rantolava sofferente, finché non riuscì a divincolarsi, sferrando una poderosa ginocchiata. Senza concedere ad Armour King il tempo di riprendersi, gli si scagliò contro, crivellandolo di pugni sugli zigomi. Il giaguaro nero crollò a terra, trascinando con sé l’assalitore. Raccogliendo le gambe quasi sino al mento, poggiò le piante dei piedi sul ventre di King, ed applicando una forza notevole, similmente ad una molla, tese le gambe d’un tratto, liberandosi della controparte, che ruzzolò in un cespuglio di bambù. Armour King si rimise in piedi e con le mani diede una scrollata ai pantaloni in segno di scherno. King reagì gettando un verso felino e riprese il duello. Il pubblico ammirava l’acceso scambio di tecniche, entusiasmato dalla qualità ed il valore dei due combattenti. Si sollevò un boato di ammirazione, quando King, dopo una breve rincorsa, si era tuffato sull’avversario, stordendolo con un primo calcio al volo, seguito da un secondo indirizzato alle caviglie. Privato del punto d’appoggio, Armour King stramazzò, ma incurante della posizione di svantaggio, afferrò le gambe di King, condannandolo a divenire nuovamente preda di una delle sue micidiali prese. La fatica cominciava a divenire palpabile e la stretta si allentò ben presto. Entrambi si rimisero in guardia, tendendo gli occhi fissi l’uno sull’altro. Il respiro affannato dei lottatori si mescolava alla nuvola di polvere sollevata dal frenetico scambio di colpi, nessuno dei due aveva la forza di attaccare per primo, la prima parte dell’incontro era stata sfiancante. Un silenzio surreale nell’arena era colmato dal brusio del pubblico, incuriosito dalla fase statica succeduta d’un tratto al vivo dell’azione. Nessuno sarebbe stato in grado di prevedere l’esito dello scontro, i contendenti stavano facendosi valere con pari determinazione e abilità, e ciò non faceva altro che rendere ancora più interessante lo spettacolo. “Che ti prende, amico? E’ tutto qui l’eroe delle folle?” domandò sogghignante il giaguaro nero. King sorrise, poi ruggì spiccando un acrobatico salto verso l’avversario, riprendendo la sfida da dove si era interrotta. Gli spettatori urlarono entusiasti, mentre Armour King si lasciò sopraffare dall’attacco inatteso. Il rivale conseguì infatti con successo una combinazione di colpi che stesero al tappeto il wrestler stremato. Si prospettava finalmente l’occasione perfetta per concludere l’incontro, ma proprio qualche istante prima che ciò potesse verificarsi, la mente di King partorì per l’ennesima volta la tremenda visione. Quelle fosche immagini spinsero il lottatore a nascondere lo sguardo tra i palmi, in preda ad un penetrante stato confusionale. Ignaro degli affanni dell’avversario, Armour King sfruttò il momento per riprendersi e, senza perdere altro tempo, inflisse una tremenda tecnica al collo di King, che impreparato perse i sensi, oscurando finalmente la visionaria apparizione, all’amaro prezzo della sconfitta.
Un boato e lo scrosciare degli applausi accompagnarono la fine del duello, mentre la voce dagli altoparlanti decretava il nome del combattente che si era aggiudicato la vittoria. Quasi incredulo, Armour King realizzò di aver portato a termine il suo proposito, tanto ardentemente bramato, ma che tuttavia all’improvviso appariva  così privo di rilevanza. Le braccia alte nel cielo celebravano il risultato ottenuto, ma posati gli occhi sul wrestler disteso al suolo, gli fu lampante che il vero premio, dopo una così formidabile prestazione, consisteva nell’essere riuscito a risollevare una vita apparentemente destinata ad affogare nel fango, guadagnando in cambio un’amicizia di rara autenticità.
L’Iron Fist proseguì dunque senza King, ma ciò non valse affatto come pretesto per rimboccare il sentiero oscuro, da cui tanto faticosamente si era allontanato. Da quel giorno, per il combattente mascherato, un nuovo ciclo aveva inizio. Il circuito professionistico lo riaccolse di buon grado tra le sue fila, riportando il suo nome in cima ai titoli della cronaca sportiva, i bambini dell’orfanotrofio furono incredibilmente lieti di vederlo varcare ancora la soglia dell’istituto di sua fondazione. Il sole aveva ricominciato a splendere su quel volto maculato. Egli sapeva bene di dovere tutto questo alla persona  con la quale mai si sarebbe aspettato di possedere un girno un debito tanto oneroso. Tra i due Messicani nacque un rapporto di profondo rispetto e reciproca ammirazione, un legame celato all’opinione pubblica da una più evidente rivalità sul ring.
  
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