Ennesima OS. Ci ho messo una vita, ma, come al solito, non l'ho scritta come avrei voluto. La canzone citata è "Need you now". Dovreste conoscerla. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Ovviamente, la shot è dedicata alla mia adorabile Panda. In questi giorni non siamo riuscite a sentirci molto, quindi dovete ringraziare lei- oppure prendervela con lei, a seconda dei casi- se questa storia è nata. Mi è mancata taaaanto T_T e, ovviamente, mi sono sfogata scrivendo. Quindi, questa robaccia è tutta per lei. Vi lascio alla storia. Buona lettura, spero.
Stupid in Love.
Deglutii pesantemente, mentre
poggiavo sul tavolo
la tazza di camomilla, ormai
fredda, che avevo preparato con cura una ventina di minuti prima,
tentando di
calmarmi, di riflettere.
Dalla superficie esterna della
tazza blu scura, un paio
di occhiali rotondi, una bacchetta, e una scritta “Harry
Potter” con tanto di
saetta al fianco sembravano quasi guardarmi,
valutarmi.
Magari stavo impazzendo.
Eppure, in quei giorni, sembrava
che ogni cosa potesse
giudicarmi, ricordarmi che tutto quello che pensavo, tutto quello che
bramavo continuamente
nella mia mente,
tutto quello che
avrei desiderato con
tutto il mio cuore, tutto quello per cui, in segreto, avrei dato ogni
singola
parte di me.. era sbagliato. Che
quello
non ero io, ma era solo suggestione.
Mi ero solo lasciato andare un
po’ troppo.
E quella tazza, proprio lei, era
una delle tante cose
che, in un secondo, poteva farmi ricordare quanto fosse sbagliato tutto
questo.
Poteva farmi ricordare lui.
In realtà, ogni cosa mi
ricordava lui.
Un brivido di freddo mi percorse
il braccio, cogliendomi
di sorpresa. Voltai la testa verso sinistra, ma la finestra era ancora
ben
chiusa. Tornai a guardare la mia mano, ancora stretta intorno alla
tazza.
Allentai la presa, deciso
ad alzarmi.
Non potevo rimanere in quella stanza, ad aspettare che il mondo
girasse. Non
volevo vivere la vita in modo passivo. Non volevo lasciare che gli
altri
andassero avanti, lasciandomi
dov’ero.
Non ero mai stato così, e non volevo cominciare proprio in
quel momento.
Ma cosa avrei potuto fare?
Quando mi alzai, la sedia di legno
produsse un rumore
stridulo contro il pavimento. Avrei
potuto svegliare l’inquilina del piano inferiore, la signora
Smith. Sapevo che
aveva il sonno leggero, ed era sempre così gentile con mio
fratello- e con me,
nelle rare occasioni in cui c’incontravamo-
che ero molto attento a non recarle fastidio, quando mi
trovavo da lui.
Ma quella volta era diverso. Non me ne importava proprio niente di mio
fratello, del suo appartamento e della signora Smith.
Dovevo parlare con qualcuno,
qualcuno che potesse
capirmi, e dovevo farlo al più presto.
Ma chi poteva capirmi, in quel
momento?
Avevo solo una persona in testa.
Ma non potevo certo
parlare con quella persona, dato che era l’unica fonte dei
miei problemi, no?
Era piuttosto triste che, con
tutte le persone che
conoscessi, solo Chris sapesse darmi conforto. Solo lui poteva capirmi,
accettarmi, aiutarmi. Sempre e comunque.
Magari era proprio questo il
problema di fondo. Eravamo
diventati così importanti l’uno per
l’altro che il mio cervello si era fuso del
tutto, confondendo una stupenda amicizia con qualcosa di
più.
Non mi ero mai fatto problemi, in
passato, non sul fronte
amore. Quando volevo una cosa, cercavo di ottenerla, e se non
succedeva, per
quanto stessi male, la superavo sempre. Quella volta era diverso. E non per il fatto che per
la prima volta in
vita mia credevo di
essermi innamorato
di un ragazzo e non di una ragazza, no. Ero un tipo aperto, non mi ero
mai
fatto problemi nemmeno di questo tipo. Infondo, cosa importava cosa
fossi?
Etero, bisessuale, omosessuale.. tutte convenzioni. Un inutile modo di
catalogare le persone secondo cose che le accomunano, che non
è altro che una discriminante
perdita di tempo. Certo, ero rimasto sorpreso, visto che, prima di
allora, non
mi era mai capitato di provare amore nei confronti di un ragazzo. Amore, non attrazione.
Perché, con il senno di
poi, potevo dire di essere già
stato colpito da alcuni ragazzi. Certo, non in modo così
evidente come per le
ragazze. Infatti avevo sempre supposto di essere etero.
Ma con Chris era diverso. Quello
che provavo superava di
gran lunga l’attrazione, e questo mi spaventava veramente tanto.
Ma non era il fatto che fosse un
ragazzo a preoccuparmi,
quanto il fatto che fosse, probabilmente, il mio più caro
amico.
Provavo a mentire a me stesso,
perché, davvero, non
potevo essere stato così stupido da innamorarmi di una
persona che avrebbe
potuto avere qualcuno di mille volte migliore di me e dei miei continui
vaneggiamenti, dei miei comportamenti da bambino dispettoso. Chi
avrebbe voluto
Peter Pan quando avrebbe potuto avere qualsiasi altra cosa? Non potevo
essere
stato così stupido da innamorarmi di una persona che mi
avrebbe sempre visto
solo come un migliore amico sempre allegro e sorridente, pronto a
consolarti
ogni volta che qualcuno ti ferisce, che si tratti di un’amica
o del tuo nuovo
ragazzo.
Non potevo essere stato
così stupido da innamorarmi
di una persona che, a soli ventun anni,
poteva dirsi fiera di se stessa, di quello che era diventata, che aveva
vinto
un Golden Globe e scritto varie sceneggiature e un libro, mentre io non
ero
altro che uno stupido ragazzino troppo cresciuto che
ancora non riusciva a credere di essere
riuscito a bucare lo schermo grazie a una serie televisiva, e che si
stava pian
piano facendo strada nel mondo che amava.
Non potevo essermi innamorato di
Christopher Paul Colfer.
Non potevo perché lui
era troppo in alto per me.
Mi ritenevo l’uomo
più fortunato del mondo, sapendo che
mi considerava uno dei suoi migliori amici. Questo mi bastava. O,
almeno, me lo
ero sempre fatto bastare.
Afferrai
le chiavi
della macchina sul comodino, infilai velocemente la prima felpa che
trovai e
varcai la soglia della porta dell’appartamento di mio
fratello, mordendomi
un labbro, colpito da un’idea
improvvisa.
Forse c’era qualcuno che
avrebbe potuto aiutarmi.
***
-Darren? Che ci fai qui?-
La voce di Lea, dal citofono, sembrava estremamente
stanca, sorpresa, e
anche un po’ preoccupata. Poggiai la testa sul muro accanto
al piccolo
apparecchio bianco, cercando le parole giuste, sperando che potesse
aiutarmi.
-Ho bisogno di parlarti, sei
l’unica persona che mi è
venuta in mente. Ti prego.- Mormorai.
Non volevo farle capire subito quanto mi sentissi depresso, ma la sua
voce
sembrò ancora più preoccupata quando mi rispose.
Lei era sempre attenta alle
altre persone, cercava sempre di capirle prima di loro stesse. Era
bravissima
nell’analizzare la mente degli altri, tanto che a volte mi
spaventava.
-Sali, la porta è
aperta-. Il suono della sua voce venne
interrotto dal rumore metallico del portone che si apriva parzialmente.
Prima
che potessi dirle altro, il citofono si spense. Sorrisi
a me stesso, mentre spingevo il portone e
correvo verso le scale. Erano cinque piani a piedi, ma, nonostante la
stanchezza, non avevo alcuna voglia di prendere l’ascensore.
Di fronte alla sua porta, mi
frenai per riprendere fiato,
posando la mano sullo stomaco, il respiro pesante. Avevo avuto
così tanta furia
di arrivare da Lea, chiederle di aiutarmi, e adesso.. adesso avevo
paura di
entrare.
Avevo paura di scoprire cosa
provavo veramente. Il
problema era che lo sapevo già. Lo sapevo benissimo. E lo
sapeva anche lei, da
parecchio tempo. Molto più di me. Per questo mi trovavo
lì.
Alla fine, con un sospiro, mi feci
coraggio, e girai il
pomello della porta, varcando la soglia del suo loft.
Sorrisi.
La casa di lea era sempre
ordinatissima. Non era certo
merito di Dianna. Lei non era affatto la persona più
ordinata le mondo.
Ridacchiai, osservando il perfetto mix di colori che ogni volta colpiva
i miei
occhi in maniera nuova e positiva.
Nero, bianco e rosso si fondevano
perfettamente, creando
gradazioni forti o lievi a seconda delle sfumature. Si addiceva
decisamente
allo stile di quelle due.
-Ehy.- Lea mi si
avvicinò. Indossava una enorme felpa che
le faceva da camicia da notte, i capelli raccolti in una coda alta,
leggermente disfatta.
Aveva ancora il
segno del cuscino su uno zigomo, ma non sembrava troppo assonnata. Mi
diede un
veloce bacio sulla guancia, per poi scompigliarmi i capelli.
-Sei congelato. Non puoi andare in
giro a New York in
pieno novembre con solo una felpa addosso, specialmente alle quattro
del
mattino. Domani avrai la febbre.- Esclamò, alzando gli occhi
al cielo. Amavo
quando si preoccupava. Mi ricordava tanto mia madre. Ora che ci
pensavo, era un
po’ una seconda mamma per tutti noi del cast di Glee. Si era
presa tutti a
cuore, dal primo all’ultimo. Anche quelli più
grandi di lei. E,
se lei era la nostra mammina, Chris
ricopriva di sicuro la figura del padre.
Anche essendo il più piccolo, ci supportava in
ogni modo possibile,
aiutandoci, supportandoci, cercando di risolvere i nostri problemi
prima di
noi. Era il
più saggio. Anzi,
probabilmente era l’unico che avesse mantenuto un minimo di
senno e amor
proprio. In più, era la persona più coraggiosa
che io avessi mai avuto il
piacere di conoscere.
E si preoccupava. In
continuazione.
E io non facevo che pensare a lui
in continuazione.
Dovevo smetterla. Sospirai. Perché ogni cosa mi riportava a
lui?
-Scusami, Lea. Non.. Scusa se ti
disturbo. E’ che non
sapevo con chi altro parlare.- Mentre
tentavo di scandire le parole, per non apparire troppo agitato, la
seguii in
cucina. Azionò la macchinetta del caffè, poi si
voltò verso di me.
-Non mi disturbi. Dianna
è andata a trovare i suoi per il
weekend, e io non ho niente di meglio da fare. Quanto zucchero?- Quando
la luce
arancione che indicava che il caffè era pronto si spense, la
ragazza si allungò
verso un contenitore grigio e lucido, e, dopo averlo aperto, si
lanciò alla
ricerca di un paio di cucchiaini.
-Due.-
Mormorai,
osservandola. Mi chiesi come potesse essere così energica
già a quell’ora.
La sua determinazione riusciva spesso a
stupirmi. Ed io ero
un tipo abbastanza
determinato.
Ma, alla fine, tutti o quasi lo
eravamo nel nostro campo.
Perché non potevi vivere bene in un mondo come quello della
televisione o della
musica, se non eri abbastanza deciso, o se qualcosa ti frenava. Era
abbastanza
dura, in quei casi. Per questo ci avevo messo tanto a trovare la mia
strada,
realizzai. Mi ci era
voluto tempo per
trovare abbastanza coraggio. Eppure ce l’avevo fatta, e ci
stavo riuscendo
piuttosto bene. Non potevo lasciare che qualcos’altro mi
bloccasse.
-Allora? Sembri sconvolto, dici
che devi dirmi una cosa
importante, talmente tanto da non poter aspettare un’ora
normale per i comuni
mortali. Qual è il problema, ricciolino?- Mentre si sedeva
al mio fianco, posò
la tazza di caffè di fronte a me, e lasciò che la
mano libera mi sfiorasse i
capelli in un gesto tenero.
Anche Chris lo faceva sempre
quando ero preoccupato per
qualcosa. Deglutii, cercando le parole adatte per spiegarmi.
Era vero che non avevo avuto
problemi ad ammettere a me
stesso di poter essere attratto dai ragazzi, ma spiegarlo agli altri
era
complicato. E
ancora più complicato era
spiegare cosa provavo realmente, cosa la mia mente contorta stesse
elaborando.
-Ho bisogno di capire alcune cose,
e da solo mi risulta
estremamente difficile.- Mormorai,
prima
di portare il caffè alle labbra.
Nonostante
i due
cucchiaini di zucchero, era amaro. Eppure mi piaceva. Amavo sentire
quel sapore
sulla lingua. Un ricordo fece capolino nella mia mente.
Prima del secondo bacio Klaine che
avevamo girato- bacio
che non era mai stato mandato in onda, perché era sembrato
troppo spinto- io e
Chris avevamo avuto un piccolo litigio. Niente di troppo devastante,
solo un
litigio. Ma ricordavo di essere stato molto male, dopo. E, prima che
potessimo
scusarci l’uno con l’altro,
ci eravamo
ritrovati sul set. Subito dopo il primo di una lunga serie ci ciack,
sapevo che
niente avrebbe potuto farmi alterare nei suoi confronti. Le sue labbra,
allora,
sapevano di caffè. Evidentemente una diet coke era troppo
poco per
tranquillizzarlo, dopo quello che era successo. Anche quel gusto amaro
mi era
sembrato il più dolce del mondo, al momento. Avevo sbagliato
più volte di
proposito, e ogni volta ci avevo messo più
intensità di quanta ne servisse.
Volevo davvero farmi perdonare. Volevo fargli capire che era tutto
apposto, e
lui aveva compreso. E poi, amavo il sapore delle sue labbra.
Rigirai la tazza fumante tra le
mani. Era piacevolmente
calda. Accennai un
sorriso.
-Ed è una cosa di cui
non puoi parlare con Chris, non è
vero?- Chiese Lea,
ridacchiando. Sentii
la mia mascella allentarsi. Presto
sarebbe caduta sul pavimento, molto probabilmente.
Non
poteva aver capito tutto. Non era umanamente possibile. Mi
ricomposi,
senza riuscire a trattenermi dal corrugare leggermente la fronte.
-Cosa te lo fa pensare?-
Chiesi, mantenendo il tono di voce più calmo
che riuscii a trovare.
Accavallai le gambe, stringendo una mano al petto. Mi sentivo
osservato. Fin
troppo.
- Andiamo, Darren. Chris
è il tuo punto di riferimento,
sempre e comunque. Quando hai un problema ti rivolgi a lui, di
qualsiasi cosa
si tratti. Ti rivolgi a lui anche quando il problema non esiste, per la
verità.
Qualsiasi scusa è buona per passare più tempo con
lui.
Dato che io non mi chiamo Chris
Colfer, devo dedurre che
l’unico motivo per cui sei qui è che il tuo
problema lo riguardi.- Le
sue parole mi colpirono profondamente. Era
così ovvio, così scontato supporre che per
qualsiasi cosa avrei chiesto il mio
aiuto a lui?
Picchiettai la mano sul ginocchio,
nervoso. Se era così
ovvio.. anche Chris lo aveva capito?
-Io non..-
-Non volevi disturbarlo? Sai
meglio di me che si trova a
New York. E conosci il numero della sua stanza d’albergo. E
non sarebbe la
prima volta che gli parli di un tuo problema. Per non parlare del fatto
che non
ti sei mai fatto scrupoli per quanto riguarda lo svegliare le persone
nel cuore
della notte.- Lea
sorrideva. Mi
rabbuiai. Le parole di Chris, al telefono, quella sera, non se ne
volevano
andare dalla mia mente.
Era stato un’enorme
doccia fredda. Sospirai, distogliendo
lo sguardo dal suo, in cerca di qualcosa. Qualsiasi cosa, che mi
distraesse dalla
tortura che la mia
mente mi stava infliggendo. Dalle immagini che mi stavo creando da
solo.
-Aveva di meglio da fare.- Strinsi i denti, cercando
di non deglutire.
Sapevo che mi si stava formando un enorme groppo in gola. E non era
colpa del
caffè bollente. Posai la tazza sul tavolo, un po’
troppo violentemente. Il
posacenere di vetro che Lea aveva comprato a un mercatino durate il
tour
estivo, a Dublino, tremò.
Sentivo gli
occhi pesanti, come se tutta la stanchezza e la preoccupazione di
quella notte
mi fosse crollata addosso in pochi istanti, gravando sulle mie spalle
come un
enorme macigno. C’era della rabbia nella mia voce, lo sapevo.
-Di meglio da fare?- Lea
alzò un sopracciglio,
avvicinandosi un po’ a me.
Cercai i sui occhi. Sembrava
sinceramente curiosa,
adesso. Possibile che Chris non le avesse parlato
dell’appuntamento che aveva?
-Dio, Lea, ti prego, non farmelo
dire. Lui.. lui era con
un ragazzo. Per la
prima volta, da
quando.. da quando ha smesso di parlarmi di Jonathan. E io dovrei
essere felice
per lui, perché vederlo sorridere è la cosa
più bella che.. non lo so. E invece
sto di merda, perché lo odio, perché odio il
tizio che sta dormendo con lui
adesso. Odio il fatto che la pelle candida di Chris possa essere anche
solo
sfiorata dalle sue sudicie manacce. Mani che non sono le mie.
Perché nei miei
pensieri quella pelle è solo mia, Lea. Solo io posso
sfiorarla.. anche se non
l’ho mai fatto. E’ troppo fragile, come porcellana.
Mi fa paura lasciarlo nelle
mani di un altro. E
mi spaventa il fatto
di provare tutto questo, perché io.. io non voglio amarlo.
Perché rovinerò tutto,
lo so. E’ solo che mi chiedo come non si possa amare la
perfezione. Ripenso al
suo passato, a tutto quello che ha dovuto subire, e provo una rabbia
terribile,
perché lui è tutto quello che si potrebbe
desiderare, e invece ha sempre dovuto
lottare, e adesso vorrei essergli così vicino da fargli
capire che non dovrà
lottare mai più, che si merita tutto il meglio. Vorrei
impedire che si ferisse.
Ma non posso. Posso solo medicare, senza prevenire, perché
io non faccio parte
della sua vita come vorrei. Perché lui è troppo
per me, e io non sono niente.
Solo uno stupido nerd innamorato e spaventato. E sono patetico,
talmente tanto
da non essermi accorto di essere attratto anche dai ragazzi prima di
incontrarlo. Ma non me ne importa, perché io voglio solo
lui, Lea. Solo lui. E
ora non so come fare, perché è tra le braccia di
un altro, e io ho passato la
notte a tentare di non piangere nella cucina
dell’appartamento di mio fratello,
come un cucciolo smarrito che non trova più la via di casa,
chiedendomi se lui mi
avesse pensato almeno una volta, chiedendomi se ci sarebbe andato a
letto sul
serio. Cercando di non correre in quell’hotel e spaccare la
faccia a quel
povero ragazzo, che ha una sola colpa: si è preso una cotta
per la persona più
perfetta che io abbia mai avuto il piacere di incontrare. Quanto
può essere
diverso da me? E fino a che punto è più speciale
di me? Sto impazzendo,
Lea.- Avrei voluto
camminare avanti e
indietro per la stanza a causa della tensione, ma non riuscivo proprio
a
muovere un muscolo. Le mie gambe si erano come incollate in quella
poosizione.
Mi sentivo una statua, la tensione si poteva tagliare col coltello
attorno a
me. La sentivo ovunque, poteva ancorarmi a quel pavimento con la stessa
forza
di un macigno. Portai
le mani tra i capelli,
stingendo gli occhi, reprimendo le lacrime. Anche se, a quel punto,
avrei anche
potuto piangere. Tanto, ormai, la dignità mi aveva
abbandonato da un bel pezzo.
Ero penoso.
-Oh, Darren..- Lea si
alzò in piedi, e mi circondò in un
abbraccio. Singhiozzai contro la sua spalla, mentre
lei, in silenzio, baciava la mia tempia. La
strinsi più forte, affondando il viso nei suoi capelli.
Avevo buttato tutto
fuori, eppure non lo avevo fatto come volevo. Avevo creduto di riuscire
a
rimanere calmo. Non
era stato così.
-Avrei potuto svegliarmi prima.
Avrei potuto ammettere a
me stesso di essere pazzo di lui una vita fa. Non sono stupido, so che
lo avete
capito tutti. Ma cosa sarebbe cambiato?
Non posso averlo. E anche
se non
stesse facendo porcherie con chissà chi, al momento, non
potrei averlo
comunque. Non potrei nemmeno se lui mi sbavasse dietro, lo capisci?
Siamo
colleghi. Siamo amici. Siamo confidenti. Siamo..-
-Siete innamorati- Mi interruppe,
cercando il mio
sguardo, - e anche un po’ stupidi, se proprio vuoi il mio
parere.- I suoi
occhi erano colmi di determinazione e
affetto. Era la sua essenza. Come
poteva
essere così sicura di quello che stava dicendo? E
perché parlava al plurale?
Era della mia stupidità che stavamo parlando.
-Cosa vuoi dire?-
Chiesi, esitante, tirando su col naso, mentre lei tornava
a sedersi
sulla sua sedia.
- Voglio dire che siete uomini
entrambi. Non posso essere
l’unica con le palle qui. Tu ci hai messo una vita a capirlo
ed accettarlo,
Darren, ma Chris mi parla di te in continuazione. Si fa queste domande
da mesi.
Per la verità, ha smesso di stare male per Jonathan solo
grazie a te. È stato
male per te, perché non sapeva come comportarsi.
Perché non avrebbe mai
rovinato tutto. Non sai quante volte gli ho proposto di dirtelo, e lui
mi ha
mandato a quel paese. O quante volte ho proposto di chiudervi in uno
stanzino.
La vostra tensione sessuale si legge a chilometri di distanza,
è
impressionante..- Alzò gli occhi al cielo, scoppiando a
ridere. A ogni sua
parola, sentivo il cuore farsi più leggero. Eppure la paura
non se ne andava.
Quindi lui.. non potevo illudermi, magari avevo capito male.
-Stai dicendo che secondo te io
potrei piacergli?-
Mormorai. Era come se la mia vita fosse appesa a un filo. Come un
trapezista.
-Piacergli? Darren, lui ti ama. Ti
ama fino a star male.
Passerebbe il tempo ad ascoltare il suono del tuo respiro. Sono parole
sue, e
solo per avertelo ripetuto dovrei iniettarmi una consistente dose di
insulina
direttamente in vena. Quindi,
tira fuori
i coglioni, e corri a prendertelo. E’ tuo.
E quel tizio potrà sempre e solo essere sesso.
E lo farà stare solo
peggio, perché è te che ama. Ed è a te
che pensa. E’ te che vuole. Solo
te.- Lea sapeva
essere estremamente
fine, a volte. Se non fossi stato troppo occupato a sorridere come un
ebete,
con la bocca ancora aperta per la sorpresa,
probabilmente avrei alzato gli occhi al cielo. Stava
parlando sul serio?
E poi, il lavoro? La nostra amicizia? Cosa sarebbe successo?
-Si, ma…-
- Niente ma, Darren. E’
l’unico modo per essere felice. E
se la tua felicità non fosse un motivo abbastanza importante
per provare,
nonostante la paura di fallire e dover rinunciare a tutto, sappi che
è l’unico
modo che troverai per rendere felice Chris. Non hai detto che
è l’unica cosa
che vuoi? So che rinunceresti a tutto per la sua felicità.
Ho provato altre
volte quello che provi tu ora. Sei
forte, Darr. Puoi farlo. – La guardai ancora negli occhi.
Sembrava così sicura
di quello che stava dicendo.. ma io come potevo sapere cosa era giusto
per
Chris? Non valevo niente. Avrei potuto renderlo felice sul serio?
-Perché non lo ha fatto
lui, allora? Perché non può
farlo? E’ più forte di me.- Gemetti. Non volevo
ricominciare a piangere. Ma non
sembravo per niente forte al momento.
-Non lo ha fatto perché
non aveva le certezze che hai tu
in questo momento. Era
convinto che tu
fossi etero, tanto per cominciare.
Tu
gli hai sempre parlato solo di ragazze. Come poteva farsi avanti ? Anche lui ha avuto paura
di rovinare tutto.
Hai idea di quante volte si sia fatto problemi ? Tu non creavi la
barriera che
gli altri ragazzi creano con lui. Sembravate due fratelli, e questo lo
confondeva, perché non era mai stato in quel modo con
nessuno. Nessuno lo aveva
mai fatto sentire così speciale e accettato. Senza contare il fatto che
non ha esattamente
avuto un passato facile, e che l’unico ragazzo che veramente
gli è interessato
ultimamente oltre a te non vuole relazioni stabili perché
col nostro lavoro,
secondo lui, sarebbe impossibile. Aggiungici anche che sei il suo
migliore
amico. Sei l’unico con cui condivide sul serio le sue
passioni, per la prima
volta senza paura di essere frainteso, anche se probabilmente
è l’unica volta
in cui avrebbe dovuto essere il contrario. Non sei l’unico ad
aver paura di rovinare
ogni cosa, Darren, e rischiando, Chris avrebbe perso molto
più di te. Pensa a
quanto può essere frustrante trovarsi nella sua situazione.
Magari è un pochino
messo peggio di te, non trovi?-
Forse Lea aveva ragione. O forse
aveva sempre
ragione. Mi drizzai
sulla sedia,
guardandomi intorno. Dalla finestra, riuscivo a scorgere solo luci
artificiali.
Era ancora troppo, troppo presto.
-Cosa devo fare?- gemetti. E se
fossi andato da lui, e lo
avessi trovato con quel ragazzo.. avrei avuto il coraggio di parlargli?
Come mi
sarei comportato? Avevo paura. Sapevo che Lea lo aveva letto nei miei
occhi. In
molti mi avevano detto che ero parecchio trasparente.
Lea si alzò di nuovo, e, posando una mano tra
i miei ricci, si accucciò al mio fianco.
-Corri da lui. Coraggio.-
Mi rivolse un sorriso incoraggiante e carico di
aspettativa. Era ovvio
che pensasse che sarebbe andato tutto bene.
Senza farmelo ripetere de volte,
mi alzai in piedi, e
corsi nell’ingresso. Non avvertii i suoi passi che mi
seguivano, ma sapevo che
lei c’era. Lei c’era sempre, quando ne avevo
bisogno. Era un’amica speciale.
-Grazie!-
Esclamai, senza nemmeno voltarmi, prima di varcare la
porta e fiondarmi
verso il portone principale, più in fretta che potevo.
Qualcosa che somigliava tanto a un
“Non guidare troppo
forte” mi giunse lontano e ovattato. Cercai di trattenere una
risata. Non era
il caso di svegliare tutto il quartiere. Giravano anche troppi
pettegolezzi sul
mio conto. Ma, quella notte, erano la mia ultima preoccupazione.
***
-Sputa il
rospo,
Chris.- Ridacchiai. Potevo quasi immaginarlo mentre,
dall’altro lato della
cornetta, cercava di non mangiarsi le unghie, un timido sorriso molto,
molto
trattenuto sul volto. Mi aveva detto di non amare particolarmente il
suo
sorriso. Anzi, per la verità lo detestava, anche se
–glielo avevo ripetuto più
volte- io lo trovavo adorabile. Mi morsi un labbro, al pensiero delle
sue gote
che si coloravano leggermente quando glielo facevo notare. Sapevo anche
che i
complimenti, specialmente da parte dei ragazzi, lo mettevano a disagio.
Mi
aveva rivelato più volte di non sapere come comportarsi.
Ovviamente gli
facevano piacere, ma non voleva che gli altri pensassero male. Erano
paure
infondate, gli dicevo. Lui doveva solo essere se’ stesso, e
tutto sarebbe
andato bene. Lui era Chris. Piaceva a tutti. Ad ogni modo, i suoi occhi
esprimevano senza bisogno di aiuto tutta la gioia che lui non lasciava
trasparire dal suo sorriso. Chiusi gli occhi, provando a immaginarli in
quel
momento. Probabilmente si era seduto sul bordo di una finestra, la
prima che
aveva trovato, lo sguardo assente e felice, molto più vicino
ai suoi pensieri
che al resto del mondo; probabilmente, proprio per questo, la luce
illuminava
le sue iridi, rendendole chiare e sottili come fragile vetro. Sospirai,
aspettandomi
una risposta chiara e secca, seguita da una battutina sarcastica. Molto
da lui.
-Ho un
appuntamento-.
Qualcosa
si era
rotto, o era solo la mia immaginazione?
Rimasi in
silenzio
per alcuni minuti. Forse troppi. Perché avevo bisogno di
coì tanto tempo per
assimilare la notizia? Perché non riuscivo a essere felice
per il mio migliore
amico?
Stava
trattenendo
il respiro. Aspettava. Logico, mi aveva chiamato per questo.
Perchè voleva un
parere. Se gli avessi detto di scappare il più lontano
possibile lo avrebbe
fatto? Avrebbe mai annullato un appuntamento se gli chiedevo di farlo?
Ma
perché avrei
dovuto chiederglielo, infondo? Si meritava di essere felice. Non lo era
da
tanto tempo, chi lo sapeva meglio di me?
-Da..
Darren? Tutto
bene?- Chiese, un velo di preoccupazione nella voce. Mi riscossi dalla
mia
trans. Ancora steso sul letto della camera degli ospiti di mio
fratello, mi
guardai intorno. Sentivo una voce nell’altra stanza.
Probabilmente c’era il
televisore acceso. Dove avrei trovato la forza per dirgli che, si,
tutto andava
bene, anche se non era vero?
-Io.. si,
bene.
Un.. appuntamento? Con chi? – Mormorai. Sperai che non si
fosse accorto del mio
tono di voce. Nemmeno io mi ero riconosciuto. Sembravo malato.
- Si,
beh.. hai
presente Andrew Jones? Il costumista di Kevin e Jenna durante il
tour..- Aggrottai
le sopracciglia. Mi era sempre stato antipatico da morire.
-Ha un
gusto
dell’orrido! Bretelle e Goth. Chissà come va in
giro.. e poi, scusa, non era
etero?- Ok, forse stavo tentando di smontarlo. Solo un po’.
Un po’ tanto.
-Darren,
non è che
va in giro come i personaggi che veste! E comunque, non è
con lui che esco, ma
con Matt..-
-..che
sarebbe?-
-.. Suo fratello.- Sapevo, anche
senza averlo visto,
che aveva alzato gli occhi al cielo. Lo conoscevo talmente bene,
talmente a
fondo, lo avevo osservato così tanto che conoscevo ogni sua
singola reazione
involontaria. Mi spaventavo da solo.
-Ah. E..
com’è?-
Chiesi, un po’ incerto. Evidentemente Chris se ne accorse. Lo
avvertii
schioccare la lingua contro il palato.
-Ti
interessa sul
serio?- chiese, con tono accusatorio. Mi addolcii. Non volevo che
pensasse che
ce l’avessi con lui.
-A me
interessa
tutto quello che interessa a te, mi pareva di avertelo già
detto.- Fui io ad
alzare gli occhi al cielo.
-D’accordo..
è solo
che..-
- ..che
nessun
altro tuo amico etero si interessa di te fino a questo punto. Abbiamo
già
parlato anche di questo. Dovresti aver capito che non mi faccio di
questi
problemi, dopo tutto questo tempo.- Sorrisi teneramente. Sapevo che
stava
arrossendo ancora. E sapevo anche che
era grato del fatto che io non potessi vederlo. Si
vergognava troppo di
se’ stesso.
-Scusa,
DC. Lui…
beh, ha ventisei anni. Gli piace molto ballare, e..-
-Troppo
vecchio.-
Lo interruppi. Lui aveva solo ventun anni, per la barba di Silente!
-Non
è vero! Ha
solo un anno più di te.- Replicò, piuttosto
indignato.
-Un anno
e mezzo. E
non intendo dire che è un vecchio decrepito. E’
solo troppo vecchio per te.- Mi
morsi un labbro, per non lasciar trapassare tutto il risentimento che
stavo
provando.
-Ma non
dire
cazzate. Per la maturità che mi ritrovo dovrei uscire con
gli ottantenni.- Ridacchiai.
Non aveva tutti i torti, in effetti.
-
Già. Prova,
sarebbe un bello spettacolo vederti alle prese con i loro pannoloni.-
-Molto
spiritoso.
Quindi tu dovresti passare il tempo allattando bambine di cinque anni.-
-Sempre
meglio che
svaligiare tutte le farmacie del paese in cerca di altro viagra, no?-
-Sei un
pedofilo,
lo sai?-
-Può
darsi.- Scoppiammo
entrambi a ridere. Ma, nella mia risata, c’era un retrogusto
amaro, che sperai
non cogliesse. Secondo il ragionamento che avevo fatto, anche io ero
troppo
vecchio per lui. Sospirai, mettendo fine alla risata. Chris riprese a
parlare.
-Dicevo
che gli
piace molto ballare.. ha studiato alla Juliard, vorrebbe diventare
insegnante
di classica. L’ho conosciuto durante il tour. Quando ha saputo che ero qui a
New York per le
riprese mi ha chiesto di uscire. –
E
così non era la prima volta che passavano del tempo insieme.
E si erano
piaciuti abbastanza da volersi incontrare ancora. Gli occhi mi
bruciavano.
-Farete
sesso?- La
domanda mi sfuggì come un tremolio. Non sapevo se volevo
saperlo veramente.
Avevo paura di quella risposta.
Lo presi
alla
sprovvista. Per alcuni istanti, rimase in silenzio, il fiato sospeso.
-Io..
ecco, io non
lo so. Suppongo che dipenda da.. da come va la serata.-
Deglutì.
-Farete
sesso.-
Sibilai, tentando di inserirci una punta di malizia. Dovevo essere
felice per
lui. Dovevo. Finalmente si stava rifacendo una vita.
-Come lo
sai, tu?-
chiese, a metà tra l’indispettito e il divertito.
Avrei pianto. Ero un idiota.
Un mediocre, stupido cretino.
-Lui
è più grande.
Se lo aspetterà. Tu hai gli ormoni a palla, ho avuto ventun
anni anche io.
Succederà, è un dato di fatto.- Lui
scoppiò a ridere. Una risata nervosa.
-Ah,
smettila di
fare l’uomo vissuto, per piacere.- Sorrisi. Fui felice che
non potesse vedermi,
mentre, nel buio della stanza, dalle cui persiane chiuse
d’intravedeva la
timida luce del sole invernale, una lacrima scendeva piano lungo il
lato destro
del mio viso, bagnando il copriletto. L’asciugai velocemente.
-Divertiti,
Chris.
Te lo meriti. Ci sentiamo domani.-
-Ti.. ti
voglio
bene Darren. Non immagini nemmeno quanto. Grazie.-
-Anche
io. Ora vai
a prepararti. E divertiti anche per me-.
***
Entrai quasi correndo, e, una
volta nella hall, mi fermai
di colpo, guardandomi intorno, col fiatone. Dalla porta scorrevole alle
mie
spalle, entrava aria fredda. Trattenni uno starnuto. Lea aveva ragione,
probabilmente mi sarei ammalato.
Di fronte a me, la sala era
completamente vuota.. ad
eccezione di un uomo piuttosto alto, calvo e troppo, troppo magro, che
mi stava
fissando con aria truce e decisamente incuriosita dall’altra
parte del banco
della reception. Inspirai, e, facendomi forza, strinsi le braccia al
petto,
avviandomi nella sua direzione. Mentre avanzavo, mi guardai intorno.
Tutto era
placcato in oro e rosso, e c’erano moltissimi dettagli neri e
blu. Il contrasto
era veramente forte, e rendeva l’ambiente molto sfarzoso. Non
era la prima
volta che entravo in quell’albergo. C’ero stato
proprio quell’estate, durante
il tour. Avevamo alloggiato lì.
-Buongiorno, Signore. Posso
esserle utile?- L’uomo si
rivolse a me, distraendomi dai ricordi di quel luogo. Sospirando,
cercai lo
sguardo di quell’uomo. Edward, c’era scritto sulla
sua targhetta, appuntata
sulla giacca bordeaux.
-Salve- Mi morsi un labbro. Cosa
dovevo fare? Chiedere di
Chris? Dire che mi stava aspettando? Farlo chiamare?- Si, avrei bisogno
del suo
aiuto. Avrei.. urgente bisogno di parlare con una persona che,
momentaneamente,
alloggia in questo hotel.-
Il tizio alzò un
sopracciglio, senza scomporsi. I suoi
occhi si soffermarono sulle mie occhiaie, e poi sui miei intrattabili e
disordinati riccioli.. Avevo pianto parecchio, in quelle ore, e non
avevo
dormito. Non ero esattamente al massimo dello splendore.
-Nome?- Chiese, infine,
avvicinandosi al computer, e
prendendo a digitare qualcosa che non riuscivo a vedere.
-Si chiama Christopher Colfer.-
Esclamai, senza
esitazione. Solo pronunciare il suo nome mi fece sorridere.
L’uomo aggrottò la
fronte, poi si voltò di nuovo nella mia direzione. Nervoso,
presi a
picchiettare le dita contro il banco.
-Mi spiace, al momento il Signor
Colfer è impegnato. Devo
lasciargli detto qualcosa?- Mi
crollò il
mondo addosso. Ovviamente era ancora in stanza con Matt. Cosa mi
aspettavo? Chiusi
gli occhi. L’altro aveva parlato mantenendo una freddezza
innaturale, senza
mostrare il minimo segno d’interessamento.
Sentii la rabbia montarmi nel petto. Cercai di non alzare
troppo la
voce. Non volevo farmi sbattere fuori. Dovevo fargli capire quanto
fosse
importante. Senza giocarmi tutto, possibilmente.
-Senta.. Edward, so che Chris
è con un ragazzo e non
vuole essere disturbato. Ma le posso assicurare che ho i miei buoni
motivi per
interromperlo durante.. – Non riuscivo neanche a dirlo. Non
riuscivo a parlare.
Perché mi ero ridotto così?- beh, ha capito.
Altrimenti sarei tranquillo nel
mio letto, a dormire, invece di stare qui a rompere l’anima a
lei, con un nido
al posto dei capelli e gli occhi fuori dalle orbite, non trova?!- Alzai gli occhi al cielo,
tentando di non urlargli
in faccia.
-So solo che il Signor Colfer non
vuole essere disturbato
fino a questo pomeriggio. Perciò, non può esserci
niente di così importante che
non possa essere detto tra qualche ora. O per telefono.-
Esclamò Edward,
spazientito. Mi avvicinai a lui, prendendolo per la collottola, anche
se non
con forza. Tanto valeva sputtanarmi. Bene. Lo fissai dritto negli
occhi,
tentando di fargli capire tutto quello che io stesso ci avevo messo
mesi a
capire.
-Forse lei non capisce. Io devo
vederlo adesso. Lei non
sa cosa ci lega, non può.. –
-Non posso capire? So benissimo
chi siete, e cosa vi lega.
Mia nipote non fa che parlare di Lei e del signor Colfer. So che siete
amici intimi. È rimasta delusa, quando ha saputo che il suo
amico era in camera
con un ragazzo che non porta il suo nome, signor Criss.-
Sussurrò l’uomo,
allontanandosi da me. Lo lasciai andare. Già mi vergognavo
di quello scatto.
Rimasi meravigliato del fatto che conoscesse il mio nome. Sospirai,
guardando
il pavimento. Rimasi in silenzio per alcuni secondi. Poi,
però, incrociai di
nuovo i miei occhi con quelli di Edward. Se davvero sua nipote gli
aveva
parlato tanto di noi, doveva sapere che non ero un tipo che si
arrendeva
facilmente.
-Beh, può dirle che
c’è stato un malinteso. Se mi lascia
salire in camera di Chris.. potrà dire a sua nipote che
siamo più intimi di
quanto avrebbe potuto immaginare, forse. Ma non sarà
così, se non mi aiuta.
Io.. sono stato un idiota, Edward. Voglio dire, lo sono spesso, ma
questa volta
ne va della mia felicità, e di quella di Chris.- Gemetti,
ripensando alle
parole di Lea. L’uomo, finalmente, sorrise.
-Sedicesimo piano, stanza numero
6172. L’ascensore è alla
sua destra. E.. quando scende, gradirei almeno un autografo.- Le mie
labbra si
spalancarono in un enorme sorriso. Lo avrei baciato, se avesse voluto.
Qualsiasi cosa. Non mi importava.
-Ovvio. Grazie mille!- Corsi verso
gli ascensori. Mi
sembrava quasi di non toccare terra. Mi fiondai all’interno
del primo aperto
che trovai. L’orologio all’interno segnava le
cinque e due minuti. Picchiettai
impazientemente il piede contro il pavimento instabile, e, finalmente,
dopo
quella che mi era sembrata un’eternità, arrivai a
destinazione. Attraversai,
più in fretta possibile, il corridoio.
Le luci tremolavano leggermente.
Mentre avanzavo, lasciai
che la mia mano sfiorasse, a tratti, il muro.
Quando arrivai di fronte alla stanza, non ero sicuro che
avrei retto.
Non sapevo cosa avrei dovuto fare.
Avrei resistito alle
lacrime, o alla rabbia, se fosse stato quel Matt ad aprirmi? Magari
coperto
solo da un lenzuolo? Poi, però, avvicinandomi un
po’, mi resi conto che l’entrata
era socchiusa.
Trattenendo il fiato, poggiai la
mano sulla parte liscia
della porta, per bussare.. ma
prima che
riuscissi a prendere abbastanza coraggio per farlo, avvertii un rumore.
Oh, no,
non poteva essere quello che pensavo.
Deglutendo, mi feci forza, e avvicinai un po’ il
viso. Quello che, all’inizio,
mi era sembrato un gemito, non era altro che un singhiozzo.
Aggrottai la fronte, preoccupato.
Poi, la voce di Chris –
più acuta del solito, e, ovviamente, ovattata, giunse fino
al mio orecchio.
Stava cantando.
-Can't stop looking at
the door, wishing
you'd come sweeping in the way you did before.. and I wonder if I ever
crossed
your mind.
For me it happens all the
time..-
Avvertii la sua voce spezzarsi. Non mi
piaceva sentirlo così. Realizzai
che non mi importava che ci fosse qualcuno con lui. Non mi importava
che non si
aspettasse una mia visita così presto, e non mi importava
nemmeno di rendermi
ridicolo. Volevo solo farlo stare bene, perché, ne ero
piuttosto sicuro, non
era così al momento. Chiusi gli occhi, e, senza bussare,
aprii.
La
luce di un’abat-jour
illuminava l’ingresso non molto grande, che si apriva in una
stanza da letto
piuttosto ampia, ma vuota. Era tutto molto ordinato, se non per il
letto
sfatto, le cui coperte sembravano aver passato la terza guerra
mondiale. Chris
era seduto sul pavimento di marmo chiaro, le ginocchia strette al
petto, la
testa nascosta tra di esse. Indossava solo i jeans. Era solo. Chiusi la porta alle mie
spalle. Non sapevo
se si era accorto di me. Mi avvicinai lentamente a lui. Mose piano la
testa
nella mia direzione, ma, quando alzò il viso, gli occhi
arrossati s’illuminarono.
Era molto, molto sorpreso. Talmente tanto che, per poco, non
rotolò indietro,
perdendo l’equilibrio.
-Che.. Darren. Perchè
sei qui?- Chiese. Sembrava teso. Le sue
spalle perfette s’irrigidirono. Sospirai. Non lo avevo mai
visto senza
maglietta, realizzai.
Mi accucciai al suo fianco,
sfiorandogli il mento con l’indice,
per fare in modo che guardasse nella mia direzione. Quando i nostri
occhi s’incontrarono,
persi un battito.
-Avevo.. avevo solo bisogno di stare con te.- Sussurrai. Ed era vero. In
ogni senso.- E, a quanto pare,
ho fatto bene a venire. Tutto bene?- Chiesi, sfiorando i suoi capelli
con una
mano. Lui chiuse gli occhi arrossati, e poggiò la testa sul
mio petto,
lasciandosi cullare. Sorrisi. Sentirlo così vicino era la
cosa più bella che mi
fosse mai capitata.
-Non lo so.- Mormorò.
La sua voce s’incrinò. Sospirai,
avvicinando le labbra ai suoi capelli, mentre incrociavo le ginocchia,
per
sorreggerlo meglio.
-E’ successo..
qualcosa?- Chiesi. L’allusione al sesso mi
venne spontanea. Matt non c’era. Non c’era nessuno,
oltre a Chris, questo era
piuttosto chiaro. Ma questo non escludeva niente.
-E’ stato strano.
Darren, questa serata è stata la più
perfetta della mia vita, credo. Talmente tanto che sembrava irreale.
E.. beh,
siamo saliti in camera. E abbiamo fatto sesso. E lui era perfetto. Troppo perfetto. Era
troppo dolce, tanto da
darmi la nausea. Era tutto quello che ho sempre desiderato e che non ho
mai
potuto avere, eppure non era quello che volevo in quel momento. Non mi
sono
affatto divertito. Ho odiato ogni singolo minuto passato con lui, sai.
E..
quando lui è venuto.. Dio, Darr, non so perché te
lo sto raccontando. Ho
pianto. Non so perché, so solo che non riuscivo a fare
altro. E poi l’ho
mandato via. Non ero completo come avrei dovuto sentirmi. Non lo
volevo. Io..-
Singhiozzò ancora. Avvertii le sue lacrime bagnarmi il
petto, mentre le sue
mani si avvinghiavano alla mia felpa, con forza. Vederlo
così era orribile. Una
lacrima scivolò lungo la mia guancia, fino a cadere tra i
suoi capelli. Gli baciai
la nuca, e lui alzò lo sguardo. Sorrisi timidamente,
asciugando le sue lacrime
con un pollice. Lui fece lo stesso col mio viso.-Perché?-
chiese, sorpreso.
Sapevo che si stava riferendo alla lacrima. Il mio sorriso si
allargò.
-Perché dovrei
cominciare a tirare fuori le palle più
spesso.- Sussurrai. Chris aggrottò le sopracciglia, confuso,
ma, prima che
potesse replicare, avvicinai il mio viso al suo. -It's a quarter after
one and
I’m a little drunk and I need you now.. Said I wouldn't call,
but I lost all
control and i need you now..-Sussurrai, intonando la melodia che lui
aveva
interrotto poco prima. La sua
sorpresa
mutò in comprensione, e, prima che potesse chiudere gli
occhi, mentre annullava
la minima distanza che si era creata tra noi, altre lacrime scesero
lungo il
suo viso. Lacrime decisamente diverse da quelle che avevo visto prima.
Lacrime
di gioia.
Le nostre labbra si unirono
perfettamente. Era come se
tutta la mia vita ruotasse intorno a quel momento. Come se io fossi
nato solo per
vivere quel preciso istante. Per incontrare lui.
D’ora in avanti, tutto
sarebbe stato perfetto. Tutto. Non
m’importava del pensiero degli altri, del lavoro, degli
amici, della mia vita.
Ero pronto a cambiare, per lui. E lui era disposto a farlo per me. E
non capivo
come avevo potuto dubitarne.
Chris mi spinse delicatamente
contro il pavimento.
Gemetti, alla vista del suo corpo sopra di me. Il suo meraviglioso,
candido
corpo. Il viso ancora arrossato dal pianto, mi sorrise. Un vero
sorriso, non
uno di quelli trattenuti che riservava a tutti. E, in quel momento, fui
sicuro
di non aver mai amato nessuno così tanto. Il giorno dopo,
avrei dovuto
ringraziare Lea.
Il futuro era imprevedibile, e
strano. Non sapevo cosa
sarebbe successo più avanti. Ma sapevo finalmente cosa
provavo. E sapevo cosa
provava lui. Era tutto quello che avevo bisogno di sapere. Tutto quello
di cui
avevo bisogno.. Era
nelle mie mani.