Salve a tutti! Sono Maria Letizia, e si può dire che sono una novellina di questa sezione :)
Ho anche pubblicato una storia a quattro mani qui, ma non è sul mio account, quindi..!
Bene, la storia che vi propongo non è facile, per me è
ancora un mistero tutto da scoprire, sono ancora all'inizio, ma spero
che la gradiate lo stesso.
Parla di Elettra, una ragazza afflitta da qualcosa di strano, un
sentimento che la scombussola tutta. Non sa cosa sia. Non è
amore, forse però, una sorta di ossessione.
Una storia nella vita di questa ragazza, nel suo "io" più profondo.
Attraverso l'amicizia e l'amore, riuscire a sconfiggere i fantasmi che la tormentano.
Spero con tutto il cuore di avervi incuriositi almeno un pò, fatemelo sapere!
Se riesco l'aggiornamento sarà settimanale, altrimenti.. Appena posso:)
Grazie dell'attenzione,
un abbraccio a tutti.
Maria Letizia.
A tutte le persone che credono un pò in me.
Grazie di cuore.
Prologo.
Bianco.
Nero.
Alternava la visione di quei due colori.
E poi una luce, fortissima, nei suoi occhi.
Si portò una mano sulla fronte.
C’era solo quella maledettissima luce.
Come avrebbe voluto che tutto finisse..
Subito.
<< Dietro di me Elettra Randall che ci suonerà
Sonata per
violino e pianoforte, in questo caso solo di violino, in Fa maggiore di Edvard
Grieg >>
Ad Elettra venne un conato di vomito.
Luce bianchissima, chiudeva gli occhi, buio nero.
Le mani le tremavano, l’archetto le cadde.
<< Cazzo >> borbottò con
il fiato in gola.
Il pubblico applaudì.
Si sentì maledettamente agitata, guardava a destra e sinistra, il suo respiro
aumentava, affannava, ansimava. Gli occhi
diventarono lucidi.
Strinse i denti.
Di fronte a lei c’erano sua madre, sua sorella, suo fratello.
Suo padre non c’era.
Voleva mollare lì lo strumento e rifiutarsi di suonare.
Suo padre non c’era.
Ma tutta quella gente la guardava speranzosa, e lei gli avrebbe dato la
migliore performance alla quale avessero mai assistito.
Non voleva che l’avesse vinta.
No, non su di lei.
Non quella volta.
Tanto già sapeva che non sarebbe venuto.
Ma suo padre non c’era lo stesso.
Già da tempo.
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<< Ele, per favore, sali un attimo per prendere a Phedra i suoi
occhiali? >> domandò Theresa, mentre, seduta alla sua scrivania, parlava
con sua sorella.
La quindicenne non aspettava altro.
Elettra si alzò dal divano con sguardo vitreo, ma sapeva perfettamente cosa
avrebbe fatto dopo.
Quando scese, porse gli occhiali a sua sorella, poi si diresse verso la cucina,
con il suo violino in mano. Intonò soltanto un paio di note, poi lo sbattè a
terra.
Lo spezzò.
Completamente.
Fece cadere una sedia e si ferì leggermente con l’archetto.
Erano le stesse note del concerto al quale suo padre non si presentò per la
prima volta.
Come aveva potuto?
Voleva solo che le cose potessero tornare come prima.
Perché non poteva? Ci aveva provato così tante volte, oramai.
Fuori pioveva.
Buona ribelle, come pioggia, non le importava del sole.
In quegli istanti, distesa sul pavimento, si rese conto di non stare bene.
Chiuse gli occhi.
Perché suo padre aveva voluto un’altra
vita?
Quando sua madre e sua sorella la videro impallidirono, cercando di alzarla.
Nessuna di loro poteva immaginare cosa fosse successo davvero.
Non volevano immaginarlo.
Il suo cuore era stato spezzato, e l’angoscia che aveva dentro la lacerava.
Pensò che doveva liberarsi di del dolore.
Sarebbe stato tutto più facile.
Elettra versò una lacrima, Phedra se ne accorse.
<< Dite a papà che ho smesso di suonare >>