First: love sucks
Ci risiamo.
Fisso il vuoto per un istante, cercando di scrollare via pensieri
scomodi, scomodissimi. Ogni tanto, mi capita di avere delle specie di
“rivelazioni”.
Non mi
invidiate, fanno schifo. Di solito, si tratta di piccoli dettagli che
il mio cervello unisce, elabora, e mi presenta sotto forma di
pensieri. Pensandoci bene, sono più dei colpi dritti al
cuore, che
mi rendono consapevole di qualcosa che è rimasto latente per
chissà
quanto tra i miei emisferi.
Dannato
cervello.
La
“rivelazione” in questione è una
sciocchezza, stavolta. Ma sì,
non è il caso di darle peso. Ok, sto mentendo a me stessa.
La cosa
mi spaventa a morte.
Mi alzo in
piedi accigliata e comincio a camminare furiosamente, avanti e
indietro, nella mia stanza.
“Coraggio,
Matilde” - dico a me stessa - “ci sarà
una soluzione”.
È sempre
la stessa storia. Tutto cominciò... Ma che dico. Niente
è
cominciato, così ci sono nata.
Ho graziosi
occhi verdi, capelli castani, e la totale incapacità a far
fronte a
una relazione
seria.
Da che
mondo è mondo, ricordo di aver sempre avuto questo problema.
Diciannove anni, tre dei quali passati a frequentare ragazzi. La mia
relazione più lunga è stata di cinque mesi e
mezzo. Avevo quindici
anni, lo lasciai due volte e mi fidanzai con un altro ragazzo, nel
frattempo. Quindi, non sono proprio cinque mesi; ma è stata
comunque
la relazione più lunga che io abbia mai avuto. Il che
è tutto dire.
“Non hai
ancora trovato quello giusto” penserete voi. E magari avete
anche
ragione. Con quello giusto non ti chiedi neanche se
“è quello
giusto”, perché te ne accorgi e basta –
credo. Con “quello
giusto” hai le farfalle allo stomaco ogni volta che lo vedi,
sobbalzi quando senti il suo nome, perdi completamente la testa.
Lobotomia gratis, yuhu. Con “quello giusto” alla
fine ti ci sposi
pure. Rabbrividisco: io e parole come sposa, matrimonio e
finché-morte-non-ci-separi non andiamo molto d'accordo.
“È
naturale” penserete voi. È normale, ho diciannove
anni, tutta la
vita davanti a me. E che sarà mai? Un paio di relazioni
finite male,
non è la fine del mondo.
No,
infatti. Non ancora, almeno.
Non mi
ritengo affatto una ragazza normale, con delusioni normali. Non cerco
il vero amore,
– quello famoso del “ragazzo giusto”-
quella roba non fa per
me. Il vero
amore,
secondo me, è una vera fregatura.
Lo dico sempre alle mie amiche: “Non innamoratevi,
è la fine. Neanche ve ne accorgete e siete in gabbia,
farfugliate smancerie e
parlate solo di lui.
Poi, rimanete fottute. Un bel giorno, vi lascia per una più
carina,
più “formosa”, o semplicemente, vi dice
che si è stufato di
voi”.
“Matilde,
quanto sei cinica!”
Tz, cinica,
io. Ho solo capito una grande verità. L'amore fa schifo.
“E allora
perché ti lamenti tanto delle tue relazioni disastrose?"
Giusta
osservazione. È presto detto: io non cerco il vero
amore,
cerco lo
stare bene con una persona
unito a un pizzico di complicità
e serenità tra fidanzati.
Visto? Non
chiedo molto. Tutto qui.
Per ogni
ragazzo nuovo, mi illudevo di aver trovato tutto ciò.
Mi metto a
sedere sul letto, la faccia sconsolata mi cade tra le mani. Alzo lo
guardo: lì, come a deridermi, nella scrivania, troneggiano i
peluche
regalatimi da ex ragazzi. Uno, due, tre... quattro. Sono stati
gentili però, non trovate?
Sposto lo
guardo sulla libreria. Sorrido guardando i palloncini, ormai
praticamente sgonfi, che sfoggiano la scritta “Buon
Compleanno”
con vari 18 qua e là. Ah, che bei ricordi. Regalo di amici,
quello.
Senz'altro bei ricordi!
Tremo.
Quelle
maledette rose che ci fanno ancora lì?
Sono un
mazzo di rose appassite – come il sentimento che provavo per lui
– che sono decisamente
da buttare via. Mi alzo e le afferro; le guardo un'ultima volta prima
di gettarle via. Erano state un bel regalo. Inatteso. Stupendo.
Scrollo le
spalle e do un'occhiata alla scrivania; regna il caos. Prendo una
borsa che non uso da qualche giorno con l'intenzione di riporla
nell'armadio.
Grave
errore.
Lo apro, e
la prima occhiata cade su una borsetta di un colore vivace,
costosissima e ormai dimenticata – come quello che provavo
per
lui. L'ho
sempre detestata; quando me la regalò, sfoggiai un sorriso a
trentadue denti dicendo di adorarla.
Poverino,
non ha proprio gusto. Devo ricordarmi di venderla su eBay, magari mi
ci faccio qualche soldo.
Mi risiedo,
frustrata. Ora anche la stanza ce l'ha con me. Forse perché
non la
pulisco mai. Mentre mi abbandono a pensieri filosofici, su quanto
l'amore sia strano, inaccessibile, complicato, volubile – sto
parlando dell'amore o di me?
- sobbalzo al trillare isterico del mio cellulare.
“Amore,
scendi :)”
“Arrivo
:)” - rispondo.
Cerco di
darmi un contegno.
Andiamo a
capire qualcosa di questa nuova relazione.