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Autore: ruhcg    27/08/2011    3 recensioni
Bussa, più di una volta, aumentando l'intensità, per poi fermarsi a testa bassa, sospirando. E l'ansia aumenta.
Perché non apre? Non è in casa, forse./ Prova a convincersi di questo, Yomiel, ma allora perché sembra quasi di non riuscire a respirare?
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- "Fu il periodo più lungo della mia vita. Condivisi il corpo di un povero cucciolo fino a quando non riottenni la memoria, cercando di capire chi fossi, e perché la mia vita era giunta al termine. Non fu per niente facile, non avevo nessuno a cui chiedere, e di certo il mio "compagno" non poteva saperne molto. 

L'unica cosa che sapevo, è che, quel giorno, il mio corpo era lì, immobile, e non potevo fare nient'altro che stare a guardare. Ma soprattutto, il mio sguardo si fissò su quel detective e sulla bambina. Senza curarsi di me, stavano bene. La mia mente era confusa, più del normale, e io ero finito.

'Tendendo la mano' verso quel gatto, l'unico essere che si era avvicinato, la mia anima si trasferì. Man mano che andavo avanti, mi sentivo soffocare dalla curiosità. Avevo bisogno di risposte, o sarei morto di nuovo... assetato di conoscenza.

Scoprii, con il tempo, di avere dei poteri particolari. Riuscivo a manipolare piccoli oggetti, ma non serviva a nulla, o almeno così credevo. Non mi domandai neanche come fosse possibile; quella era l'ultima delle priorità.
Quando riottenni la memoria, o almeno le parti più significative di essa, i miei poteri erano aumentati di molto, e per fare una prova avevo bisogno di riavere il mio corpo. La prima volta non successe nulla, ma ritentare non avrebbe fatto del male a nessuno, giusto? Ma finalmente ricordai una cosa per me importantissima. Come un
flash, il suo volto balenò della mia mente, facendomi sentire ancora più vuoto di quando non fossi. 
...Io ... l'avevo
abbandonata, quasi come se fosse diventata il mio ultimo pensiero. Ardente, si accese il mio ultimo desiderio. Avrei messo fine alla mia esistenza, probabilmente, ma l'avrei fatto con il sorriso sulle labbra. Avevo bisogno di lei. Un'ultima volta.

Tornai al parco come gatto. Quel posto mi era maledettamente familiare; non era cambiato per niente, ma - avrei dovuto aspettarmelo - il mio corpo non era lì.
In realtà, non sapevo quanto tempo fosse passato, e una volta scoperto il significato di "obitorio" mi precipitai lì.
... il mio corpo era lì, disteso, così come lo ricordavo. Lasciai il fragile corpo del mio compagno, per impossessarmi del mio. Rividi il giorno della mia morte, fui scosso dalle stesse emozioni. La paura, la rabbia, perfino il sapore delle lacrime che rigarono il mio viso senza che neanche me ne accorgessi. E infine, riaprii gli occhi." -

- Rialzandosi, lentamente, uno strano sorrisetto compiaciuto si dipinse sul suo volto. Si guardò intorno, più volte, nel silenzio di quella stanza tanto fredda. Anche questa scena gli è molto familiare, sembrava la sala interrogatori, solo che non c'era nessun tavolo e nessuna lampada. Di certo non si interrogano, i morti; pensa, tra sè.
A passo lento, si dirige verso l'uscita, guardando tutto con occhi diversi. Senza curarsi degli sguardi altrui, scioccati e perplessi (probabilmente si trattava della polizia mortuaria...); anche se non fecero altro che stare a guardare.
Ma non aveva tempo da perdere, Yomiel.
I suoi passi si fanno sempre più veloci, diretti verso quella casa. Si stupisce di ricordare ancora dove si trova, e intanto spera di trovarla ancora lì. Preoccupato, come non mai, c'è da ammettere.



[...]

Bussa, più di una volta, aumentando l'intensità, per poi fermarsi a testa bassa, sospirando. E l'ansia aumenta.
Perché non apre? Non è in casa, forse.
Prova a convincersi di questo, Yomiel, ma allora perché sembra quasi di non riuscire a respirare? Lui non ne ha più bisogno, certo, ma è un riflesso incondizionato e il suo cuore sembra scoppiare. O almeno, solo così si può spiegare.

Bussa, ancora una volta, per poi allontanarsi dalla porta di qualche passo, mordendosi il labbro inferiore. Poi si volta di scatto, e si fionda sulla porta, spalancandola con violenza. -

« Sissel! »

- Grida, Yomiel, guardandosi intorno. La cerca ovunque, in ogni stanza. Neanche quel posto è cambiato, tutto era al proprio posto, ordinato e piacevole così come piace a lei. Continua a guardare in ogni angolo, torna anche fuori, gridando il suo nome; la voce quasi fatica ad uscire. -

« Sissel! »
- Ripete. La sua mente da vita a pensieri idioti, secondo lui. Cerca di scacciarli, fermandosi, improvvisamente, con la testa tra le mani, scuotendola violentemente, rabbioso con se stesso.

C'è solo una stanza, che non ha ancora controllato. La sua camera da letto.
Con la porta socchiusa, e quella dell'entrata spalancata, c'è una strana corrente. Le piante nell'appartamento si agitano quasi elegantemente, così come le tende, e le pagine di alcuni libri rimasti aperti, sparsi un po' in giro. Eppure, Yomiel non sente niente.

Si avvicina a quella porta, e la apre, velocemente, con il cuore in gola.

... Non era quello che avrebbe voluto vedere.

Il corpo della sua amata, per terra, privo di vita, sembra quasi sorridere. Tra le mani, un biglietto, Yomiel ne riconosce la calligrafia, è quella di Sissel; di chi, altrimenti? -

" Sto venendo da te, Yomiel. "

- E' come morire di nuovo.
Stringe il biglietto, tra la rabbia e l'angoscia, per poi abbracciare forte il corpo dell'altra.
Sta piangendo, l'uomo, non può trattenersi. Ora davvero aveva perso tutto. La sua esistenza era diventata ancora più inutile. -

« Sissel... ho fatto tardi. »
- Susserra, stringendola più forte a se'. Intanto pensa che è solo colpa sua. Era arrivato troppo tardi, aveva perso tempo prezioso. E, inutile, come sapeva di essere, non è in grado di fare niente, per lei. -

« Scusa, Sissel. Scusami, è colpa mia. »
- Lascia l'abbraccio, per poi guardarla, un'ultima volta. Le accarezza il viso, mentre le lacrime continuano a cadere, da dietro i suoi occhiali da sole, bagnando il corpo di Sissel. Non riesce a crederci, non può crederci. Lei era la cosa più importante, e gli era stata portata via.

« ...è colpa mia... »
- Ripete, ancora una volta, per poi stringerla nuovamente.
Per l'ultima, dolorosissima volta...



Angolo Autore.
...Non ho molto da dire.
Solo che... sarà sicuramente piena di errori; scrivere con la gente che parla da sopra e che non fa altro che entrare e uscire dalla stanza è una rottura! Comunque. Spero vi piaccia.

   
 
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