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Autore: Koori_chan    31/08/2011    2 recensioni
Tredicesimo secolo, la Scozia è costantemente minacciata dagli Inglesi che si arrogano diritti su diritti.
Kaitriona McMallaigh, “la più Scozzese di tutti gli Scozzesi”, guarda impotente il suo popolo crollare sotto i soprusi dei meridionali, pentita di non aver ascoltato la sorella Irlanda e di aver cercato di stringere amicizia con Inghilterra. Ma ormai il danno è fatto e soltanto una ribellione può liberare il fiero popolo celtico dal dominio degli usurpatori.
Un ragazzo, per amore della Scozia, guiderà la sua gente durante la lotta contro gli Inglesi, guadagnandosi un posto fra le pagine della storia e nel cuore di Kaitriona.
Perchè lei era la Scozia.
E lui era William Wallace.
[Presenza OC: Scozia, Irlanda]
Genere: Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Inghilterra/Arthur Kirkland, Irlanda, Scozia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Di tutti i fiori che avesse mai visto, il suo preferito era di certo l’erica.
Ed era anche quello che odiava di più.
 

 

Fraoch
 

 
 

  La prima volta che l’aveva visto era ancora un ragazzino, minuto, magrolino, dal viso imberbe. Le ginocchia erano ossute e piene di graffi, le braccia esili ma precise nel lancio di piccole pietre. Aveva una mira infallibile.
Quel fanciullo la incuriosiva, la interessava: avrebbe voluto conoscerlo, parlargli, fare amicizia, ma non aveva mai avuto il coraggio di mostrarsi a lui, limitandosi a guardarlo da lontano, protetta dall’ombra del bosco.
Poi un giorno erano arrivati gli Inglesi, distruggendo tutto ciò che trovavano sulla loro strada. Avevano bruciato i campi, raso al suolo le case, stuprato le donne e trucidato gli uomini.
Lei era via, quel giorno. Non aveva visto, non aveva potuto difenderli.
Era tornata al villaggio la mattina dopo, per sbirciare di nuovo da dietro i tronchi degli alberi e immaginare una vita come quella dei paesani, ma non era rimasto più niente di quello a cui era abituata. Alte colonne di fumo si alzavano dalle case ormai ridotte a cumuli di legna bruciata e fango secco, chi era sopravvissuto cercava di rimediare ai danni, le abitazioni venivano lentamente e pazientemente ricostruite, ma ci sarebbe voluto ancora tempo per risanare le ferite inflitte dagli Inglesi.
Fu quel mattino che si decise a farsi avanti, la gola chiusa da una sgradevole sensazione.
Si avvicinò silenziosamente ad alcuni ragazzini, cercando di non spaventarli. Questi alzarono lo sguardo scocciati, salvo poi spalancare gli occhi come imbambolati. Davanti a loro si trovava la ragazza più bella che avessero mai visto, pallida e bionda, dalle mani affusolate e gli occhi dolci ma severi. Una ninfa della foresta, una fata dei laghi… non avrebbero saputo dire con certezza che magica creatura fosse.
Non avrebbero mai potuto immaginare la sua natura tanto semplice quanto incredibile.
- Chiedo scusa… Dove posso trovare Uilleam? – la sua voce era sottile e limpida come il cristallo, la lingua che parlava non sembrava nemmeno Gaelico. Era come se fosse un idioma più antico, tuttavia i ragazzi compresero alla perfezione.
Fu un ragazzotto dai capelli rossi, tarchiato e senza un dente a risponderle, facendo un grande e impacciato inchino.
- Mi rincresce, Mia Signora. E’ partito questa mattina al levar del sole. – spiegò, davvero addolorato.
Gli occhi della sconosciuta si velarono di delusione, mentre sollevava con grazia i lembi del suo abito celeste in una piccola riverenza.
- Non importa. Tornerà… Grazie infinite, che gli Dei ti siano amici. – sorrise, ma le labbra tremavano. Sparì in mezzo alla foresta e fece appena in tempo a udire un “padre, ho visto una Dama dei Boschi!” prima di scappare.
Tornerà…
Cosa la rendeva così sicura da poter pronunciare una frase simile? Il ragazzo se n’era andato, e lo sapeva, non sarebbe mai tornato.
Era stata una stupida, bloccata dalla sua timidezza, dalla sua paura di fare nuove conoscenze.
Si rannicchiò ai piedi di una grossa quercia, portò le ginocchia al petto e vi adagiò la testa, scossa da qualche piccolo singhiozzo.
Che sciocca… Cos’avrebbe detto sua sorella se l’avesse vista in quello stato? L’avrebbe presa certamente in giro, sbottando che una donna celtica non può certo mettersi a piangere per una simile stupidaggine, che avrebbe dovuto saperlo che loro e gli esseri umani non potevano mischiarsi.
Ma c’era una bella differenza tra Eirinn e Alba.
Sua sorella era molto più forte e molto più coraggiosa di lei. Sua sorella l’aveva sempre protetta, e lei non aveva mai fatto nulla per ricambiare.
Era giunto il momento di cambiare le carte in tavola.
Gli anni passarono veloci e in solitudine, ogni tanto Irlanda la veniva a trovare ed era tutto un “la mia sorellina!”, “ma quanto sei cresciuta!”, “stai diventando proprio una bella ragazza, si vede che hai preso da me!”
Le capitava di sorridere, a quell’affermazione. Evelyn era una ragazza bellissima, ma con quei birichini occhi smeraldo e i capelli rossi come il fuoco somigliava ben poco alla tranquilla sorella minore. Ma ammirava Evelyn, e pur sapendo che non era assolutamente vero era orgogliosa di sentirsi dire così, e certo non si sarebbe messa a contraddire la sorella a riguardo di un complimento simile.
Erano le frasi dell’arrivederci a turbarla di più. Dopo i “mi raccomando mangia”, i “tieniti allenata” e i “ricordati di fare qualche sacrificio agli Dei” che Evelyn pronunciava ormai come una cantilena, e che la più giovane ascoltava senza prestarvi troppa attenzione, giungevano gli ammonimenti seri, quelli in cui Irlanda la guardava dritta negli occhi con espressione grave.
“Stai alla larga da quel Sasann.”
Una volta si era azzardata a ribattere con un “Si chiama Arthur”, ma l’occhiataccia di rimprovero che ne era seguita le aveva fatto desiderare di non aver mai pronunciato quella frase.
Erano solo dei bambini quando lei e Arthur, Sasann, o England, che dir si voglia, si erano conosciuti.
Le era stato subito simpatico, con quelle sue sopracciglia spesse e quei suoi occhioni così simili a quelli di Evelyn. Non aveva pensato nemmeno per un momento che quel bambino avrebbe potuto, un giorno, arrogarsi il diritto di regnare sulla Scozia, infliggendo terribili torure a chi si opponeva a lui.
E allora aveva dovuto ammettere che Eirinn aveva avuto ragione un’altra volta, che Arthur non era la persona adatta con cui fare amicizia, che non ci si può fidare di nessuno al di fuori del Clann.
Aveva pianto tantissimo, la prima volta. Così tanto che nemmeno le smorfie di Evelyn erano riuscite a calmarla. La sorella aveva provato a farla ridere in ogni modo, le aveva cantato vecchie canzoni un po’ sconce sentite nelle osterie, le aveva raccontato le fantastiche leggende che loro padre Caledonia era solito narrarle quando Sozia doveva ancora nascere, le aveva preparato un decotto caldo di erbe di brughiera, ma era stato tutto inutile. Soltanto l’alba del giorno dopo avrebbe potuto riportare un sorriso, seppur debole, sul visino della bimba.
Aveva sperato che lei e Sasann potessero diventare amici, ci aveva quasi creduto, e sul più bello era stata ingannata. Non solo si era sentita tradita e ferita nell’orgoglio, ma si era anche vergognata di tornare a casa da Evelyn, si era vergognata di non averla ascoltata e aver fatto di testa sua. Del resto sua sorella glielo aveva sempre detto: quel bambino venuto dal sud era cattivo…
Adesso, dopo tutto quel tempo, si chiedeva come sarebbero potute andare le cose se avvesse dato retta a Eirinn.
Era una giornata soleggiata, una vera benedizione per gli abitanti del gleann dove pioveva ininterrottamente da almeno due settimane. Lei stessa ne aveva approfittato per una breve passeggiata in cerca di erbe aromatiche e funghi per la cena. Indossava solamente il fresco abito celeste e un paio di stivali foderati di pelliccia, allacciata attorno alla vita grazie a un nastrino di cuoio aveva la piccola sacca ricamata che le aveva donato Evelyn, ora gonfia di rametti e qualche fungo odoroso.
C’era così silenzio che si accorse del cavaliere quando la sua sagoma era ancora nascosta dalla cresta della collina, poi fu un attimo, e si ritrovò con la testa appena inclinata verso l’alto a guardare negli occhi un ragazzo giovane e bello, dagli incolti capelli biondi sciolti sulle spalle. Non dissero niente, passando il primo minuto a scambiarsi un’occhiata silente, ma era come se in quello sguardo fosse racchiuso un intero dialogo. Fu lei la prima a parlare, lasciando che la sua voce dolce e limpida esternasse i suoi pensieri.
- Ci conosciamo, straniero? –
Il ragazzo scoppiò a ridere al suono di quelle parole.
- Straniero, voi dite? No, non sono uno straniero… ‘S mise William Wallace, e sono nato qui, in Scozia… - si presentò.
- Uilleam? – i suoi occhi cambiarono espressione, illuminandosi di gioia. Non poteva essere lui, era passato così tanto tempo! Eppure aveva sentito più volte il padre o il fratello chiamarlo per nome e non c’era alcun dubbio, nel gleann solo uno Wallace si era salvato dalle lotte contro gli Inglesi. Lo stesso Wallace che anni prima era partito per la Francia. Lo stesso Wallace che adesso si trovava di fronte a lei.
- Si, questo è il mio nome in Gaelico, ma ormai non sono più abituato a sentirlo pronunciare. – spiegò, con un sorriso imbarazzato.
- ‘S mise Kaitriona McMallaigh e sono più scozzese di tutti gli Scozzesi messi insieme! Forse non avrete mai sentito parlare di me, ma per quanto possa sembrare strano, io sono la Scozia. – c’era un certo orgoglio nella sua voce, tuttavia temeva che quel discorso avrebbe potuto spaventare Uilleam, allontanandolo da lei.
Ma il giovane Wallace era sempre stato un ragazzo curioso, e quell’affermazione lo fece addirittura smontare da cavallo, per poter avere gli occhi alla stessa altezza della fanciulla.
Un’operazione che si rivelò piuttosto inutile giacchè li separavano ancora due teste buone.
- La Scozia? Intendete dire che siete lo Spirito della mia Terra? – domadò con la stessa emozione di chi scopre di aver conosciuto una divinità.
- Più o meno… sì, qualcosa di simile… - ridacchiò lei.
Il ragazzo le si avvicinò, afferrandole le mani in una mossa azzardata. Era però dolce, delicato, come se avesse avuto paura di poterla ferire.
- Vi ho sognata ogni notte dal giorno in cui vi ho lasciata. – sussurrò.
- Me? – l’altra non potè impedirsi di sollevare un sopracciglio, leggermente spiazzata da quella confessione.
Il giovane le indirizzò un sorrisetto birichino e tuttavia rispettoso.
- Se voi siete la Scozia ed io sognavo le Highlands, mia Signora, era un po’ come sognare voi, no? –
Poi si accucciò, strappando un rametto d’erica fiorita e donandolo alla ragazza di fronte a lui.
- Vous étiez toujours dans mes rêves, j’attendais la nuit pour vous voir…* - fece con tono misterioso.
- Oh, merci, ça c’est très gentil de vous! **– rispose Kaitriona, soddisfatta dell’espressione stupita sul volto del ragazzo.
- Conoscete il Francese? E io che speravo di impressionarvi… -
Scozia rise, infilando il mazzetto d’erica nella cintura.
- Non siete l’unico che ha viggiato, qui. Se state tornando a casa vi consiglio di affrettarvi, Uilleam. Si sta festeggiando un matrimonio, ma il banchetto non durerà in eterno… - consigliò, ammiccando complice.
- Volete un passaggio fino al villaggio, mia Signora? –
La fanciulla scosse dolcemente il capo.
- Non ho fretta, ma vi ringrazio comunque. E’ stato un piacere conoscervi, William Wallace! –
William montò a cavallo, agitando una mano in segno di saluto.
- Piacere mio, Kaitriona. Ci rivedremo? – e aveva già dato gambe, il cavallo al galoppo verso il villaggio.
- Iona! Solo Iona! – fece in tempo a gridargli prima che diventasse un puntino lontano.
- E sì, ci rivedremo… - sussurrò, sfiorando l’erica con una mano.
Erano passati anni da quando aveva creduto di aver perso per sempre la sua occasione. “Tornerà”, aveva detto al giovane Hamish, chiedendosi poi cosa l’avesse resa così certa.
Nemmeno quel pomeriggio soleggiato fu in grado di rispondersi, ma ne sarebbe stata presto capace.
Lei era la Scozia e lui sarebbe sempre tornato per lei.
Del resto era William Wallace.
 
 



Note:
Eirinn: Irlanda
Alba: Scozia
Sasann: Inghilterra
Clann: famiglia
Gleann: valle
‘S mise: io sono
*Eravate sempre nei miei sogni, attendevo la notte per potervi vedere…
**Oh, grazie, è molto gentile da parte vostra!
 
Questa fanfiction è liberamente tratta dal film “Braveheart”, per cui alcuni avvenimenti non collimeranno proprio precisamente con la Storia reale. Per quanto riguarda le frasi in Gaelico non assicuro affatto la correttezza, ho appena iniziato a studiarlo… ^^”
Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento!
Kisses,
Koori-chan

  

  
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