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Autore: Barbara    07/05/2006    1 recensioni
"Il sole entrava dalla grande finestra di legno situata sul lato est, un po’ rovinata, posta sulla parete a lato del letto. La stanza era di medie dimensioni, con l’intonaco bianco piuttosto malridotto come del resto il pavimento a grandi scacchi di marmo e ardesia, un pochettino in disordine, vestiti e cose varie sparse sul pavimento, con pochi ed essenziali mobili di legno massicci: un armadio, una seggiola, una cassapanca, due comodini, e un grande letto matrimoniale, dove stavano due persone sotto le candide coperte." Una piccola one-shot nata in una mattina primaverile di sole, dolce e lievemente introspettiva, cercando di mantenere l'impersonalità e di lasciar parlare i gesti e gli oggetti, leggera come può essere una matita su un foglio...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole entrava dalla grande finestra di legno situata sul lato est, un po’ rovinata, posta sulla parete a lato del letto. La stanza era di medie dimensioni, con l’intonaco bianco piuttosto malridotto come del resto il pavimento a grandi scacchi di marmo e ardesia, un pochettino in disordine, vestiti e cose varie sparse sul pavimento, con pochi ed essenziali mobili di legno massicci: un armadio, una seggiola, una cassapanca, due comodini, e un grande letto matrimoniale, dove stavano due persone sotto le candide coperte.

 

Un ragazzo dai capelli neri, teneva fra le braccia una ragazza mora, di cui si potevano vedere le forme morbide anche da sotto le lenzuola.

Il ragazzo si svegliò pian piano per la luce che lo colpiva in pieno viso, non chiudeva più le persiane la sera perché una volta la ragazza gli aveva detto che era abituata a tenerle aperte e le piaceva lasciare filtrare il sole. Da quel commento lui le aveva sempre lasciate aperte, nonostante il sole colpisse proprio il suo viso la mattina, dato che la ragazza dava la schiena alla finestra, ed era rannicchiata nel torace del ragazzo, dove l’unica cosa che vedeva erano i capelli leggermente lunghi dell’altro.

 

Con un movimento lento il ragazzo si alzò, risistemando bene la ragazza nel letto, sempre con estrema delicatezza per non svegliarla. Si rimise i pantaloni, e prima di allontanarsi, prese un cuscino, e lo mise sul lato estremo del letto, oltre la schiena della ragazza.

 

Quando era piccolo e non andava a scuola, d’estate soprattutto, alzandosi la madre gli aveva sempre messo un cuscino sul lato, per evitare che cadesse nel sonno. Lui di mattina si svegliava così da solo, con il sole che lo scaldava solo in alcuni punti, le persiane erano chiuse ma con lo sportellino lasciato aperto, e con un cuscino sul lato messo dalla madre.

 

Uscito dalla stanza, il freddo del pavimento di marmo e ardesia che costituiva tutta la pavimentazione di quel piccolo appartamento nei vicoli del centro storico, lo colpì, facendolo iniziare a camminare più veloce verso la cucina. Arrivato davanti al lavandino, si sciacquò il viso, e beve un pochino d’acqua,e si asciugò con uno strofinaccio appoggiato al lavello. L’occhio gli cadde sulla borsa della ragazza, appoggiata stranamente lì e non nella camera da letto. La prese in mano e frugandoci dentro tirò fuori un elastico per capelli, di quelli con la stoffa fuori e l’elastico dentro. Quello era di un azzurro chiaro con delle righine bianche, che lei portava spesso nella borsa, lo aveva da prima che si conoscessero, e che solitamente metteva solo in casa. Quando uscivano o li teneva sciolti, erano lunghi quasi fin sotto le scapole, oppure usava altri elastici più eleganti e solitamente in tinta con gli abiti che indossava. Probabilmente a quello ci era affezionata, o semplicemente quello era molto comodo.

 

Riappoggiata la borsa sul tavolo, buttò indietro i suoi capelli lisci con un movimento della testa, che la ragazza vedeva molto sensuale, e li prese legandoli.

I suoi capelli arrivavano poco sotto il collo, ma quando faceva caldo si faceva spesso una coda, e, in mancanza di meglio, andava bene pure quel elastico fin troppo femminile, e fin troppo grosso per i suoi capelli, più adatto invece alla ragazza, che aveva tantissimi capelli, seppur lisci. Lui solitamente usava quelli sottili neri o blu scuro, troppo poco resistenti invece per lei, e che secondo la ragazza, strappavano i capelli  mentre li si levava, a differenza di quello lì che non li strappava per nulla. Effettivamente non aveva tutti i torti, penso subito il ragazzo, era effettivamente più morbido, anche se più vistoso. Tanto l’avrebbe visto così solamente lei,  o magari se lo sarebbe tolto prima che lei si fosse svegliata.

 

Sistemati i capelli, guardò fuori dalla finestra scostando leggermente la tenda. Il cielo che spuntava dai tetti era sereno, una o due nuvolette bianche sparse e basta. Si spostò all’altra finestra, vecchia e di legno come l’altra, che però dava a sud, invece che a ovest. Il mare che spuntava dai vecchi palazzi dei vicoli era ugualmente sereno al cielo. Con quella giornata potevano benissimo andare al mare, la ragazza il giorno dopo avrebbe avuto ponte al liceo, mentre lui si sarebbe portato il libro per studiare per l’accademia lì.

 

Tornando nella camera, si fermo nella saletta dove aveva il pc e altre cose, tipo libri, quaderni, tavolozze, fogli, matite, pennelli, e prese da terra un blocco da disegno formato A4, e una scatoletta con delle matite di varia durezza. C’era effettivamente troppo caos in quella camera, il giorno dopo avrebbe sistemato tutto, e prima o poi avrebbe fatto fare anche dei lavori in quel alloggio. Era stato fortunato a trovare quel locale piuttosto carino, seppure con il pavimento in alcuni punti rotto e qualche intonaco da rifare, era nel centro storico, dietro alla cattedrale e vicino ai luoghi che frequentava di solito. Era molto caratteristico, non grande ma accogliente, l’aveva già personalizzato di persona, con suoi disegni, quadri, poster. E nonostante fosse nei vicoli, nei palazzi uno accanto all’altro, dalle finestre sul lato sud poteva vedere il mare.

 

Ritornato nella stanza, rimase qualche secondo in piedi guardando la ragazza che stava ancora dormendo, avvolta nelle lenzuola. Si sedette sulla seggiola nell’angolo della stanza, accavallò la gamba sinistra, ci appoggiò sopra l’album e lo aprì ad una pagina pulita con la mano sinistra, mentre con la destra appoggiò delicatamente la scatoletta delle matite, dove dentro c’erano anche dei carboncini e dei gessetti, e la dischiuse leggermente, rimanendo un momento indeciso su cosa prendere. Alla fine prese una 2h, pensando che eventualmente dopo l’avrebbe ripassato con i carboncini.  

 

Inizio a disegnare la linea morbida del corpo, schizzando velocemente  e grossolanamente i tratti principali, poi passò ad abbozzare le gambe, le forme dei fianchi e della schiena, del seno di cui si intuivano le forme da sotto le lenzuola, nonostante fosse girata dal lato opposto sul letto, le braccia lasciate morbide sul cuscino davanti a lei.

Aveva finito di abbozzare quel corpo che ormai conosceva bene, quelle forme morbide, quando si fermò un minuto ad osservarla, cosa che faceva spesso. Osservava sempre tutto, aveva preso questa abitudine, sia per disegnare, sia per capire le persone. Disegnava quel che capiva, non quel che vedeva. Quello che stava osservando ora erano i capelli della ragazza. Ora che ci faceva caso da quando si erano conosciuti si era allungati davvero molto, erano davvero belli, lisci e corposi. La luce che filtrava dalla finestra in quel momento gli dava dei riflessi stupendi, peccato che ora aveva solo il bianco e nero a disposizione, riprodurre quel colore stupendo sarebbe stata una cosa stupenda. Probabilmente anche difficile. Si disse che poteva metterlo come suo prossimo obbiettivo, diventare così bravo da riprodurre i suoi capelli come nella realtà, da rendere sulla carta quei riflessi, imprimere quella morbidezza, rendere eterno quel sole che brillava nei cuoi capelli, regalare a lei quelle emozioni che gli dava lei. Riprese a disegnare, a far scorrere leggera la matita, per cercare di marcare i suoi capelli, passava il lapis per rendere quelle sfumature che poco prima aveva tenuto nelle mani.

 

Dal letto qualcosa si stava muovendo, mugolando infastidita per la mancanza dell’altro nel letto. Il ragazzo sorrise nel sentire quel suono, alzò la matita dal foglio, la rimise nella scatolina che chiuse. Rimirò un attimo il disegno, chiuse il blocco, tenendolo in mano, e si alzò pensando una cosa che forse non avrebbe mai detto alla ragazza, che il suo obbiettivo non era diventare un pittore, o artista, o quello che era, che non stava facendo l’accademia per quello, ma per cercare di disegnare i suoi capelli.

  
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