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Autore: Aliceclipse    04/09/2011    4 recensioni
-Siamo colleghi. Siamo amici. Siamo confidenti. Siamo..-
-Siete innamorati- Mi interruppe, cercando il mio sguardo, - e anche un po’ stupidi, se proprio vuoi il mio parere.- I suoi occhi erano colmi di determinazione e affetto. Era la sua essenza. Come poteva essere così sicura di quello che stava dicendo? E perché parlava al plurale? Era della mia stupidità che stavamo parlando.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chris Colfer, Darren Criss, Lea Michele
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ennesima OS. Ci ho messo una vita, ma, come al solito, non l'ho scritta come avrei voluto. La canzone citata è "Need you now". Dovreste conoscerla. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate. Ovviamente, la shot è dedicata alla mia adorabile Panda. In questi giorni non siamo riuscite a sentirci molto, quindi dovete ringraziare lei- oppure prendervela con lei, a seconda dei casi- se questa storia è nata. Mi è mancata taaaanto T_T e, ovviamente, mi sono sfogata scrivendo. Quindi, questa robaccia è tutta per lei. Vi lascio alla storia. Buona lettura, spero.

Stupid in Love.

Deglutii pesantemente, mentre poggiavo  sul tavolo la tazza di camomilla, ormai fredda, che avevo preparato con cura una ventina di minuti prima, tentando di calmarmi, di riflettere.

Dalla superficie esterna della tazza blu scura, un paio di occhiali rotondi, una bacchetta, e una scritta “Harry Potter” con tanto di saetta al fianco sembravano quasi guardarmi,  valutarmi.

Magari stavo impazzendo.

Eppure, in quei giorni, sembrava che ogni cosa potesse giudicarmi, ricordarmi che tutto quello che pensavo, tutto quello che bramavo  continuamente nella mia mente, tutto  quello che avrei desiderato con tutto il mio cuore, tutto quello per cui, in segreto, avrei dato ogni singola parte di me.. era sbagliato.  Che quello non ero io, ma era solo suggestione.

Mi ero solo lasciato andare un po’ troppo.

E quella tazza, proprio lei, era una delle tante cose che, in un secondo, poteva farmi ricordare quanto fosse sbagliato tutto questo.

Poteva farmi ricordare lui.

In realtà, ogni cosa mi ricordava lui.

Un brivido di freddo mi percorse il braccio, cogliendomi di sorpresa. Voltai la testa verso sinistra, ma la finestra era ancora ben chiusa. Tornai a guardare la mia mano, ancora stretta intorno alla tazza. Allentai la presa,  deciso ad alzarmi. Non potevo rimanere in quella stanza, ad aspettare che il mondo girasse. Non volevo vivere la vita in modo passivo. Non volevo lasciare che gli altri andassero avanti,  lasciandomi dov’ero. Non ero mai stato così, e non volevo cominciare proprio in quel momento.

Ma cosa avrei potuto fare?

Quando mi alzai, la sedia di legno produsse un rumore stridulo contro il pavimento.  Avrei potuto svegliare l’inquilina del piano inferiore, la signora Smith. Sapevo che aveva il sonno leggero, ed era sempre così gentile con mio fratello- e con me, nelle rare occasioni in cui c’incontravamo-  che ero molto attento a non recarle fastidio, quando mi trovavo da lui. Ma quella volta era diverso. Non me ne importava proprio niente di mio fratello, del suo appartamento e della signora Smith.

Dovevo parlare con qualcuno, qualcuno che potesse capirmi, e dovevo farlo al più presto.

Ma chi poteva capirmi, in quel momento?

Avevo solo una persona in testa. Ma non potevo certo parlare con quella persona, dato che era l’unica fonte dei miei problemi, no?

Era piuttosto triste che, con tutte le persone che conoscessi, solo Chris sapesse darmi conforto. Solo lui poteva capirmi, accettarmi, aiutarmi. Sempre e comunque.

Magari era proprio questo il problema di fondo. Eravamo diventati così importanti l’uno per l’altro che il mio cervello si era fuso del tutto, confondendo una stupenda amicizia con qualcosa di più.

Non mi ero mai fatto problemi, in passato, non sul fronte amore. Quando volevo una cosa, cercavo di ottenerla, e se non succedeva, per quanto stessi male, la superavo sempre. Quella volta era diverso. E  non per il fatto che per la prima volta in vita mia  credevo di essermi innamorato di un ragazzo e non di una ragazza, no. Ero un tipo aperto, non mi ero mai fatto problemi nemmeno di questo tipo. Infondo, cosa importava cosa fossi? Etero, bisessuale, omosessuale.. tutte convenzioni. Un inutile modo di catalogare le persone secondo cose che le accomunano, che non è altro che una discriminante perdita di tempo. Certo, ero rimasto sorpreso, visto che, prima di allora, non mi era mai capitato di provare amore nei confronti di un ragazzo.  Amore, non attrazione.

Perché, con il senno di poi, potevo dire di essere già stato colpito da alcuni ragazzi. Certo, non in modo così evidente come per le ragazze. Infatti avevo sempre supposto di essere etero.

Ma con Chris era diverso. Quello che provavo superava di gran lunga l’attrazione, e questo mi spaventava veramente  tanto.

Ma non era il fatto che fosse un ragazzo a preoccuparmi, quanto il fatto che fosse, probabilmente, il mio più caro amico.

Provavo a mentire a me stesso, perché, davvero, non potevo essere stato così stupido da innamorarmi di una persona che avrebbe potuto avere qualcuno di mille volte migliore di me e dei miei continui vaneggiamenti, dei miei comportamenti da bambino dispettoso. Chi avrebbe voluto Peter Pan quando avrebbe potuto avere qualsiasi altra cosa? Non potevo essere stato così stupido da innamorarmi di una persona che mi avrebbe sempre visto solo come un migliore amico sempre allegro e sorridente, pronto a consolarti ogni volta che qualcuno ti ferisce, che si tratti di un’amica o del tuo nuovo ragazzo.

Non potevo essere stato così stupido da innamorarmi  di una persona che, a soli ventun anni, poteva dirsi fiera di se stessa, di quello che era diventata, che aveva vinto un Golden Globe e scritto varie sceneggiature e un libro, mentre io non ero altro che uno stupido ragazzino troppo cresciuto che  ancora non riusciva a credere di essere riuscito a bucare lo schermo grazie a una serie televisiva, e che si stava pian piano facendo strada nel mondo che amava.

Non potevo essermi innamorato di Christopher Paul Colfer.

Non potevo perché lui era troppo in alto per me.

Mi ritenevo l’uomo più fortunato del mondo, sapendo che mi considerava uno dei suoi migliori amici. Questo mi bastava. O, almeno, me lo ero sempre fatto bastare. 

Afferrai  le chiavi della macchina sul comodino, infilai velocemente la prima felpa che trovai e varcai la soglia della porta dell’appartamento di mio fratello,  mordendomi un labbro, colpito da un’idea improvvisa.

Forse c’era qualcuno che avrebbe potuto aiutarmi.

 

***

 

-Darren? Che ci fai qui?-  La voce di Lea, dal citofono, sembrava estremamente stanca, sorpresa, e anche un po’ preoccupata. Poggiai la testa sul muro accanto al piccolo apparecchio bianco, cercando le parole giuste, sperando che potesse aiutarmi.

-Ho bisogno di parlarti, sei l’unica persona che mi è venuta in mente. Ti prego.-  Mormorai. Non volevo farle capire subito quanto mi sentissi depresso, ma la sua voce sembrò ancora più preoccupata quando mi rispose. Lei era sempre attenta alle altre persone, cercava sempre di capirle prima di loro stesse. Era bravissima nell’analizzare la mente degli altri, tanto che a volte mi spaventava.

-Sali, la porta è aperta-. Il suono della sua voce venne interrotto dal rumore metallico del portone che si apriva parzialmente. Prima che potessi dirle altro, il citofono si spense. Sorrisi  a me stesso, mentre spingevo il portone e correvo verso le scale. Erano cinque piani a piedi, ma, nonostante la stanchezza, non avevo alcuna voglia di prendere l’ascensore.

Di fronte alla sua porta, mi frenai per riprendere fiato, posando la mano sullo stomaco, il respiro pesante. Avevo avuto così tanta furia di arrivare da Lea, chiederle di aiutarmi, e adesso.. adesso avevo paura di entrare.

Avevo paura di scoprire cosa provavo veramente. Il problema era che lo sapevo già. Lo sapevo benissimo. E lo sapeva anche lei, da parecchio tempo. Molto più di me. Per questo mi trovavo lì.

Alla fine, con un sospiro, mi feci coraggio, e girai il pomello della porta, varcando la soglia del suo loft.

Sorrisi.

La casa di lea era sempre ordinatissima. Non era certo merito di Dianna. Lei non era affatto la persona più ordinata le mondo. Ridacchiai, osservando il perfetto mix di colori che ogni volta colpiva i miei occhi in maniera nuova e positiva.

Nero, bianco e rosso si fondevano perfettamente, creando gradazioni forti o lievi a seconda delle sfumature. Si addiceva decisamente allo stile di quelle due.

-Ehy.- Lea mi si avvicinò. Indossava una enorme felpa che le faceva da camicia da notte, i capelli raccolti in una coda alta, leggermente  disfatta. Aveva ancora il segno del cuscino su uno zigomo, ma non sembrava troppo assonnata. Mi diede un veloce bacio sulla guancia, per poi scompigliarmi i capelli.

-Sei congelato. Non puoi andare in giro a New York in pieno novembre con solo una felpa addosso, specialmente alle quattro del mattino. Domani avrai la febbre.- Esclamò, alzando gli occhi al cielo. Amavo quando si preoccupava. Mi ricordava tanto mia madre. Ora che ci pensavo, era un po’ una seconda mamma per tutti noi del cast di Glee. Si era presa tutti a cuore, dal primo all’ultimo. Anche quelli più grandi di lei.  E, se lei era la nostra mammina, Chris ricopriva di sicuro la figura del padre.  Anche essendo il più piccolo, ci supportava in ogni modo possibile, aiutandoci, supportandoci, cercando di risolvere i nostri problemi prima di noi.  Era il più saggio. Anzi, probabilmente era l’unico che avesse mantenuto un minimo di senno e amor proprio. In più, era la persona più coraggiosa che io avessi mai avuto il piacere di conoscere.

E si preoccupava. In continuazione.

E io non facevo che pensare a lui in continuazione. Dovevo smetterla. Sospirai. Perché ogni cosa mi riportava a lui?

-Scusami, Lea. Non.. Scusa se ti disturbo. E’ che non sapevo con chi altro parlare.-  Mentre tentavo di scandire le parole, per non apparire troppo agitato, la seguii in cucina. Azionò la macchinetta del caffè, poi si voltò verso di me.

-Non mi disturbi. Dianna è andata a trovare i suoi per il weekend, e io non ho niente di meglio da fare. Quanto zucchero?- Quando la luce arancione che indicava che il caffè era pronto si spense, la ragazza si allungò verso un contenitore grigio e lucido, e, dopo averlo aperto, si lanciò alla ricerca di un paio di cucchiaini.

-Due.-  Mormorai, osservandola. Mi chiesi come potesse essere così energica già a quell’ora.  La sua determinazione riusciva spesso a stupirmi.  Ed io ero un tipo abbastanza determinato.

Ma, alla fine, tutti o quasi lo eravamo nel nostro campo. Perché non potevi vivere bene in un mondo come quello della televisione o della musica, se non eri abbastanza deciso, o se qualcosa ti frenava. Era abbastanza dura, in quei casi. Per questo ci avevo messo tanto a trovare la mia strada, realizzai. Mi ci  era voluto tempo per trovare abbastanza coraggio. Eppure ce l’avevo fatta, e ci stavo riuscendo piuttosto bene. Non potevo lasciare che qualcos’altro mi bloccasse.

-Allora? Sembri sconvolto, dici che devi dirmi una cosa importante, talmente tanto da non poter aspettare un’ora normale per i comuni mortali. Qual è il problema, ricciolino?- Mentre si sedeva al mio fianco, posò la tazza di caffè di fronte a me, e lasciò che la mano libera mi sfiorasse i capelli in un gesto tenero.

Anche Chris lo faceva sempre quando ero preoccupato per qualcosa. Deglutii, cercando le parole adatte per spiegarmi.

Era vero che non avevo avuto problemi ad ammettere a me stesso di poter essere attratto dai ragazzi, ma spiegarlo agli altri era complicato.  E ancora più complicato era spiegare cosa provavo realmente, cosa la mia mente contorta stesse elaborando.

-Ho bisogno di capire alcune cose, e da solo mi risulta estremamente difficile.-  Mormorai, prima di portare il caffè alle labbra.

Nonostante  i due cucchiaini di zucchero, era amaro. Eppure mi piaceva. Amavo sentire quel sapore sulla lingua. Un ricordo fece capolino nella mia mente.

Prima del secondo bacio Klaine che avevamo girato- bacio che non era mai stato mandato in onda, perché era sembrato troppo spinto- io e Chris avevamo avuto un piccolo litigio. Niente di troppo devastante, solo un litigio. Ma ricordavo di essere stato molto male, dopo. E, prima che potessimo scusarci l’uno con l’altro,  ci eravamo ritrovati sul set. Subito dopo il primo di una lunga serie ci ciack, sapevo che niente avrebbe potuto farmi alterare nei suoi confronti. Le sue labbra, allora, sapevano di caffè. Evidentemente una diet coke era troppo poco per tranquillizzarlo, dopo quello che era successo. Anche quel gusto amaro mi era sembrato il più dolce del mondo, al momento. Avevo sbagliato più volte di proposito, e ogni volta ci avevo messo più intensità di quanta ne servisse. Volevo davvero farmi perdonare. Volevo fargli capire che era tutto apposto, e lui aveva compreso. E poi, amavo il sapore delle sue labbra.

Rigirai la tazza fumante tra le mani. Era piacevolmente calda.  Accennai un sorriso.

-Ed è una cosa di cui non puoi parlare con Chris, non è vero?-  Chiese Lea, ridacchiando.  Sentii la mia mascella allentarsi. Presto sarebbe caduta sul pavimento, molto probabilmente.  Non  poteva aver capito tutto. Non era umanamente possibile. Mi ricomposi, senza riuscire a trattenermi dal corrugare leggermente la fronte.

-Cosa te lo fa pensare?-  Chiesi, mantenendo il tono di voce più calmo che riuscii a trovare. Accavallai le gambe, stringendo una mano al petto. Mi sentivo osservato. Fin troppo.

- Andiamo, Darren. Chris è il tuo punto di riferimento, sempre e comunque. Quando hai un problema ti rivolgi a lui, di qualsiasi cosa si tratti. Ti rivolgi a lui anche quando il problema non esiste, per la verità. Qualsiasi scusa è buona per passare più tempo con lui.

Dato che io non mi chiamo Chris Colfer, devo dedurre che l’unico motivo per cui sei qui è che il tuo problema lo riguardi.-  Le sue parole mi colpirono profondamente. Era così ovvio, così scontato supporre che per qualsiasi cosa avrei chiesto il mio aiuto a lui?

Picchiettai la mano sul ginocchio, nervoso. Se era così ovvio.. anche Chris lo aveva capito?

-Io non..-

-Non volevi disturbarlo? Sai meglio di me che si trova a New York. E conosci il numero della sua stanza d’albergo. E non sarebbe la prima volta che gli parli di un tuo problema. Per non parlare del fatto che non ti sei mai fatto scrupoli per quanto riguarda lo svegliare le persone nel cuore della notte.-  Lea sorrideva. Mi rabbuiai. Le parole di Chris, al telefono, quella sera, non se ne volevano andare dalla mia mente.

Era stato un’enorme doccia fredda. Sospirai, distogliendo lo sguardo dal suo, in cerca di qualcosa. Qualsiasi cosa, che mi distraesse  dalla tortura che la mia mente mi stava infliggendo. Dalle immagini che mi stavo creando da solo.

-Aveva di meglio da fare.-  Strinsi i denti, cercando di non deglutire. Sapevo che mi si stava formando un enorme groppo in gola. E non era colpa del caffè bollente. Posai la tazza sul tavolo, un po’ troppo violentemente. Il posacenere di vetro che Lea aveva comprato a un mercatino durate il tour estivo, a Dublino, tremò.  Sentivo gli occhi pesanti, come se tutta la stanchezza e la preoccupazione di quella notte mi fosse crollata addosso in pochi istanti, gravando sulle mie spalle come un enorme macigno. C’era della rabbia nella mia voce, lo sapevo.

-Di meglio da fare?- Lea alzò un sopracciglio, avvicinandosi un po’ a me.

Cercai i sui occhi. Sembrava sinceramente curiosa, adesso. Possibile che Chris non le avesse parlato dell’appuntamento che aveva?

-Dio, Lea, ti prego, non farmelo dire. Lui.. lui era con un ragazzo. Per  la prima volta, da quando.. da quando ha smesso di parlarmi di Jonathan. E io dovrei essere felice per lui, perché vederlo sorridere è la cosa più bella che.. non lo so. E invece sto di merda, perché lo odio, perché odio il tizio che sta dormendo con lui adesso. Odio il fatto che la pelle candida di Chris possa essere anche solo sfiorata dalle sue sudicie manacce. Mani che non sono le mie. Perché nei miei pensieri quella pelle è solo mia, Lea. Solo io posso sfiorarla.. anche se non l’ho mai fatto. E’ troppo fragile, come porcellana. Mi fa paura lasciarlo nelle mani di un altro.  E mi spaventa il fatto di provare tutto questo, perché io.. io non voglio amarlo. Perché rovinerò tutto, lo so. E’ solo che mi chiedo come non si possa amare la perfezione. Ripenso al suo passato, a tutto quello che ha dovuto subire, e provo una rabbia terribile, perché lui è tutto quello che si potrebbe desiderare, e invece ha sempre dovuto lottare, e adesso vorrei essergli così vicino da fargli capire che non dovrà lottare mai più, che si merita tutto il meglio. Vorrei impedire che si ferisse. Ma non posso. Posso solo medicare, senza prevenire, perché io non faccio parte della sua vita come vorrei. Perché lui è troppo per me, e io non sono niente. Solo uno stupido nerd innamorato e spaventato. E sono patetico, talmente tanto da non essermi accorto di essere attratto anche dai ragazzi prima di incontrarlo. Ma non me ne importa, perché io voglio solo lui, Lea. Solo lui. E ora non so come fare, perché è tra le braccia di un altro, e io ho passato la notte a tentare di non piangere nella cucina dell’appartamento di mio fratello, come un cucciolo smarrito che non trova più la via di casa, chiedendomi se lui mi avesse pensato almeno una volta, chiedendomi se ci sarebbe andato a letto sul serio. Cercando di non correre in quell’hotel e spaccare la faccia a quel povero ragazzo, che ha una sola colpa: si è preso una cotta per la persona più perfetta che io abbia mai avuto il piacere di incontrare. Quanto può essere diverso da me? E fino a che punto è più speciale di me? Sto impazzendo, Lea.-  Avrei voluto camminare avanti e indietro per la stanza a causa della tensione, ma non riuscivo proprio a muovere un muscolo. Le mie gambe si erano come incollate in quella poosizione. Mi sentivo una statua, la tensione si poteva tagliare col coltello attorno a me. La sentivo ovunque, poteva ancorarmi a quel pavimento con la stessa forza di un macigno.  Portai le mani tra i capelli, stingendo gli occhi, reprimendo le lacrime. Anche se, a quel punto, avrei anche potuto piangere. Tanto, ormai, la dignità mi aveva abbandonato da un bel pezzo. Ero penoso.

-Oh, Darren..- Lea si alzò in piedi, e mi circondò in un abbraccio. Singhiozzai contro la sua spalla, mentre  lei, in silenzio, baciava la mia tempia. La strinsi più forte, affondando il viso nei suoi capelli. Avevo buttato tutto fuori, eppure non lo avevo fatto come volevo. Avevo creduto di riuscire a rimanere calmo.  Non era stato così.

-Avrei potuto svegliarmi prima. Avrei potuto ammettere a me stesso di essere pazzo di lui una vita fa. Non sono stupido, so che lo avete capito tutti. Ma cosa sarebbe cambiato?  Non posso averlo. E  anche se non stesse facendo porcherie con chissà chi, al momento, non potrei averlo comunque. Non potrei nemmeno se lui mi sbavasse dietro, lo capisci? Siamo colleghi. Siamo amici. Siamo confidenti. Siamo..-

-Siete innamorati- Mi interruppe, cercando il mio sguardo, - e anche un po’ stupidi, se proprio vuoi il mio parere.- I  suoi occhi erano colmi di determinazione e affetto. Era la sua essenza.  Come poteva essere così sicura di quello che stava dicendo? E perché parlava al plurale? Era della mia stupidità che stavamo parlando.

-Cosa vuoi dire?-  Chiesi, esitante, tirando su col naso, mentre lei tornava a sedersi sulla sua sedia.

- Voglio dire che siete uomini entrambi. Non posso essere l’unica con le palle qui. Tu ci hai messo una vita a capirlo ed accettarlo, Darren, ma Chris mi parla di te in continuazione. Si fa queste domande da mesi. Per la verità, ha smesso di stare male per Jonathan solo grazie a te. È stato male per te, perché non sapeva come comportarsi. Perché non avrebbe mai rovinato tutto. Non sai quante volte gli ho proposto di dirtelo, e lui mi ha mandato a quel paese. O quante volte ho proposto di chiudervi in uno stanzino. La vostra tensione sessuale si legge a chilometri di distanza, è impressionante..- Alzò gli occhi al cielo, scoppiando a ridere. A ogni sua parola, sentivo il cuore farsi più leggero. Eppure la paura non se ne andava. Quindi lui.. non potevo illudermi, magari avevo capito male.

-Stai dicendo che secondo te io potrei piacergli?- Mormorai. Era come se la mia vita fosse appesa a un filo. Come un trapezista.

-Piacergli? Darren, lui ti ama. Ti ama fino a star male. Passerebbe il tempo ad ascoltare il suono del tuo respiro. Sono parole sue, e solo per avertelo ripetuto dovrei iniettarmi una consistente dose di insulina direttamente in vena.  Quindi, tira fuori i coglioni, e corri a prendertelo. E’ tuo.  E quel tizio potrà sempre e solo essere sesso. E lo farà stare solo peggio, perché è te che ama. Ed è a te che pensa. E’ te che vuole. Solo te.-  Lea sapeva essere estremamente fine, a volte. Se non fossi stato troppo occupato a sorridere come un ebete, con la bocca ancora aperta per la sorpresa,  probabilmente avrei alzato gli occhi al cielo. Stava parlando sul serio? E poi, il lavoro? La nostra amicizia? Cosa sarebbe successo?

-Si, ma…-

- Niente ma, Darren. E’ l’unico modo per essere felice. E se la tua felicità non fosse un motivo abbastanza importante per provare, nonostante la paura di fallire e dover rinunciare a tutto, sappi che è l’unico modo che troverai per rendere felice Chris. Non hai detto che è l’unica cosa che vuoi? So che rinunceresti a tutto per la sua felicità. Ho provato altre volte quello che provi tu ora.  Sei forte, Darr. Puoi farlo. – La guardai ancora negli occhi. Sembrava così sicura di quello che stava dicendo.. ma io come potevo sapere cosa era giusto per Chris? Non valevo niente. Avrei potuto renderlo felice sul serio?

-Perché non lo ha fatto lui, allora? Perché non può farlo? E’ più forte di me.- Gemetti. Non volevo ricominciare a piangere. Ma non sembravo per niente forte al momento.

-Non lo ha fatto perché non aveva le certezze che hai tu in questo momento.  Era convinto che tu fossi etero, tanto per cominciare.  Tu gli hai sempre parlato solo di ragazze. Come poteva farsi avanti ?  Anche lui ha avuto paura di rovinare tutto. Hai idea di quante volte si sia fatto problemi ? Tu non creavi la barriera che gli altri ragazzi creano con lui. Sembravate due fratelli, e questo lo confondeva, perché non era mai stato in quel modo con nessuno. Nessuno lo aveva mai fatto sentire così speciale e accettato.  Senza contare il fatto che non ha esattamente avuto un passato facile, e che l’unico ragazzo che veramente gli è interessato ultimamente oltre a te non vuole relazioni stabili perché col nostro lavoro, secondo lui, sarebbe impossibile. Aggiungici anche che sei il suo migliore amico. Sei l’unico con cui condivide sul serio le sue passioni, per la prima volta senza paura di essere frainteso, anche se probabilmente è l’unica volta in cui avrebbe dovuto essere il contrario. Non sei l’unico ad aver paura di rovinare ogni cosa, Darren, e rischiando, Chris avrebbe perso molto più di te. Pensa a quanto può essere frustrante trovarsi nella sua situazione. Magari è un pochino messo peggio di te, non trovi?-

Forse Lea aveva ragione. O forse aveva sempre ragione.  Mi drizzai sulla sedia, guardandomi intorno. Dalla finestra, riuscivo a scorgere solo luci artificiali. Era ancora troppo, troppo presto.

-Cosa devo fare?- gemetti. E se fossi andato da lui, e lo avessi trovato con quel ragazzo.. avrei avuto il coraggio di parlargli? Come mi sarei comportato? Avevo paura. Sapevo che Lea lo aveva letto nei miei occhi. In molti mi avevano detto che ero parecchio trasparente.  Lea si alzò di nuovo, e, posando una mano tra i miei ricci, si accucciò al mio fianco.

-Corri da lui. Coraggio.-  Mi rivolse un sorriso incoraggiante e carico di aspettativa. Era ovvio che pensasse che sarebbe andato tutto bene.

Senza farmelo ripetere de volte, mi alzai in piedi, e corsi nell’ingresso. Non avvertii i suoi passi che mi seguivano, ma sapevo che lei c’era. Lei c’era sempre, quando ne avevo bisogno. Era un’amica speciale.

-Grazie!-  Esclamai, senza nemmeno voltarmi, prima di varcare la porta e fiondarmi verso il portone principale, più in fretta che potevo.

Qualcosa che somigliava tanto a un “Non guidare troppo forte” mi giunse lontano e ovattato. Cercai di trattenere una risata. Non era il caso di svegliare tutto il quartiere. Giravano anche troppi pettegolezzi sul mio conto. Ma, quella notte, erano la mia ultima preoccupazione.

 

***

 

-Sputa il rospo, Chris.- Ridacchiai. Potevo quasi immaginarlo mentre, dall’altro lato della cornetta, cercava di non mangiarsi le unghie, un timido sorriso molto, molto trattenuto sul volto. Mi aveva detto di non amare particolarmente il suo sorriso. Anzi, per la verità lo detestava, anche se –glielo avevo ripetuto più volte- io lo trovavo adorabile. Mi morsi un labbro, al pensiero delle sue gote che si coloravano leggermente quando glielo facevo notare. Sapevo anche che i complimenti, specialmente da parte dei ragazzi, lo mettevano a disagio. Mi aveva rivelato più volte di non sapere come comportarsi. Ovviamente gli facevano piacere, ma non voleva che gli altri pensassero male. Erano paure infondate, gli dicevo. Lui doveva solo essere se’ stesso, e tutto sarebbe andato bene. Lui era Chris. Piaceva a tutti. Ad ogni modo, i suoi occhi esprimevano senza bisogno di aiuto tutta la gioia che lui non lasciava trasparire dal suo sorriso. Chiusi gli occhi, provando a immaginarli in quel momento. Probabilmente si era seduto sul bordo di una finestra, la prima che aveva trovato, lo sguardo assente e felice, molto più vicino ai suoi pensieri che al resto del mondo; probabilmente, proprio per questo, la luce illuminava le sue iridi, rendendole chiare e sottili come fragile vetro. Sospirai, aspettandomi una risposta chiara e secca, seguita da una battutina sarcastica. Molto da lui.

-Ho un appuntamento-.

Qualcosa si era rotto, o era solo la mia immaginazione?

Rimasi in silenzio per alcuni minuti. Forse troppi. Perché avevo bisogno di coì tanto tempo per assimilare la notizia? Perché non riuscivo a essere felice per il mio migliore amico?

Stava trattenendo il respiro. Aspettava. Logico, mi aveva chiamato per questo. Perchè voleva un parere. Se gli avessi detto di scappare il più lontano possibile lo avrebbe fatto? Avrebbe mai annullato un appuntamento se gli chiedevo di farlo?

Ma perché avrei dovuto chiederglielo, infondo? Si meritava di essere felice. Non lo era da tanto tempo, chi lo sapeva meglio di me?

-Da.. Darren? Tutto bene?- Chiese, un velo di preoccupazione nella voce. Mi riscossi dalla mia trans. Ancora steso sul letto della camera degli ospiti di mio fratello, mi guardai intorno. Sentivo una voce nell’altra stanza. Probabilmente c’era il televisore acceso. Dove avrei trovato la forza per dirgli che, si, tutto andava bene, anche se non era vero?

-Io.. si, bene. Un.. appuntamento? Con chi? – Mormorai. Sperai che non si fosse accorto del mio tono di voce. Nemmeno io mi ero riconosciuto. Sembravo malato.

- Si, beh.. hai presente Andrew Jones? Il costumista di Kevin e Jenna durante il tour..- Aggrottai le sopracciglia. Mi era sempre stato antipatico da morire.

-Ha un gusto dell’orrido! Bretelle e Goth. Chissà come va in giro.. e poi, scusa, non era etero?- Ok, forse stavo tentando di smontarlo. Solo un po’. Un po’ tanto.

-Darren, non è che va in giro come i personaggi che veste! E comunque, non è con lui che esco, ma con Matt..-

-..che sarebbe?-

-.. Suo  fratello.- Sapevo, anche senza averlo visto, che aveva alzato gli occhi al cielo. Lo conoscevo talmente bene, talmente a fondo, lo avevo osservato così tanto che conoscevo ogni sua singola reazione involontaria. Mi spaventavo da solo.

-Ah. E.. com’è?- Chiesi, un po’ incerto. Evidentemente Chris se ne accorse. Lo avvertii schioccare la lingua contro il palato.

-Ti interessa sul serio?- chiese, con tono accusatorio. Mi addolcii. Non volevo che pensasse che ce l’avessi con lui.

-A me interessa tutto quello che interessa a te, mi pareva di avertelo già detto.- Fui io ad alzare gli occhi al cielo.

-D’accordo.. è solo che..-

- ..che nessun altro tuo amico etero si interessa di te fino a questo punto. Abbiamo già parlato anche di questo. Dovresti aver capito che non mi faccio di questi problemi, dopo tutto questo tempo.- Sorrisi teneramente. Sapevo che stava arrossendo ancora. E sapevo anche che  era grato del fatto che io non potessi vederlo. Si vergognava troppo di se’ stesso.

-Scusa, DC. Lui… beh, ha ventisei anni. Gli piace molto ballare, e..-

-Troppo vecchio.- Lo interruppi. Lui aveva solo ventun anni, per la barba di Silente!

-Non è vero! Ha solo un anno più di te.- Replicò, piuttosto indignato.

-Un anno e mezzo. E non intendo dire che è un vecchio decrepito. E’ solo troppo vecchio per te.- Mi morsi un labbro, per non lasciar trapassare tutto il risentimento che stavo provando.

-Ma non dire cazzate. Per la maturità che mi ritrovo dovrei uscire con gli ottantenni.- Ridacchiai. Non aveva tutti i torti, in effetti.

- Già. Prova, sarebbe un bello spettacolo vederti alle prese con i loro pannoloni.-

-Molto spiritoso. Quindi tu dovresti passare il tempo allattando bambine di cinque anni.-

-Sempre meglio che svaligiare tutte le farmacie del paese in cerca di altro viagra, no?-

-Sei un pedofilo, lo sai?- 

-Può darsi.- Scoppiammo entrambi a ridere. Ma, nella mia risata, c’era un retrogusto amaro, che sperai non cogliesse. Secondo il ragionamento che avevo fatto, anche io ero troppo vecchio per lui. Sospirai, mettendo fine alla risata. Chris riprese a parlare.

-Dicevo che gli piace molto ballare.. ha studiato alla Juliard, vorrebbe diventare insegnante di classica. L’ho conosciuto durante il tour. Quando  ha saputo che ero qui a New York per le riprese mi ha chiesto di uscire. –  E così non era la prima volta che passavano del tempo insieme. E si erano piaciuti abbastanza da volersi incontrare ancora. Gli occhi mi bruciavano.

-Farete sesso?- La domanda mi sfuggì come un tremolio. Non sapevo se volevo saperlo veramente. Avevo paura di quella risposta.

Lo presi alla sprovvista. Per alcuni istanti, rimase in silenzio, il fiato sospeso.

-Io.. ecco, io non lo so. Suppongo che dipenda da.. da come va la serata.- Deglutì.

-Farete sesso.- Sibilai, tentando di inserirci una punta di malizia. Dovevo essere felice per lui. Dovevo. Finalmente si stava rifacendo una vita.

-Come lo sai, tu?- chiese, a metà tra l’indispettito e il divertito. Avrei pianto. Ero un idiota. Un mediocre, stupido cretino.

-Lui è più grande. Se lo aspetterà. Tu hai gli ormoni a palla, ho avuto ventun anni anche io. Succederà, è un dato di fatto.- Lui scoppiò a ridere. Una risata nervosa.

-Ah, smettila di fare l’uomo vissuto, per piacere.- Sorrisi. Fui felice che non potesse vedermi, mentre, nel buio della stanza, dalle cui persiane chiuse d’intravedeva la timida luce del sole invernale, una lacrima scendeva piano lungo il lato destro del mio viso, bagnando il copriletto. L’asciugai velocemente.

-Divertiti, Chris. Te lo meriti. Ci sentiamo domani.-

-Ti.. ti voglio bene Darren. Non immagini nemmeno quanto. Grazie.-

-Anche io. Ora vai a prepararti. E divertiti anche per me-.

 

***

 

 

Entrai quasi correndo, e, una volta nella hall, mi fermai di colpo, guardandomi intorno, col fiatone. Dalla porta scorrevole alle mie spalle, entrava aria fredda. Trattenni uno starnuto. Lea aveva ragione, probabilmente mi sarei ammalato.

Di fronte a me, la sala era completamente vuota.. ad eccezione di un uomo piuttosto alto, calvo e troppo, troppo magro, che mi stava fissando con aria truce e decisamente incuriosita dall’altra parte del banco della reception. Inspirai, e, facendomi forza, strinsi le braccia al petto, avviandomi nella sua direzione. Mentre avanzavo, mi guardai intorno. Tutto era placcato in oro e rosso, e c’erano moltissimi dettagli neri e blu. Il contrasto era veramente forte, e rendeva l’ambiente molto sfarzoso. Non era la prima volta che entravo in quell’albergo. C’ero stato proprio quell’estate, durante il tour. Avevamo alloggiato lì.

-Buongiorno, Signore. Posso esserle utile?- L’uomo si rivolse a me, distraendomi dai ricordi di quel luogo. Sospirando, cercai lo sguardo di quell’uomo. Edward, c’era scritto sulla sua targhetta, appuntata sulla giacca bordeaux.

-Salve- Mi morsi un labbro. Cosa dovevo fare? Chiedere di Chris? Dire che mi stava aspettando? Farlo chiamare?- Si, avrei bisogno del suo aiuto. Avrei.. urgente bisogno di parlare con una persona che, momentaneamente, alloggia in questo hotel.-

Il tizio alzò un sopracciglio, senza scomporsi. I suoi occhi si soffermarono sulle mie occhiaie, e poi sui miei intrattabili e disordinati riccioli.. Avevo pianto parecchio, in quelle ore, e non avevo dormito. Non ero esattamente al massimo dello splendore.

-Nome?- Chiese, infine, avvicinandosi al computer, e prendendo a digitare qualcosa che non riuscivo a vedere.

-Si chiama Christopher Colfer.- Esclamai, senza esitazione. Solo pronunciare il suo nome mi fece sorridere. L’uomo aggrottò la fronte, poi si voltò di nuovo nella mia direzione. Nervoso, presi a picchiettare le dita contro il banco.

-Mi spiace, al momento il Signor Colfer è impegnato. Devo lasciargli detto qualcosa?-  Mi crollò il mondo addosso. Ovviamente era ancora in stanza con Matt. Cosa mi aspettavo? Chiusi gli occhi. L’altro aveva parlato mantenendo una freddezza innaturale, senza mostrare il minimo segno d’interessamento.  Sentii la rabbia montarmi nel petto. Cercai di non alzare troppo la voce. Non volevo farmi sbattere fuori. Dovevo fargli capire quanto fosse importante. Senza giocarmi tutto, possibilmente.

-Senta.. Edward, so che Chris è con un ragazzo e non vuole essere disturbato. Ma le posso assicurare che ho i miei buoni motivi per interromperlo durante.. – Non riuscivo neanche a dirlo. Non riuscivo a parlare. Perché mi ero ridotto così?- beh, ha capito. Altrimenti sarei tranquillo nel mio letto, a dormire, invece di stare qui a rompere l’anima a lei, con un nido al posto dei capelli e gli occhi fuori dalle orbite, non trova?!-  Alzai gli occhi al cielo, tentando di non urlargli in faccia.

-So solo che il Signor Colfer non vuole essere disturbato fino a questo pomeriggio. Perciò, non può esserci niente di così importante che non possa essere detto tra qualche ora. O per telefono.- Esclamò Edward, spazientito. Mi avvicinai a lui, prendendolo per la collottola, anche se non con forza. Tanto valeva sputtanarmi. Bene. Lo fissai dritto negli occhi, tentando di fargli capire tutto quello che io stesso ci avevo messo mesi a capire.

-Forse lei non capisce. Io devo vederlo adesso. Lei non sa cosa ci lega, non può.. –

-Non posso capire? So benissimo chi siete, e cosa vi lega. Mia nipote non fa che parlare di Lei e del signor Colfer. So che siete amici intimi. È rimasta delusa, quando ha saputo che il suo amico era in camera con un ragazzo che non porta il suo nome, signor Criss.- Sussurrò l’uomo, allontanandosi da me. Lo lasciai andare. Già mi vergognavo di quello scatto. Rimasi meravigliato del fatto che conoscesse il mio nome. Sospirai, guardando il pavimento. Rimasi in silenzio per alcuni secondi. Poi, però, incrociai di nuovo i miei occhi con quelli di Edward. Se davvero sua nipote gli aveva parlato tanto di noi, doveva sapere che non ero un tipo che si arrendeva facilmente.

-Beh, può dirle che c’è stato un malinteso. Se mi lascia salire in camera di Chris.. potrà dire a sua nipote che siamo più intimi di quanto avrebbe potuto immaginare, forse. Ma non sarà così, se non mi aiuta. Io.. sono stato un idiota, Edward. Voglio dire, lo sono spesso, ma questa volta ne va della mia felicità, e di quella di Chris.- Gemetti, ripensando alle parole di Lea. L’uomo, finalmente, sorrise.

-Sedicesimo piano, stanza numero 6172. L’ascensore è alla sua destra. E.. quando scende, gradirei almeno un autografo.- Le mie labbra si spalancarono in un enorme sorriso. Lo avrei baciato, se avesse voluto. Qualsiasi cosa. Non mi importava.

-Ovvio. Grazie mille!- Corsi verso gli ascensori. Mi sembrava quasi di non toccare terra. Mi fiondai all’interno del primo aperto che trovai. L’orologio all’interno segnava le cinque e due minuti. Picchiettai impazientemente il piede contro il pavimento instabile, e, finalmente, dopo quella che mi era sembrata un’eternità, arrivai a destinazione. Attraversai, più in fretta possibile, il corridoio.

Le luci tremolavano leggermente. Mentre avanzavo, lasciai che la mia mano sfiorasse, a tratti, il muro.  Quando arrivai di fronte alla stanza, non ero sicuro che avrei retto.

Non sapevo cosa avrei dovuto fare. Avrei resistito alle lacrime, o alla rabbia, se fosse stato quel Matt ad aprirmi? Magari coperto solo da un lenzuolo? Poi, però, avvicinandomi un po’, mi resi conto che l’entrata era socchiusa.  

Trattenendo il fiato, poggiai la mano sulla parte liscia della porta, per bussare..  ma prima che riuscissi a prendere abbastanza coraggio per farlo, avvertii un rumore. Oh, no, non poteva essere quello che pensavo.  Deglutendo, mi feci forza, e avvicinai un po’ il viso. Quello che, all’inizio, mi era sembrato un gemito, non era altro che un singhiozzo.

Aggrottai la fronte, preoccupato. Poi, la voce di Chris – più acuta del solito, e, ovviamente, ovattata, giunse fino al mio orecchio. Stava cantando.

-Can't stop looking at the door, wishing you'd come sweeping in the way you did before.. and I wonder if I ever crossed your mind.

For me it happens all the time..-  Avvertii la sua voce spezzarsi. Non mi piaceva sentirlo così. Realizzai che non mi importava che ci fosse qualcuno con lui. Non mi importava che non si aspettasse una mia visita così presto, e non mi importava nemmeno di rendermi ridicolo. Volevo solo farlo stare bene, perché, ne ero piuttosto sicuro, non era così al momento. Chiusi gli occhi, e, senza bussare, aprii.

 La luce di un’abat-jour illuminava l’ingresso non molto grande, che si apriva in una stanza da letto piuttosto ampia, ma vuota. Era tutto molto ordinato, se non per il letto sfatto, le cui coperte sembravano aver passato la terza guerra mondiale. Chris era seduto sul pavimento di marmo chiaro, le ginocchia strette al petto, la testa nascosta tra di esse. Indossava solo i jeans. Era solo.  Chiusi la porta alle mie spalle. Non sapevo se si era accorto di me. Mi avvicinai lentamente a lui. Mose piano la testa nella mia direzione, ma, quando alzò il viso, gli occhi arrossati s’illuminarono. Era molto, molto sorpreso. Talmente tanto che, per poco, non rotolò indietro, perdendo l’equilibrio.

-Che.. Darren. Perchè sei qui?- Chiese. Sembrava teso. Le sue spalle perfette s’irrigidirono. Sospirai. Non lo avevo mai visto senza maglietta, realizzai.

Mi accucciai al suo fianco, sfiorandogli il mento con l’indice, per fare in modo che guardasse nella mia direzione. Quando i nostri occhi s’incontrarono, persi un battito.

-Avevo.. avevo solo bisogno di stare con te.- Sussurrai. Ed era vero. In ogni senso.- E, a quanto pare, ho fatto bene a venire. Tutto bene?- Chiesi, sfiorando i suoi capelli con una mano. Lui chiuse gli occhi arrossati, e poggiò la testa sul mio petto, lasciandosi cullare. Sorrisi. Sentirlo così vicino era la cosa più bella che mi fosse mai capitata.

-Non lo so.- Mormorò. La sua voce s’incrinò. Sospirai, avvicinando le labbra ai suoi capelli, mentre incrociavo le ginocchia, per sorreggerlo meglio.

-E’ successo.. qualcosa?- Chiesi. L’allusione al sesso mi venne spontanea. Matt non c’era. Non c’era nessuno, oltre a Chris, questo era piuttosto chiaro. Ma questo non escludeva niente.

-E’ stato strano. Darren, questa serata è stata la più perfetta della mia vita, credo. Talmente tanto che sembrava irreale. E.. beh, siamo saliti in camera. E abbiamo fatto sesso. E lui era perfetto.  Troppo perfetto. Era troppo dolce, tanto da darmi la nausea. Era tutto quello che ho sempre desiderato e che non ho mai potuto avere, eppure non era quello che volevo in quel momento. Non mi sono affatto divertito. Ho odiato ogni singolo minuto passato con lui, sai. E.. quando lui è venuto.. Dio, Darr, non so perché te lo sto raccontando. Ho pianto. Non so perché, so solo che non riuscivo a fare altro. E poi l’ho mandato via. Non ero completo come avrei dovuto sentirmi. Non lo volevo. Io..- Singhiozzò ancora. Avvertii le sue lacrime bagnarmi il petto, mentre le sue mani si avvinghiavano alla mia felpa, con forza. Vederlo così era orribile. Una lacrima scivolò lungo la mia guancia, fino a cadere tra i suoi capelli. Gli baciai la nuca, e lui alzò lo sguardo. Sorrisi timidamente, asciugando le sue lacrime con un pollice. Lui fece lo stesso col mio viso.-Perché?- chiese, sorpreso. Sapevo che si stava riferendo alla lacrima. Il mio sorriso si allargò.

-Perché dovrei cominciare a tirare fuori le palle più spesso.- Sussurrai. Chris aggrottò le sopracciglia, confuso, ma, prima che potesse replicare, avvicinai il mio viso al suo. -It's a quarter after one and I’m a little drunk and I need you now.. Said I wouldn't call, but I lost all control and i need you now..-Sussurrai, intonando la melodia che lui aveva interrotto poco prima. La  sua sorpresa mutò in comprensione, e, prima che potesse chiudere gli occhi, mentre annullava la minima distanza che si era creata tra noi, altre lacrime scesero lungo il suo viso. Lacrime decisamente diverse da quelle che avevo visto prima. Lacrime di gioia.

Le nostre labbra si unirono perfettamente. Era come se tutta la mia vita ruotasse intorno a quel momento. Come se io fossi nato solo per vivere quel preciso istante. Per incontrare lui.

D’ora in avanti, tutto sarebbe stato perfetto. Tutto. Non m’importava del pensiero degli altri, del lavoro, degli amici, della mia vita. Ero pronto a cambiare, per lui. E lui era disposto a farlo per me. E non capivo come avevo potuto dubitarne.

Chris mi spinse delicatamente contro il pavimento. Gemetti, alla vista del suo corpo sopra di me. Il suo meraviglioso, candido corpo. Il viso ancora arrossato dal pianto, mi sorrise. Un vero sorriso, non uno di quelli trattenuti che riservava a tutti. E, in quel momento, fui sicuro di non aver mai amato nessuno così tanto. Il giorno dopo, avrei dovuto ringraziare Lea. 

Il futuro era imprevedibile, e strano. Non sapevo cosa sarebbe successo più avanti. Ma sapevo finalmente cosa provavo. E sapevo cosa provava lui. Era tutto quello che avevo bisogno di sapere. Tutto quello di cui avevo bisogno.. Era nelle mie mani.

 

   
 
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