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Autore: Dafne ThyCapulet    08/05/2006    2 recensioni

Da quel momento in poi nessuno sentì più parlare del giovane pescatore Taro Urashima, la sua storia è considerata solo una vecchia leggenda giapponese; alcuni credono che il Dio del Mare l’abbia punito per la sua eccessiva curiosità, altri che sia stato catapultato in un passato o in un futuro dal quale non è mai più riuscito a tornare, ma tutte le ipotesi portano ad un’unica conclusione: Taro Urashima è morto ed il cofanetto è ormai andato perduto, dopo più di due millenni.
Ma se non fosse questa la verità? Se quella di Taro Urashima e del cofanetto del Dio del Mare non fosse una semplice leggenda?
Se si celasse davvero qualcosa di terribile in quel cofanetto?
E se quel cofanetto… esistesse ancora?

Genere: Avventura, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Giappone è un paese che per gli occidentali è sempre stato ambiguo, singolare, pieno di tradizioni, leggende e riti difficili da comprendere; è quasi come se tutto ciò che riguarda questo fantastico paese sia sempre stato ricoperto da una nebbia di enigmaticità che non si è mai riuscita a diradare.

C’è, infatti, una famosa favola giapponese che racconta di un giovane pescatore di nome Taro Urashima il quale un mattino di tantissimi anni fa, di buon ora, si recò sulla spiaggia con la speranza di far abboccare qualche pesce per poi rivenderlo al mercato quello stesso giorno. Mentre però si avvicinava alla riva, notò un gruppo di ragazzi che urlavano e scherzavano, molestando qualcosa che non riusciva bene a distinguere fra i corpi dei ragazzi che si muovevano freneticamente. Insospettito, si avvicinò al gruppetto e, solo quando fu a pochi passi di distanza da loro, capì il motivo del loro divertimento: una piccola testuggine, a pancia all’aria, agonizzava sotto i colpi che, crudelmente, le venivano inferti dai ragazzi per mezzo di pesanti bastoncini. Gemeva e si muoveva freneticamente sul suo guscio stranamente colorato ma non poteva opporre resistenza ai loro colpi che, man mano, diventavano sempre più forti. A quel punto Taro, mosso a compassione da quello spettacolo pietoso, urlò contro i ragazzi:
<< Ehi voi, che diavolo state facendo? >>
Loro, nel sentire la sua voce perentoria, smisero di picchiare la tartaruga e si voltarono stupiti verso di lui, abbandonando il sorriso.
<< Vi sembra un modo per divertirvi torturare una povera testuggine indifesa? Andate a farlo con i vostri simili e non con gli esseri più deboli di voi, vigliacchi!! >>
Taro alzò minacciosamente un pugno e i ragazzi indietreggiarono; poi, quando fece qualche passo per avvicinarsi a loro, si voltarono e se la svignarono a gambe levate, lasciando cadere per terra i bastoncini.
Taro li seguì con lo sguardo mentre scappavano via e, indignato, scosse la testa, facendo poi per voltarsi; ma proprio in quel momento una vocina rauca e debole si rivolse a lui, richiamando la sua attenzione:
<< Grazie, magnanimo pescatore, grazie per avermi salvato la vita… >>
Taro si voltò lentamente e, stupito, fissò la tartaruga, ancora stesa sul suo guscio ma con un sorriso riconoscente dipinto sul viso.
<< Ti ringrazio, sarei morta se non li avessi mandati via… -mormorò ancora lei, cercando di capovolgersi con un movimento frenetico delle zampette- …ah, stupidi ragazzi…credono di sapere tutto della vita e di poter prendersi gioco di tutto ciò che c’è nel mondo… >>
Detto ciò, però, dopo un altro paio di tentativi, si abbandonò sul guscio, stanca ed affaticata, ma senza riuscire a rimettersi in piedi. Allora, volse lo sguardo verso Taro e, imbarazzata, gli chiese:
<< Scusa se ti disturbo ancora, ma non è che potresti aiutarmi? >>
Taro era rimasto immobile, paralizzato dalla sorpresa; una tartaruga che parlava, mai vista una cosa più stramba in tutta la sua vita.
<< Non è possibile…- mormorò allora, scuotendo lentamente la testa e fissando ad occhi sbarrati la tartaruga- …tu mi hai…mi stai…parlando… >>
<< Beh, hai ragione, di solito noi tartarughe non parliamo mai con gli umani, in realtà un decreto del Dio del Mare ce lo impedisce…ma con te ho voluto fare un’eccezione: dopotutto mi hai salvato la vita…- ridacchiò dolcemente la tartaruga ma poi, vedendo che l’espressione di Taro non mutava, gli chiese un po’ scocciata- …ora vuoi darmi una mano, sì o no?? >>
A quel punto, Taro si risvegliò dallo stato di trance in cui era piombato e, avvicinandosi alla tartaruga riversa sul guscio, la prese fra le braccia, rivoltandola e poggiandola gentilmente per terra.
<< Oh, grazie ancora, buon pescatore… >> esclamò contenta la tartaruga e Taro, ancora un po’ sconvolto, le chiese:
<< Ma tu…tu conosci il Dio del Mare? >>
<< Se lo conosco? Io vivo con lui, caro pescatore, così come tutte le creature del mare fanno, e, come tutte loro, anche io sottostò ai suoi ordini, malgrado proprio adesso io abbia disobbedito ad uno di questi… >>
Taro fissò strabiliato la tartaruga e lei di rimando gli sorrise benevolmente.
<< Lo so, per voi umani queste cose sono assolutamente scioccanti, capisco la tua sorpresa…comunque voglio ripagare la tua gentilezza nei miei confronti: cosa desideri sopra ogni altra cosa? Dimmelo ed io te la darò. >>
Taro, seduto sui talloni di fronte alla tartaruga, abbassò lo sguardo, riflettendo per qualche secondo; poi alzò nuovamente lo sguardo sulla tartaruga e, a bassa voce, le disse:
<< Desidero vedere il regno del Dio del Mare. >>
La tartaruga, nel sentir ciò, sorrise e gli rispose:
<< Prendimi in braccio e andiamo allora. >>
Taro la fissò ad occhi sbarrati, strabiliandosi della semplicità e della fermezza della sua risposta.
La tartaruga fece qualche passo verso il mare e poi, voltandosi nuovamente verso di lui, gli chiese:
<< Allora, vuoi venire? O hai cambiato idea? >>

Taro trascorse diverso tempo nel magico e spensierato regno del Dio del Mare: giocò con le sirene, visitò ogni angolo dell’oceano, vide alcuni degli spettacoli più belli che la natura potesse offrire e conobbe il tanto celebre Dio del Mare.
Ma, dopo un po’, cominciò a mancargli il calore del sole, la brezza fresca che soffia di sera, l’odore dei fiori nei prati e, così, decise di tornare sulla terraferma; dopotutto, era quello il suo posto. La testuggine ed il Dio del Mare compresero il suo desiderio ma, prima di lasciarlo tornare, gli diedero per ricordo uno strano cofanetto.
Taro lo guardò, incuriosito: era un cofanetto scuro, decorato finemente e con strane iscrizioni incise sul coperchio e lungo l’apertura; un lucchetto lo sigillava e su di esso vi era incisa una strana lettera che non riusciva a decifrare.
Quando la tartaruga lo riportò sulla terraferma, nello steso luogo in cui si erano incontrati, lui le chiese, curioso:
<< Cosa c’è scritto qui sopra, cara tartaruga? >>
<< Non posso dirtelo, Taro, non so cosa vogliano dire quei segni, ma ti raccomando una cosa: non aprire mai quel cofanetto, mai, qualsiasi cosa dovesse accadere. Tienilo come ricordo su uno scaffale della tua baracca, ma non aprirlo mai. >>
Taro fissò stupito il cofanetto, rigirandoselo per un po’ fra le mani, cercando di capire cosa vi fosse iscritto; poi chiese alla tartaruga:
<< Ma perché non posso aprirlo? Cosa c’è che non… >>
Ma s’interruppe, notando che la tartaruga era scomparsa.
Così, perplesso e ancora scosso da quella sua strana avventura, si rimise sulla strada di casa; era sera, ormai, e il sole stava tramontando dietro il mare. Quel mare nel quale aveva scoperto un mondo fantastico, strabiliante, magnifico.
Nel tornare, però, notò che il paesaggio intorno a lui era molto cambiato rispetto a prima; vide alcune baracche che, quando aveva lasciato la terraferma, non c’erano; non riconosceva più nessuno fra i pescatori che si ritiravano, non trovava più la propria baracca. Allora, perplesso ed anche un po’ angosciato, si sedette su una roccia cercando di capire cosa fosse successo; poi il suo sguardo ricadde sul cofanetto donatogli dal Dio del Mare ed allora la paura, la tristezza e la curiosità lo vinsero.
Si armò di un’asta di ferro trovata a pochi metri di distanza dalla bottega di un fabbro e cercò di aprirla, mettendo alla prova la sua forza e la sua pazienza. Poi, dopo centinaia di tentativi, finalmente il resistente lucchetto si spezzò, scivolando per terra, ai piedi di Taro.
Allora lui, soddisfatto ma anche un po’ timoroso, prese in mano il cofanetto e, stupito, si accorse che dal suo interno provenivano diversi strani rumori, voci, musiche.
Fissò nuovamente il cofanetto e, per un attimo, gli venne la tentazione di gettarlo via, lontano da sé e di andare a chiedere spiegazioni a qualcuno del posto; ma poi, sfortunatamente, la sua curiosità lo vinse.
Così, lentamente, socchiuse il cofanetto: le voci ed i rumori aumentarono sempre più d’intensità, l’involucro sembrava tremare fra le sue mani e poi, all’improvviso, una luce cominciò a sprigionarsi da esso, una luce prima flebile e poi sempre più forte finché non divenne così accecante che Taro non riuscì a sostenerla; allora si lasciò scivolare il cofanetto di mano per proteggersi da quella luce abbagliante ma essa diventò sempre più forte, sempre più accecante.
Poi Taro sentì una grande forza che lo trascinava verso il basso; cercò di opporre resistenza ma la potenza di quell’attrazione era troppo forte. Gridò, invocò aiuto, gemette di dolore e di paura ma nessuno lo sentì; poi perse i sensi e non vide più nulla.

Da quel momento in poi nessuno sentì più parlare del giovane pescatore Taro Urashima, la sua storia è considerata solo una vecchia leggenda giapponese; alcuni credono che il Dio del Mare l’abbia punito per la sua eccessiva curiosità, altri che sia stato catapultato in un passato o in un futuro dal quale non è mai più riuscito a tornare, ma tutte le ipotesi portano ad un’unica conclusione: Taro Urashima è morto ed il cofanetto è ormai andato perduto, dopo più di due millenni.
Ma se non fosse questa la verità? Se quella di Taro Urashima e del cofanetto del Dio del Mare non fosse una semplice leggenda?
Se si celasse davvero qualcosa di terribile in quel cofanetto?
E se quel cofanetto… esistesse ancora?

  
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