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Autore: lady nix 94    27/08/2011    1 recensioni
Gli ultimi momenti di vita, di chi di vite ne ha strappate tante.
Di chi ha convissuto con se stessa e i propri orrori.
Di chi ha dato tutta se stessa per la propria bambina, perfino il proprio amore.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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          In attesa della propria morte.
 
 
 
 
 
Era seduta su una poltrona, la sua preferita davanti al camino. Intenta a sorseggiare il suo wiskey, l’unica delle sue vecchie abitudini alla quale non aveva rinunciato. L’unica cosa che non si era lasciata alle spalle, per affrontare la sua nuova vita.
Volse lo sguardo dal danzare ipnotico delle fiamme, per osservare sua figlia. La piccola Rebecca.
Sembrava una bambola di porcellana nel suo vestitino color acqua marina, che si sposava perfettamente con la carnagione lattea che diventava di un meraviglioso color pesca in prossimità delle gote. Con la sua bocca di un rosso acceso atteggiata ad un broncetto e la fronte lievemente aggrottata per la concentrazione, era adorabile. La sua bambina.
La testimonianza di un errore passato, fatto in una vita oscura. E promessa di speranza per un futuro roseo per entrambe.
La bambina alzò lo sguardo, probabilmente sentendosi osservata e piantò i suoi meravigliosi occhi verdi in quelli color ghiaccio della madre.
Si sorrisero per un breve istante prima che tornasse al suo disegno.
Quegli occhi le ricordavano cosi tanto Dominic.
Erano cosi simili eppure cosi diversi, in quelli di sua figlia potevi scorgere solo l’innocenza e la spensieratezza, consoni in una bambina di appena cinque anni.
Mentre in quelli di Don come nei propri, vi si poteva scorgere il nulla. O meglio ad un normale osservatore sarebbe sembrato cosi, ma uno come loro, un sicario.
Avrebbe potuto scorgere il peso di migliaia di vite strappate. Donne, uomini e bambini che hanno trovato la morte indiscriminatamente nelle loro mani.
Avrebbe visto il rimbombo delle urla disperate di chi si trova di fronte la morte e il lieve color cremisi che contagiava la normale cromatura dei loro occhi. Come se la vista di tutte le pozze rossastre che si allargavo ai loro piedi, alimentate dal caldo sangue sgorgato dai corpi delle loro vittime. Avesse inciso nei loro animi e quindi nei loro occhi una parte delle sue vivide sfumature.
Immersa in quelle macabre reminiscenze di ciò che era stata la sua vita in passato, prese la piccola tra le braccia e la porto al piano superiore, preparandola per la notte, e poi augurandole un dolce sonno mentre la sistemava nel lettino rimboccandole le coperte.
Mentre si recava di nuovo al piano inferiore e si accingeva a mettere in ordine i fogli e i pennarelli che la piccola Revy aveva adoperato. I suoi sensi si misero in allarme avvertendola che, vi era una presenza in casa.
Ne percepì i passi lenti e modulati sul tappeto. Inudibili ad un orecchio non allenato, il lento respiro, ed infine l’odore di uomo, poi qualcosa di metallico, che lei ben conosceva. Sangue.
Lei sapeva a chi appartenevano quegli aromi, chi fosse l’uomo alle sue spalle che si avvicinava lentamente per non metterla in allarme.
Dominic era li, per pareggiare i conti. Per punirla di ciò che lei gli aveva fatto.
Per tentare un ultima volta di scorgere in lei la paura che mai da quando la conosceva aveva animato i suoi occhi. E che ne era sicura, neanche in punto di morte avrebbe mostrato.
Se l’era giurato a se stessa, per tutti quegli anni prima della nascita di Rebecca si era attaccata con le unghie e con i denti al suo smisurato orgoglio.
Nessuno l’avrebbe mai vista piangere, nessuno avrebbe mai udito parole di supplica fuoriuscire dalla sua bocca e nessuno per nulla al mondo avrebbe visto la paura deturpare i suoi lineamenti.
Adagio la scatola dove aveva riposto il necessario per colorare sul comò accanto alla calatoia, e sempre di spalle disse rivolta a quello che di lì a breve sarebbe stato il suo assassino e che in precedenza era stato il suo più grande amore.
< Sapevo saresti venuto Dom, lasciare le cose in sospeso non è mai stato da te >.
< avevo altre faccende da sbrigare. Non volevo ci fosse qualcosa che mettesse fretta ai nostri ultimi momenti in sieme >.
Mi girai lentamente guardandolo in quelle due pozze smeraldine che un tempo mi avevano cosi affascinato, gli rivolsi uno dei miei più caldi sorrisi.
< non sarebbe stato carino >
Mi sorrise di rimando, avvicinandosi a me ed intrappolandomi appoggiando le braccia al mobile alle mie spalle, mi sussurrò sensualmente allo racchio scatenando in me mille brividi.
< Helen, Helen. Mia piccola, dolce e pur letale Helen. Mi sei mancata sai?  La donna che ho odiato, amato, con cui ho avuto una figlia. E che poi mi ha abbandonato nel momento in cui avevo più bisogno di lei  >
 
Passo la punta del pugnale, intarsiato, -  una copia identica di quello che avevo io, noi sicari, quando ci giuravamo amore e fedeltà eterna non perdevamo tempo con anelli o gingilli vari. Ci donavamo una lama. Simbolo di vita e di morte allo stesso tempo. -.
Sulla parte inferiore del labbro fino a discendere lentamente fino al mio fianco. Punto in cui fece pressione, tagliandomi leggermente.
Gli sorrisi ancora, allacciando le mie braccia dietro al suo collo, e sfiorandogli lievemente le labbra con le mie.
<  Tu sai perché l'ho fatto -  gli sussurrai  –  ho dovuto fare una scelta della quale non mi pento. Ti proposi di venire con me quella notte. Di abbandonare le strade e il sangue, per crescere nostra figlia, per darle una vita migliore, ma tu non hai voluto farlo e ti ho lasciato .>.
< Mi hai rinchiuso in una vecchia prigione abbandonata dopo avermi attirato lì con l’inganno >.
La pressione sul mio fianco aumento e altre gocce cremisi imbrattarono i miei vestiti.
< sapevo ti saresti liberato, ma avevo bisogno di quel tempo per portare via Rebecca, non volevo crescesse come noi e diventasse un assassina, che si ritrovasse notte dopo notte a guardare lo sguardo terrorizzato delle proprie vittime, mentre incide loro la trachea. Volevo avesse una vita -  lo guardai negli occhi -  giurami che dopo che avrai ottenuto la tua vendetta te ne andrai senza toccarla, ho gia chiamato una mia amica che si prenderà cura di lei >.
Mi fisso per un lungo istante, ed infine mi rispose  <  Ormai è abbastanza grande da serbare il tuo ricordo e se la prendessi con me mi serberebbe odio per tutta la vita e dovrei guardarmi le spalle dalla mia stessa allieva. E non la ucciderò perché è sangue del mio sangue, un erede che attendo da tempo. >.
Sospirai sollevata e lo ringraziai.
 
Estrasse il pugnale dalla piccola ferita che mi aveva procurato e l'ho infilo nella sacca apposita, sbattendomi poi con forza contro il muro e appropriandosi rudemente delle mie labbra.
Ricambia quel bacio per nulla stupita dalla sua irruenza e ben conscia che sarebbe diventato sempre più violento e spietato. Fin quando non ne avesse avuto abbastanza di me.
Infondo questa era la nostra ultima notte, l’ultima notte in cui ci saremo amati, odiati, l’ultima notte in cui avremmo stretto tra le nostre braccia la nostra metà. L’ultima notte in cui saremo stati completi.
 
Mi prese per i capelli gettandomi sul pavimento, stracciandomi la camicetta. Gli cinsi la vita con le gambe e gli sfilai la giacca e la maglia saggiando con le mani per l’ultima volta quel corpo che mi aveva donato soddisfazione e protezione.
mi abbasso i pantaloni e la biancheria denudandosi a sua volta, mentre continuavo a baciarlo.
Mi penetro con una forte ed inaspettata spinta facendomi gemere di dolore. Mi morse le labbra intimandomi il silenzio, fin quando non senti il familiare sapore del sangue sulla mia lingua.
 
 
Continuammo cosi per un  intera notte, ferendoci a vicenda nel nostro ultimo amplesso che voleva essere sia una punizione che un ultimo dono.
In questo modo l’alba arrivo e cosi la mia fine.
Usci lentamente da me, e si alzo in piedi con calma, intimandomi di fare altrettanto. Era  ricoperto di sangue. Del mio sangue.
Eravamo l’uno di fronte all’altra.
Raccolse il pugnale sfilandolo dalla cintura abbandonata sul pavimento nella foga dell’amplesso. E mi si avvicino lentamente.
Mi cinse la vita col braccio libero avvicinandomi a lui. Accosto la parte piatta della punta del pugnale sotto il mio mento. Facendomelo alzare, per baciarmi un ultima volta. Questo pero rispetto agli altri baci che ci eravamo scambiati durante la notte, era dolce intenso, pieno di cose non dette e di un amore infinito. Mi guardo negli occhi, per poi spostarsi alle mie spalle e sistemare il pugnale a metà della lunghezza del mio collo pronto a recidere la trachea in quello che noi chiamavamo il sorriso rosso. Mentre l’altra mano era poggiata in una lieve stretta, reminescenza dei nostri vecchi abbracci, sul ventre. Accosto la sua bocca al mio orecchio sussurrandomi:
<  Prima che ti lasci andare, spiegami una cosa. Come hai fatto a smettere, a lasciare che le voci delle migliaia di persone alle quali hai tolto la vita torturassero la tua mente, senza sedarle in alcun modo. Senza metterle a tacere col sangue. >
Sorrisi, un sorriso tenero sincero. Di quelli che riservavo solo alla mia piccola innocente bimba.
<  Dominic  -  dissi dolcemente -  Dominic un giorno amerai questo periodo della tua vita, un giorno dovrai riappacificarti con te stesso se non vuoi  impazzire.  Devi solo trovare la giusta motivazione che ti costringa a farlo. Proprio come ho fatto io >
Quelle furono le ultime parole che dissi, prima di sentire la lama lacerare la tenera carne del collo, l’aria mancarmi, mentre la sensazione vischiosa del sangue caldo mi ricopriva lentamente il corpo.
Poi fu tutto buio.
   
 
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