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Autore: missyoustink    31/08/2011    4 recensioni
Un ballo del liceo, un bacio sulla portiera della macchina, un'ombra scura e un rumore sordo.
A volte si capisce quanto si tiene a qualcuno quando si sta per perderlo, e Brian lo sa bene, lo sta provando sulla sua pelle, e fa male.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Brian Kinney, Justin Taylor, Michael Charles Novotny-Bruckner
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questo non è solo il racconto di uno dei momenti più alti, tristi e toccanti di tutto il telefilm,che adoro.

E’ anche la mia piccola protesta, il mio urlo contro chi ancora non ha capito cosa vuol dire AMARE.

Potranno toglierci i nostri diritti, ma non potranno in alcun modo toglierci l'amore.

 

Non smettiamo mai di lottare.

 

 

 

 

 

Red Scarf.  

 

 

 

 

Per la prima volta nella sua vita, Brian Kinney stava pregando.

 

Con le nocche bianche nella stretta di rabbia dei pugni e lo sguardo perso nel vuoto, pregava; e non perché avesse trovato una qualche forma di instabile fede in un dio senza volto, o perché si fosse ricreduto sulle sprezzanti parole che sua madre non mancava mai di riservargli quando gli ricordava che sarebbe sprofondato all’inferno insieme a tutti i froci di Liberty Avenue. 

 

Brian Kinney pregava con tutta la forza che aveva in corpo perché era l’unica cosa che poteva fare quando nella stanza accanto Justin, il suo Justin, stava lottando con la morte.

 

L’odore pungente del sangue che ancora aveva addosso, mischiato a quello del disinfettante per ambienti che gli riempiva le narici, gli metteva la nausea, e temeva che da un momento all’altro le pareti del corridoio d’ospedale tristemente tappezzate da stampe da pochi dollari dove ormai aspettava da ore avrebbero finito per schiacciarlo.

 

Davanti ai suoi occhi sempre la stessa straziante immagine si ripeteva senza tregua, ancora, e ancora, dio, fatela smettere, basta, basta, vi prego...

 

Ecco, di nuovo, vedeva Justin camminare , poi un’ombra scura, un rumore sordo e lui

giaceva lì, sull’asfalto freddo, immobile in un lago di sangue scarlatto che non la smetteva di scorrere...

 

Scosso da un brivido, Brian strinse tra le dita la sciarpa che si era tinta dello stesso colore, mentre combatteva con le lacrime che spingevano da dietro le palpebre.

 

Come aveva potuto permettere che succedesse una cosa simile, perché non era stato abbastanza veloce da fermare quell’animale prima che aggredisse Justin?

Non riusciva ad accettarlo, non riusciva a perdonarsi.

Avrebbe dovuto proteggerlo, e invece non era servito a nulla se non poi a chiamare una stupida ambulanza, e ora se ne stava lì a pregare non sapeva nemmeno cosa come se ciò potesse ripagare le sue mancanze.

 

Che idiota!

 

Doveva fare qualcosa, e subito, o sarebbe impazzito. Prese a camminare nervosamente per il corridoio, in preda alle migliaia di attanaglianti domande che si accavallavano nella mente.

 

Perché? Perché proprio Justin? Qual era stata la sua colpa, l’aver ballato con un uomo senza paura di dimostrare a tutti ciò che era? 

Aveva lanciato una provocazione, una sfida a tutti quello che volevano impedirgli di essere se stesso, e di essere felice. 

E nel frattempo aveva tenuto un discorso; un enorme, silenzioso discorso, perché sapeva che c’era qualcuno ad ascoltarlo.

 

Smettetela di mentire, di vivere nel terrore solo perché amate. Sputatelo in faccia a chi vi giudica, imprimeteglielo bene nella testa: noi abbiamo gli stessi diritti di qualunque fottuto Chris Hobbs di amare, di respirare, di vivere come crediamo.

 

Quei passi elaborati e ridicolmente romantici, era di questo che parlavano.

 

E tutti, a partire da Chris Hobbs, o il padre di Justin, quello di Brian, anche le stronze di sua madre e sua sorella avrebbero dovuto ascoltarlo, per una volta.

 

E se tutto questo era invece finito in un lago di sangue, oltre che di un vigliacco che pur di non essere onesto con se stesso aveva preferito tentare di ammazzare un ragazzo con una mazza da baseball, la colpa era anche loro.

 

Oh, ma Justin era più forte di quel branco di coglioni, lui era migliore, e insieme quella sera avevano fatto qualcosa di memorabile.

 

 

Il ricordo era talmente vivido che poteva ancora sentire le note di una vecchia canzone accompagnare i loro movimenti.

 

Gli occhi del ragazzo davanti a lui erano fermamente convinti a non staccarsi dai suoi, in uno sguardo perforante e deciso che sapeva d’intesa.

 

Diavolo, ora si sentiva un ragazzino anche lui; un ragazzino che tentava di cambiare le dinamiche del mondo in una sera, che aveva voglia di sconvolgere tutti, di essere sfacciato, di fottersene dell’educazione.

 

Teneva Justin stretto a sé mentre si muovevano con eleganza sotto gli sguardi stupiti e segretamente invidiosi di chi li guardava.


Ed ecco tornare la scarica di adrenalina che aveva provato al contatto con quelle labbra impazienti e vogliose; una stretta alla bocca dello stomaco provocata da un bacio che entrambi attendevano da tutta la durata di quella danza senza tempo.


Qualcuno aveva abbassato lo sguardo, imbarazzato, altri erano scossi, sconvolti, quasi indignati. 

 

Ma Justin, lui sfoggiava il sorriso più lucente che gli avesse mai illuminato il viso e mai, mai Brian aveva trovato quel ragazzo così assurdamente bello.

 

 

Aprì gli occhi di scatto, si sentì come se gli avessero tirato una secchiata d’acqua gelida, e d’un tratto capì.

 

Capì che se Justin non avesse passato quella notte, se lui fosse...morto, non avrebbe sopportato di vivere un solo altro fottuto giorno. 

 

E al diavolo l’orgoglio, aveva bisogno di lui nella sua vita.

Lo voleva al suo fianco, non chiedeva altro, e preché diavolo non era mai stato capace di dirglielo? 

Si promise che sarebbe stata la prima cosa che avrebbe detto a Justin quando si sarebbe svegliato.

E se...no, non riusciva nemmeno a pensarlo, ma non avrebbe potuto perdonarsi nemmeno questo.

 

 

Il suo flusso di pensieri venne interrotto da un forte rimbombo di passi; alzò lo sguardo, era Michael, era corso lì per lui, per il suo migliore amico, e in quel momento gliene era davvero grato. 

 

Si fissarono per un istante, quel tanto che bastò per capire.

 

Michael tirò l’amico a sé, e Brian si lasciò stringere , perchè in quel momento voleva solo sentire che sarebbe andato tutto bene e che non ci sarebbe stato bisogno di piangere altre stupide, inutili lacrime come quelle che ora sentiva pizzicargli pericolosamente gli occhi.

 

“Andrà tutto bene” un sussurro arrivò sui suoi capelli, e Brian smise di pensare, smise di pensare a qualsiasi altra cosa e lasciò che due grosse lacrime gli rigassero il volto, sperando di poter scivolare via con loro.

 

Andrà tutto bene...te lo prometto, Justin.

  
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