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Autore: Kagomekiss    28/08/2011    0 recensioni
La storia l'ho scritta ispirandomi ai racconti d'infanzia di mio nonno... Spero vi piaccia;)
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Un gioco pericoloso

Era il 1946, in quell’anno gli Italiani dovevano decidere tra la Monarchia e la Repubblica, ma a noi ragazzi la cosa non interessava, preferivamo divertirci che pensare al nostro futuro, vivevamo il presente senza riflettere sulle conseguenze che a volte erano disastrose.
Quel giorno mi trovavo con i miei amici nel nostro posto segreto, un piccolo boschetto ai margini di un campo delimitato da una canaletta per l’irrigazione. Il più grande di noi, Davide detto Golia, ci propose una sfida: nuotare dentro il tubo della canaletta, nel tratto sotto la strada, e uscire dall’altra parte; chi ce l’avesse fatta sarebbe diventato il suo secondo e si sarebbe ricoperto di gloria e onore. Chi si fosse ritirato senza neanche provare, avrebbe dovuto andarsene e non sarebbe più rientrato nella nostra banda. Un mormorio iniziò a serpeggiare tra noi, vidi i miei compagni scambiarsi occhiate dubbiose, poi alcuni cominciarono ad allontanarsi seguiti a ruota da altri, finché non rimanemmo in tre. Io non ero molto sicuro della mia decisione, ma non volevo mostrarmi debole davanti a Golia, così rimasi. Golia, guardandoci in viso, ci disse: “Allora io vado, aspetto uno di voi dall’altra parte, buona fortuna ragazzi e…” sorrise “sopravviva il migliore.”; l’ultima frase non mi piacque per niente, ma in quel momento non ci feci molto caso. Golia si tuffò e sparì nel buio della conduttura per poi riemergere a 8 metri di distanza, completamente fradicio, facendoci segno di raggiungerlo. Edmondo, detto Edi, fino ad ora secondo di Golia, esclamò: “Con un pizzico di fortuna sarò di nuovo io il braccio destro di Davide, fatemi gli auguri!” e si tuffò. Passarono alcuni lunghi secondi prima che vedessimo sbucare dal tubo i piedi di Edi che si agitavano come impazziti, una delle scarpe già consumate si era strappata, probabilmente impigliandosi in qualche ferro sporgente nel tubo; in quel momento realizzai che il nostro amico stava annegando, così saltai nell’acqua gelida e lo afferrai per le caviglie trascinandolo fuori. Anche l’altro ragazzo, Giorgio detto Gigi, mi si affiancò aiutandomi e insieme trascinammo Edi fuori del bordo di cemento della canaletta e lo distendemmo supino con la testa leggermente girata da una parte per fargli uscire l’acqua dalla bocca. Gigi appoggiò l’orecchio sul suo petto e poi fece una smorfia: “Che c’è?!” chiesi allarmato. “Non sento il battito.” rispose posizionando entrambe le mani sul torace di Edi ed esercitando delle pressioni ripetute. “E’… è morto?” domandai esitante. “No, posso ancora salvarlo, ma mi devi aiutare.” sbottò. “Va bene, dimmi cosa devo fare.” mi affiancai a lui. “Devi mettere le mani dove ce le ho io e copiare i miei stessi movimenti, hai capito?” io annuii e feci scivolare le mani sotto le sue prendendo il suo posto; in lontananza sentii il suono delle campane e le mie mani iniziarono a fare pressione sul cuore di Edmondo seguendo i loro rintocchi. Vidi Gigi che si chinava sulla testa di Edi tenendogli il naso chiuso con una mano e la bocca aperta con l’altra e poi… lo stava baciando?! Ma cosa stava facendo? Decisi di chiederglielo appena si fosse raddrizzato: “Ma che fai?”. “Respirazione bocca a bocca, serve per dargli ossigeno.” e poi ripeté l’operazione. Mentre noi due ci accanivamo su Edi, sentii un urlo alle mie spalle: “Ediiiiii!” era Golia terrorizzato “Che è successo?!” gridò nuovamente. “Ha bevuto acqua.” rispose Gigi calmo “Sto cercando di ripristinare il battito cardiaco e liberare i polmoni dall’acqua.” continuò. “Non so cosa tu abbia detto, ma salvalo, è il mio migliore amico, non posso perderlo.” vidi qualcosa scivolargli sulle guance per poi cadere sulla sua pelle bagnata: erano lacrime, stava piangendo. “Faccio quello che posso.” disse Giorgio. “Sei il figlio del medico del paese, devi salvarlo!” Davide era sconvolto, mentre altre lacrime gli sgorgavano dagli occhi, stringeva una mano dell’amico tra le sue. All’improvviso sentii uno spasmo sotto il palmo delle mani come un colpo di tosse e Edmondo spalancò gli occhi girandosi su un fianco e sputando acqua. Gigi gli dava pacche sulla schiena come per aiutarlo ad espellere tutta l’acqua e sorrideva felice che l’amico stesse bene. Golia lo prese tra le braccia e lo strinse a sé sussurrando qualcosa, forse una preghiera, e le lacrime continuarono a scendergli ancora più copiose di prima; sollevò lo sguardo su Giorgio e me e disse: “Grazie.” Gigi abbassò appena la testa e poi mi diede un colpetto sul braccio: “Andiamo, meglio lasciarli soli.” disse, poi appena a voce più alta “Penso che Davide debba scusarsi…” e gli fece l’occhiolino.
Da allora non facemmo più giochi così pericolosi, ma quell’esperienza ci aveva avvicinati molto, infatti andavamo sempre in giro insieme, facevamo tutto insieme, come fratelli. Con il passare degli anni però ognuno ha preso la propria strada, anche se separarci è stato molto doloroso. Io mi sono laureato in medicina, esercitando poi in una grande città lontano dalla mia vecchia casa. Gigi invece ha preferito aiutare gli animali, diventando così veterinario. Golia non si è mai laureato ed è l’unico che è rimasto nel nostro vecchio paese e lì si è anche sposato. Edmondo si è laureato in psicologia, ma ha scelto l’avventura e da quando è partito per il suo viaggio intorno al mondo abbiamo ricevuto centinaia di cartoline. Quel giorno siamo stati fortunati, non sempre la vita ti dà una seconda opportunità.
  
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