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Autore: Miss V Blackmore    04/09/2011    5 recensioni
Mi hanno detto: “Il dolore scemerà pian piano nel tempo: tieni duro.”
Poi hanno abbandonato il mio percorso, lasciandomi in questa stradina desolata e buia.
Mi hanno detto: “L’alcool non è la risposta a tutto questo”.
Poi con degli sguardi delusi hanno giudicato la mia vita.
Mi hanno detto: “Pensa tu all’elogio funebre”.
Poi si son girati, e sono usciti dalla stanza come se nulla fosse.

Quando provi a mettere nero su bianco i tuoi sentimenti, li puoi cancellare solo con il sangue; le lacrime non servono a niente.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Synyster Gates, The Rev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non avrei mai creduto di poter scrivere una cosa del genere. Ma invece era dentro di me ed è dovuta uscire.
Credo che è stata una delle cose più difficili che abbia mai scritto.

When You're Gone

Mi hanno detto: “Il dolore scemerà pian piano nel tempo: tieni duro.”
Poi hanno abbandonato il mio percorso, lasciandomi in questa stradina desolata e buia.
Mi hanno detto: “L’alcool non è la risposta a tutto questo”.
Poi con degli sguardi delusi hanno giudicato la mia vita.
Mi hanno detto: “Pensa tu all’elogio funebre”.
Poi si son girati, e sono usciti dalla stanza come se nulla fosse.

Io? Non ho mai detto niente.
Scommetto che se parlassi in questo preciso istante, la mia voce risulterebbe roca e affaticata; senza considerare che non saprei nemmeno cosa dire. Non c’è niente da dire.
È questa la verità: la vita ha già detto tutto.
Ha sputato la sua sentenza, e non c’è possibilità di ricorrere in appello.
Tu sei morto.
Tu non ci sei più nella mia vita.
E a me non rimangono altro che i ricordi che mi perseguiteranno per il resto della mia esistenza.
Allegorie di un passato che mai avrei creduto di poter rimpiangere e odiare.
Abbiamo toccato insieme il cielo con un dito dopo aver provato quanto fosse duro l’asfalto  su cui i nostri culi venivano puntualmente a contatto dopo numerosi rifiuti.
Come posso buttare nero su bianco ogni mio più intimo segreto?
Come posso leggere questa stupida lettera davanti a tutti loro?
Mi sembra di essere tornato ragazzino: ho la sala piena di fogli strappati o semplicemente lanciati lontano.
Sono negato a scrivere, se non si tratta di canzoni o musica.
La cosa ironica è che la sto scrivendo al pc.
Quindi stampo e strappo.
È più poetico non trovi? Rende le bozze dei miei pensieri indelebili: almeno per un secondo.
Ma si tratta di te: di onorare James Owen Sullivan.
Non è più uno stupido tema da portare a termine.
È l’epica storia di un qualcosa che non avrei mai pensato di poter o dover, definire.
Perché non ci pensi mai a quanto sei piccolo e insignificante nei confronti del destino.
Non quando ti senti il padrone del mondo sopra un palco.
Non quando migliaia di persone ti chiamano, urlano il tuo nome come se fossi Dio.
Non quando hai così tanti soldi che puoi permetterti la miglior prostituta di Las Vegas.
Non quando sei circondato da chi ami.
Non quando hai ventotto anni e sei una cazzo di rockstar di fama mondiale.
Le cose brutte non capitano mai a quelli come te. Ai tuoi parenti. Ai tuo amici.
Le cose brutte capitano solo alle brutte persone.
Le tragedie, le si vedono al telegiornale nelle edizioni speciali.
Le morti, si leggono nei best sellers di Clamcy o King.
Il dolore è come infastidito dalla patina dorata che ti circonda quando vivi in un sogno; ma si vendica non appena ha l’occasione di scalfire l’armatura protettiva che si ha.

Non avrei mai pensato di vomitare l’anima senza aver bevuto un goccio di birra.
Non avrei mai pensato di non riuscire a piangere per il dolore provato.
Non avrei mai pensato di non poter più chiamarti nel cuore della notte e non ricevere risposta.
Non avrei mai pensato di non riuscire a respirare se penso a quello che è successo.

Come possono ventiquattrore stravolgere un’intera vita?
Portandoti lontano da qui. Da me, da noi, dalla nostra vita.

Non ho mai scritto così tante smancerie nemmeno a Michelle sai?
Ma certo che lo sai, sai tutto di me. Sapevi.
Sapevi cazzo. Qui mi frego. Ti parlo come se fossi qui, come se potessi rispondermi o anche solo sentirmi.
Come se fossi una mia cazzo di ragazza! Parlo di noi… Ma alla fine c’era un noi no?
Non ho perso un batterista.
Non ho perso un amico.
Ho perso una piccola parte di me, e nessuno potrà più restituirmela.

Con Michelle le cose non vanno bene.
Già mi immagino la tua voce che mi urla “Cazzo scrivi una cosa del genere in una lettera che leggerai al mio fottuto funerale? Davanti a tutti?”

E torno a chiedermi: che senso ha non dire le cose come stanno?
Lo abbiamo sempre detto tutti, che detestavamo gli elogi funebri nei quelli anche il più grande stronzo sulla faccia della terra ne usciva illeso e immacolato.
Tu non eri perfetto. Nessuno di noi cinque preso singolarmente lo è.
Tu eri il re degli eccessi.
Johnny il permaloso del gruppo.
Zacky lo stronzo.
Matt l’idiota.
Io il buffone.
Ma insieme funzionavamo: cazzo se funzionavamo.
Ora? Tutti sembrano voler dire la loro.
Vogliono comunicare, sentono questo bisogno impellente e necessario di esprimere i loro pensieri, i loro voleri, e le idee. A volte vorrei solo che tacessero e lasciassero uno squarcio di silenzio in tutto questo caos.

Per l’amore del Cielo sei sparito dalle nostre vite da poco più di settantadue ore. Voglio avere il tempo di poter comprendere tutta questa merda. Di analizzarla, e se voglio bermi una bottiglia di Jack non ho bisogno dei sospiri di mio padre, delle urla di Michelle o della compassione degli altri.

Se voglio scrivere in questa fottuta lettera che li odio un po’ tutti: voglio essere libero di farlo.
Se voglio scrivere in questa lettera che non ti perdonerò facilmente: voglio essere libero di farlo.

Ci hai lasciati.
Ci hai fatto catapultare nella merda fino al collo, e con grandissima difficoltà stiamo tentando di sopravvivere.

Rimpiango un casino di cose: tutte quello che ho evitato di rimpiangere fino a oggi.
Ogni lasciata è persa, cogli l’attimo, tutte massime che avevo fatto mie.
Fino a 72 ore fa’.

Ora non riesco a credere che ti ho rifiutato anche la chiamata mentre stavo andando in moto a farmi un giro. E non ti ho richiamato perché son rientrato tardi. Quando in altre occasioni ti chiamavo anche alle quattro di notte.

Ieri, io e Michelle abbiamo litigato.
Non ha smesso di piangere da quando ha saputo la notizia.
Io non la sopporto. Vedo le lacrime rigarle il volto, i singhiozzi scuoterle il corpo… E non la sopporto.

Tutti stanno piangendo. Non fanno altro che piangere e scambiarsi abbracci.
Devo essermi perso il bollettino in cui spiegavano l’utilità di tutto questo.

Io dentro ho solo rabbia e delusione, che hanno lo stesso sapore del tabacco e dell’alcool stantio.
Io non sono riuscito nemmeno a versare una lacrima.
Fa di me un mostro questa cosa?

Tu avresti pianto se fossi morto io?
O ti saresti semplicemente incazzato con tutto e tutti?
Io vorrei piangere. Anzi forse no. Non saprei come fermarmi.
Non ho paura di mostrarmi debole.
Ho solo paura di provare più dolore di quanto non stia già provando. Ogni mio nervo e muscolo è tirato fino a quasi farmi male.

Cosa si può fare?
Io sono stanco delle frasi fatte, della compassione, e della rassegnazione.
Sono stanco di passare davanti a casa tua  vedere tutto chiuso.
Sono anche stanco di girare lo sguardo ed essere travolto da circa una vita di ricordi, che mi calpestano e riducono a una poltiglia senza senso.

Porca puttana nemmeno la nostra birra preferita riesco a  bere senza sentirmi sopraffatto.

Ma la cosa che mi terrorizza: è che non voglio sentire parlare di musica.
Ho chiuso lo studiolo nel seminterrato insieme a tutte le mie chitarre.
Staranno lì finché non sarò in grado di domare i miei demoni.

Ho voglia di vivere ok?
Ho voglia di fare miliardi di cose che non ho mai fatto.
Ho voglia di non rimandare più nulla ne dare per scontato ciò che capita.

Non voglio più dimenticarmi come essere felice.
Ti ricordi? Ci faceva felici una birra e una partita con il Sega Mega Drive.
Ci faceva felici avere una canzone da suonare e farla tutta fino infondo. Senza sbagliare. Senza ridere.

Potrò essere felice ancora?
Potrò di nuovo ridere senza sentirmi il cuore pesarmi come se fosse cemento?

Hai qualche risposta da darmi? Puoi riuscire a sentire il mio silenzio e sapere che cazzo, tu mi hai reso un uomo migliore? Mi hai insegnato l’umiltà di chi con la camicia non ci è nato; la bellezza di poter fare quello che si vuole, e la sensibilità straordinaria di chi ricoperto di tatuaggi aveva un cuore in grado di dare molto di più di quanto le persone potessero mai ricevere.

Prima ho tirato fuori l’album del primo tour.
Sorrisi soddisfatti, occhi stanchi e la pelle stava diventando la tela sulla quale avremmo inciso tutto quello che valeva la pena di portare con noi.

Ho rivisto il tuo sorriso, quasi contagioso, e l’azzurro dei tuoi occhi che mi ricordava sempre l’acqua quella mattina alla laguna, quando mi portasti là per chiedermi aiuto. Perché non riuscivi più a frenarti, perché avevi tutto quello che volevi e l’insana voglia di distruggere tutto stava per fregarti.

Tu mi hai chiesto aiuto. A me.
A un pirla che ancora ama essere chiamato Synyster Gates perché Synyster Gates: è qualcuno.

Di egocentrico. Io qui dovrei parlare di te, di quanto sei importante per noi, e di quanto sentiremo la tua mancanza. Ma è realmente necessario? È davvero così impensabile capire che noi avremo sempre te nei nostri pensieri? A ogni risata, a ogni canzone cantata o nazione visitata. Per me no. Sembra quasi logico.

Sai che è morta Frizz?
Sai che nessuno ha chiesto a nessuno di scrivere un elogio a Frizz?
Insomma quella tarantola si è fatta un volo di tre metri la prima volta che te l’hanno messa in mano.
Qualcuno avrebbe dovuto dire che era un eroina che ti aveva fatto quasi passare la fobia.
Ma logicamente mi sembra poco appropriato parlare di Frizz, quando tu starai steso vicino a me in una bara. In una fottuta bara di legno. Perché logicamente a me di Frizz non mi fregava un cazzo, mi faceva perfino schifo pelosa com’era. Preferisco di gran lunga il genere di animali che quelle come Frizz se le mangiano a colazione.

Ma quanto ci siamo divertiti? Forse anche meschinamente, nel vedere affrontare a te una delle tue paure più profonde. Ma tu: eri un grande. Per me lo sei, e sempre lo saprai.

Anche quando sei venuto in studio, stavamo incidendo il Self-Title, e ci hai detto di correre fuori: subito, immediatamente. Il tempo di posare chitarra e fogli ci trovammo tutti quanti ad ammirare una Cadillac2 fiammante parcheggiata proprio davanti all’ingresso. Ti eri comprata la stessa macchina che avevamo usato per girare Bat Country. Tu avevi sempre detto che quel video era un capolavoro di genialità pura.

Vincemmo anche gli VMA quell’anno.

Eri felice, eri raggiante, eri totalmente pazzo per quell’’auto che aveva perfino il cambio manuale.
Senza neanche doverlo ricordare: partimmo per Las Vegas così, senza portarci niente dietro o altro. Chiudemmo la saletta, il cancello, e partimmo con quella macchina che avresti adorato e curato come una delle tue batterie.

Quel viaggio fu esilarante, beccammo uno dei diluvi più potenti che si era abbattuto nel Nevada degli ultimi cinque anni. Eri furioso: non ti avevano permesso di farti Huntington Beach – Las Vegas totalmente con la cappotte abbassata.

Sai, più scrivo, più mi rendo conto semplicemente di una cosa.
Fai parte della nostra vita, fai parte di ciò che siamo e ciò che saremo.
Io posso stare anche cinque ore in piedi a dire quanto tu fossi speciale, pazzo, e insostituibile.

Ma questo non farebbe stare bene nessuno dei presenti. Nessuno vuole amplificare il vortice nero che la tua assenza ha generato, nessuno vuole nutrire quel buco con disperazione, paura e sofferenza.

Quindi voglio solo invitare i presenti a tornare a casa, a prendere la loro bottiglia migliore di Whiskey e fare un brindisi in tuo onore, a ricordarti così con semplicità e affetto. Era tutto quello che hai sempre cercato e voluto. Gente intorno a te che ti volesse bene e ti apprezzasse.

E ci siamo tutti, qui per dirti: guardaci da lassù e vedi di continuare a vegliare su di noi proprio come hai fatto in tutti questi anni, attento osservatore. Ok? Perché noi abbiamo un fottuto bisogno che qualcuno non ci lasci andare dalla deriva. E solo perché non ci sei tra noi, non vuol dire che tu non possa aiutarci.

E osserva anche tutti quei fan che con noi stanno piangendo lacrime amare, e che ti ci stanno vicine.
Li hai ispirati, li hai impressionati e conquistati.

Loro sanno quale perdita dovranno affrontare, e so che tu li aiuterai.
Ma prima vengo io.
Ricordatelo; ok?

Grazie per aver fatto parte della mia vita, per essere stato presente come un fratello, comprensivo come un amico, complice come un compagno. Non ho altro da aggiungere se non un brindisi in tuo onore.

Non potrò mai dimenticarti.

Ti voglio bene.

 

Storia scritta per il secondo bando del concorso: Fidelity 12 Mesi di fedeltà.

Il tema: "La Felicità"
Ispirato dalla traccia d'esame di maturità dell'anno scorso e probabilmente scontato al massimo. Non sarà originalissimo, ma è abbastanza "generale" da permettere ad ogni singola partecipante di interpretarlo a modo proprio. Dunque potrete interpretarlo come più vi piace, (ovviamente senza uscire fuori tema, mi sembra ovvio), potete prendere spunto dalla definizione data dal dizionario, dalla visione di un filosofo o scrittore, o semplicemente da quella che è la vostra esperienza o punto di vista. Le possibilità sono infinite.

Le difficoltà
Difficoltà 1: personaggi non autoreferenziali.
Difficoltà 2: menzionare almeno due caratteristiche fisiche di un personaggio coinvolto nel racconto.

1 Prompt= Immagine presa dal video ‘After Life’; che raffigura Frizz sulla mano del Rev.
2 Prompt= Immagine presa dal video ‘Bat Country’; che raffigura i ragazzi in macchina.

   
 
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