BB
Capitolo
1; Alla
deriva
BB non smise mai di lottare. Scaricò loro contro le pistole. Lanciò loro la mannaia. Lanciò loro contro i suoi barattoli di marmellata. Li prese a pugni. Ma erano troppi. Anche se faticosamente, lo sopraffecero. Dopo averlo picchiato a sangue e rotto il braccio destro(e non lo consolò molto il fatto di essere mancino), uno di loro gli sparò. Nel secondo il cui il colpo partì, BB era pronto. Aveva capito. In quel millesimo di secondo, aveva capito. In tutta la sua vita aveva sopraffatto agenti dell’FBI, boss mafiosi, politici, e investigatori. Ma in quel secondo capì che non c’era più scampo. Sarebbe morto lì, in un vicolo, come un cane rabbioso. I giornali ne avrebbero parlato per un po’ e poi tutti avrebbero dimenticato. Non solo lui, ma anche tutte le vite che aveva spento sarebbero passati sulla bocca di tutti e poi sarebbero caduti nel silenzio. Chiuse gli occhi. Il suo cuore si calmò. Il respiro non era più affannoso. La sua mente più chiara che mai. Ripensò alla sua vita. Era pronto. Il tempo ripartì e lui sentì un dolore lancinante alla spalla sinistra. Perse conoscenza.
Non fu come aveva immaginato. Non lo lasciarono li. 5 di loro lo presero e lo buttarono in mare dal porto. Gli altri cancellarono anche la sola parvenza di qualche indizio. Quando BB toccò l’acqua si svegliò. Aveva male più o meno dappertutto. E non riusciva a muovere bene il braccio sinistro. Dal porto la corrente lo trascinava a largo, in mare aperto. BB lottò con tutte le sue forze. Fu una fortuna per lui, trovare un pezzo di legno. Era un tronco, al quale si aggrappò disperatamente. Lottò contro il mare per ore e ore, nonostante il dolore, e quando finì la tempesta entro la quale(con la sua stramaledetta fortuna) era finito, era esausto. Non aveva niente, e probabilmente sarebbe morto. Ma decise di concedersi un sonnellino. Bagnato fradicio, dolorante, senza futuro, ma determinato a vincere sempre. Fu questo l’essere che le onde cullarono fino a che non crollò.
Erano molti su quell’isola. Vi erano studenti dell’università di chimica, lettere, fisica, medicina, psicologia, ingegneria, etologia, criminologia, istituti tecnici. Per ogni università c’era un rappresentante. Erano venuti anche alcuni professori. Alcuni ragazzi erano rimasti per manovrare una nave che portava rifornimenti di ogni tipo. Avevano costruito moltissimi bungalow e un paio di bagni pubblici. Una sala per gli strumenti e un palco per i concerti delle molteplici bande musicali degli studenti. Lei era la rappresentante degli studenti di chimica, che stavano eseguendo dei controlli sull’acqua di una sorgente trovata dal professore di lettere, per capire se era potabile. Si chiamava Mina e era al quinto anno di università. Come gli altri era decisa a rimanere li finche le cose non fossero cambiate, e ogni giorno ascoltava la radio per capire cosa succedeva nel mondo e se si parlava molto della loro rivolta. Insieme con altri studenti era riuscita più volte a interferire sulle onde radio di varie stazioni, e a spiegare la loro situazione. Ogni mattina, si alzava presto, verso le sei. Mangiava e si vestiva in 15 minuti scarsi e si precipitava dalle sue adorate chitarre. Ne aveva sette elettriche, cinque folk e otto classiche. Nella sala musica si potevano contare altre miriadi di chitarre, bassi, batterie, violini, viole, contrabbassi e microfoni, ma la tacita regola era che se qualcuno toccava lo strumento di un’altra persona senza permesso, quest’ultima aveva il pieno diritto di fare un’eccezione alla filosofia pacifista che animava tutti e inseguire urlando a squarciagola con un coltello in mano il ladro/curioso/persona che per sbaglio aveva sfiorato uno strumento. Comunque sia, dopo averle pulite e suonate per un oretta, andava in una calettina che aveva scoperto da pochi giorni e faceva un bagno col suo cane (che per tutto questo tempo le è stata dietro). Più che un cane era un lupo leggermente più piccolo dell’originale, che Mina aveva trovato in canile. Si chiamava Nacho(pron. Nascio) e aveva un animo giocherellone. Giocavano come scemi schizzandosi e inseguendosi sulla spiaggia fino alle otto, ora verso cui sia Mina che Nacho cominciavano ad avere fame, quindi facevano a gara a chi arrivava al bungalow per primo. Dopo una colazione sostanziosa, cominciava a vedersi gente in pigiama che girava chiedendo a tutti se avessero visto uno spazzolino a pois rossi. Mina si recava al laboratorio di chimica (allestito un po’ alla cavolo) per analizzare campioni delle fonti d’acqua che il professor Depp sosteneva aver trovato (anche se per ora si era trattato solo di acqua di mare…?). Poi c’erano bungalow da costruire, spazzolini a pois da restituire, laboratori da allestire, bisognava esplorare meglio l’isola, stare alla radio e dissuadere Nacho dall’assalire TUTTI gli scoiattoli che passavano (e non erano pochi…). Ogni giorno era pieno e non lasciava spazio a pensieri inutili. La sera, si teneva un concerto su una grande spiaggia, sulla quale avevano costruito un palco. A turno salivano le band, e alla fine, salivano tutti e improvvisavano qualcosa. Mina faceva parte della Royal Rock. Come si sarà capito, suonava la chitarra elettrica. Gli altri membri della band erano il suo migliore amico, Mattia che suonava il basso, Cristina al microfono, e Tom alla batteria. Aveva 25 anni, ed era al quinto anno di università. Era orfana e aveva abitato da sola per quattro anni, prima che la band si trasferisse da lei. Aveva scritto due libri con molto successo, e aveva potuto permettersi di comprare la metà delle chitarre che in totale aveva. I suoi capelli erano tinti di blu acceso, e i vestiti che di solito portava si riassumevano in: jeans chiari e magliette scure, più una catena e un braccialetto con le borchie. Aveva due piercing all’orecchio destro in alto e un normale buco da orecchino all’orecchio sinistro. Indossava sempre degli anfibi originali dei colori più strani, ma sempre perfettamente abbinati. Dopo il concerto, di solito era stanca morta e non appena toccava il letto sprofondava nel sonno più profondo. Nessuno riusciva a capire come facesse a dormire in media quattro ore a svegliarsi alle sei e essere sempre piena di energia. Quella mattina, si contavano i tre mesi e un giorno di residenza all’isola. Si alzò come al solito presto, seguita da Nacho, che attirava l’attenzione sul fatto che era da più di un minuto che non vedeva scoiattoli. Che fossero morti per una misteriosa epidemia? Era ciò di cui il cane si illudeva ogni mattina, e Mina non ci fece caso. Dopo aver bevuto mezzo caffè(l’altra meta era entrata non si sa come in possesso di Nacho), si catapultò dalle chitarre. Le esaminò una ad una, e fu con orrore che scopri una ditata sulla sua preferita. In preda al terrore per la sua adorata chitarra corse al bungalow e agguantò la prima spugnetta che vedeva. Ritornò alle chitarre e pulì con infinita cura quella ditata. Tralasciando ciò, si può dire che Mina riuscì a suonare molto bene e fu con un animo soddisfatto che si avviò alla caletta con Nacho che la seguiva saltando di gioia perché aveva visto uno scoiattolo e ora sapeva che non erano tutti morti e, secondo una logica indiscutibile, ciò che non è morto e si muove, si può cacciare. Corsero sulla spiaggia, e si rotolarono nella sabbia. Stavano per buttarsi in mare, quando Nacho si immobilizzò, fissando un punto nell’acqua. Mina si avvicinò stupita e seguì lo sguardo del cane. Vide così un tronco d’albero piuttosto grande, con un ragazzo che non dava segni di vita sopra. Senza pensarci due volte si buttò in acqua e nuotò verso di lui seguita dal cane, per una volta serio. Non era molto lontano, e in una ventina di bracciate/zampate, erano arrivati. Il ragazzo era fradicio, tremava, ma sembrava aver perso conoscenza. Una cosa strana era che, pur essendo svenuto, stringeva ancora il tronco, e la cosa gli aveva salvato la vita. Mina tentò di fargli allentare la presa, ma invano. Così decise di trascinare direttamente il tronco a riva. C’era vento, e la cosa non aiutava neanche un po’. Nacho si rese il più utile possibile prendendo il tronco tra i denti e nuotando con tutte le sue forze, e dopo estenuanti sforzi, furono a riva. Il ragazzo era sempre inerte, e Mina non sapeva come fare a portarlo nel loro piccolo quasi-ospedale. Si chinò su di lui, con l’intento di farlo rivenire (o almeno di provarci), ma si bloccò. Per un momento gli era sembrato L. Bisogna infatti sapere che L insegnava in quasi tutte le università ribelli, e aveva seguito i suoi studenti con uno yacht privato e un Watari. Ma ripensandoci, non vedeva occhiaie, e la stessa espressione del viso era diversa. Lo scrollò un po’, invano. Lo guardò meglio. Ora che ci pensava, gli ricordava qualcosa. Ma non riusciva a ricordare cosa. Non ebbe il tempo di pensarci, che lui aprì gli occhi. Erano rossi. Fu impressionante il modo in cui la sua fredda volontà, represse ogni segno di debolezza. Smise di tremare, lasciò il tronco e trasfigurò la sua espressione. La guardò degli occhi, le sorrise in un modo che non le piacque per niente, e le fece provare l’impulso di darsela a gambe
"Ciao. Dove siamo?" chiese con voce calma e quasi ironica.
"Emm … in un isola nell’atlantico"
"Dev’essere un posto molto freddo …"
" No, anzi, piuttosto è l’oceano che è freddo"
Il ragazzo la guardò un po’ male (evidentemente si stava chiedendo come cavolo avesse fatto a finire in un isola in mezzo all’atlantico e cosa c’entrasse il fatto che l’oceano fosse freddo), poi si sedette, un’ombra di dolore passò sul suo volto.
"Sei ferito?" chiese lei.
"Secondo te?"
In effetti, prima, tutta presa dal fatto di aver trovato un tizio mezzo morto nell’oceano atlantico su un tronco, non aveva notato quanti livide ferite, squarci avesse. Come se li era procurati? Lui non si preoccupò del suo sguardo a meta fra lo stupito e lo spaventato. Senza apparenti (e ripeto APPARENTI) sforzi, si alzò. Lei gli fu subito di fianco per sorreggerlo, e lui la guardò con uno sguardo di così sincero stupore, che le venne paura di averlo ferito nell’orgoglio. La sua espressione non era più troppo inquietante.
"Mi stai … aiutando?"chiese come se fosse una cosa mooolto strana.
"Sì, perché?"
" È la prima volta che qualcuno mi aiuta … è strano"
Lei lo guardò con stupore, e lui fece altrettanto. In quel momento, Mattia sbucò dalla vegetazione esclamando: << Mina, sei in ultra-ritardo, dobbiamo provare!!! Tom è letteralmente shoccato, per non parlare di Cristina!!! Mi hanno giurato che se non sei li entro cinque minuti toccheranno la tua chitarra preferita!!! Muoviti!!!>> in quel momento notò il ragazzo.
"E quello chi è? E perché cavolo è fradicio?"
" è una lunga storia … Nacho ha visto qualcosa in mare, che poi era lui, che non so come mai, andava alla deriva su un tronco, così l’ho portato a riva, poi si è svegliato, e mi sono accorta che è messo abbastanza male, così volevo aiutarlo a andare al quasi-ospedale"
Mattia la guardò in modo molto strano, ma le credette, e la aiutò, facendo in modo che BB potesse contare ben due aiuti. In effetti lui non ne fu troppo felice, visto che non era mai andato in un ospedale a parte quello del carcere, e non ci teneva a rifare quell’esperienza. Ma era debole, e non oppose resistenza. Se vi state chiedendo dove era scomparso Nacho, sappiate che era sempre stato accucciato di fianco al tronco con aria preoccupata, e che ora seguiva il trio saltellando. Il suo cambiamento di umore, non era dovuto alla piega che aveva preso la storia, ma più che altro al fatto che mentre salvavano BB, non aveva visto scoiattoli, e temeva già un’esistenza infelice, ma ora che ne aveva scorti alcuni, era di nuovo pimpante.