Anime & Manga > Inuyasha
Segui la storia  |       
Autore: Kamusa    10/05/2006    8 recensioni
Kagura è al solito intrappolata nel castellaccio di Naraku sognando la sua libertà... Sesshomaru vaga per i boschi col suo seguito, apparentemente indifferente a ciò che accade nel mondo attorno a sè... ma le loro strade, destinate ad incrociarsi con quelle della ritornante Kikyo e di Kohaku, non sono mai state così vicine...
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kagura, Kikyo, Kohaku, Naraku, Rin, Sesshoumaru
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Salve a tutti! Questa è la mia prima ff in assoluto, spero sia di vostro gradimento! Ringrazio fin da ora tutti quelli che lasceranno commenti o avranno anche solo il coraggio di leggere... oh, dimenticavo! I personaggi di questa fanfiction non mi appartengono ma sono di proprietà della Takahashi, la presente storia non è scritta a scopo di lucro.

LA VISIONE DI KAGURA

Le foglie rosse e gialle vorticavano nella gentile brezza notturna in quello splendido novilunio autunnale; la sola luce delle stelle illuminava il bosco in lontananza, mentre gli uccelli notturni si sporgevano dai rami più alti, ed emessi i loro richiami, libravano le loro ali scure fondendosi con la notte.

Socchiusi gli occhi, la donna si appoggiò languidamente al balcone, mentre i suoi pensieri correvano nel vento senza che lei si sforzasse di controllarli… e immaginava di poter prendere il volo con essi, di essere trasportata come quelle foglie in volo sopra il bosco, andare alla deriva fino a fondersi con la natura circostante, fino a diventare tutt’uno col vento… tutt’uno col vento… questo per gli altri uomini era libertà! Per gli altri, ma non per lei, perché in lei viveva questo insensato ossimoro… lei era il vento, e tuttavia lei non era libera!

Si girò, presa da un improvviso scatto d’ira quando si accorse dell’aura maligna che si stava espandendo dal castello in tutta la foresta, diffondendo miasmi velenosi. La barriera di Naraku si stava riformando. Kagura battè i pugni sull’oscura pietra del balcone “Ma che cosa mi trattiene qui?” pensò “Ne ho abbastanza di osservare le bestie volare libere da lontano! Ne ho abbastanza di veder scomparire le foreste sotto i miei occhi, il verde brillante degli alberi trasformarsi nel grigio cupo della morte, il dolce profumo del tiglio cambiarsi in quello schifoso sentore di putrefazione, l’odore di Naraku…”.

Prese una piuma dalla sua elaborata acconciatura, ingigantendola davanti al balcone e saltandovi sopra senza troppa esitazione “Ora basta! Fosse anche l’ultima cosa che faccio, me ne andrò da questo castello maledetto, da questo dannato covo di vipere! A mai più!”. Prese a salire sempre più in alto, osservando il castello farsi sempre più piccolo sotto di lei, alzò gli occhi e con uno scatto velocissimo uscì dalla barriera in formazione proprio prima che questa si chiudesse. La donna si girò, presa da un improvviso ripensamento “E ora… non posso più rientrare, sono intrappolata fuori… intrappolata… beh, ero più in trappola prima” sentenziò, consegnandosi senza troppi timori nelle mani del suo crudele destino.

E cominciò a prendere velocità, allontanandosi dall’oscuro addensamento di malvagità e perversione ormai racchiuso da un’imponente barriera, e sfiorò con le dita le cime degli alberi, superando in velocità gli allibiti rapaci notturni, che incuriositi dalla sua presenza le si erano fatti intorno. Raggiunse il fiume, e lo seguì fino alla sua foce, che dava su un grandissimo lago. Qui si fermò: era un luogo dall’aspetto vagamente familiare, anche se, ne era sicurissima, non l’aveva mai visto prima.

Scese dalla piuma, e accorgendosi di avere il kimono completamente fradicio dopo la sua corsa sul fiume, se lo levò di dosso. Ormai le rimaneva soltanto la lunga camicia scura nel freddo della notte che si inoltrava. Tuttavia lei non sentiva freddo, perché lei era il vento. Lei era il vento, e bramava la sua libertà. Si legò in vita i lunghi lembi della camicia con la cintura gialla, proseguendo sulla spiaggia e osservando la sua immagine riflessa nelle scure acque del lago alla luce di una mezzaluna nascente. Kagura la osservò stupita, ormai abituata al buio di quello che credeva essere un novilunio. Tuttavia quella luna le dava sicurezza, quasi fosse una vana speranza riemersa da un’oscura realtà col solo scopo di fugarne le tenebre coi suoi riflessi argentei, e una sensazione di grande sollievo la pervase.

Chiuse gli occhi e proseguì ancora, affondando i piedi nudi nella sabbia, finchè non urtò una pietra e fu costretta ad aprire gli occhi scarlatti. In quel momento si accorse di essere arrivata di fronte alle rovine di un’antica città, e l’atmosfera del luogo la coinvolse completamente. E in quell’ultima visione, vide la città rifiorire davanti ai suoi occhi, e gli abitanti in abito da cerimonia riversarsi nelle sue vie in una notte senza luna, accendendo fuochi tutto intorno per contrastare il buio e il gelo della notte e danzando al ritmo di una musica quasi tribale per contrastarne il silenzio.

Kagura si mise a correre in mezzo alle rovine, circondata dai vivaci riflessi dei fuochi e muovendosi nell’incessante ritmo delle danze. Sciolse i lunghi capelli al vento mentre danzava in mezzo alle vie dell’antica città, spronata dai sonagli e dal crepitìo del fuoco, mentre la folla applaudiva, lanciava fiori e si univa alla sua danza. Circondata da un turbine di nastri e lunghe gonne che ruotavano, ricoperta di fiori e guardando il cielo stellato, dimentica di se stessa e della sua vita, per la prima volta si sentiva felice, per la prima volta si sentiva libera! “è troppo bello per essere vero” pensò “tutto questo è… è…

impossibile…” sussurrò, aprendo gli occhi nel proprio letto e trovandosi davanti le oscure pareti del castello “no…” sussurrò “perché?...” e la prima lacrima rigò il suo viso. Si guardò intorno, ma tutto restò immutato; non c’era più nessuna sorgente, nessuna città, era intrappolata all’interno della barriera, intrappolata in quello che doveva essere il suo giaciglio, nella sua casa, la casa di quello che non poteva definirsi suo padre...

si tirò a sedere e si guardò riflessa nella finestra, non indossava più la sua camicia, bensì un pigiama con le spalline, bianco, e i suoi capelli non erano più sciolti, ma raccolti in una lunga treccia corvina che le ricadeva su una spalla. La prese fra le mani e cominciò a rigirarsi nervosamente fra le dita i riccioli della punta, mentre cercava di trattenere le lacrime che il traumatico ritorno alla realtà le stava facendo sgorgare dagli occhi. Alla fine ricadde sul cuscino, e cercando di soffocare i singhiozzi, scoppiò in un forte pianto.

Accanto a lei stava quella che avrebbe dovuto essere sua sorella, la pallida Kanna. Girata dall’altro lato, non mosse un muscolo per non far intendere di essersi svegliata. Tuttavia un ghigno soddisfatto si dipinse sul suo volto, solitamente inespressivo.

  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Inuyasha / Vai alla pagina dell'autore: Kamusa