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Autore: hithisisfrollah    03/09/2011    8 recensioni
Insomma, quando erano usciti la prima volta non ci avevo neanche fatto caso. Amanda mi avrebbe detto se qualcuno di così importante fosse piombato nella sua esistenza. L’avrebbe fatto sicuramente.
Bon bon, ff strana che mi è venuta in mente in questi giuorni U.U
Prima long-fic seria sui Green Day. Un po' ispirata alla mia vita, un po' a come vorrei che fosse.
Buona lettura e fatemi sapere se ve gushta ;D
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Probabilmente la stavo prendendo troppo sotto gamba questa faccenda. Tutta questa faccenda.
«Ty, allora vado.» sospirò mia madre, poi si voltò verso di me, preoccupata. «Come sto?»
Mai, e dico mai, nella storia della sua vita mia madre aveva dato tanto peso al suo aspetto. Pur essendo un bella donna, né scheletrica né troppo abbondante, non amava andare in giro per negozi a fare incetta di vestiti, scarpe, cappellini e borse. Un pantalone, una maglietta e delle comode trainers erano tutto ciò che le serviva.
Alzai lo sguardo dalla mia copia economica di Notte buia, niente stelle e la guardai.
Fasciata in un elegante e corto vestito blu, Amanda Winslow aspettava il mio decisivo verdetto.
La soppesai, osservando bene ogni risvolto, ogni aspetto di quell’abbigliamento così inusuale per mia madre. Aveva persino sciolto i capelli, lasciando che le ciocche castano ramate le incorniciassero il viso.
«Mamma, sei splendida.» la rassicurai, abbozzando un sorrisino e facendole poi segno di girarsi. Frettolosamente, fece una piroetta sulla mezza punta dei decolleté e ritornò ai fissarmi. Le feci cenno di aspettare un secondo e mi alzai.
«Con chi hai detto che esci, stasera?» chiesi, aggrottando le sopracciglia, mentre frugavo nel suo armadio alla ricerca del cappotto più adatto. La sentì sbuffare.
«Te l’avrò detto una decina di volte come si chiama, tesoro.»
«Davvero? Vabbé, fatto sta che io continuo a dimenticarlo.» ribattei, guardando sconsolata lo sfornito armadio di mia madre. Sospirai. Niente cappotto, forse sarebbe stato meglio… «Hey, provati un po’ questo.» proposi, lanciandole uno scialle bianco perla. Lei lo avvolse con cura attorno alle spalle, lasciandone la parte superiore scoperta. Sorrise, guardandosi allo specchio.
«E’ perfetto, Ty. A Billie piacerà di sicuro.» cinguettò, felice. Non potei fare a meno di sorridere anch’io. Mia madre aveva sempre quell’aria allegra e gioviale, ma mai se si parlava di uomini. Questo Billie doveva essere parecchio carino.
«Forza, su. Adesso va’ e divertiti.» la incoraggiai, trascinandola giù all’entrata e spalancandole la porta.
«Frena frena frena, signorinella. Devo aspettare che arrivi Billie.» esclamò lei, chiudendo la porta di legno scuro. Mi guardò con aria cospiratrice e mormorò.
«Non hai organizzato un festa piena di ragazzini pestiferi che cercheranno di disintegrarci casa, vero?»
«Guardi decisamente troppa televisione, mamma.» dissi, scuotendo la testa.
Possibile che in quindici anni di convivenza non avesse ancora compreso il mio essere? Di feste non ne avevo mai organizzate, un po’ per evitarmi lo sconforto dei rifiuti, un po’ perché non è che avessi questi grandi rapporti di amicizia, a scuola. Non mi prendevano in giro, vista la mia fama di assalitrice verbale senza scrupoli, venivo solo deliberatamente ignorata. E ci convivevo dalle scuole medie, con questo aspetto della mia vita scolastica. Non invidiavo le cheerleaders, non aspiravo a nessuna carica, non sbavavo dietro a ragazzi irraggiungibili, non pianificavo di incendiare la scuola e nemmeno di occuparla. Semplicemente volevo vivere la mia vita da studentessa sconosciuta, figlia e complice dell’oscurità che l’attorniava nell’anonimato.

Il suono di un clacson interruppe il silenzio e mia madre sobbalzò, aprendo di scatto la porta. La vidi in soli due secondi e mezzo passare dall’estasiato all’inebetito, dal su di giri al nonpuòstarcapitandoproprioame.
Mi sporsi un pochino, alzandomi sulla punta delle converse e vidi una folta chioma nera fluttuare dalla macchina al nostro vialetto. Spalancai gli occhi e sussurrai un’imprecazione, eclissandomi in cima alle scale. Stava venendo qui!
Oh, no bello mio.
Violazione della prima regola del trattato numero 324, incentrato sul rapporto Madri-Compagni. Mai presentarsi davanti alla porta di casa prima del quinto appuntamento. Cavolo, se ne stava sbattendo allegramente del trattato! Era in anticipo di tre appuntamenti!
«Sbruffone.» sibilai, appena quel suo cespuglio incolto fece capolino sulla porta. Salutò mia madre, chiamandola dolcezza. E le baciò le guance.
Bollivo dalla rabbia. Ma chi era questo? Ma perché mia madre non usciva e basta? Dovevo anche sorbirmi tutto il discorsetto cicci pappi e zuccherino?   
Stavo per dare di stomaco.

«Ty, amore! Potresti scendere un secondo?» chiamò mia madre, voltandosi verso le scale. Il tipo le aveva preso la mano. Strinsi i pugni alle sbarre di legno del corrimano, mi aveva incastrato. Mi alzai cercando di non fare il minimo rumore e scesi le scale con la lentezza di un bradipo.
«Oh, eccoti! Billie, lei è mia figlia, Leotie. Tesoro, lui è Billie.» ci presentò mia madre, con voce incerta ma pacata. Lui mi sorrise. Puah, ma che cavolo di denti aveva? Oddio, sarebbe stato l’incubo di un ogni dentista.
Mi tese la mano e afferrò subito la mia, stringendola calorosamente. Lo guardai bene in faccia, penetrando quegli occhi verdi, evidentemente abituati agli sguardi indagatori.
«Piacere, signor-»
«Ah, tranquilla. Chiamami pure BJ.» m’interruppe BJ. Dio, che scenetta pietosa. Lui che fa tanto il simpaticone con me, solo per accalappiare mia madre. Tipico degli uomini. Annuì, cercando con tutte le forze di storpiare un sorriso. Billie, con tono velatamente dispiaciuto, disse che era ora di andare. E le mise il braccio intorno alla vita. Stavo per mettermi a ringhiare. 

Osservai dalla finestra del salone il bel macchinone nero che si allontanava sotto la luce dei lampioni e pregai che la polizia lo fermasse, trovasse il bellimbusto senza patente e lo sbattesse al fresco.
O magari era ubriaco. Oddio, mia madre era in macchina con un ubriaco! Cominciai a sudare freddo.
Afferrai il telecomando della tele e presi a fissare il belloccio della nuova serie di White Collar.
Il che mi fece anche vagliare la possibilità che Billie fosse un evaso maniaco con precedenti per aggressione e scippo. Presi a cambiare furiosamente canale, alla ricerca di qualcosa che mi distraesse dal pensiero di BJ solo con mia madre. Insomma, quando erano usciti la prima volta non ci avevo neanche fatto caso. Amanda mi avrebbe detto se qualcuno di così importante fosse piombato nella sua esistenza. L’avrebbe fatto sicuramente.

E poi, mentre facevo zapping, riconobbi la sua faccia. Fermai il pollice a pochi centimetri dal pulsante e la mascella quasi mi si slogò.
In tv, su MTV, c’era Billie. Sguardo acquoso, chitarra sotto braccio e microfono davanti alla bocca. Che mi sussurrava Does it takes your breath away and you feel yourself suffocating?  

 

  
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