PROLOGO
Il giovane si chiamava Mike e già dopo il suo primo passo sulla terra compatta dell’Arena, seppe che stava per morire. Il pensiero, ineluttabile e gigantesco, gli riempì la testa con tutta la sua forza, lasciandolo attonito e terrorizzato. Mike era troppo giovane per considerare seriamente la possibilità di morire. Benché fosse un Runner, quindi predestinato a vivere la sua vita sul filo del rasoio sin dai primi anni di Accademia, aveva ancora l’età del “tutto è possibile e tutto è impossibile”; quindi la consapevolezza di stare per morire, insindacabile e brutale, lo colpì allo stomaco come un maglio improvviso e inaspettato, facendolo gemere debolmente. Per reazione, immediatamente, nella sua testa scattò forte e chiara la voce del suo sergente maggiore, l’addestratore in Accademia.
“Piantatela di frignare mammolette! Siete Runners, perdio!!”
“Runner, sono un Runner, sono un maledetto guardiano dell’ordine e della legalità, non ho paura di niente…” mormorò Mike a fior di labbra. Ma aveva paura, una paura stupefacente, perché stava per morire e non ne sapeva minimamente la ragione. Attonito, si chiese come fosse potuto succedere: solo qualche (ora? giorno?) tempo prima era un giovane Runner rampante, fresco di Accademia, ancora entusiasta del suo lavoro nonostante i turni massacranti dedicati ai pivellini come lui, fiero di essere un paladino della giustizia…poi? Poche, confuse immagini immerse in un nulla ovattato sostituivano la memoria degli ultimi giorni. Non sapeva dov’era, né come aveva fatto ad arrivare lì, in quell’Arena che odorava di fresca terra battuta e di morte. Era su una DDW? Quasi sicuramente: sulle Orion non poteva esistere una struttura del genere senza che il CDI ne fosse al corrente. Era disarmato, senza calzature, con addosso solo un camice ospedaliero. Si sentiva nudo, indifeso, terrorizzato. Come era arrivato lì…?…Perché?
Mike mosse un altro passo incerto verso il centro dell’Arena. Abbagliato dalla luce accecante, vedeva solo confusamente i contorni del grande circo di terra rossa su cui stava camminando: gli spalti enormi sembravano fatti per accogliere centinaia di spettatori, accorsi per godere della macabra corrida che vi si stava svolgendo come in un moderno Colosseo. Ma non una persona occupava quello spazio vuoto. Solo nella tribuna d’onore, dritto davanti a Mike, si intuiva confusamente il movimento di alcune teste. I suoi spettatori?
“Assisteranno alla tua esecuzione” mormorò maligna una voce dentro la testa di Mike. Questo pensiero lo gelò per qualche secondo. La mente si trastullò con un nulla simile ad anestesia, prima che il terrore, puro e compatto, gli balzasse addosso puntando direttamente alla gola.
“No!!” gridò Mike, con quanto fiato aveva in gola. Fu poco più che un sussurro sfiatato, sufficiente a far agitare le teste della tribuna d’onore, come palloncini colorati mossi da un alito di vento. Poi, Mike si accorse che si erano mossi, sì, ma non per lui. Qualcosa dietro di lui.
Era arrivata.
La sua morte.
Mike la sentì sopraggiungere alle sue spalle, preceduta da un rumore di passi, pesante, mastodontico. Un’ombra lo sovrastò, imponente come una montagna.
Mike strinse i pugni, smettendo di respirare. Un leggero rivolo di urina gli scivolò lungo la gamba senza che nemmeno se ne accorgesse, impregnando la dura terra sotto i suoi piedi. Poi un pensiero, misericordioso come un balsamo lenitivo sulle ferite. Doveva lottare. Lui era nato per combattere. Già dalla Fabbrica, quando era bambino, gli era stato detto qual’era il suo scopo nella vita: combattere! Strinse i pugni tremanti. Inspirò profondamente. Mentre si preparava a voltarsi, la voce del sergente maggiore tornò a squillargli nelle orecchie, potente e vittoriosa come un canto di gioia: siete Runners…
“…perdio!!” mormorò Mike.
E si voltò.