Fanfic su attori > Coppia Garland/Bolger
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Autore: Feel Good Inc    01/09/2011    0 recensioni
1938-1939. Victor Fleming dirige le riprese del capolavoro in technicolor Il Mago di Oz. Non sa ancora che effetto avranno gli esercizi pre-lavorazione sulla sedicenne Judy Garland.
Tre momenti che la vedono crescere.
#01: «Insomma, Judy! Questo non è affatto professionale da parte tua!»
#02: Sarà bello lavorare con te.
#03: Si sa com’è, lo spettacolo deve continuare.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Meet the troupe ~

{ perché lo spettacolo deve continuare }

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

{ step #1 – look and laugh }

 

 

Sembrava scientificamente impossibile restare concentrati mentre si guardava negli occhi Bert Lahr. E lui – naturale – ne era pienamente consapevole.

Era troppo, anche per la sua buona volontà. Judy esplose in una risatina che non sarebbe mai riuscita a trasformare in un colpo di tosse, e Bert si affrettò ad assumere un’espressione di educata e innocente curiosità mentre Fleming piombava su di loro come una Scimmia Volante.

«Insomma, Judy! Questo non è affatto professionale da parte tua!»

«Mi dispiace» bofonchiò lei senza staccare gli occhi da Bert, ostinandosi a portare avanti l’esercizio. Si chiese se Fleming avesse notato che stava soffocando nel tentativo di non ridere anche di lui. «Mi dispiace, non succederà più.»

L’attenzione di Fleming si spostò su Bert, che se ne stava lì con un’aria da angioletto a ricambiare placidamente lo sguardo di Judy coi suoi occhietti piccoli e lucenti.

«Bene» sbottò – difficile dire se più seccato o esasperato. «Dovremo lavorarci. Ma per il momento è meglio che la nostra protagonista recuperi la dovuta concentrazione cambiando compagno; non sia mai detto che io sia un regista tanto crudele da non mettere il mio cast a suo agio.»

Le sopracciglia di Bert si sollevarono di un millimetro, scettiche, quanto bastò perché Judy ridacchiasse di nuovo. Fleming lo tirò su di peso e lo trascinò verso un’altra coppia di posti, rimbrottandolo per tutto il tragitto.

«Jack, ti autorizzo a dargli un’accettata non appena cerca di distrarti, intesi? Perfetto. E tu... Da questa parte, prego.»

Judy si voltò. Victor Fleming tornava verso di lei, seguito dai passi lunghi e sciolti di Ray.

«Là» disse, sospingendo Ray verso la sedia che era stata di Bert; «e badate a comportarvi bene, voi due. La parte dello Spaventapasseri non ti dà il diritto di fare lo stupido, Bolger, sappilo.» Si voltò, intercettò lo sguardo divertito di Margaret e richiamò tutti a se stessi. «Be’? Dove siamo, al drama club del liceo? Al lavoro, tutti quanti!»

Judy guardò Ray. Ray le sorrise. Non era un sogghigno come quello di Bert – sorrideva e basta.

Lo ricambiava già quando ebbe l’impressione di arrossire sotto il suo sguardo limpido e azzurro.

Guardare negli occhi Ray Bolger – si disse mentre, da qualche parte, Jack iniziava a ridacchiare – era l’esercizio più piacevole e naturale cui l’avessero mai sottoposta prima delle prove generali di un film.

 

 

 

{ step #2 – touch and think }

 

 

Era una stanza diversa. Questa volta avevano bisogno di molto spazio e del silenzio più assoluto, perché ciò che ci si aspettava da loro era che entrassero in sintonia gli uni coi pensieri degli altri. Di primo impatto sembrava molto più difficile che limitarsi a sostenere gli sguardi dei compagni; tuttavia, forse perché Bert non era in vista, forse perché Fleming non ripeteva pedanti raccomandazioni – forse perché era Ray a renderlo facile – Judy non aveva nessuna fretta di passare ad altro.

Erano in piedi, schiena contro schiena. Di tanto in tanto si scambiavano un movimento per dirsi qualcosa. Certo, all’inizio le incursioni leggere e veloci delle dita di Ray tra le sue l’avevano un po’ confusa – magari solo perché le sue dita erano grandi, calde e sorprendentemente morbide, e sentirsene avvolta era stato come affondare la sue nelle pieghe accoglienti di una coperta di lana. Ma a poco a poco aveva iniziato a capire, a delineare alcune differenze tra i diversi modi in cui le sfiorava le mani.

Una carezza alle nocche trasmetteva tenerezza, simpatia. Un pizzicotto le suggeriva che in quel momento Ray sorrideva, divertito da chissà quale improvviso pensiero. Un accenno di solletico nel palmo era più complice di qualunque altro contatto più approfondito.

C’erano anche dei momenti in cui lo sentiva allontanare le braccia, tentare un movimento con l’intera parte superiore del corpo, più difficile da interpretare: in quei casi l’unica cosa che riusciva a pensare era che le dispiaceva non sentire più le sue mani. E questo la confondeva molto di più, impedendole di concentrarsi per un bel pezzo.

«Fase due» giunse di colpo la voce indesiderata di Fleming, come a spezzare un incantesimo. «Aggiungete i suoni ai movimenti.»

«Frances

Judy sorrise. Era la prima volta che qualcuno la chiamava col suo vero nome, sul set; per qualche motivo era felice che fosse stato Ray il primo.

Si sentì stringere forte le dita dalle sue: quell’unico gesto racchiudeva molte cose, e lei sentiva di capirle tutte. Di ricambiarle.

Sarà bello lavorare con te.

Sapeva già chi avrebbe scelto per l’esercizio sulla fiducia.

 

 

 

{ step #3speak and smile }

 

 

Va bene, questa era la cosa più strana che le avessero mai chiesto di fare. Ma tutto sommato era anche piuttosto divertente.

Correvano in cerchio, quasi ballando, tutti attorno a una sedia vuota. A turno, uno di loro si fermava e correva ad arrampicarsi sulla sedia, declamando ad alta voce i tre oggetti che avrebbe portato con sé nell’eventualità di un viaggio imprevisto. Improvvisazione, l’arma più efficace di un attore: non per niente ne nascevano situazioni molto buffe, come quando il signor Morgan aveva esclamato di colpo «la mongolfiera di scena, sempre che funzioni» – sapevano tutti che quella parte lo rendeva un po’ nervoso.

Già, neppure l’improvvisazione sulla musica era stata così piacevole – e dire che Judy aveva ballato al braccio di Ray.

Toccava a lui, adesso. Judy rise al vederlo correre nella sua andatura saltellante, accennare un passo di tip-tap prima di lanciarsi sulla sedia. Si fermarono tutti a guardarlo. Ray si drizzò in tutta la sua altezza, gonfiò il petto con aria fiera e declamò le sue tre scelte.

«Una scatola di fiammiferi, un corvo impagliato, Judy Garland

Qualcuno rise. Judy si sentì avvampare.

Ray saltò giù dalla sedia con l’agilità del suo talento, fece una piroetta e tornò in fila come se niente fosse, lanciandole solo un sorrisone da perfetto Spaventapasseri. Dopo la sorpresa e l’imbarazzo iniziali, lei non poté fare a meno di ricambiarlo ancora una volta.

Ripresero a correre. Si sa com’è, lo spettacolo deve continuare.

Questa volta sarebbe stato molto più saggio evitare d’incrociare lo sguardo di Bert. Era sicura che gli avrebbe dato un motivo di più per cercare di farla ridere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Va bene, lo confesso. La verità è che morivo dalla voglia di scrivere ancora su Ray e Judy, e l’insperata nascita di una categoria apposita (io l’avevo richiesta per Judy, non mi sarei mai sognata di ottenerla sulla coppia stessa *__*) mi ha spinta a farlo.

Be’, come avrete intuito il contesto è nuovamente quello delle riprese del Mago di Oz. Di seguito riporto alcune doverose delucidazioni:

 

* Bert Lahr è l’attore che interpretò il Leone Codardo;

* Victor Fleming è il regista, succeduto a George Cukor che abbandonò la lavorazione per dedicarsi a Via col vento (anche in questa occasione fu poi raggiunto da Fleming);

* Jack Haley è l’attore che interpretò il Boscaiolo di Latta;

* Margaret Hamilton è l’attrice che interpretò la Perfida Strega dell’Ovest;

* Frances Gumm è il nome anagrafico di Judy Garland;

* Frank Morgan è l’attore che interpretò il Mago di Oz.

 

Davvero, vi sto implorando in ginocchio di perdonarmi, ma proprio non ce la faccio a non vedere amore in questi due splendidi interpreti degli anni d’oro di Hollywood. E il mio amore per lo Spaventapasseri/Dorothy c’entra poco o niente – il che è tutto dire.

Aya ~

   
 
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