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Autore: Little Fanny    30/08/2011    1 recensioni
Era un vecchio in un corpo da giovane.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Doctor - 11
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Growing old 
Fandom: Doctor Who 
Personaggi: Eleventh Doctor 
Rating: G 
Genere: introspettivo, comico, malinconico, generale 
Conteggio parole: 1320 
Riassunto: Era un vecchio in un corpo da giovane. 
Avvertimenti: one-shot 
Note: partecipa alla missione della settima settimana del Cow-T@[info]maridichallenge, con il promptVecchiaia per il Vampire!Team. 
Disclaimer: La storia è basata su fatti e personaggi creati e appartenenti alla BBC e a chiunque ne detenga i diritti. La storia non è scritta a scopo di lucro, ma solo per mio puro diletto. 



Growing old




“Wei, Dottore!” urlò Amy sbracciandosi dalla porta di casa per richiamarlo indietro. Il Dottore si fermò e fece una piroetta su se stesso, venendo travolto subito dopo da una cascata di capelli rosso fuoco. 
Amy lo stringeva in un abbraccio stritola ossa a cui lui rispose con un’impacciata pacca sulle spalle. In più di novecento anni di vita non era mai stato bravo nella faccenda abbracci. Men che meno nella missione baci, erano sempre così difficili da gestire: lingua, labbra, mani e pensieri. Aveva tirato un respiro di sollievo quando l’interesse della sua compagna era tornato su chi di dovere: Rory, per l’appunto. Avrebbe dovuto fare un monumento a quel ragazzo per averlo cavato da un così grande impiccio. 
“Non osare sparire,” lo ammonì lei puntandogli un dito contro e dandogli finalmente l’opportunità di respirare normalmente. Era un Signore del Tempo con un sistema respiratorio molto sofisticato, capace di adattarsi a qualsiasi condizione di carenza di ossigeno, ma non era stato testato nelle situazioni ‘abbracciose’. 
Il Dottore, ancora scosso dalla mancanza d’aria, rispose con un assente cenno d’assenso. 
Aveva messo ben a frutto i consigli di Rory sulle donne: quando non hai la più pallida idea di cosa può essere successo, tu annuisci sempre e dai sempre loro ragione. 
Doveva dire che funzionava la gran parte delle volte. 
Ok, forse quelle volte in cui Amy era distratta. 
Ok, quasi mai, a voler essere del tutto sinceri, oh ma in qualche modo bisognava pur sopravvivere! 
“Tranquilla. Tornerò prima di quanto immagini.” 
Amy gli regalò quel sorriso scettico che la accompagnava fin da quando era bambina ed aveva avuto a che fare con il Dottore e la sua strana computazione del tempo. 
“Ooooooooooook.” Disse il Dottore, afferrando il punto della compagna. Fece una piroetta su se stesso e si fermò di nuovo di fronte a lei con un fez sulla testa. 
“Tornerò, forse. Prima o poi.” Le promise con un cenno vago della mano, sperando che Amy prendesse per buone quelle parole. 
Le porse il copricapo facendo un cavalleresco inchino, prima che anche quel cappello facesse la triste fine del suo primo e unico fez. “Ma non aspettarmi alzata.” 
La ragazza annuì puntandogli ancora il dito contro, come a voler aggiungere qualcosa. Infine però desistette e gli sorrise apertamente. 
“Va bene, nonnino.” Gli disse con tono da presa in giro mentre si prodigava per mantenere in precario equilibrio sulla testa il fez rosso sgargiante. 
Il Dottore si mise le mani in tasca e la osservò tornare dalla propria famiglia: Rory e la bambina. 
Con calma anche lui si incamminò verso il suo buon vecchio TARDIS, la fedele compagna che mai l’avrebbe abbandonato. 
“Arrivederci!” disse ancora la voce di Amy che lo salutava dalla soglia di casa. 
Il Dottore si girò, incerto sulla porta del TARDIS. Erano davvero una bella famiglia: Amy, la sua irrequieta compagna e poi c’era Rory, il fedele marito. Stringeva tra le braccia la loro bambina che gli faceva ‘ciao ciao’ con un piccolo gesto della manina. Aveva piccoli boccoli rossi e indubbiamente lo stesso sguardo vispo della madre. 
Li salutò con un cenno distratto della mano, un addio serio se avessero potuto vederlo davvero in faccia. Rientrò a capo chino nel TARDIS e, come un automa, si diresse verso i comandi. Con gesti meccanici lanciò l’astronave nel Vortice del Tempo, mentre le sue orecchie si abituavano gradualmente a quel nuovo silenzio. 
Era tanto che non viaggiava solo e quasi non ci era più abituato. 
Era stato bello viaggiare con Amy e poi con Rory. Si erano tanto divertiti e ne avevano passate davvero tante assieme. Forse troppe. Anzi, sicuramente troppe per i suoi due vecchi cuori. 
Si lasciò cadere stancamente sul pavimento in plexiglas del nuovo arredamento del TARDIS, ripercorrendo con la memoria tutti i commenti piccanti che quella superficie aveva scatenato. 
Maledizione a Amy e alle sue gonne corte. 
Sorrise al ricordo, passandosi una mano tra i capelli lunghi, ma ancora una volta non rossi. 
Sospirò invaso dallo sconforto, mentre i ricordi delle loro avventure gli tornavano alla memoria: le corse, i pericoli, le situazioni che avevano vissuto al limite dell’incredibile. 
Si sentiva stranamente esausto. Forse sarebbe stato il caso di fermarsi un po’ a riposare. Magari leggere un buon libro sulla sua vecchia poltrona, abbandonare un po’ quella vita frenetica e concedersi una meritata sosta. 
Forse era giunto il momento di mettere la testa a posto. Nonostante le apparenze sapeva che non era più giovane come un tempo. 
“Eh, no!” esclamò balzando in piedi con uno scatto fulmineo e cominciando ad armeggiare con i vari pulsanti del TARDIS. Era giovane, per l’amor del cielo! Non poteva rimanere sul pavimento a commiserarsi: aveva l’intero universo a sua disposizione ed era stupido restare lì con le mani in mano, come un vecchietto costretto a vivere di ricordi. 
Era stato fortunato in quest’ultima rigenerazione: un corpo giovane era ciò di cui la sua vecchia mente aveva bisogno. Dopo tutto il disastro che il Master e i Signori del Tempo avevano causato era stato un bene per lui essersi ritrovato di nuovo atletico e scattante. 
Ogni tanto però, quando le tenebre facevano piombare il TARDIS nell’oscurità, sentiva tutto il peso dei suoi anni. Avvertiva chiaramente cosa volesse dire portare sulle spalle i suoi oltre mille anni di vita. 
Sì. Oltre mille. 
Aveva mentito come la più umana delle donne che nasconde la sua età agli sconosciuti. Proprio come loro, che per molto tempo riescono prima a gestire i 29, poi i 38 e infine i 42 anni, anche lui si era tolto qualche annetto: un centinaio o giù di lì. 
Nulla di grave a ben vedere, in fondo il suo viso era bello giovane. 
Tuttavia se si fosse guardato davvero allo specchio, le volte in cui la paura gli offuscava le iridi, vi avrebbe scorto riflesse le infinite preoccupazioni che aveva dovuto sopportare nel corso di quei lunghi secoli. 
Era un vecchio in un corpo da giovane. 
La sua mente era grande e infinita, con mille ricordi e mille dolori. 
Carezzò con dolcezza la foto che lo ritraeva con la famiglia Pond: Amy, Rory e la bimba. 
Aveva dovuto lasciarli andare perché quel modo di vivere non era adatto ad una bambina. Per lei si doveva costruire un mondo di stabilità e sicurezza; non era il caso che corresse sempre per salvare la sua vita. Inoltre aveva bisogno dei suoi veri nonni e non di uno sconosciuto che le raccontava storie incredibili, al di là dell’immaginazione umana. 
Ogni tanto con lei si sentiva davvero come un nonno: era il termine che più gli si addiceva mentre raccontava aneddoti lontani e futuri con negli occhi la nostalgia di quelle avventure. 
Era forse quella la motivazione principale che lo aveva spinto a lasciare la famiglia Pond sulla Terra, lontana dalle avventure del TARDIS. 
Non era per la loro incolumità – o meglio – lo era parzialmente. In realtà li aveva lasciati perché non riusciva ad affrontare l’idea di stare invecchiando. La nascita della bimba gli aveva rammentato ancora una volta cosa volesse dire per gli umani avere una vita vera e quella non era ciò che lui offriva a bordo del TARDIS. Quella bambina dai capelli rossi e gli occhi vispi gli aveva sbattuto in faccia la dura realtà: la vita continuava, mentre lui sarebbe sempre rimasto indietro, costretto a rigenerarsi senza mai concludere il suo cammino. 
“Oddio! Sto davvero diventando vecchio.” Borbottò tra sé e sé, facendo atterrare il TARDIS in una cacofonia di suoni, quasi fosse un direttore d’orchestra. Si cambiò al volo e, prima d’uscire, si mise un cappello da cowboy in testa. Fece un cenno di saluto al TARDIS e se ne andò con una piroetta. 
“Un bel concerto di Elvis è quello che mi ci vuole per sgranchire un po’ le mie vecchie ossa!” urlò mescolandosi con la folla, perché no, davvero, non voleva che River lo beccasse e gli mandasse in briciole anche quel copricapo. 


Fine


Note finali: La storia non tiene conto degli avvenimenti della sesta stagione.
   
 
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