Prompt: - Sherlock/John (http://i56.tinypic.com/2dja2l1.jpg)

Sherlock entrò nello studio, sbattendo violentemente la porta.

«Sherlock! Sherlock, per l'amor di Dio, torna g-»

«Levatevi dalle palle! Tutti!» urlò, sovrastando la voce del fratello. «Andate via!»

Mycroft non capiva, Mrs. Hudson non capiva, Lestrade nemmeno a parlarne. Nessuno sapeva davvero lui come si sentiva.

Forse nemmeno Sherlock stesso.

Si diresse verso il tavolino davanti al divano, le dita agili che tremavano quasi spasmodicamente, ed un dolore allo stomaco che gli impediva di respirare.

Si sentì il mento bagnato, e si bloccò in mezzo alla stanza per capire da dove provenisse l'acqua. Un'altra goccia, salata. Proveniva anche quella dai suoi occhi.

«Il pianto produce enkefalina, un potente anestetico, e rilassa i muscoli.» recitò, meccanico. «È una cosa scientifica.» deglutì a vuoto, cercando di convincersi. «Ma dovrei star soffrendo, per necessitare di un anestetico ma, cazzo, io non posso star soffrendo.»

Afferrò un bicchiere sul tavolino, deciso a versarsi qualcosa di freddo, di ghiacciato, di congelato da bere. Sentì la porta alle sue spalle aprirsi piano, e si preparò a scagliare il bicchiere contro l'ennesimo rompipalle.

«Sherlock...»

Una voce, un battito di ciglia, un rumore di cocci infranti, di acqua che inzuppa il tappeto. Occhi spalancati e tremanti.

Nemmeno si volta, Sherlock, ma scivola a terra, davanti al tavolino, e ci si appoggia con le spalle.

Sente una presenza scavalcarlo e sedersi sul divano. Una mano gli si poggia sulla spalla.

«Sherlock, non fare così.»

Ma quella fottuta acqua salata continuava ad inzupparlo, mentre la sua espressione rimaneva seria, imperturbabile, quasi come se le lacrime appartenessero a qualcun altro.

«John, io...» tentenna ad un paio di occhi limpidi che lo osservano con dolcezza, senza rimprovero. «Io – mi dispiace, John, mi dispiace.» le parole si perdono in un sibilo, e le braccia si stringono intorno alle gambe dell'unica persona che vorrebbe accanto a sé.

Respira affannosamente, il volto immerso nella stoffa dei suoi pantaloni, le dita aggrappate disperatamente alla sua giacca; sente una sua mano nei capelli e l'altra sulla schiena.

«Va tutto bene. Sono qui, Sherlock.» quelle parole gli vibrano nella cassa toracica, rimbalzano sui polmoni, si schiantano contro il cuore.

E lui per un istante ci crede. Crede alle sue parole, alla sua calma, alla sua sicurezza. Crede che tutto tornerà come prima, e che non ci saranno cicatrici.

Crede che, quando si alzerà da lì, il suo blogger tornerà a sorridere, ad arrabbiarsi per i suoi esperimenti, a seguirlo senza sosta in giro per Londra e a far finta che i baci di Sherlock gli diano fastidio.

Crede che quelle dita che lo accarezzino piano si possano ancora afferrare, e, giusto per un battito di ciglia, cerca di illudersi che la stoffa del cuscino con la bandiera inglese sia in realtà quella dei jeans del suo John.

Nda: spero che il finale sia chiaro. Ci tengo alle mazzate ad effetto.

E spero che Sherlock non sia OOC.

E spero che... che non mi lapidiate per tutto questo!
Questa storia si basa su un prompt proposto da me stessa per lo SherlockFest_ita, e non pensiate che questa sia l'ultima storia che scrivo su quei meravigliosi prompt!

Su, non fate come me che mi sto riducendo all'ultimo all'ultimo ed iscrivetevi!

Vi picerà. Parola di Dream. (ecchissene)