Anime & Manga > Pokemon
Ricorda la storia  |      
Autore: Cheche    30/08/2011    3 recensioni
In quel momento ti amavo così tanto che se ti fossi recato ad Hoenn per gettarti nel Monte Camino, ti avrei seguito anche nella morte.
[DragonShipping] [Gameverse con accenni dal manga] [Dedicata ad Akemi_Kaires]
[Partecipante al Pokemon Special Challenge indetto da Nihil no Kami sul forum di EFP]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lance, Sandra
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Image and video hosting by TinyPic




 
Ricordo ancora quando i nostri genitori ci presentarono l’uno all’altra. Tra le gambe di mio zio c’eri tu. Non dimenticherò mai lo sguardo che mi rivolgesti allora. Eri diffidente, nonostante fosti un po’ più grande di me. Io avevo solo quattro anni, e i tuoi occhi, allora grandi e puri, erano l’unico ricordo della mia infanzia ad essere rimasto nitido nella mia memoria.
Anzi, no. In realtà avevo un altro dolce ricordo di quel periodo. Uno soltanto, anche questo legato a te. Chissà se tu ricordi. Ero appena fuori di casa mia, stavo andando a giocare col mio Horsea in riva al rigagnolo del percorso a sud di Ebanopoli. E come uscii, vidi quel gruppo di teppistelli, le ultime persone che avrei voluto vedere in quel momento. Loro si comportarono come sempre si erano comportati con me, in maniera vile. Erano sei, e io ero da sola, ed ero una bambina. Avevano cominciato come al solito a deridermi, dicendo che il mio Horsea era debole e che non era neppure un Pokemon di tipo drago, e non poteva competere con i loro Dratini. Mi prendevano in giro anche per i miei strani capelli azzurri. Uno di loro, alto, moro e piuttosto in carne, con una faccia paciosa e occhi porcini (forse tu ricordi il suo nome, io me lo sono scordato), mi si era avvicinato. Avrei voluto indietreggiare, ma trovai dietro di me un muro, contro cui sbattei la schiena. Deglutii. Ricordo ogni singolo respiro che ho esalato in quell’istante, quella frazione di tempo in cui lui aveva preso una ciocca dei miei lunghi capelli e l’aveva osservata, inespressivo. Persino Horsea pareva spaventato, non si muoveva. E poi quello scavezzacollo aveva riso, tirandomela, facendomi male. Tutti gli altri suoi amichetti ridevano insieme a lui, che  non faceva che aumentare la presa sui miei capelli, quasi volesse staccarmeli. In quel momento il mondo stava cominciando a vorticarmi attorno, mentre gli occhi mi si riempivano di lacrime. Ma se fosse stato quello un brutto ricordo, l’avrei sicuramente dimenticato, perché la mente umana tende a cancellare i ricordi negativi. E allora cosa rese quello un bel momento, ti starai chiedendo? Facile. Fu il tuo intervento. Come tu, da solo, sistemasti tutti quei delinquentelli. Per te fu facile. In fondo eri più grande di loro, e forse ti eri comportato in modo fin troppo arrogante e borioso. Ma ai miei occhi da bambina apparisti come un eroe, come quelli dei film e dei fumetti.
Da lì iniziò la mia ammirazione per te, da lì cambiò la mia vita. Negli anni questo sentimento, misto ad orgoglio che lo faceva somigliare a una sorta di rivalità, si sarebbe trasformato in qualcos’altro. Qualcosa di ben più profondo.
E’ proprio così Lance, io ti ho amato per lungo tempo, e ti amo ancora adesso, ed è proprio per questo che me ne sto andando, lasciandoti di me solo questa ultima lettera.
Tu ti sei mai chiesto io cosa provavo? Mi hai illuso. Bene, allora ti dirò come sono andate le cose, proprio perché tu, probabilmente le hai dimenticate.
Sei mesi fa, una notte d’inverno mi stavo recando da te, all’altopiano blu. Gli zii mi avevano chiesto di portarti la cena, perché loro avevano altro da fare. Prima di lasciare il posto dal quale ero partita, lanciai un’occhiata agli zii, della quale loro non si accorsero. Quando i Superquattro mi videro dapprima non mi riconobbero, coperta com’ero da quel pesante impermeabile con cappuccio, che nascondeva addirittura le mie rotondità femminili. Mi scambiarono per un uomo e cercarono di sfidarmi. Quando mi rivelai, loro mi riconobbero come la fortissima Sandra, la capopalestra di Ebanopoli che, tempo prima, era anche riuscita a tenere loro testa. Ad uno ad uno mi lasciarono passare. Solo l’ultima, Karen, mi disse che probabilmente, dato che da molto non si vedevano sfidanti, Lance si era addormentato. Sorrisi, e le promisi che avrei fatto piano.
Non mi aspettavo che avesse ragione. Alla fine del corridoio lungo il quale le statue allineate dei Pokemon drago mi fissavano con i loro occhi vitrei, dopo la grande scalinata, c’eri tu. Eri seduto, composto, con la schiena appoggiata ad una colonna, e dormivi. Profondamente, sì, ma solo in apparenza. Un lieve ronzio usciva dalle tue labbra dischiuse. Labbra che fissai con ardente desiderio, dopo essermi soffermata su ogni singolo lineamento del tuo volto. Fu su quella bocca umida e dischiusa che posai il primo bacio della mia vita, spinta da un irrefrenabile desiderio. Le tue labbra erano così calde che avrei voluto spingere la mia lingua all’interno per assaggiare il tuo sapore. Ma non lo feci perché avrei potuto svegliarti, e avevo paura della tua reazione. Paura di non poterti più guardare in viso.
In quel momento ti amavo così tanto che se tu fossi andato ad esplorare il Monte Argento, che da sempre mi inquieta, ti avrei seguito senza indugi.
 E un giorno ci andasti, sul Monte Argento, e io ti seguii. Borbottavi cose come “salvare i Pokemon” o anche “proteggere la natura”. Non sapevo cosa tu volessi fare, quali fossero le tue ragioni, perché tu ti fossi recato in quel luogo così ostile. Io ti avevo solo seguito. Quando tu ti accorgesti di me, mi lanciasti un’occhiata indecifrabile, che mi fece sobbalzare il cuore nel petto. Non sei mai stato particolarmente gentile con me. Mi hai sempre visto come una rompiscatole. Anche quella volta che mi salvasti da quei teppistelli lo facesti solo per poterti gloriare della tua potenza.
Ma nonostante lo sapessi, avevo deciso ugualmente di seguirti. Non mi importava di perdere tutto. Da quando ti avevo rubato quel bacio dipendevo completamente da te. Ti amavo già alla follia, e quello che successe in quelle ore non fece che accrescere il mio ardente sentimento per te.
Eravamo sul Monte Argento da poco tempo e già aveva cominciato a piovere, all’improvviso, copiosamente. Non so quale dio avrei dovuto ringraziare, o forse maledire, per quell’improvvisa doccia. Se quelle stille non ci avessero infradiciati da capo a piedi, quel che accadde non sarebbe mai avvenuto, probabilmente. Tu lanciasti un’imprecazione, mi prendesti per mano e mi portasti nella prima caverna che trovammo. Non era molto profonda ma c’era abbastanza spazio. Le nostre voci echeggiavano appena, lì dentro. A terra, come predisposto, vi era un giaciglio di sterpaglie secche. Probabilmente quello era stato il nido di un Pokemon fino a poco tempo prima. Poteva ancora esserlo, ma nessuno dei due ci fece caso. Avevamo entrambi il fiato corto, e i nostri mantelli non ci avevano coperto a sufficienza, perché i nostri vestiti erano completamente fradici.
Mi dicesti che sarebbe stato meglio spogliarci. Non faceva così freddo, ma se fossimo rimasti bagnati ci saremmo buscati di certo un’influenza e saremmo dovuti tornare a casa. Io sgranai gli occhi. Mi stavi davvero ordinando di spogliarmi? In quella situazione nessuno mi avrebbe biasimato se mi fossero venuti alla mente dei pensieri perversi. Scossi la testa e dissi con fermezza che non l’avrei fatto, mai e poi mai. Che bugiarda.
Arrossii, perché tu ti spogliasti, senza indugiare oltre. Mi dicesti di fare come credevo, e che se poi ti avessi attaccato l’influenza mi avresti ammazzato, e che i tuoi baci potevo scordarmeli. Sì, dicesti proprio “baci”. Furono le tue testuali parole. Quando tu fosti praticamente nudo, io distolsi lo sguardo, ma con la coda dell’occhio percorrevo le linee dei tuoi pettorali. Ti avvicinasti a me, di soppiatto. Mi mettesti una mano tra i capelli e mi sciogliesti i miei capelli lunghi. Li accarezzasti e mi baciasti con dolcezza. Tu sapevi benissimo come piegarmi al tuo volere, mi conoscevi. Sapevi anche che io ti amavo, e quando ti baciai, all’Altopiano Blu, tu eri perfettamente sveglio. Con movimenti lenti mi togliesti i vestiti e io ti lasciai fare, dicendo che eri davvero odioso, alle volte. Tu ridesti, prima di rubarmi un nuovo bacio, mentre le mie vesti da domadraghi scendevano ai nostri piedi. E sotto le vesti da domadraghi tu trovasti la vera me stessa. Una ragazza fragile, che pendeva dalle tue labbra, e che ti amava disperatamente da anni. Quando i nostri corpi danzarono uniti al ritmo dei nostri sospiri, mi sentii completa. Non fu una sensazione del tutto piacevole in ogni suo istante, ma me la feci piacere, perché a donarmela eri tu. E quando crollammo sfiniti dalla nostra passione sul giaciglio sul terreno, il tuo respiro mi solleticava fastidiosamente la pelle madida di sudore e coperta di segni lasciati dal tuo passaggio. Era odioso, ma mi feci piacere quella sensazione, perché a donarmela eri tu. Tutte le sensazioni che mi donavi tu erano nuove e stupende, anche se la realtà era ben diversa.
In quel momento ti amavo così tanto che se ti fossi recato ad Hoenn per gettarti nel Monte Camino, ti avrei seguito anche nella morte.
Ti avrei seguito davvero ovunque. Ma a quanto pare per te non era lo stesso. E capii che per te ero stata solo uno sfogo momentaneo. Qualcuna a cui mentire, qualcuna con cui giocare.
Lo compresi il mattino dopo. Non appena aprii gli occhi, tu mi gettasti i miei abiti, ormai asciutti, sul viso, senza riguardo. Ti ergevi, vestito come al tuo solito, sul ciglio dell’umida caverna, i miei occhi appannati distinguevano a malapena la tua sagoma. Dicesti che dovevi andare, che dovevi salvare i Pokemon dagli esseri umani, e che eri pronto ad uccidere per adempiere a questo tuo obiettivo. Sicuramente, avresti ucciso anche me. Quando ti voltasti a guardarmi per un’ultima volta, il tuo sguardo freddo non mentiva affatto. Sorrisi, incerta, ma tu ti voltasti e ti allontanasti da me e da quel luogo che aveva racchiuso i più bei momenti della mia vita, ora in fumo.
Ti ho sempre amato, ma io sono sempre stata secondaria per te. Anzi, forse mi disprezzavi addirittura. I tuoi occhi gelidi sono l’ultima immagine che ho di te, l’ultima cosa che incrinò il sentimento nel mio petto, definitivamente.
Tu non volevi morire, ma io ora si. Le nostre strade si stanno per dividere. E io mi sono accorta di quanto fosse falso, di quanto fosse fragile il mio proposito di seguirti in capo al mondo. Sono una bugiarda, ma tu non sei da meno. Sarà un vizio di famiglia?
Quando leggerai questa lettera, io me ne sarò già andata da questo mondo. Non ho versato neppure una lacrima, mentre ti scrivevo questa lettera d’addio. Ne ho già versate troppe, non ne vale la pena.
Questo non vuol dire che abbia smesso di amarti. Ti amerò fino all’ultimo istante della mia vita. Poi però chiuderò questa storia.
Sandra.
 
Sandra richiuse la lettera con le sue mani affusolate, stando attenta a non graffiare la carta. Baciò la carta profumata di lei. Le lacrime premevano per rigarle il volto, ma lei le tratteneva dolorosamente. Non doveva piangere, neanche in quell’estremo momento. Posò con delicatezza la lettera sul tavolino vicino al vaso di fiori. Poi si voltò verso la finestra da cui era entrata nell’appartamento di Lance, all’ottavo piano. Vi era giunta volando sul suo Dragonair e da lì sarebbe volata giù, ma senza l’aiuto di nessun Pokemon, con solo il suo corpo abbandonato. Era stato abbandonato da lui, e ora anche lei se ne sarebbe disfatta. Si sporse dalla finestra. Stava per salire sul davanzale. Mancava poco ormai, e avrebbe smesso di amarlo. Avrebbe smesso di soffrire.
«Sapevo che ti avrei trovata qui.» Mentre la vita scorreva nella mente di Sandra le parve di sentire la voce di Lance, per un’ultima volta.
«Ti conosco troppo bene.» Un attimo, possibile che quella non fosse la sua immaginazione? Si voltò, titubante. Lance, in carne ed ossa era di fronte a lei.
Sandra non sapeva cosa dire. Esitò, nascose la lettera dietro la schiena esile, la stessa che stava per spezzarsi da sola.
Lance sorrise, calmo. Fu il primo vero sorriso che Sandra vide sul suo volto. Le parve non esistesse al mondo nulla di più bello. E quel sorriso era solo per lei.
«Sono tornato.» Disse ancora, muovendo qualche passo in direzione della ragazza. «Da te. » Aggiunse infine.
Quelle furono le ultime parole che Sandra udì, prima che i suoi occhi si riempissero di lacrime represse.


Dedicato ad Akemi_Kaires perchè le avevo promesso questa shot. Non aggiungo altro perchè ho sonno xD Spero vi possa piacere!
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Cheche