LA ROSA E IL CAVALIERE
Quale
cavaliere non desidera salvare una principessa? Quale cavaliere non
desidera compiere il pericoloso viaggio, uccidere il drago, scalare
l’alta torre e finalmente baciare la tanto sospirata dama?
Beh,
ormai Floriant questo l’aveva fatto. Certo, il drago non
l’aveva proprio ucciso, tutti sanno quanto i draghi amano i
Marron Glacè, e la torre non era poi così alta, ma che
importa? La principessa era salva, era questo l’essenziale.
Che poi la principessa in questione non fosse esattamente come se l’era aspettata era soltanto un altro piccolo dettaglio.
Ora,
un nobile e valoroso cavaliere si sarebbe aspettato di vivere per
sempre felice e contento. Non avevano forse fatto così
Biancaneve e il suo principe? E Cenerentola e il suo amato? E invece no!
«Portami una rosa!»
La sua principessa voleva una rosa.
Beh,
gliel’avrebbe portata. L’avrebbe ricoperta di rose, una
valanga di rose l’avrebbe seppellita fino al quel suo delizioso
nasino all’insù, se era questo che desiderava.
Almeno cosi non sarebbe riuscita a strillare ordini con quella sua graziosa vocina.
Certo,
una missione facile, penserai tu, ma no! Siccome l’autore
è una carogna che sfoga la propria rabbia repressa sulle sue
piccole creature, ha deciso a priori che a causa di una terribile
maledizione lanciata secoli prima da qualche strega sessualmente
repressa e con abbondante tempo libero, nel regno non crescessero
più fiori.
Così
Floriant era salito in sella al suo destriero ed era partito per
un’altra grande avventura, ringraziando mentalmente i fautori
della rabbia repressa dell’autore che l’avrebbero tenuto
lontano dalla principessa per mooolto tempo.
Si,
effettivamente non la sopportava. E allora perché l’aveva
salvata, chiederà il capitan ovvio di turno. Beh, quella era una
storia che risaliva a molto tempo prima. Era stata sua madre a
insistere.
«Perché
non salvi una principessa, tesoro? Tutti i tuoi amici l’anno
già fatto, non capisco perché tu sia così restio a
partire!»
Poteva
ancora sentire la sua voce petulante nella testa. Era cresciuto con sua
madre, una donna frivola e pettegola, di quelle che vanno in giro con
indosso un abito color pesca e un ombrellino parasole in mano e
esibiscono il figlio come fosse il pezzo preferito della loro
collezione di argenteria.
Peccato
che Floriant non fosse proprio il tipo di ragazzino che amava essere
esibito. Anzi, a quel tempo era il tipico sfigatello che nei licei
americani viene chiuso negli armadietti. Per sua fortuna non si trovava
in America, non c’erano i licei e a nessuno era ancora venuto in
mente che chiudere qualcuno in un armadietto potesse essere
un’attività tanto estasiante.
Poi
con gli anni era migliorato. Ora chi poteva dire che quello gnocco di
principe da piccolo era stato un esserino insignificante?
Però
la paura delle principesse era rimasta. Era una cosa che risaliva a
quando era molto piccolo; era perseguitato da una principessina poco
più grande di lui, aveva ancora i segni dei morsi. Si, morsi. Le
principesse hanno i denti molto affilati.
Questo
spiegava perché sua madre aveva dovuto insistere tanto per
riuscire a convincerlo a partire. Però alla fine c’era
riuscita. Sua madre riusciva sempre in tutto.
E ora, sempre a causa delle capacità persuasive di sua madre, doveva trovare una rosa.
Una
rosa. Si prese tutto il tempo non necessario per pensare a dove poteva
trovarne una. Poi il suo potente destriero decise per lui, e si diresse
con quel suo passo stanco verso una locanda per sistemarsi nel prato a
brucare placidamente.
Floriant
smontò da cavallo. Quello era il destino. E se il destino gli
diceva di fermarsi in una locanda dalla dubbia clientela a bere
qualcosa prima di partire per la sua impresa, beh, lui l’avrebbe
fatto. Non ci si oppone al destino. E nemmeno all’autore.
Si
appollaiò su uno sgabello accostato al bancone e si immerse
nell’ammirazione dei rotondeggianti glutei della locandiera che
si affaccendava tra i tavoli. Si, i nobili cavalieri fanno anche di
queste cose, al giorno d’oggi non ci si può più
fidare di nessuno.
E
presto Floriant scoprì che non ci si può fidare nemmeno
degli innocui scrittori con la passione per crossdressing e simili.
Gli
sorse il dubbio quando notò i piccoli peletti sul mento della
locandiera, che il trucco esagerato nascondeva a malapena. Forse
avrebbe dovuto capirlo subito dalle spalle larghe… però
doveva dire che la scelta dell’abito era stata ottima: mascherava
alla perfezione le forme mascoline, dando al corpo un aspetto quasi
sinuoso.
Ebbe la conferma ai suoi timori quando la locandiera gli rivolse la parola con quella voce profonda.
«Desideri qualcosa da bere, tesoro?»
Stava davvero fissando il culo ad un uomo.
«Soltanto una birra, grazie». Che importava, era un bell’uomo. Con un bel culo.
L’ormai locandiere gli portò il boccale di birra dopo pochi minuti.
«Sei tutto solo, bel ragazzone?»
Floriant
inghiottì una sorsata di birra prima di sfoggiare un sorriso
incerto e rispondere «Si, viaggio da solo».
«E
dove stai andando, zuccherino?» Il locandiere si avvicinò
a lui e appoggiò i gomiti sul bancone facendogli gli occhi dolci.
Il
principe si ritrasse istintivamente. «Non lo so ancora, avrei
bisogno di qualche informazione, se sapete dirmi dove trovarla».
«Io ho tutto quello che desideri» rispose lui, sottolineando in modo preoccupante il tutto.
«Allora saprete dirmi dove posso trovare una rosa».
Il
volto del locandiere si illuminò in una smorfia civettuola.
«Oh tesoro, come sei gentile! Sono lusingata che tu voglia
regalarmi una rosa, ma posso ricordarti che in questo regno non ne
crescono più?»
«Lo
so benissimo, ma devo trovare quella rosa» ripetè testardo
Floriant, ignorando le civetterie del locandiere.
«Oh
se sei così deciso, allora ti aiuterò. Domani
all’alba, zuccherino!» concluse lui, allontanandosi
dimenando il culo. «E se hai bisogno di un posto dove dormire,
puoi sempre venire da me, tesoro» aggiunse poi, girandosi per mandargli un bacio con la mano.