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Autore: Ciulla    05/09/2011    5 recensioni
“Definisci con una parola il tuo miglior amico e spiega il perché della tua decisione”.
Rimango a fissare basito il titolo del tema in classe assegnatoci dall’insegnante. Questi temi li facevo quando avevo sei anni! Sbuffo.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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“Definisci con una parola il tuo miglior amico e spiega il perché della tua decisione”.
Rimango a fissare basito il titolo del tema in classe assegnatoci dall’insegnante. Questi temi li facevo quando avevo sei anni! Sbuffo.
La verità è che il titolo mi mette in difficoltà. Non ho dubbi su chi sia il mio migliore amico, ma ho sempre dei problemi quando si tratta di descriverlo. Mi passano in mente cose fuori luogo, che forse non è il caso di esplicare. Anche adesso, seguendo il mio primo istinto, scriverei “amore” sul foglio bianco e ne riempirei altre decine parlando dei miei sentimenti verso di lui. Capirete la sconvenienza di affermare, a quindici anni, di essere omosessuali.
Sospiro.
Ricordo benissimo il giorno in cui mi sono reso conto di essermi innamorato di lui. Risale solamente a due anni fa.
Eravamo andati in vacanza insieme alle nostre famiglie su un’isoletta dell’Egeo, vicino alla Grecia. Lui aveva la mania di esplorare i dintorni, e dovunque andassimo mi costringeva a seguirlo in imprese folli: si arrampicava su massi, si addentrava in foreste sconosciute e perlustrava tutte le capanne che incontrava sulla sua strada, col rischio di trovarle abitate e far infuriare gli occupanti. Inutile tentare di dissuaderlo: era una furia inarrestabile.
Nonostante non mi fossero mai piaciute le esplorazioni, riusciva sempre a convincermi a seguirlo, guardandomi con quegli occhioni stupendi che commuoverebbero il più duro dei cuori.
Un giorno scoprì una caverna. Com’era prevedibile, volle esplorarla a tutti i costi, e tale fu la sua frenesia da scordarsi di me e lasciandomi indietro al buio. Non prendetemi in giro, ma ho paura del buio, quindi, appena mi accorsi di non averlo più accanto, andai nel panico. Non riuscivo a capire la direzione da prendere, non riuscivo a formulare un pensiero coerente. Mi raggomitolai per terra e piansi.
Non so quanto rimasi a singhiozzare in quella posizione. So solo che dopo un periodo che a me sembrò interminabile, sentii dei passi che venivano verso me, e li riconobbi subito come i suoi, i passi del mio cavaliere dall’armatura sfavillante. -Ok, ora sembro una ragazzina, non va bene!- Riconobbi la loro cadenza precisa, la loro perfezione ritmica presente anche nella corsa. Mai ero stato così felice di sentire quel rumore.
Ricordo la sensazione magnifica che provai quando sentii il suo braccio cingere le mie spalle, fui invaso dal suo odore e sentii la sua voce sussurrarmi affettuosamente: “Non piangere Judsie, Sono qui. Non ti lascerò più".
Sempre tenendomi stretto a sé mi condusse fuori, all’aria aperta, e non mi lasciò andare finché non mi staccai io da lui, alzando lo sguardo con gratitudine sul suo viso, quel suo volto bellissimo e illuminato dalla luce del sole.
“Signor Law! Non ha ancora iniziato a scrivere! Lei sa che è già passata quasi metà del tempo?!”.
Mi riscuoto. Dopo aver lanciato un’occhiata di malcelata antipatia all’insegnante, prendo la penna e comincio lentamente a scrivere l’introduzione del tema.
“Robert Downey è il mio sole”

*  *  *

“E così hai parlato di me nel tuo tema?”, chiede Rob.
Come ogni venerdì, sono a fare merenda a casa sua, e ho appena finito di raccontargli lo svolgimento della mia giornata scolastica.
“Sì”, rispondo, mordicchiando uno di quei suoi meravigliosi biscotti al cioccolato.
“E perché hai detto che sono il tuo sole?”, chiede sorridendo curioso.
Arrossisco. Quindici anni che ci conosciamo, quindici anni di sincera amicizia, e ancora non sono totalmente capace di aprirmi con lui. Non so parlargli dei miei sentimenti.
“Mah, non so. E’ la prima cosa che mi è venuta in mente".
Sa che mento, glielo leggo negli occhi. Mi guarda, annuisce, non insiste. Sa che gli nascondo qualcosa, ed io so che lui lo sa! Lo sa da quando, un anno e mezzo fa, ho smesso di condividere tutto con lui, ho smesso di fargli leggere il mio diario.
Si, ho un diario, va bene? C’è qualcosa di strano? Lo so, sono le femmine, in genere, che scrivono i diari. Le femmine oppure gli omosessuali. Ed io, mio malgrado, temo di rientrare nella seconda categoria. La persona che mi ha fatto conoscere il mio vero “Io”, in questo momento mi sta guardando, senza vedermi, assorto nei suoi pensieri.
Decido di distoglierlo da questi pensieri, cambio discorso. So che la sua mente da diciassettenne sta tornando indietro nel tempo, ricordando quel bel periodo in cui tra noi non c’erano segreti. Ed io non sopporto di vederlo così malinconico.
“Rob, mi aiuti a fare matematica oggi? Se la finisco in fretta, dopo possiamo andare a fare una passeggiata nel parco".
Lui ama camminare nei parchi. Ama stare immerso nella natura, con il vento che soffia leggero scompigliandogli i capelli; con i fiori che emanano una dolce fragranza; con gli uccelli che accompagnano i tuoi passi con i loro canti soavi.
Ama il verde, le foglie, le piante: ama tutto ciò che è natura. Ama godersi tutto questo da solo, o tutt’al più in mia compagnia. Cosa che, devo ammettere, mi rende molto orgoglioso.
So che sarà distratto dall’idea della passeggiata e, infatti, avevo ragione. Il viso gli si distende, spariscono quelle piccole rughe che gli solcano la fronte quando è concentrato su un pensiero, si apre in un sorriso enorme, i suoi occhi brillano.
Rimango a fissarlo, incantato da tanta bellezza, mentre di fretta e furia finisce la sua merenda, ingozzandosi con i biscotti e rovesciandosi addosso il succo di frutta.
Scatta in piedi, mette piatti e bicchieri nel lavandino, li sciacqua velocemente, li asciuga. Ed io rimango a fissarlo come un idiota.
Viene verso di me, mi afferra per un braccio, mi trascina di peso fino a casa mia, due isolati più in là. Mi costringe a fare cinque piani a piedi e di corsa, poi si precipita, con me al seguito, in camera mia per fare i compiti. -Fantastica davvero la mia idea per distrarlo-. Adesso mi toccherà fare equazioni e dimostrazioni per le prossime due ore, con lui che come al solito criticherà i miei cinque dicendo che sembrano esse, e i miei otto “striminziti”. Sbufferà ogni due per tre, tirerà righe sul mio quaderno dove sbaglio e mi rimprovererà di essere indietro nel programma come se fosse colpa mia.
Volete la verità? Non m’importa.
Se c’è Robert con me, tutto è sopportabile.

*  *  *

“Sei alla quarta fa… fa…”
“Milleduecentonovantesei”, dice Robert con aria annoiata.
In genere me la cavo bene a fare i calcoli a mente, ma basta poco per capire che in questo momento i miei neuroni sono concentrati su altro. Sono seduto comodamente davanti alla mia scrivania, seduto accanto a me c’è Robert. Sto tentando di fare correttamente gli esercizi, ma la cosa sarebbe molto più facile se lui la smettesse di giocherellare con i miei capelli e abbracciarmi improvvisamente senza alcun apparente motivo. Mi sta facendo impazzire, e a giudicare dal ghigno sul suo volto, direi che se ne rende conto. Bastardo.
“Sette alla terza fa...”
“Trecentoquarantatrè, Judsie, sono calcoli elementari!”
Faccio una smorfia. Sarà anche il mio migliore amico... sarò anche innamorato di lui... ma quando fa così il saputello, davvero, non lo sopporto proprio. Si accorge anche di questo, sorride con tenerezza, mi appioppa un bacio su una guancia. “Eddai Judsie, non te la prenderai per così poco!”
“NON CHIAMARMI JUDSIE!”, urlo voltandomi di scatto. Mi ritrovo con il suo viso a cinque centimetri dal mio, il suo fiato sulle mie labbra. Dopo parecchi, lunghissimi, istanti socchiude gli occhi, e lentamente avvicina il suo volto al mio...
Ed io abbasso la testa. Si blocca, rimane immobile, si allontana.
Sono confuso, non so perché l’ho fatto. Balbetto: “Scusami Rob, io... non volevo alzare così la voce... scusa.”
Rimane interdetto per qualche istante, poi si alza e sorride.
“Ma ti pare, Juds... Jude! Mi sono ricordato che, uhm, ho anch’io dei compiti da fare. Per il parco... passo io a chiamarti tra un’oretta”.
Dopo avermi dato un altro veloce bacio sulla guancia esce dalla stanza. Sento i suoi passi in corridoio e subito dopo la porta d’ingresso che sbatte. Ormai entra ed esce come se fosse casa sua.
Ritorno lentamente ai miei libri, con mille pensieri per la testa. Non riesco a scacciare la sensazione delle sue labbra morbide e calde sulla mia guancia, il ricordo del suo viso che si avvicina al mio. Una domanda mi risuona nelle orecchie: “Perché?”.
Mi sembra che ci sia un’unica spiegazione logica: voleva baciarmi. Ma è impossibile, non ci credo che Robert sia, anche lui, gay.
Insomma, ha avuto un sacco di ragazze. Certo, non ne ha una da due anni, più o meno... forse!
Basta, sto permettendo alla mia fantasia di scorazzare troppo allegramente nel mio cervello. Non devo darmi false speranze.
E poi, anche se davvero fosse gay? Di sicuro io non avrei comunque possibilità! Sono il suo migliore amico, non si innamorerebbe di me in ogni caso.
Eppure, la fiammella della speranza rimane accesa in me. Non riesco a dare altrimenti una spiegazione al suo gesto di poco prima.
-Che confusione, diamine-. Mi rimetto a fare algebra, ma i miei pensieri non mi permettono di concentrarmi.
L’ora passa in fretta, e mi sembra che Robert sia appena uscito di casa quando sento il citofono suonare. Io,chiaramente, non ho finito i compiti, e quando tornerò dalla passeggiata sarò troppo stanco. Mi prenderò una nota, accidenti. Ma non mi importa... il mio Rob mi sta aspettando.

 *  *  *

Si è lavato, lo sento dal profumo travolgente. E si è anche cambiato, ora ha indosso i pantaloni che gli ho regalato l’anno scorso e la maglietta di Spongebob che mi piace tanto. Si è messo il gel sui capelli, e così ritti in testa lo fanno sembrare ancora più... sexy.
Stiamo camminando insieme nel verde, diretti in un posto che lui ama. Manca poco ormai, o almeno credo. Non ho prestato molta attenzione al percorso, ero troppo impegnato ad ammirare i suoi soffici capelli, il suo fisico slanciato, le sue spalle larghe, il suo fond...
“Juuuuude, eccoci!”
Appunto, siamo arrivati. Siamo solo io, lui, il cinguettio degli uccellini, i cespugli e la quercia sotto cui si è sdraiato.
Ha la fronte imperlata di sudore, ciocche di capelli appiccicate ad essa. E’ bellissimo.
Quasi senza accorgermene, mi inginocchio accanto a lui, scosto un ciuffo dei suoi capelli dalla fronte. La mano scende fino alla sua guancia in una lunga carezza. Si è fatto la barba prima di uscire. Gli sfioro le labbra con il pollice. Non so da dove lo tiro fuori questo coraggio... ma mi lascia fare. Quindi mi sdraio accanto a lui e lo abbraccio.
Dopo qualche minuto che restiamo in quella posizione, sento un sospiro.
“Jude.”
Non dico niente. Ho paura che se mi muovo rovinerò la magia. Ma lui insiste.
“Jude.”
Di controvoglia mi metto a sedere. Lui mi imita e mi prende le mani. Il mio cuore accelera , posso sentirlo chiaramente, e penso che possa sentirlo chiaramente anche lui.
“Jude. Mio dolce, piccolo Jude.”, sussurra con tenerezza. “Ho bisogno di risposte. E tu puoi darmele. Ho bisogno di sapere perché sono il tuo sole. Ho bisogno di sapere cosa mi nascondi. Ho bisogno di sapere cosa provi per me.”
Non rispondo, ma lui fissa nei miei quei suoi meravigliosi occhi, che ora brillano di una luce decisa che li fa sembrare ancora più belli.
“Oggi mi hai respinto. Ciò è andato contro tutto quello che avevo pensato finora. Ci sono rimasto male... ma ci ho riflettuto per un’ora, e voglio delle risposte. Voglio la verità”.
Deglutisco. Mi trovo con le spalle al muro... cioè, alla quercia.
Ho paura. Non voglio rovinare la nostra amicizia, ma mi ritrovo costretto a farlo. O non gli dico niente, e lui penserà di non essere più degno della mia fiducia, o gli dico tutto e... e allora chissà cosa succede. Di mentirgli non se ne parla.
Però... però mi ha detto di esserci rimasto male. Questo non mi dovrebbe dare un po’ di speranza?
“Rob... Io... penso... di essermi innamorato... di te.”
L’ho detto! L’ho detto davvero! Dopo due anni di amore e dedizione silenziosi, gliel’ho detto!
Non ottengo alcuna risposta, ma la stretta sulle mie mani si fa più forte. Continuo a parlare.
“Prima... quando ho abbassato la testa... ero solo confuso... non capivo perché ti stavi avvicinando... non osavo sperare che...”
Alzo timidamente la testa, è mi trovo davanti un volto che è la maschera della felicità. E che si sta avvicinando sempre, sempre di più, al mio. Quando ormai mancano pochi centimetri, mormoro sulle sue labbra: “Sei il mio sole, Rob. La tua presenza mi riscalda. Il tuo sorriso illumina la mia giornata.”
Vorrei continuare, ma improvvisamente mi ritrovo le sue labbra sulle mie, e non riesco più a parlare. Finalmente posso fare ciò che sogno da tempo: affondo le mani nei suoi capelli e lo avvicino ancora di più a me. Che sensazione magnifica. Penso di essere la persona più felice al mondo, in questo momento.
Quando ci stacchiamo per respirare vedo una lacrima di gioia solcargli il viso. La asciugo con un bacio. Il mio Rob non deve piangere, non qui, non ora. Sorride, si sdraia di nuovo, invitandomi a fare lo stesso. E rimaniamo lì fino al tramonto, immersi nella natura, mano nella mano, solo io e lui.
Quando si fa buio lo guardo. Lui è anche meglio del sole. Perché so che lui, per me, non tramonterà mai.

*  *  *  

Suona il cellulare. Diamine, sono le tre di notte! Leggo il nome sul display.
Judsie.
Comincio ad agitarmi -E se gli è successo qualcosa?-
Rispondo, con ansia.
“Pronto?”
“Rob.”
Un sospiro di sollievo, è la sua voce, sta bene.
“Dimmi Jude.”
“Mi spiace, so quanto odi esser svegliato...”
Sorrido. Dati gli eventi di oggi, cioè, ieri, dovrebbe già sapere ciò che sto per dirgli.
“Tu puoi svegliarmi tutte le volte che vuoi, mio piccolo Jude...”
Non lo vedo, ma so che sta sorridendo.
“Ma spero che tu abbia un motivo valido.”
Lo sento ridacchiare. “Oh, validissimo.... mi son scordato di dirti una cosa.”
“Sentiamo...”
“Senza il sole non si può vivere.”
Ok. Ho diciassette anni, diamine, non devo commuovermi per delle frasi fatte! Eppure, non posso impedire alle lacrime di bagnarmi il volto. Troppe cose son successe, troppa gioia ho provato.
“Ti amo, Judsie.”
“Rob”, dice lui semplicemente, e riattacca.
Mi riaddormento, e sogno Jude. Sogno Jude tra le mie braccia, che mi ripete mille volte la stessa frase.
“Senza il sole non si può vivere”. 



ANGOLO DELL'AUTORE
Volevo solo dire... E' la mia prima fanfiction, e spero che vi sia piaciuta :-)
   
 
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