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Autore: ittosan    05/09/2011    0 recensioni
GS, cavaliere del Nuovo Ordine, si troverà presto coinvolto in una terribile disputa contro qualcuno che sta utilizzando un'arma terribile... un'arma che sembra essere riemersa dai recessi di quel passato che il cavaliere avrebbe voluto lasciarsi per sempre alle spalle.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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GS fissava le strade della sua città attraverso il finestrino della vettura. I suoi occhi erano puntati sulle vie  affollate, eppure la sua mente era fissa su un unico pensiero: “Che diavolo ci faccio qui dentro?”. Un pensiero che spesso si trasformava in “Che ci faccio con lui?”. La macchina in cui stava girando apparteneva a Lug Dollum, il quale era seduto alla guida. Lug Dollum era stato uno dei suoi primi amici. Gli sedeva accanto alle elementari, a volte studiava con lui. Avevano passato molti anni a giocare insieme ad ogni tipo di gioco; da “Conquista il lampione” a “Nascondino” e persino a “muretto”. Si erano persi di vista quando erano passati alle scuole medie inferiori. Nuovi amici e nuove strade, ma le loro strade erano destinate ad incrociarsi nuovamente alcuni anni dopo… gli anni della tragedia.
“A cosa stai pensando?” – Tobia lo riportò al presente. GS sospirò, aveva fatto un breve viaggio indietro nel tempo e quello che aveva rivisto non gli era certamente piaciuto. “A nulla” – Rispose – “Guardavo qualche vetrina”. Tobia tornò a voltarsi e a guardare la strada, mentre Lug continuava a parlargli di quel palmare che doveva acquistare – “Tobia cosa ne pensi di quel modello?”. GS tornò a fissare i negozi. Lug e Tobia. Li aveva fatti conoscere lui e da allora non si erano più separati. Ormai tutti in città sapevano che Lug voleva passare molto tempo col suo amico, mentre Tobia lo seguiva in ogni avventura solo per non restare solo. Qualche linguaccia aveva anche ipotizzato che i due fossero omosessuali, GS invece aveva un’altra idea. Il cavaliere era convinto che Lug continuasse a frequentare Tobia nella vana speranza di riuscire ad avvicinare nuovamente la sorella. Nella mente del ragazzo si formò chiaramente l’immagine della bella Clelia. Alta circa un metro e sessantotto centimetri, lunghi e luminosi capelli bruni mossi. Occhi nocciola di un’intensità nella quale era facile perdersi; un corpo sottile e con le rotondità al posto giusto e soprattutto una dolcezza in grado di conquistare anche un orco, questa era Clelia. Sia lui che Lug ne erano stati molto innamorati ma alla fine nessuno dei due era riuscito a conquistarla. Che fosse colpa delle rigide leggi della Congregazione, la setta a cui apparteneva la sua famiglia, o che il motivo fosse un altro, sia GS che il suo “rivale” non ebbero successo e Clelia restò libera. I due ragazzi però, come spesso accade in queste situazioni, si diedero battaglia in ogni modo. Per Lug fu facile oscurare la sua fama agli occhi della famiglia Duval, a causa del suo passato. GS era stato uno dei primi abitanti della sua città a contrastare le mosse della Congregazione. Aveva iniziato gli studi come Cavaliere del Nuovo ordine e quando era rientrato in città, aveva attaccato con ogni mezzo a sua disposizione la Congrega. I suoi sforzi portarono ad una situazione di stallo: La città confinò la Congregazione entro i limiti di alcuni quartieri prestabiliti.
In città tornò così la pace ma la madre dei due fratelli non avrebbe mai più perdonato GS e questi non avrebbe mai dimenticato le sue imposizioni nei confronti dei giovanissimi figli. Per Lug fu semplice entrare nelle grazie della donna, che apprezzò molto i suoi commenti negativi sul giovane GS. Ma, nonostante tutti gli sforzi di Lug, Clelia rifiutò le sue avances.
Il tempo aveva trasportato GS attraverso tutta una serie di nuove avventure e conquiste, cosicché quella divenne solo una vecchia storia. Il cavaliere si era sforzato di dimenticare la bella compagna ma era anche convinto che questo non valesse per Lug, che era stato sempre abituato a piangere e frignare fino a quando non otteneva ciò che voleva.
Lug era entrato nella polizia di stato e faceva bella mostra della sua pistola. GS ricordava bene che il ragazzo si era sempre vantato delle sue posizioni. Tobia invece aveva deciso di andarsene in America e così aveva trascorso cinque anni a San Francisco. Entrambi i ragazzi erano alti circa un metro e ottantacinque, con una corporatura asciutta. Luigi però portava sempre i segni di una depressione che lo perseguitava da anni, mentre Tobia appariva sempre il solito bravo ragazzo. Nonostante i litigi, GS doveva ammettere che Tobia era di quegli amici che non gli avevano mai fatto del male. Portava i capelli molto corti, i suoi occhi di colore chiaro erano molto profondi. All’orecchio sinistro portava un orecchino ornamentale.

“Ragazzi adesso ci fermiamo e prendiamo qualcosa” – Lug stava parcheggiando nei pressi della paninoteca – “Vi va un panino?”. Tobia si voltò e guardò GS. Il cavaliere annuì.
I tre vecchi amici presero posto ad un tavolo libero e consultarono il menù. GS scelse un panino con hamburger, patatine e provola ed in più ordinò un piatto di insalata di pomodori. Lug e Tobia scelsero entrambi la stessa cosa: Panino con petto di pollo e insalata e due porzioni di patatine con maionese. Quando il cameriere, un ragazzo sui diciassette anni, chiese cosa volessero da bere, GS e Lug ordinarono una birra media, mentre Tobia chiese un’aranciata. Il cameriere annotò le ordinazioni e scomparve. Lug cominciò a giocherellare con una confezione di stuzzicadenti e GS fissò il suo vecchio amico con l’orecchino. “Da quando in qua rinunci ad una bela birra fresca?”. GS ricordava benissimo quanto Tobia fosse attaccato alla birra. Cinque anni prima, quando ancora uscivano insieme la sera, l’amico non disdegnava mai di ordinare la solita birra con una fettina di limone ed il sale. “Sai, quando arrivi ai venticinque anni è come se venisse pigiato uno “switch” e di punto in bianco capisci che non hai più l’età per ubriacarti ogni sera… cominci a pensare seriamente di mettere la testa a posto…”.
“E così hai deciso di sposarti e di non bere più”.
“Proprio così” – Rispose Tobia. Proprio in quel momento arrivò il cameriere e posò le bevande sul tavolo. “Per i panini ci vorrà ancora un po’” – Disse, prima di andarsene.
“Tu invece sei diventato un paramedico” – Disse Lug a GS. Il cavaliere fissò lo sguardo sull’altro amico ed annuì. “Sì. Mi sono laureato da poco. Adesso prenderò servizio nella stessa città in cui ho studiato… poi si vedrà”.
“Tra poco verrà anche per me il momento di prendere servizio” – Disse Lug. GS notò subito lo sguardo malinconico dell’amico ma fece finta di nulla.
“Beati voi che siete rimasti qui” – Disse tutto ad un tratto Tobia – “Io invece ho dovuto fare i bagagli e andarmene in America… San Francisco. Se avessi avuto una professione sarei rimasto anche io qui, in Italia… ma non potevo continuare a lavorare per ottocentomila lire al mese e così…”.
“Dai non pensarci” – GS gli porse la sua birra – “Bevici su”.
“Ti ho detto che non bevo!”.  I tre ragazzi cominciarono a ridere.

Quando finirono di mangiare, i tre ragazzi pagarono il conto e tornarono in macchina. Lug accese l’autoradio. Il notiziario stava trasmettendo le ultimissime: “Sembra che la notte scorsa qualcuno si sia introdotto negli stabilimenti più antichi della città, stabilimenti tutt’ora in possesso della Congregazione”. L’attenzione di Tobia era tuta per il notiziario, nemmeno ascoltava le frasi di Lug. “Sembra che in città sia tornata Cornelia, la moglie del vecchio pastore scomparso. Secondo alcune fonti sembra che non sia stato rubato nulla, anche perché gli stabilimenti, a detta di molti, sarebbero vuoti dal lontano 1993. Alcune indiscrezioni però farebbero pensare che sia sparito il simbolo della setta stessa. A cosa si riferissero di preciso, non siamo riusciti a capirlo. Nei prossimi giorni chiederemo un’intervista alla signora Cornelia e cercheremo di capire cosa c’è di vero nelle voci che stanno circolando”.  Il viaggio proseguì senza commenti. Nessuno diceva niente ma sia GS che Tobia stavano pensando alla notizia di poco prima. Entrambi sapevano che quegli stabilimenti erano stati i laboratori segreti della Congregazione. In quegli stessi stabilimenti era stata creata l’arma più potente della congrega: la Lialce, una portentosa corazza da combattimento, capace di trasformare un comune uomo in una macchina da guerra inarrestabile.

Una volta arrivati a casa i tre amici si salutarono. Si sarebbero rivisti forse durante il fine settimana. Quando GS andò via, Lug trattenne Tobia per un braccio. “Devo farti vedere una cosa, seguimi”. Tobia seguì l’amico fino al suo garage, pochi metri distante da casa sua. Lug aprì la porta e si avvalse di una torcia elettrica per illuminare l’ambiente. Si trattava di un garage di circa ventidue metri quadri, nel quale c’erano due automobili ed uno scooter. Lug si diresse in fondo,  proprio al muro scorticato e segnato dal tempo e fece segno all’amico di seguirlo. “Non capisco… cosa c’è da vedere qui sotto?”.
“Tra poco lo scoprirai” – Lug posò la mano sulla parete ed applicò una leggera pressione in un punto preciso e, con somma sorpresa di Tobia, la parete si aprì, rivelando una scala che scendeva nel sottosuolo. “Mi hai portato fino qui per mostrarmi una cantina?”. “Quando imparerai che non tutto ciò che vedi è come sembra? A volte c’è molto più di quel che vedi”. Lug pigiò un interruttore e le scale si illuminarono. Il ragazzo cominciò a scendere le scale e Tobia lo seguì. Dopo pochi minuti si ritrovarono in una sala che misurava circa una trentina di metri quadri. Era pieno di attrezzature: Chiavi inglesi e altro, persino utensili per la siderurgia. “Adesso ti mostrerò un segreto… una cosa che ti farà molto piacere” – Il padrone del misterioso locale si diresse al centro della stanza, dove aveva celato meticolosamente qualcosa sotto ad uno spesso telone scuro. Fissò l’amico ed un sorriso prese forma sul suo viso,  rendendolo sinistro e quasi inquietante. Sotto lo sguardo inebetito di Tobia, Lug tolse il telo ed una luce forte illuminò ciò che vi si nascondeva sotto. Contemporaneamente cominciò a suonare una musica classica: la cavalcata delle valchirie. Tobia fissò Lug in modo accusatorio. “Quindi sei stato tu la notte scorsa…”.
“Proprio così!” – Lug mise un braccio attorno alle spalle dell’amico e lo fece avvicinare alla straordinaria arma. “Guardala Tobia! È la Lialce… una nuova versione della vecchia armatura da battaglia della Congregazione” – Lug passò una mano sulla superficie liscia della corazza. L’armatura era alta due metri, robusta e aggressiva. Le spalle erano munite di tre punte d’acciaio, punte che adornavano anche le ginocchiere. I pugni erano massicci. “Come puoi vedere ho apportato delle personali modifiche al modello 2.0. L’elmo che vedi è il Laserion. Un giorno, se vorrai ti racconterò come ne sono venuto in possesso”.
“Ti rendi conto di cosa vuol dire questo?” – Tobia appariva per nulla compiaciuto – “Quella corazza doveva servire solo in casi estremi e soprattutto per difendere la città e la Congregazione, non per essere esposta quaggiù. Tra poche ore mia zia sarà qui… cosa pensi che farà quando saprà di questa storia?” – Lug prese una birra dal frigo e la aprì. “Ne vuoi un sorso?”. Intanto la musica continuava a suonare. “Ma proprio non ti rendi conto di quello che hai fatto?”.
“Su via, rilassati. Tua zia sa già tutto. Eravamo d’accordo” – Lug fissò l’orologio da polso, poi batté le mani e la musica cessò. Accese un televisore al plasma che aveva appeso alla parete di fronte e si sintonizzò sul telegiornale regionale – “Ecco ascolta” – Alla televisione trasmettevano proprio l’intervista a Cornelia, la moglie del vecchio pastore della Congregazione. La donna, una signora di circa quarant’anni, bruna e dalla voce arrogante stava dicendo ai giornalisti che aveva visitato di persona gli stabilimenti. – “Non vi era contenuto nulla di importante da anni, li teniamo lì solo come immagine di quello che furono”. Tobia restò a bocca aperta – “Mia zia… non è stata nemmeno qui… cosa sta succedendo?”. Lug gli si avvicinò – “Guarda fratello” – Lo costrinse a fissare la possente corazza – “E’ giunto il tempo che la Congregazione si riprenda ciò che è suo… e che tua sorella, la somma Clelia, torni a regnare su questa città e su tutte le regioni del paese”. Tobia scuoteva la testa – “Io non so perché tu e mia zia abbiate deciso tutto questo ma è chiaro che la Congregazione non deve mai più mirare alla conquista… l’ultima volta che ci ha tentato… sai bene cosa è successo” – Tobia tornò verso la scala – “E sai bene anche quanto abbia sofferto mia sorella, dopo lo scandalo che scoppiò… fu un’onta su tutta la famiglia e questo a causa delle mire di grandezza di mio zio e di sua moglie”. Lug lo afferrò per un braccio e lo costrinse a voltarsi – “Guarda, fratello. Guarda e poi dimmi” – Lug fece in modo che un secondo scomparto della sala si aprisse. In delle teche azzurre erano in bella mostra  altre tre corazze – “Queste sono le altre armature. Una per te, una per la somma Clelia e l’altra per un vecchio amico”. Quasi come se avesse letto nel pensiero di Lug, Tobia si liberò del suo abbraccio e lo fissò in modo accusatorio – “E tu pensi davvero che GS si unisca a te e a mia zia? Proprio lui che ha combattuto contro di noi per molto tempo…”.
“I tempi cambiano e anche le persone diventano diverse” – Lug gettò in una cesta la bottiglia ormai vuota e spense le luci della sala – “Una di queste sere inviteremo il nostro amico qui sotto. Gli mostreremo la grandezza della nuova Congregazione e lo inviteremo, gentilmente, ad unirsi al nostro fianco… se dovesse rifiutare…” – Lug fissò la corazza ed assunse un’espressione dispiaciuta – “In quel caso me ne occuperò io stesso”.
I due amici salirono nuovamente di sopra ed abbandonarono il garage e la sua sala segreta. “Io continuo a non capire… perché tutto questo?”.
“Perché è giunto il tempo che la Congregazione torni a dominare sul caos”.

GS stava riordinando i libri. Mentre lo faceva si rese conto di non aver mai letto “Odisseum”, il continuo di due libri che gli erano piaciuti molto. “Dovrò decidermi a leggerlo prima o poi”. In quel momento squillò il cellulare. GS fissò il numero sul display ma senza riconoscerlo. Si avvicinò al balcone, lì dove il segnale era più forte, e rispose.
“Pronto?”.
“GS! Sono Lug”.
“Dimmi. Cosa avete deciso per questa sera?”.
“Stavamo pensando di andare a prendere qualcosa da bere in qualche locale. Ovviamente tu non puoi mancare”.
“Chi saremo?”.
“Io, tu, Tobia e forse lì troveremo qualche amico”.
GS stava leggendo la trama del libro che aveva ritrovato e non fece molto caso alle ultime parole dell’amico. “A che ora ci incontriamo?”.
“Io direi… verso le ventuno. Ti va bene?”.
“Magnifico” – Rispose GS – “Allora vi aspetto. Venite a bussarmi e poi andremo in qualche locale”.
“D’accordo” – Rispose Lug dall’altro lato – “A dopo”.

Come d’accordo, alle ventuno di quello stesso giorno, Lug e Tobia andarono a trovare GS e lo invitarono in un bar vicino, per prendere tutti assieme qualcosa da bere. La barista, una donna sulla cinquantina, con una folta capigliatura bionda e dei profondi occhi castani perennemente velati di tristezza, li invitò a sedersi ad un tavolo all’interno del salone, accanto al vecchio videopoker. “Cosa vi porto ragazzi?”. “Per me un caffé corretto al liquore” – Disse GS mentre Lug ordinava un aperitivo analcolico. “E per te, cosa porto?” – Chiese la donna a Tobia. Il ragazzo ci pensò un po’ su, poi fissò Lug e disse – “Lo stesso che ha ordinato lui”. La donna annotò qualcosa sul foglietto e tornò dietro al bancone.
“GS cosa ne pensi della criminalità dilagante?” – La domanda di Lug lo colse completamente impreparato. L’amico scosse il capo e disse: “Che non è una cosa positiva… ma perché questa domanda, così all’improvviso?”.
“Perché da quando sono diventato poliziotto mi son sempre chiesto cosa ne pensa la gente della criminalità dilagante” – Lug prese a giocherellare con un proiettile che aveva estratto da un taschino dell’appariscente giubbotto – “Persino nella mia caserma ci sono dei poliziotti corrotti e sono molti, credimi”.
“Ah, ti credo” – Rispose GS.
“Nonostante il nostro giuramento, noi poliziotti siamo bloccati dai potenti, da coloro che ci governano e che spesso… troppo spesso sono collusi con la malavita” – Lug fissò GS dritto negli occhi – “Sai cosa penso? Ci vorrebbe qualcuno che rimettesse a posto le cose. Qualcuno come i Cavalieri del Nuovo Ordine delle leggende”. GS spostò lo sguardo, facendo finta di niente – “Qualcuno al di sopra della legge e delle istituzioni, qualcuno che possa punire i malfattori col pugno di ferro”.
“Ma questa è anarchia” – Rispose Tobia. In quel momento arrivò la barista e depositò le ordinazioni sul tavolo. “Il problema è sempre lo stesso: chi controllerebbe questo giustiziere? E chi gli impedirebbe di farsi giustizia secondo una visione personale delle cose?”. Quello che Tobia stava cercando di dire era che spesso chi ha un grande potere finisce per abusarne e per usarlo per il proprio tornaconto. GS se ne stette zitto e lasciò che se la sbrigassero loro due. Lug si portò alle labbra l’aperitivo, ne bevve una sorsata, poi continuò: “Io non la penso come te” – Poi, spostando lo sguardo su GS, aggiunse – “Io credo proprio che le cose stiano per cambiare in questa piccola città”. GS ebbe come il presentimento che qualcosa di brutto sarebbe successo nella città nei giorni a venire, ma sperò di sbagliarsi.
 
La serata andò avanti tranquilla. Il discorso cambiò ed i tre vecchi amici parlarono dei vecchi tempi e di quando erano ragazzini. Non mancarono delle allusioni al passato di GS, ma il ragazzo fece finta di nulla, non gli andava di litigare con Lug.  Quando si furono fatte le ventitrè, i tre amici si salutarono. GS e Tobia tornarono alle loro case, Lug invece si rintanò nel suo nascondiglio segreto e ammirò la possente corazza. Nonostante gli ordini della signora Cornelia fossero tassativi, lui la  pensava diversamente riguardo l’utilizzo della Lialce e, senza pensarci su due volte, l’indossò.

La sensazione che provò fu indescrivibile. Le varie parti della corazza si erano avvolte attorno al suo corpo ed i complessi meccanismi, creati dalla scienza segreta della Congregazione, stabilirono infinite connessioni col suo esoscheletro. L’esoscheletro, parte integrante della corazza da battaglia, era una creazione del defunto Cesar. Non solo potenziava la muscolatura e aumentava l’agilità del possessore, ma permetteva anche una stupefacente connessione con una delle armi più potenti dell’intero pianeta. “Quando Clelia indossò per la prima volta la Lialce, non poteva contare su un esoscheletro che ne perfezionasse la connessione”. L’affermazione di Lug era  esatta, poiché l’esoscheletro era stata un’invenzione di almeno tredici anni dopo. Sognando tutte le prodezze di cui sarebbe stato capace con indosso la spettacolare corazza da guerra, Lug uscì allo scoperto e se ne andò in giro.

GS se ne stava al computer. Navigava in internet. Fissò le lancette del suo orologio da polso: le due del mattino. Con sarcasmo il ragazzo pensò che fosse ormai ora di andare a letto. Non riusciva a smettere di pensare al discorso di Lug. Sin da piccolo era sempre stato un fanatico con la convinzione di essere il migliore ed il predestinato a cambiare le cose. Se davvero ci fosse in giro un potere in grado di trasformare un semplice ragazzo in un giustiziere della notte, allora GS sperava proprio che tale potere non finisse nelle mani di Lug. Il suo amico era la persona meno adatta a possederne uno. Prima di coricarsi restò seduto sul letto, perso a fissare lo scrigno contenente la corazza. Che l’allusione sui Cavalieri del Nuovo ordine fosse un tacito avvertimento per lui di non mettersi in mezzo?

Il mattino seguente GS si svegliò di buonumore. Salutò i genitori e si preparò ad uscire. Decise che avrebbe girato in macchina per l’intera mattina, chissà che non avesse incontrato qualche vecchio amico. L’autoradio stava trasmettendo il notiziario: “Non si conosce ancora l’identità del “super eroe” che questa notte ha bloccato quattro ragazzi mentre cercavano di rubare un’auto. I quattro giovani sono stati consegnati alle autorità locali, ma il responsabile della cattura non si è fato vedere.
Il sergente Dalesio, accortosi immediatamente delle condizioni in cui erano i quattro ragazzi, ha chiamato subito un’autoambulanza. Solo uno dei quattro ragazzi  sembra aver ripreso conoscenza. I suoi tre complici sono in rianimazione in prognosi riservata, sembra che abbiano ricevuto un colpo alla testa.
Il dottor Borriello, responsabile del reparto di rianimazione dell’ospedale della città, ci ha detto che i quattro uomini hanno riportato diverse fratture e tre di essi un forte trauma cranico, come fossero stai pesati con delle pesanti mazze di metallo…
GS decide di spegnere l’autoradio. Il sorriso gli scomparve dal volto ma ancora non voleva dar conto alla sua sensazione. Spense l’autoradio e accelerò, aprendo il finestrino dal lato conducente e lasciando che il vento gli scompigliasse i capelli. Fece il giro del quartiere e si diresse nuovamente al garage. Arrivato all’incrocio segnalò la svolta a sinistra, svoltò e dopo dieci metri girò a destra e si fermò a  pochi passi dal cancello automatico e, preso il radiocomando, pigiò il pulsante fissando la  luce rossa lampeggiare. Posò l’auto e uscì, sostando qualche minuto nel giardinetto pubblico sito a pochi passi dal garage, fissando i volti di quei perditempo. Si trattava di ragazzi della sua età che se ne stavano tutto il giorno a fissare le auto che passavano di lì, in attesa di compiere qualche rapina o qualche piccolo furto a discapito di qualche povero anziano. Immaginò se stesso con indosso la Fire Tiger avvicinarsi a quei tipi. Visualizzò nella sua mente i volti impauriti dei suoi coetanei ed un attimo dopo quell’immagine sfocò e al suo posto ne comparve una nuova: Gli stessi ragazzi avevano lo sguardo vitreo rivolto verso il nulla ed il volto segnato da rivoli di sangue.
Scosse la testa, scacciando quei pensieri macabri. Il Grande Maestro non lo aveva nominato cavaliere del nuovo ordine perché diventasse un assassino. Credeva che Cabro, il coraggioso capo dei mercenari, non gli avesse donato la corazza per trasformarlo in un assassino.
Tornò a casa, mangiò qualcosa assieme ai suoi familiari, poi andò a coricarsi. Quando si svegliò notò che il padre era di là che ascoltava il radio giornale. Ancora un fatto di cronaca nera. Anche i giornalisti adesso cominciavano a parlare di giustiziere. Questa volta la vittima era un uomo di quarantasei anni con vari precedenti per furto e scasso. Lo avevano trovato a pochi metri dall’auto che aveva rubato con la gabbia toracica fracassata. Una costola aveva perforato un polmone.

“Sei stato tu vero?”.
Lug continuò a sorseggiare la sua gassosa.
“Ti ho fatto una domanda”. Lug allontanò il bicchiere dalle labbra e fissò il suo amico. Pensò che le cose tra loro erano cambiate. Finalmente era lui il protagonista e tutte le luci gli erano puntate addosso. In fondo, pensava Lug Dolrum, stava ricevendo finalmente ciò che gli spettava di diritto. “A cosa ti riferisci, Tobia?”.
“Non fare il finto tonto con me” – Il ragazzo si avvicinò all’imponente arma da battaglia – “Le grosse mani della Lialce sono insanguinate”.
“Si sono stato io!” – Esclamò l’altro all’improvviso – “Perché ne fai una tragedia? In fin dei conti ho liberato questa città dalla feccia, la gente me ne sarà grata!”. Tobia scosse il capo, incredulo. “Tu proprio non ti rendi conto… hai ucciso delle persone. Questo non è un gioco e la Lialce non dovrebbe servire a questo ma a difendere la città e la Congregazione in altro modo”. Lug gli si avvicinò e gli strinse forte le spalle – “Credimi amico mio, questo è il modo migliore” – Si voltò e mandò giù l’ultimo sorso – “E poi quel ladruncolo è stato sfortunato. Non volevo ucciderlo ma solo dargli una lezione”.
Tobia lo afferrò per il bavero e lo spinse contro il muro – “E’ questo il problema! Non ti rendi conto di quanto sia potente la corazza… tu non puoi controllarla… e forse nessuno lo può”. “Mi stai facendo male” – Gli disse Lug. Tobia allentò la presa, poi lasciò libero l’amico. Lug si aggiustò il colletto della camicia, mentre l’altro si allontanò di alcuni passi. “Ascoltami bene, Lug. Se dovesse ripetersi qualcosa del genere, sarò io a fermarti. Sai bene che sono stato uno dei primi a vedere quella cosa” – Indicò la corazza con l’indice destro – “E so bene come metterla fuori uso per sempre”. Lug si avvicinò alle corazze e tirò giù la tenda che le nascondeva. “Non puoi farlo. Rappresenta il simbolo del potere della Congregazione, un potere destinato a risorgere da quelle ceneri che troppo a lungo lo hanno celato al mondo intero”.
“Rappresenterà anche un simbolo” – Disse Tobia, fissando la tenda – “Ma non è certamente questo il modo migliore per rappresentarlo”.

Quella sera Tobia, Lug e GS decisero di vedersi per una pizza tra vecchi amici. Lug decise di portarli in un locale del capoluogo, dove si mangiava, secondo lui, la pizza migliore dell’intera penisola. In macchina, per tutto il tragitto, aveva continuato a parlare del problema della criminalità dilagante, finché GS non gli disse: “Sembra che sia opera di uno strano giustiziere della notte… sembra che il tuo sogno si sia avverato”. Lug lo fissò attraverso il retrovisore. “Era ora” – Disse – “Dove non arriva la legge arriva lui”. GS non disse nulla, si limitò ad annuire ma notò le occhiate che Tobia lanciava al conducente dell’auto. Se non fosse per il fatto che non aveva prove sufficienti ad incastrare Lug, GS gliene avrebbe dette quattro.
Parcheggiarono all’esterno di una delle più antiche pizzerie del capoluogo. Erano appena usciti dall’auto, quando gli si avvicinò il parcheggiatore, un uomo sulla cinquantina calvo e zoppo – “Signori sono spiacente ma dovrete spostare l’auto”.
“Perché?” – Chiese Lug.
“Quel posto è riservato”. Lug si avvicinò all’uomo. “Ascoltami bene amico. Io pago come tutti gli altri ed ho diritto quanto loro a quel posto. Quindi dirai ai tuoi amici di parcheggiare da un’altra parte”. L’uomo cercò di replicare ma Lug lo fissò con uno sguardo spiritato e l’altro non poté far molto di più che acconsentire.
Quando si sedettero al tavolo, GS gli disse che forse non era il caso di prendersela tanto. “Non dovrei scaldarmi dici? Ma dov’è finita la lealtà? Io sono un cittadino come gli altri ed ho diritto a parcheggiare!”. Lug stava urlando, attirando l’attenzione degli altri commensali. “Adesso non prendertela anche con me” – Disse GS, sorridendo.
“Paghiamo il conto e andiamocene” – Disse ad un tratto Tobia, che si alzò per pagare il conto alla cassa. Mentre fissava l’amico, GS notò con la coda dell’occhio il modo in cui Lug lo stava fissando e non gli piaceva per niente. Quando uscirono e si avvicinarono all’auto di Lug, qualcuno li chiamò da lontano – “Hei, voi tre!” – I tre amici si voltarono e videro due uomini dall’aria poco raccomandabile avvicinarsi – “Chi di voi ha insistito per occupare quel posto?”. “Sentite ragazzi, non è il caso di prendersela tanto…”. Uno dei due si avvicinò a GS, che aveva appena parlato, con aria minacciosa – “Sei stato tu?”.
“Sono stato io” – Disse Lug – “Avete per caso qualcosa in contrario?”. Tobia si passò una mano tra i capelli. La situazione si stava mettendo male. L’uomo, con un movimento fulmineo, sferrò un pugno e scaraventò Lug contro la portiera dell’auto. GS stava intervenendo per bloccare l’energumeno, quando il suo partner gli piombò addosso da dietro. Mentre Tobia cercava di aiutare GS a liberarsi, Lug aveva cercato di colpire l’uomo, con l’unico risultato di beccarsi un secondo pugno alla bocca dello stomaco. Se non fosse stato per l’intervento di un gruppo di persone che passavano da quelle parti, i tre ragazzi sarebbero finiti all’ospedale.
Per tutto il viaggio di ritorno nessuno disse una parola, solo Lug di tanto intanto farfugliava qualcosa ma senza mai fissare lo sguardo dei due amici. GS si massaggiava il collo indolenzito e Tobia fissava la strada dal finestrino. Quando arrivarono nel loro quartiere, GS se ne andò a casa – “Ragazzi ci sentiamo” – Andò via senza attendere risposta.
“So già cosa vuoi fare” – Gli disse Tobia, mentre parcheggiavano l’auto nel garage – “Ma non posso…”. Lug non gli diede il tempo di finire la frase. Lo fissò con sguardo spiritato e gli puntò il dito contro – “Non seccarmi! Quei due si meritano una bella lezione” – Si avvicinò alla Lialce e la indossò, stabilendo la connessione – “Tua zia mi ha chiesto di nascondere e testare queste corazze ed è quello che farò!” – La sua voce era roboante, camuffata dall’elmo della Lialce – “Indossane una anche tu e seguimi!” – senza attendere la risposta, Lug spiccò il volo per mezzo dei propulsori collegati ai gambali della corazza e si allontanò, sparendo nel cielo stellato. Tobia fissò le corazze rimaste nell’hangar segreto. Forse l’unico modo per fermare la follia di Lug era combatterlo con le sue stesse armi. Fissò la corazza alla sua sinistra. Il blu elettrico scintillava illuminato dalla luce della luna e sembrava attirarlo a sé. Ma sarebbe stato giusto un combattimento tra Lialce? Molto probabilmente sarebbero state distrutte entrambe e chissà loro che fine avrebbero fatto. Qualcuno avrebbe sicuramente collegato la loro apparizione con gli avvenimenti di quindici anni prima e la Congregazione sarebbe diventata nuovamente l’oggetto delle critiche di tutta la penisola e poi del mondo intero. Tobia scosse la testa, senza distogliere lo sguardo dalla portentosa arma da guerra mentre nella sua mente prendeva forma un piano.

Carlo Raimi stava percorrendo la strada che correva dal garage a casa sua. Quarantotto anni, un passato da spacciatore e rissaiolo ed un presente buio come la notte nella quale si aggirava. Anche quella sera aveva mangiato gratis. Se pènsava a quanto erano stupidi i proprietari della  pizzeria… avevano paura di lui e quasi ogni sera gli davano da mangiare gratis. Carlo stava proprio pensando di andare a tormentarli anche il mezzogiorno. Quella sera il suo pensiero fisso era Andrea. Doveva farla finita con lui, non era più un buon palo da quando aveva preso quel posto come call center. Quello che il signor Raimi ignorava era che da quella stessa notte tutti i suoi problemi sarebbero stati superflui.
Quando si accorse dell’ombra che lo sovrastava, Carlo Raimi non diede peso alla cosa. Fissò una prostituta che se ne stava sul marciapiede in attesa di qualche cliente. Carlo accese una sigaretta e tirò una profonda boccata. Era da settimane che aveva messo gli occhi su quella ragazza moldava. Se era vero che il suo protettore era il vecchio Ettore, allora poteva anche spassarsela. Il vecchio Ettore non era più nel giro da anni e non avrebbe mai potuto nuocergli. Fece un passo verso il ciglio della strada, quando qualcuno lo afferrò alle spalle e lo scaraventò contro un vecchio cancello arrugginito che cadde sotto il suo peso.
“Ma che diavolo?” – Raimi si rimise immediatamente in piedi, ignorando il dolore ed estraendo la quarantaquattro magnum che portava nel taschino del giubbotto di cuoio – “Sant’iddio!” – Non credeva ai suoi occhi. Che diavolo era quel coso?
“Stai per essere giustiziato ragazzo”.
“Ma che diavolo sei?” – Raimi puntò la pistola contro la cosa scintillante. Sembrava un uomo di ferro, eppure, pensò Carlo Raimi, non si impasticcava più da anni, dopo quella brutta notte in cui aveva rischiato di morire di overdose in quella vecchia discoteca della capitale.
“Sono la legge e sono venuto a riscuotere il mio tributo” – L’essere di metallo allungò una possente mano verso di lui ma Carlo sparò all’impazzata. Quattro, cinque, sei colpi ed erano andati tutti a segno ma senza ottenere nessun risultato. Alcuni barboni che avevano trovato rifugio nella zona corsero lì, attirati dagli spari, appena in tempo per vedere l’uomo volare e battere violentemente contro l’asfalto della strada. Un’auto sbandò e quasi fini contro un palo della luce per evitarlo. Tutti gli spettatori della macabra scena, persino l’avvenente moldava della strada, fissavano inebetiti la scintillante corazza insanguinata. Lug si accorse che l’avevano visto e azionò i propulsori per scomparire nel cielo notturno, illuminato da una luna rosso sangue.

Quando rientrò nell’hangar segreto, Lug notò che una delle Lialce era sparita. Si tolse l’elmo, aprì la protezione del viso e sorrise, mentre il sudore gli imperlava la fronte ed il viso ed i capelli bagnati gli cadevano davanti agli occhi. Il suo amico aveva deciso di prendere parte al gioco.

Il mattino seguente, quando ascoltò il notiziario regionale, GS non ebbe più dubbi: riconobbe immediatamente l’ultima vittima del giustiziere. Si trattava dello stesso uomo con cui avevano discusso la sera prima. Quella non poteva essere una coincidenza, pensò GS. Posò il bicchiere di latte. Non aveva più né fame, né sete. La voglia di fare colazione era sparita con quella notizia. L’unica cosa che restava da fare era stabilire come agire e poi decidere se l’assassinio dell’uomo fosse una prova sufficiente per incolpare Lug. Fissò lo scrigno della corazza e sentì una sorta di richiamo alle armi. Si strinse nelle spalle e si convinse che quella fosse stata solo una sensazione nata dalla riluttanza con cui sembrava agire Lug. Si alzò, depositò il latte nel frigo e fissò il rosso palazzo che aveva di fronte, attraverso il vetro del balcone. La cosa migliore, arrivato a questo punto, era parlare con Lug e cercare di capire se effettivamente fosse lui il famigerato giustiziere che da qualche giorno stava mietendo vittime.
Quella mattina decise di radersi e proprio mentre stava passando il dopobarba trillò il citofono. Dopo una rapida occhiata allo specchio, GS andò a rispondere, aspettandosi il solito postino che consegnava qualche raccomandata e invece, con sua immensa sorpresa, si trattava di Tobia. “Sali pure” – Gli disse GS.
Fece accomodare il vecchio amico in salotto e gli chiese se gradisse un caffé o qualche altra cosa. “Non voglio nulla, grazie” – Rispose Tobia. GS si sedette nella poltrona di fronte, davanti alla libreria – “Effettivamente nemmeno io ho preso nulla stamane”.
“Hai seguito anche tu il notiziario, vero?”.
“Proprio così” – GS ebbe l’impressione che Tobia sapesse e da molto tempo anche. “Hai qualcosa da dirmi a riguardo?”. Tobia lo fissò a lungo, poi spostò lo sguardo sul grande quadro alle sue spalle. Il quadro era un dipinto e raffigurava la madre di GS quando aveva una ventina di anni. Tobia fissò i capelli rossi legati, il sorriso radioso e il vestito di tela bianco. Quando i suoi occhi ritrovarono lo sguardo di GS, il ragazzo sbuffò. “Comunque avevo già deciso di parlare con Lug, poiché ormai tutti  i miei sospetti ricadono su di lui” – Disse GS.
“Non ce ne sarà bisogno” – Fece Tobia – “Mi occuperò io di questa situazione” – Il ragazzo temeva che GS potesse sfruttare la situazione per vendicarsi contro Lug delle loro vicende passate.
“Potremmo farlo assieme” – L’ultima frase di GS fece trasalire Tobia, che scosse energicamente la testa. “Non possiamo… non questa volta” – Tobia si alzò e prese il giubbone marrone e lo indossò. Il ragazzo si diresse alla porta. GS lo afferrò per un braccio e lo fissò con sguardo severo. “Dimmi che diavolo sta succedendo. Coma fa Lug a colpire quella gente? Si avvale di qualche collaboratore?”. Tobia non rispose ma si liberò dalla stretta e si avvicinò alla porta di ingresso. “Non vuoi proprio dirmelo, eh?”. Tobia si voltò spazientito – “Resta fuori da questa storia! È una cosa di cui mi devo occupare personalmente. Tu non puoi fare niente… sei solo e questa volta non ci saranno Giumpe e Claudio a salvarti!”. Quelle parole furono un lampo a ciel sereno. GS rimase senza parole, mentre Tobia usciva da casa sua. Un’immagine risalente ad un lontano passato riapparve nella sua mente.

Seduto nel suo divano, GS ricordò quel terribile scontro avvenuto più di dieci anni prima.
 A quell’epoca era solo un ragazzino ma non avrebbe mai più dimenticato quell’anno, l’anno in cui la Congregazione cercò di prendere il sopravvento sulla città. Battaglioni di eletti (così si facevano chiamare le milizie della setta) pattugliavano ogni angolo della città e abusavano del loro numero, attaccando ogni persona che non fosse d’accordo con le loro idee, sfruttando ogni pretesto per agire con la forza. Nemmeno la polizia poteva intervenire, sembrava ormai chiaro che la congrega fosse in contatto con le maggiori forze politiche del paese. La città di GS fu la scintilla da cui prese vita un dilagante incendio che si propagò in moltissime altre città della penisola e presto il conflitto si sarebbe spostato anche in Europa e così negli altri continenti del pianeta. La gente della città formò dei gruppi di resistenza e nelle file della setta si cominciarono a contare i primi contusi e persino qualche vittima. I mass media propagandavano una campagna a favore degli eletti che, a detta delle maggiori emittenti, stavano ripulendo il paese da quelle stesse forze che per anni avevano attentato alla loro sicurezza.
Nel mezzo di un conflitto di tali dimensioni si trovavano molte storie e tra queste una di rilievo era certamente l’intreccio di sentimenti che legava due ragazzini e nessuno dei due poteva immaginare che le fiamme della guerra avrebbero presto corroso questo loro legame. Purtroppo però la ragazzina era figlia di una delle generalesse per il movimento di pulizia del paese e così il dolce rapporto con quel coetaneo un po’ rozzo dovette allentarsi.
GS reagì nell’unico modo che conosceva: lottò. Nonostante fosse solo un bambino di tredici anni cominciò a militare tra le file della resistenza e non furono poche le volte in cui riportò delle ferite. Le sconfitte a carico del gruppo di ribelli erano moltissime e molti tra essi furono anche arrestati con l’accusa di fomentare la rivolta. Il quartiere di GS finì per diventare la fortezza della Congregazione. Le famiglie che vivevano in quell’area potevano continuare a svolgere le proprie mansioni a patto che giurassero fedeltà alla congrega. Quando anche il capo della resistenza si arrese, GS raccolse un gruppo di coetanei dal grande coraggio e continuò da solo a combattere la setta, attaccando i suoi luoghi di culto districati per la città. Purtroppo un giorno GS fu colto di sorpresa mentre, assieme a due amici, stava preparando un piano per attaccare il quartier generale della Congregazione. I tre ragazzini furono portati proprio alle porte del palazzo d’argento dove risiedevano i maggiori esponenti della setta. GS, Giumpe e Claude furono condannati a morte nonostante la loro giovane età. L’esecuzione sarebbe stata eseguita subito, per mano dell’esponente più alto della congrega. I tre amici fissarono l’alta figura che si fece largo tra la folla. Nonostante avesse paura, GS fissò con aria di sfida quel colosso in armatura. La maschera riproduceva un volto bianco privo di espressione e la cui bocca era un sorriso di trionfo che ricordava un ghigno demoniaco. La corazza era di un  argento scintillante e dal capo scendevano lunghe trecce brune. Nonostante si trattasse di un colosso, quel guerriero sfoggiava un’eleganza innata. GS capì subito che nell’armatura c’era la sua amica. Claudio stava cercando di rompere le corde che gli tenevano bloccati i polsi, in un disperato tentativo di raggiungere il pugnale e la pistola nascosti sotto la maglietta. Giumpe non riusciva a trattenere le lacrime, era il più giovane del gruppo e nonostante l’immenso coraggio che aveva dimostrato restava pur sempre un bambino di appena dieci anni ma quando il nemico alzò il maglio per abbatterlo con forza sulla testa di GS, quel ragazzino trovò la forza di urlare qualcosa a favore dell’amico: “Lasciatelo stare! Prendete me, sono io il responsabile della continua resistenza, lui non c’entra nulla!”. Persino GS non riuscì ad aprir bocca di fronte ad un simile coraggio. Per la prima volta udirono la voce di quell’essere, una voce metallica, forte, che incuteva timore: “Tu sei un caro bambino, Giumpe. Non sei tu il responsabile dei continui attacchi alle nostre sedi principali” – Una luce sinistra trasparì da quegli occhi minacciosi e illuminò il volto affranto di uno sconfitto GS. “Infatti lui non centra nulla” – Disse il ragazzo, raccogliendo tutto il coraggio che ancora gli restava. Abbassò lo sguardo e aggiunse: “Sono io e soltanto io il responsabile della continua lotta”. Avrebbe voluto continuare ma le parole gli morirono in gola e trattenne a stento un singhiozzo. “Lasciateci andare, vi prego!” – Esclamò ad un tratto il piccolo Giumpe, con le lacrime agli occhi – “Non combatteremo più contro di voi!”. Il minaccioso campione della Congregazione si abbassò verso Giumpe ed il bambino strinse forte gli occhi, temendo il peggio. “Lascialo andare!” – GS cercò di alzarsi ma la ferita che aveva riportato al ginocchio destro bruciò come se fosse colpita dal fuoco dell’inferno ed il ragazzo cadde in terra, sporcando l’asfalto col suo sangue. La fredda maschera d’argento lo fissò per pochi attimi – “Se giurerete fedeltà alla nostra grande e forte fede, l’unica vera forma di venerazione dell’unico e vero Dio, vi risparmierò la vita”. Giumpe fissò il suo amico GS con le lacrime agli occhi. “Io rifiuto di piegarmi alla vostra fede. Uccidetemi se volete, ma salvate loro”. GS aveva trovato la forza di mettersi in piedi, ignorando il dolore lancinante al ginocchio. “Io anche scelgo di morire!” – Gridò Giumpe e fissando il suo amico sorrise. “Io accetto” – Disse all’improvviso Claude, alzandosi in piedi – “la vita è una cosa troppo preziosa per rinunciarvi… e poi sto cominciando a credere che voi siate dalla parte del giusto” – Claudio ignorò lo sguardo accusatore di GS e continuò – “Lo prova il fato che siate voi i vincitori” – Fissò una delle madri della Congregazione e si accorse che il suo sguardo si era addolcito – “Amici, prego anche voi di seguire la mia scelta! Adesso vedo tutto sotto una nuova luce. La Congregazione è il sole che dissolverà le tenebre che avvolgono questo mondo ormai privo di ogni regola”.
“Ma che diavolo stai farneticando?” – GS avrebbe voluto prendere a calci il suo amico, ma la ferita glielo impedì. Giumpe rimase senza parole. “Che sia risparmiata la vita del giovane Claudio Falgar. Così ho deciso” – Disse la madre più anziana. Il guerriero corazzato annuì. “Che siano risparmiate le vite a tutti loro. Gli altri due avranno modo e tempo di apprezzare la Congregazione”.
“Gli altri due verranno uccisi adesso! Saranno un monito per tutti quelli che nel mondo saranno così pazzi da opporsi al nostro grande ordine!” – La spietata Cornelia fissò con disprezzo i volti sporchi di GS e di Giumpe e, ignorando le lacrime di rabbia e paura che rigavano i loro volti, impartì l’ordine – “Che siano giustiziati, adesso!”.
Il guerriero in armatura restò immobile alcuni secondi, cercando di cambiare le cose, per non insanguinare il maglio della Lialce del sangue di coloro che un tempo erano i suoi migliori amici. GS non riuscì più a trattenere le lacrime ma non piangeva per la sua giovane vita ma per quella del povero Giumpe. Il piccolo amico lo aveva seguito in quella pazza avventura e adesso stava pagando un prezzo troppo alto. Avrebbe voluto attaccare il nemico, fare qualunque cosa pur di salvare la vita di Giumpe e invece non aveva neppure la forza per reggersi in piedi. Gli sembrava strano che prima di morire il suo unico pensiero era in realtà un desiderio. Desiderava di possedere la forza per cambiare le cose, per salvare il suo migliore amico.  GS aprì gli occhi e fissò tutti i principali responsabili della guerra nella sua piccola città: le tre madri della Congregazione; Yuri il nipote esperto nell’arte della lotta; Fabio il fortissimo pugile; il giovane Cesar,  rampollo della famiglia e intorno a loro tutti gli eletti tra i quali spiccava il piccolo Tobia. Dal suo sguardo traspariva il disprezzo per i vecchi amici. Nonostante la sorte che gli toccava, GS riuscì a fissare quei volti con l’ira che gli bruciava dentro. Il piccolo Giumpe si rannicchiò dietro di lui, bisbigliando preghiere di aiuto rivolte a quell’amico che aveva sempre creduto imbattibile.
Claudio fece un passo avanti – “Somma Cornelia, faccio appello alla sua clemenza. La prego, salvi la vita di questi due impudenti. GS ha un animo forte e fiero e così anche Giumpe. Sono certo che diverranno due ottimi eletti della Congregazione”.
“Taci! A te abbiamo salvato la vita. Ma loro devono pagare. Questo è il volere della Congregazione” – Poi rivolgendosi al campione Lialce – “E adesso falli a pezzi e poni fine alla loro vita”.
Sembrava giunta la fine per GS e Giumpe quando all’improvviso fece la sua comparsa uno strano uomo – “Scusate se mi intrometto nei vostri affari signori”. GS fissò quello straniero dall’accento strano. Un uomo apparentemente gracile, dai lunghi capelli legati e gli occhi furbi. Al suo fianco c’era un ragazzo della sua età dal volto duro ed i pugni serrati. Entrambi portavano uno strano mantello viola che li copriva da capo a piedi. “Mi chiamo Mu e ho una brutta notizia per voi. Questi due ragazzi devono vivere. Spero  non abbiate nulla in contrario”.

GS mandò giù l’ultimo sorso di gin e scacciò dalla mente il ricordo di quel giorno lontano. Se la Congregazione aveva dato vita ad una nuova Lialce… che c’entrava Lug? Che avesse aderito alla congrega? Fissò lo scrigno che continuava a chiamarlo con i suoi bagliori rossastri. Tobia aveva ragione, questa volta non c’erano Giumpe e Claudio ma possedeva un’arma che gli avrebbe permesso di combattere alla pari con la pericolosa corazza da guerra.

Lug se ne stava nel suo rifugio, sicuro che Tobia si sarebbe fato vivo da un momento all’altro. Sorseggiava il suo drink analcolico e fissava le corazze.
Non aveva ancora finito la sua bevanda, che qualcuno bussò alla porta. Era il segnale, lady Cornelia era arrivata. Lug riempì nuovamente il suo bicchiere e ne preparò un secondo per l’avvenente signora. Aprì la porta, cercando di sfoggiare il migliore sorriso possibile. Come si aspettava, dall’altro lato c’era Cornelia. La donna di media altezza portava sempre i capelli a caschetto bruni che luccicavano sotto le luci del covo segreto. Il suo volto sembrava quello di una ragazzina ed il neo sulla guancia sinistra lo rendeva ancora più attraente. Indossava una pelliccia e si reggeva su dei tacchi alti. “Prego lady Cornelia, entri pure”. Lug lasciò che la donna entrasse nel suo nascondiglio, poi richiuse la porta alle sue spalle e offrì alla donna il drink. “Scommetto che gradirà qualcosa di fresco da bere”. La donna si liberò della sua pelliccia, gettandola sulla poltrona rossa e si voltò verso il suo alleato. “Mi spieghi che diavolo stai combinando?” – Il suo tono non era affatto amichevole. Lug mantenne la calma. “Vuole accomodarsi?” – Indicò alla donna la poltrona di raso rosso. “Ti ho fatto una domanda!”. Lug bevve un sorso del suo drink, fissando la donna. “Sto ripulendo questa città dalla feccia che la soffoca”. Il suo tono era duro. La donna digrignò i denti – “Io credo piuttosto che tu stia colpendo i bersagli sbagliati e oltretutto… tutti hanno puntato il dito contro la Congregazione!”. Lug fu colto di sorpresa da quelle parole e ne rimase senza. “Non hai visto il telegiornale del primo pomeriggio? Beh, io ti consiglio di guardarlo e registrarlo anche, visto che tu sei la principale notizia!”.

GS sputò via l’acqua. Il servizio stava trasmettendo immagini che sembravano prese da un fumetto.
“Ha deciso di restare anonima la ragazza che ha filmato il giustiziere, come è già stato battezzato da molti” – Il canale trasmise nuovamente l’immagine dell’uomo di ferro che spiccava il volo – “Come potete rivedere dalle immagini che la donna ha ripreso grazie alla telecamera del suo cellulare, il giustiziere sembra essere un uomo con indosso una corazza portentosa. È addirittura in grado di volare! Qualcuno crede addirittura che si tratti di una sorta di robot guidato a distanza”.  GS spense il televisore e gettò via il piatto.
Anche se aveva pensato che la soluzione potesse essere quella, non ci aveva creduto neppure lui. Ormai tutto era chiaro: Lug ed i suoi discorsi da giustiziere e la potenza dell’arma definitiva della Congregazione. Lug era riuscito ad ottenere l’arma proprio perché era a stretto contatto con Tobia. GS fissò lo scrigno e annuì sorridendo – “L’hai avuta vinta tu. Ci prepariamo per fermarlo”.

Lug era rimasto immobile.
“Credo che sia stato un errore permetterti di collaudare la prima Lialce. Non ti permetterò più di usarla. Il nostro esperimento si ferma qui”. Lug cominciò a ridere. “Non ha capito nulla mia signora. Io ho fatto tutto questo per la Congregazione. Tutti ne parleranno bene quando sapranno che sta ripulendo la città dalla feccia…”.
“Io non ti permetterò più di utilizzare la corazza per i tuoi scopi. La Lialce 2.0 ritorna nelle nostre mani”.
“Io non credo proprio!” – La Lialce 2.0 prese a muoversi da sola, lasciando lady Cornelia carica di stupore. Lug indossò tutte le parti dell’armatura, che stabilirono la connessione con l’esoscheletro.
“Io invece credo di sì”. Cornelia si chiese chi avesse parlato, Lug invece lo sapeva bene.
“Finalmente sei arrivato… ma dalle tue parole capisco che non sei qui per allearti con me”.
“Purtroppo no, amico mio” – La porta si spalancò e sull’uscio comparve una seconda Lialce. Nella corazza dalle parti blu elettrico c’era Tobia. Il suo modello non era grosso come quello che indossava Lug. Non presentava le parti aggiuntive puntute, né l’elmo con le lame ai lati. “Allora che posso dirti?” – Lug abbassò la visiera dell’elmo – “Diamo inizio ai festeggiamenti”.
I due ragazzi, trasformatisi improvvisamente in due guerrieri, diedero inizio ad una lotta senza esclusione di colpi. Lug e Tobia strinsero le mani in una morsa micidiale. L’acciaio delle corazze cominciò a cigolare, mentre l’uno cercava di fare forza per sopraffare l’altro. “Sei rimasto via troppo tempo amico mio” – Lug cominciò a prevalere. Tobia si piegava sotto la sua forza superiore – “Sembra che ti sia rammollito in tutti questi anni” – Lug riuscì a sollevare di peso il suo avversario e a scaraventarlo contro una parete di spesso cemento armato. Suppellettili volarono dappertutto e la corazza bluastra scomparve in un nuvolone di polvere. “Finiamola qui, Tobia” – Lug allungò la possente mano d’acciaio verso l’amico – “Io non sono contro di te, ma con te. Per te e per la Congregazione” – Sollevò la visiera dell’elmo e aprì la maschera che gli copriva il volto per poter fissare Cornelia – “Si rende conto, madame, della straordinaria potenza di questa corazza? Grazie ai miei personali ritocchi risulta essere più resistente e più potente delle altre versioni”. Tobia si alzò in piedi – “Mi dispiace amico, ma adesso tocca a me” – Lug si voltò e fece appena in tempo a calare la maschera di protezione sul viso, quando il pugno di Tobia lo investì in pieno petto. Il contatto tra le due corazze produsse un fragoroso boato e scintille illuminarono il punto dove il maglio color cobalto aveva investito la corazza argentea. Lug barcollò all’indietro e quando il secondo pugno lo investì andò a sbattere contro l’angolo bar. Frammenti di vetro e marmo piovvero dappertutto. “Lug, ascoltami” – Tobia affannava. Senza l’esoscheletro risultava molto faticoso controllare i movimenti della Lialce – “Togliti quella corazza e lascia che mia zia se la porti via. Ci penserà lei a fare i test rimanenti ed un nuovo collaudo”. Lug ritrovò la sua compostezza. “Quale collaudo? Questa armatura è un arsenale. Io ho già fatto tutti i collaudi del caso. Quest’arma non ha più bisogno di nessun collaudo” – Si voltò verso Cornelia e disse: “Adesso sono pronto per la prova finale. Che il canto dei miei fratelli sia la mia forza!”.
“Non sperare che io ti aiuti Lug!” – Cornelia stava cercando di trovare un modo per disattivare la corazza. Esisteva un punto sulla sua superficie d’acciaio che ne avrebbe arrestato la potenza.
“Non si rende conto di che opportunità le sto offrendo? Io sarò il vostro primo cavaliere… la nostra principessa potrà finalmente regnare sulla città. Io la proteggerò… la servirò. Più nessuno oserà opporsi al suo volere”. Tobia scosse il capo. Finalmente anche lui cominciava a comprendere. “Di quale principessa parli?” – La voce di Cornelia continuava a sferzarlo come una frusta che cerca di tenere a bada una fiera – “La principessa di cui parli non esiste più ormai”.
“E invece esiste e come!” – Lug fece un grosso foro in un muro colpendolo col maglio d’acciaio – “Lei esiste, solo che voi l’avete relegata ad una vita che non le appartiene”.
“Smettila Lug! Mia sorella adesso è felicemente sposata, ha un bambino. Lasciala fuori da questa storia” – Tobia realizzò che doveva mettere fine al delirio del suo amico. Caricò come un toro infuriato. Lug venne colto di sorpresa. I due colossi d’acciaio finirono contro la porta segreta e la sfondarono, finendo nel garage. Intanto, sulla strada, la gente si chiedeva cosa fossero i boati e le scosse che avvertivano. “Tobia… tu non capisci. Hai paura, ma io ti farò… ragionare!” – Lug proiettò l’avversario che finì contro la saracinesca del garage, fracassandola e finendo nella strada. Tobia stava per rimettersi in piedi, quando Lug lo travolse. Il pugno d’argento scaraventò l’avversario ancora più lontano. Tobia, ormai allo stremo delle forze, arrancava nella polvere, mentre il suo folle amico avanzava lentamente verso di lui. “E’ finita amico mio. Ho vinto e domani stesso coroneremo il nostro grande sogno”.
“Tu stai impazzendo Lug”.
“Oh, no. Tua sorella sarà la sovrana della città ed io il suo infallibile eroe. Tu potrai collaborare con me se lo vorrai ed insieme sceglieremo i nostri alleati. Renderemo questa città un luogo migliore. All’inizio avevo pensato a GS, ma poi mi sono ricreduto. È troppo debole ed impuro per servire la nostra sovrana”.
“Mi dispiace, Lug. Io non sono d’accordo con la tua storia”. Lug alzò lo sguardo e vide il suo nuovo avversario proprio davanti a lui. Era un cavaliere del Nuovo ordine e indossava la sua scintillante corazza. Lui sapeva chi era quel cavaliere. Senza riserve alzò la visiera dell’elmo ed aprì la maschera. “Eccoti qui finalmente. La storia si ripete… GS”.
Il cavaliere si tolse l’elmo scintillante – “Quindi sei proprio tu il famigerato giustiziere che sta mandando tutta quella gente al creatore” – GS fissò la seconda corazza, cercando di immaginare chi la indossasse e come mai si era battuto contro Lug. “Gente? E la chiami gente quella feccia? Io sto solo facendo quello che dovrebbero fare i politici… punire i farabutti, per rendere questa città un luogo migliore in cui vivere”. Lug aveva assunto l’espressione della vittima. Non aveva mai perso quel vizio, anche da bambino cercava di impietosire la gente per avere ragione, per condizionare i loro pensieri. “Io ti conosco bene, GS” – Fece qualche passo avanti, ignorando lo sguardo inorridito della gente che cominciava ad affacciarsi ai balconi – “Anche tu, come me, ami la giustizia..”.
“Abbandona quella corazza Lug. Fallo subito”. GS provò un groppo in gola. L’armatura del nemico era possente, sembrava una fortezza inespugnabile. Se si fossero battuti non era certo sull’esito dello scontro. “Io rappresento la Congregazione adesso! Unisciti a me e insieme serviremo l’unica persona in grado di guidarci tutti… la difenderemo da qualunque attacco…”. GS sentì lo stomaco chiudersi in una morsa. Quindi era quello il vero motivo; Lug amava ancora la sorella di Tobia e cercava di conquistarla in quel modo. “Ti prego Lug, togliti quella ferraglia di dosso… possiamo ancora sistemare le cose”. L’espressione sul suo volto mutò all’improvviso. “Io ho tentato amico… ma evidentemente la storia deve ripetersi. Alcune cose rimangono immutabili”. GS indossò l’elmo e Lug nascose il volto dietro quello della possente armatura. l’eroe della Congregazione si lanciò all’attacco e sferrò un pugno che GS riuscì a schivare con facilità. L’avversario mortale non si fermò ma continuò a randellare con pugni micidiali. GS indietreggiò e poi fece un lungo balzo all’indietro per evitare la serie di colpi. I due avversari, uno di fronte all’altro, si fermarono.
GS pensava che l’unico modo per tenere testa all’avversario fosse sfruttare la grande agilità che gli conferiva la Fire Tiger. La Corona dell’ariete gli comunicava che i colpi della Lialce erano talmente potenti da poter causare gravi danni alla corazza e da poterlo persino ammazzare.
“Sai bene che non potrai schivare i miei colpi in eterno, GS. E sai bene che quando ti avrò tra le mani la tua corazza si sgretolerà”.  Lug cominciò ad avvicinarsi al nemico. GS stava zitto e si preparava all’assalto. Quando Lug gli fu addosso, lui si abbassò di lato, passando ala sinistra dell’avversario e sferrando un poderoso pugno contro l’elmo. Lug barcollò. GS raccolse tutte le sue forze assieme al coraggio di una tigre e sferrò un gancio a pugni uniti contro la schiena poderosa del nemico. Lug si voltò e sferrò un pugno micidiale alla cieca. GS si abbassò e subito indietreggiò. Lug cercò di imitare la posa di un pugile e cominciò a sferrare pugni. GS riusciva a schivare i colpi con grande facilità ma si rendeva ben conto che i suoi attacchi erano inutili.

“Dovrò sfruttare tutta la potenza che ho se voglio metterlo fuori combattimento” – Con questo pensiero fisso, GS cercava di valutare dove, come e quando colpire. Lug nel frattempo continuava a sferrare pugni e a spingere GS verso il grosso muro che limitava il quartiere della Congregazione. Lug era certo che una volta messo con le spalle al muro, GS non sarebbe stato più in grado di reagire. Se quella era la forza di un Cavaliere del Nuovo Ordine, lui e la sua Lialce ne avrebbero fatto polpette.
“Preparati Lug. Sfrutterò tutta la forza della mia corazza, per sviluppare la maggior potenza possibile e colpire per fare a pezzi la Lialce”.
Lug riprese a sferrare pugni. GS vide i poderosi magli molto vicini, ma li schivò con facilità. Prima si spostò a sinistra per evitare il destro, poi si abbassò per evitare il sinistro e un attimo dopo saltò e sferrò un calcio destro che colpì il nemico alla testa. Lug barcollò leggermente, poi si lanciò in avanti per afferrare GS in una morsa micidiale, ma ancora una volta il cavaliere riuscì a sfuggirli, passandogli di fianco. Lug sferrò un colpo alla cieca e GS riuscì a proteggersi con gli avambracci raccolti. Il colpo lo scaraventò indietro ma subito recuperò l’equilibrio. Il corpulento uomo corazzato si lanciò contro il nemico con tutto il proprio peso e sferrò un micidiale pugno. GS riuscì ad evitare il colpo e sfruttò lo slancio del nemico per portarsi alle sue spalle e colpirlo con un calcio del mulo e farlo cadere sull’asfalto.
Quello era il momento giusto per sfruttare tutto il potere della nuova Fire Tiger e concentrandosi, GS entrò in perfetta sintonia con la portentosa corazza. Le parti argentee cominciarono ad assorbire la luce del sole. GS avvertì una strana carica, come se una corrente di centinaia di volt gli scorresse sulla pelle. La corazza cominciò a risplendere  e poi a lanciare bagliori di intensa luce dorata. Il Maglio di Boron rivelò per la prima volta delle ventole nascoste sulla sua superficie, ventole che cominciarono a girare vorticosamente, accumulando un grande potere. All’altezza del polso ne comparve una doppia che girava sia in senso orario che antiorario. Proprio in quel momento Lug stava per attaccare. GS aveva scorto il caricamento della sua gamba destra e stava per spostarsi ma questa volta il pugno lo investì in pieno petto, scaraventandolo all’aria. GS ricadde al suolo e frammenti d’asfalto volarono dappertutto. Il cavaliere affannava e prima che l’energumeno lo tirasse su ebbe appena il tempo di chiedersi cosa stesse accadendo, poi due braccia poderose lo sollevarono in aria ed un attimo dopo venne proiettato a grande velocità contro il robusto muro. Il suo corpo corazzato rimbalzò contro la pietra e si abbatté con forza sulla strada.
Mentre cercava di rimettersi in piedi GS sapeva che stava sanguinando da qualche punto della testa ma l’unico suo pensiero era rivolto alla corazza. Perché di punto in bianco la Fire son era così pesante? Invece di essere il suo supremo mezzo di difesa, era diventato improvvisamente un fardello troppo pesante da portare. “Amico arrenditi. Sei ancora in tempo. Unisciti a me e insieme regneremo sotto lo scettro di colei che sin da quando è nata è stata destinata al dominio di questa regione”. Il possente Lug, all’interno della portentosa corazza nata dalle ceneri dell’arma più potente mai creata dalla Congregazione, sembrava ancora più imponente di un attimo prima. GS lo fissò con astio attraverso le fessure dell’elmo. “Non essere cocciuto. Unisciti a me, così anche tu avrai una di queste portentose corazze da battaglia ed insieme ripuliremo il mondo dalla feccia che lo opprime”.
“Ti prego Fire Tiger… donami la forza… aiutami a fermare questo folle, prima che uccida altre persone” – GS strinse il pugno destro e cercò di rilassarsi – “Non so quale sia il problema… ma adesso aiutami...”.
Lug si chiedeva cosa stesse farfugliando GS ma di tempo gliene aveva concesso anche troppo, era giunto il momento di porre fine a quel gioco.
“…FIRE TIGER, HO BISOGNO DI Più POTENZA. AIUTAMI!”. Come se avesse risposto alla supplica del proprio cavaliere, la corazza cominciò nuovamente a risplendere di luce. Lug caricò il pugno destro e sferrò un micidiale attacco ma questa volta i suoi pugni colpirono solamente il vento. GS riuscì a spostarsi velocemente, penetrando nella sua guardia d’acciaio. In quel momento la Corona gli mostrò chiaramente il torace della corazza avversaria, segno che il suo Pugno di Boron l’avrebbe perforato senza problemi.
Il colpo fu micidiale. Prima che Lug potesse anche solo intuire quello che sarebbe successo, il colpo di GS investì con forza il torace sinistro della Lialce, mandando in pezzi il suo portentoso e rivoluzionario metallo. L’emitorace sinistro della Lialce continuò a frantumarsi e lo stesso lato del corpetto della corazza si staccò dal corpo di Lug. Il propulsore energetico principale si fuse e Lug si accasciò al suolo. La sua corazza era diventata solo un pezzo di ferraglia.
Quando aprì la visiera dell’elmo e lasciò cadere la maschera, Lug vide che la corazza del nemico scintillava di luce dorata. GS si tolse l’elmo e fissò il vecchio compagno. “E’ finita Lug… finalmente è finita”. In quel momento giunsero sul posto le autorità. “Prendiamo noi in consegna questo ragazzo. Sarà processato per l’assassinio della scorsa notte”. GS annuì. L’ultima cosa che notò, prima di tornarsene a casa, fu che la corazza color cobalto era sparita.

Il giorno seguente pioveva. Due ragazzi se ne stavano seduti al tavolino di un bar, sorseggiando un caffé caldo e fissando la pioggia che cadeva.
“E così la polizia ha sequestrato i prototipi di Lialce trovati nel rifugio di Lug”.
Tobia annuì e fissò il compagno. GS aveva una grossa medicazione sul lato sinistro della fronte ed il suo aspetto non era dei migliori, il suo viso era pallido e appariva molto affaticato.
“Spero proprio di non dovermi più vedere una di quelle corazze tra i piedi”. GS posò la tazzina sul tavolo. Non aveva nemmeno voglia di bere il caffé.
“Lo spero anche io” – Rispose Tobia.
I due ragazzi sospirarono e fissarono la pioggia che cadeva a catinelle. “La pioggia” – Pensò GS – “E’ il risultato di un ciclo complesso… proprio come il presente che nasce come conseguenza del nostro passato… ma nessuno può prevedere cosa resterà dopo la  pioggia”.

“Dovremmo anche pensare ad un modo per togliere quell’idiota dai guai”. L’ispettore Nedda aspirò una boccata di fumo e lo soffiò fuori con nervosismo.
A quell’ora di notte c’erano pochi colleghi nel commissariato e nessuno badava alle due signore che se ne stavano comodamente sedute nel suo ufficio, col volto nascosto in penombra. “Cornelia, come ti avevo detto è stato un errore affidare la Lialce a quell’incapace”. Cornelia fissò sua sorella maggiore e scosse il capo – “Io sono ancora convinta che Lug potrà tornarci molto utile. Presto sarà trasferito all’estremo nord del paese… potrebbe mettersi in contatto con i nostri fratelli da quelle parti e stabilire una nuova filiale della Congregazione… credimi, quel ragazzo ha dei poteri nascosti…”.
“Tu farnetichi!” – La signora Vanna, sorella maggiore di Cornelia, si alzò in piedi – “Quello è solo un buono a nulla. Dovremmo cercare Fabio e qualche altro fido collaboratore della vecchia guardia… sono sicuro che lui sia uno dei più adatti a sfruttare a pieno il potere della Lialce”.
“Approposito di questo” – L’ispettore spense il sigaro – “Devo aspettare ancora qualche mese prima di poter rimettere le mani sulle corazze che adesso sono nel deposito”. Le due sorelle annuirono e decisero che era giunto il momento di togliere il disturbo.

All’uscita del commissariato, Cornelia si mise alla guida dell’auto e l’anziana Vanna le sedette di fianco. “Hai parlato con tuo figlio?”. Vanna scosse la testa. “Lascia che Tobia si prenda il tempo di cui ha bisogno”.
“Se torna in America con la nostra Lialce rischiamo che il fondatore…”.
Vanna zittì la sorella con un cenno della mano – “Io credo che Tobia non ci lascerà più… non tornerà più dalla moglie. Diverrà il più deciso dei nostri nuovi eletti… e presto anche Clelia tornerà ad occupare il posto che le spetta di diritto. Questa città è ignara del futuro che l’attende… ma presto vedrà sorgere la nuova alba, l’alba della nuova Congregazione!”.
L’automobile si allontanò silenziosamente nella notte.
  
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