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Autore: Arisu95    02/09/2011    3 recensioni
Feliciano era un vero incapace con le armi.
Eppure quel giorno Ludwig aveva deciso di portarlo con sé, senza sapere che quello sarebbe stato il loro ultimo giorno insieme. O forse ... No.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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.Paura Di Perdersi.

 

 

 

 



Era l'anno 2050.
Terza Guerra Mondiale.

L'avevano predetta tra paura
e incredulo stupore,
perché si pensava che la gente,
dopo due guerre sanguinose,
avesse imparato a vivere in pace.


Invece no.
Ci erano ricaduti.
Tutti.

Italia, iniziati i bombardamenti si era istintivamente messo a correre verso la casa di Germania.

Correva a perdifiato col cuore in gola, con la paura di cadere per una di quelle viottole di sassi millenari.

Cadere in un rumore sordo, ed accorgersi di non esistere più.
Soccombere, immerso e affogato nel suo stesso sangue.

Morire.
Non far mai più ritorno.
Con il solo rimpianto di non aver detto tutto.
Non a lui. Non a Ludwig.

"Doitsu! Doitsu!" - Chiamava disperato battendo frenetico i pugni sulla porta, fino a farsi del male, mentre i suoi occhi erano già umidi.

"Feli ..." - Ludwig fu costretto a fermarsi. Come se qualcuno gli avesse sparato dritto nel cuore.

Un colpo solo, maledettamente preciso, che gli stava strappando per sempre l'anima dal corpo.

"Ho paura ..." - Piagnucolò stringendo l'altro tra le sue braccia, con tutta la forza (non molta, a dirla tutta) che aveva.

Germania sentì le lacrime calde dell'italiano scorrere e scendere sul suo colletto, fino a bagnargli il collo e poter sentire il loro tepore.

"Non é niente ..." - Lo rassicurò in un soffio, appoggiando goffamente le sue mani, più grandi, sulla schiena curva e impaurita dell'altro.

Che scenetta stupida.
Pensò il tedesco sentendosi d'un tratto ridicolo, e cercando dunque di tornare sui suoi passi.

"Vieni dentro." - Disse infine con la sua solita voce autoritaria, inghiottendo l'aria e voltandosi di scatto.

Feliciano stortò la bocca in una specie di sorriso, potendo giurare di aver intravisto qualcosa di simile ad un rossore imbarazzato sul viso severo del tedesco.

Rimasero in silenzio in salotto davanti a una pizza e due boccali di birra.

"Hai intenzione di partecipare alla guerra?" - Chiese l'italiano affondando i denti nella pasta soffice della margherita.

"Natürlich. Bisogna essere sempre pronti a combattere." - Rispose il tedesco passandosi due dita sulle labbra per levarsi la schiuma della birra.

"..." - Sul viso di Feliciano si dipinse un'espressione triste e preoccupata, così estranea al suo solito volto, sempre allegro e sognante come quello di un bambino.

"Che c'é Italien?" - Chiese Germania.

Vedere quell'espressione sul volto di Italia avrebbe rattristato chiunque.
Specialmente ... Lui.


Italia avrebbe voluto dirgli che sarebbe stato al suo fianco, in ogni scontro e in ogni battaglia. Solo per lui, per il suo Ludwig.
Poi, una serie di immagini confuse di ricordi passati, con i rimproveri del tedesco (e non solo lui) per le sue pessime doti belliche.

Lui per la guerra non ci era tagliato.

Perché lottare? Perché uccidersi quando qualcosa non va?
Non riusciva a capirlo,

Gli sarebbe piaciuto poter risolvere ogni conflitto mettendo tutti intorno ad una bella tavola imbandita.
Discuterne tutti insieme davanti ad un bel piatto di pasta ed un calice di vino, finendo per far pace, e poi magari riderci anche su.

Quello della guerra era un argomento a lui oscuro e incomprensibile.

Là, in mezzo alla radura, dove gli altri avrebbero piazzato bombe e schieramenti, lui avrebbe piantato un cavalletto e iniziato a dipingere quel bel prato fiorito, in silenzio e in pace col mondo, tra il canto degli uccellini e il passo felpato degli animali incuriositi da lui.

Gli sarebbe piaciuto vedere i diversi eserciti alzare per un attimo in coro la testa verso il cielo, come faceva lui, accorgersi di quanto il mondo e la vita fossero belli, imparare che il sangue e la morte portano solo altro sangue e altra morta, posare le armi e iniziare a ballare tutti insieme intonando un canto di pace.

Ma il mondo non funzionava così.
E anche lui, Italia, doveva sforzarsi di essere qualcun altro.

Anche se significava essere di peso.
Anche se lo avrebbero deriso per quella bandiera bianca che alzava.

Non era un segno di resa.
Era un segno di pace.

Come a dire, perché metterci a scontrarci, quando siamo tutti figli della medesima terra, e prima o poi tutti in quella terra si sarebbero ritrovati senza sparare, ma addormentandosi dolcemente per l'ultima volta in un pomeriggio di tiepida malinconia.


"Domani ci sarà uno scontro sul fronte russo." - Sentenziò ancora Germania, in un tentativo silenziosamente disperato di far cambiare espressione all'amico.

"Russia mi ha tagliato le forniture di gas ..." - Sospirò Italia nello sconforto - "Senza gas é più faticoso cucinare ..."

"Es tut mir leid. Perché non me lo hai detto? Ti avrei ... Lasciato cucinare qui da me. Uhm, te l'avevo detto che era meglio se iniziavi a costruire qualche centrale nucleare o qualcosa del genere, invece di continuare a dipendere da Russland."

"Ma ho paura ... Ucraina mi ha raccontato che una sua centrale é esplosa e ancora oggi ne risente. Non posso far correre questo rischio alla mia gente ..." - Si giustificò Feliciano scuotendo la testa.

"Mein Gott Italia, una su un milione ... Se non rischi non saprai mai se hai fatto la cosa giusta."

"Ma se faccio la cosa sbagliata, non potrei più tornare indietro e non me lo perdonerei mai ... Ho spedito una lettera ad Ivan qualche giorno fa, ma non ho ancora ricevuto risposta. Credo che sia ancora in viaggio. Spero solo che mi ridia presto il gas ..."

"Feli Feli, sei proprio ingenuo." - Concluse Ludwig mettendosi una mano sul viso - "Russia ha ricevuto la tua lettera, e l'ha stracciata. Ne sono certo. Come puoi credere che Ivan ti faccia un favore? In guerra poi ... E non siete nemmeno alleati!"

"Dovrei allearmi con Russia?" - Chiese confuso l'italiano.

"Per carità, no ... Stai con me. Domani se vinciamo la battaglia potremmo chiederglielo ... E se non accettiamo compromessi, Ivan potrebbe anche concedertelo."

"Evviva! Doitsu! Quando Ivan mi restituisce il gas ti cucinerò tantissime cose buone da mangiare!" - Esclamò euforico Italia alzandosi dal divano.

"Va bene, va bene, ma rilassati, non é detto che vinciamo!"

"Doitsu ..."

"Ja?"

"Ti voglio bene." - Disse in un sussurro dolce l'italiano, con le labbra sottili distese in un sorriso lieto.

Germania ebbe un sussulto nel cuore.

"... Ora vai a dormire, domani sarà una giornataccia." - Concluse con tono autoritario il tedesco, cercando di nascondere l'imbarazzo.

E così passò la notte.
E così venne il giorno.
E così Italia si era ritrovato di nuovo in guerra al fianco di Germania.

"Ja! Li stiamo massacrando!" - Esclamò con un sorriso insano Ludwig, sparando di nuovo.


Italia non amava l'espressione di Germania quando era in guerra.
Era così insanamente assetata di sangue che gli faceva quasi paura.
Ma poi lo vedeva così, alto e fiero, in tutti quegli 8 centimetri in più che gli donavano magnificenza.
Gli sorrise annuendo e stringendo a sé la sua immancabile bandiera bianca.

Poi uno sparo più forte degli altri.

Un rumore sordo e devastante che fece scappare nuvole di uccelli e tacere ogni altra arma, nella polvere secca sollevata da terra.
Il nugolo di polvere chiara si diradò pigramente svelando ciò che occultava.

Russia, immobile come una statua, con un sorriso più sadico che mai.
Il viso e i vestiti erano macchiati del sangue di centinaia di uomini.
E quel giorno qualcuno si era aggiunto alla lunga lista dei caduti per mano sua.

"Ho vinto, da?" - Disse in un tono così basso che nessuno riuscì ad udirlo.

"Germania!" - Gridò in lacrime Italia nel silenzio gelido, correndo verso il tedesco tra orde di uomini immobili e impassibili.

"Doitsu! Doitsu! Stavamo vincendo! Non puoi ... Non ..." - Feliciano si era inginocchiato al cospetto del corpo robusto di Ludwig, ora a terra, senza curarsi del sangue che gli stava macchiando mani e pantaloni.

"Italien ..." - Chiamò flebilmente Germania, raccogliendo tutte le sue ultime forze per asciugargli una lacrima dall'occhio destro.
Lo voleva fare ... Un'ultima volta.

"Ludwig, io ti ..." - L'italiano non riusciva a proseguire. La sua vista era annebbiata dalle mille lacrime che sgorgavano e si affollavano sui suoi occhi, la voce come drogata dai gemiti.

"Io ti ... Ti amo!" - Riuscì infine a dire, in un grido liberatorio.


Ma era troppo tardi.


La mano di Ludwig era ormai caduta a terra inerme nel suo stesso sangue, con quell'ultima lacrima italiana tra le dita, mentre il cuore nel petto aveva già battuto il suo ultimo battito, e le palpebre si erano calate per l'ultima volta su quegli occhi stupendi.

"Doitsu!" - Urlò ancora disperato Feliciano, abbracciando il corpo ormai senz'anima dell'amato, maledicendosi per non avergli detto prima cio' che provava.


•~•~•



"Doitsu !!!" - Gridò di nuovo il ragazzo con le lacrime agli occhi, abbracciando Germania.

"Che c'é ?!?!" - Gridò di risposta l'altro, svegliandosi di soprassalto.

"Veeee ..." - Sussurrò Feliciano in un fremito, come se stesse facendo le fusa.

"Hai fatto un brutto sogno?" - Gli chiese incuriosito Ludwig, irrigidendosi imbarazzato sentendo la testa dell'altro appoggiata al suo petto in cerca di rifugio, e le sue mani da artista posate su di lui.

"Ho sognato che eri morto ..." - Disse poi sottovoce tristissimo, mentre al sol pensiero le lacrime avevano ricominciato a rigargli il viso.

"...!" - Ludwig sussultò di nuovo scandalizzato, facendo i dovuti gesti scaramantici.

"Scusami..." - Sospirò pentito, mentre il tedesco lo guardava con aria interrogativa. - "... Per averti sognato morto ..." - Spiegò l'italiano.

"N-Non è colpa tua. Era solo un incubo." - Lo rassicurò Germania, colpito per l'ennesima volta da quell'innocenza ed ingenuità quasi infantili tipici di Feliciano.

Italia rabbrividì, pensando che quell'incubo avrebbe potuto avverarsi: non riuscire a dire cio' che provava prima che uno dei due se ne andasse per sempre.

No.
Doveva farlo.
Doveva dirglielo.

Infondo, se i suoi sentimenti non fossero stati ricambiati, che cosa mai avrebbe fatto Ludwig?
Si sarebbe fatto una risata, gli avrebbe dato uno spintone, e poi amici come prima.

E se invece rispondeva di amarlo anche lui ...?

Per qualche ragione, la risposta che sperava era anche quella che temeva di più.
Cosa sarebbe successo poi? Come avrebbe dovuto comportarsi?

Il suo fratellone Francia gli aveva a lungo parlato d'amore, dei suoi continui flirt, di come si chiama questo e di come si fa quello.

Ma lui non era Francia.

Benché amasse corteggiare ed essere corteggiato, non aveva mai fatto sul serio.
Si sentiva solo al mondo.

Suo fratello Romano si era messo con Spagna, suo nonno Roma aveva la fama di eccezionale amante, sempre circondato da belle donne ... Senza parlare di Francia. Storie su storie, infinito romanticismo, infiniti flirt. Pareva cambiare amante quasi ogni giorno.

Feliciano invece non aveva mai fatto nulla.
Si era dato a conoscere come un uomo galante e un amante eccezionale, ma in verità non aveva mai sentito di amare davvero.
Quando gli piaceva qualcuno, ricopriva questa persona di mille attenzioni, gli dedicava canzoni, quadri e poesie, la portava fuori a cena ...
E poi non la risentiva mai più.

Ormai era invaso da mille pensieri, e senza rendersene conto ...

"Ti amo, Ludwig."

Ludwig fissò il soffitto impietrito, col cuore a mille.

Lo avevano ferito spesso in guerra, ma quelle parole parevano averlo attraversato più forte di qualsiasi pallottola o spada.

Rimase in silenzio.

Gli venne istintivamente da rispondere 'anch'io', ma aveva paura.
Lui era un maestro dell'arte bellica, educato al rispetto e all'obbedienza, abituato alla vita schematica e spartana dei soldati, dove non c'era il tempo di cantare, di dipingere, di guardare il cielo ... E tantomeno di amare.

Eppure, sentiva di provare qualcosa verso Italia.

Quel ragazzo sciocco e imbranato che era entrato nella sua vita così, all'improvviso, uscendo da una scatola.
Aveva subito dichiarato la resa.

Non gli era mai capitato di trovare un ragazzo in una scatola.
E tantomeno qualcuno che lo pregasse con le lacrime agli occhi di non fargli del male, promettendo di fare qualsiasi cosa in cambio.

Ludwig era abituato a vedere i nemici dilaniati, coperti di sangue ma troppo orgogliosi per dichiararsi sconfitti.
'Meglio la morte', dicevano.

In quel momento avrebbe voluto abbracciarlo e consolarlo, facendo riemergere un po' di umanità dal suo cuore di soldato.
Invece riuscì solo a risparmiarlo.
E da allora Feliciano non l'aveva più abbandonato.

Italien ... L'unico che riuscisse a tirare fuori il suo lato dolce e sensibile, quello che un soldato è tenuto a dimenticare.

Forse era un chiaro segnale ... Sì, forse era lui, forse ...

"Ich liebe dich auch, Feli." - Le parole uscirono da sole.

Eppure non udì risposta.

Forse non era quello che Feliciano voleva sentirsi dire...?
Il tedesco si voltò a guardarlo.

"Veeee ...~" - Ma Italia si era già riaddormentato, con un'espressione serena sul volto.

Germania accennò un sorriso baciandolo sulla fronte, mentre il vento là fuori serpeggiava tra alberi e cespugli carichi di frutti.


~ Fine.  

 

*NOTE*

Eccomi qui di nuovo! XD
Ok ... Non sono una grande fan della GerIta e ancora mi chiedo come possa essermi venuta in mente questa fanfiction ... Tra l'altro é la prima volta che scrivo qualcosa riguardo Hetalia. °.°
Comunque sia ... Beh, non mi fa impazzire, trovo che ho scritto fanfiction di lunga migliori di questa ... Però non mi dispiace molto com'è uscita.
Spero che vi sia piaciuta, o perlomeno che non vi faccia schifo -^^-''
Baci!

~Arisu95

       

  
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