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Autore: aufhebung_9    09/09/2011    2 recensioni
Eppure eccole lì, le emozioni umane, quel turbamento che aveva potuto scorgere in lui solo quell’altra mattina di tanti giorni prima.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Casca, Griffith
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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-… E tu?
- Eh?
- La tua famiglia, intendo. I tuoi genitori.
- Tutti devono avere un padre ed una madre, per nascere.
- Ho capito, scusami. Non vuoi parlare del tuo passato.
- Non è proprio così: non ne vedo il motivo in quanto, appunto, passato. Il passato deve servirmi per migliorare il presente, il resto sono solo immagini e sensazioni che non servono a nulla, neppure come ricordo.

Caska tacque, e si sentì improvvisamente stupida: sensazione che qualunque interlocutore di Grifis finiva prima o poi per provare sulla propria pelle.
Quando gli raccontò del suo villaggio al fine di giustificare il motivo per cui si ritrovò a gettarsi da una carrozza in movimento per sfuggire alle violenze di un nobile, la curiosità di conoscere la storia di quel suo biondissimo e bellissimo salvatore la portò ad un tentativo di conversazione all’apparenza comune e semplice; ma Caska era ancora troppo inesperta per poter sapere che a Grifis non si poteva accostare certo la semplicità, anche se questi utilizzava spesso difendere le proprie posizioni con un pragmatismo che ti porta a chiederti se tu non sia uno sciocco.
Per un attimo ebbe paura di averlo offeso, o almeno disturbato con la sua indiscrezione: tuttavia il sorriso limpido di Grifis la rincuorò facilmente. Abbastanza da renderla serena e ritentare un approccio diverso:

- Vorrei essere come te, sai? Sempre sicuro e certo delle tue convinzioni!

Grifis sembrò sul punto di ribattere, ma alla fine continuò a sorriderle per un istante prima di congedarsi gentilmente in seguito alla chiamata di uno dei soldati lì nel campo. Questa volta Caska provò inquietudine, convinta che il ragazzo stesse per dirle qualcosa con il quale non aveva intenzione di fare i conti, ricacciando quindi il tutto nel silenzio… esattamente come il suo passato.

Si chiese se, talvolta, Grifis non si sentisse solo.



**********

Il rumore della lama dei coltelli di Judo mentre questi li affilava, i borbottii di Kolcas e il passo veloce di chi aveva già finito di consumare un veloce pasto:  da un anno quello era divenuto il significato delle mattine di Caska , quando i soldati della Squadra dei Falchi si preparavano alla prossima partenza con le prime luci dell’alba. Anche lei adesso era un soldato, e non poteva che sentirsi parte integrante di quella nuova realtà, una realtà composta da individui che partecipavano al medesimo gioco, dando l’impressione di essere tutti legati da un filo invisibile.
Fu tutto ciò che colpì Caska maggiormente la prima volta che conobbe quel particolare gruppo di giovani mercenari: l’unità, il legame tra i singoli, come se ognuno con la propria azione rimandasse a quella del vicino, in un ipotetico dialogo tra pari. Tutto questo valeva per la Squadra dei Falchi… se si escludeva il suo magnifico comandante.

Perché Grifis, nel momento in cui usciva semplicemente dalla propria tenda, sembrava a Caska qualcosa di terribilmente diverso: non certo nell’atteggiamento, cordiale e disponibile com’era sempre nei confronti dei suoi sottoposti; era un qualcosa di più nascosto, come se lui respirasse un’altra aria.

A Caska non piaceva ricorrere a metafore dal senso mistico, ma in quel caso non poteva che constatare come, guardando Grifis, sentisse che in lui vi era una componente di sacro… e quindi di separato.

Sentiva di amarlo per quella magnifica differenza, tuttavia si riscopriva subito inadeguata e, nel provare quel sentimento, quasi colpevole.
Anche quella mattina, dunque, riuscì chiaramente a percepire la presenza di Grifis nel campo, tra centinaia di uomini: lo vide intento a sistemare l’equipaggiamento del cavallo, mentre una leggera brezza mattutina gli scompigliava i capelli, senza che lui ne fosse disturbato. Caska si concesse qualche minuto per osservarlo da lontano, perfetto com’era, avvolto nella sua armatura bianca: ne rimase incantata, come sempre.

Subito lui, per qualche strano sortilegio, si accorse di essere osservato, e si girò verso di lei salutandola con un gesto del braccio: nulla di sorprendente, perché la Squadra dei Falchi sembrava essere guidata proprio da un vero falco… o almeno quella era la spiegazione più plausibile per giustificare l’incredibile intuito di un giovane al quale non sfuggiva nulla, nemmeno un silenzioso sguardo proveniente da lontano.

Caska ne approfittò per andargli incontro, con passo veloce ma allo stesso tempo timoroso perché consapevole di attraversare un’atmosfera diversa: se quella mattina riusciva a vedere in ogni mercenario presente un pezzo di un'ipotetica scacchiera, non riusciva a trovare la giusta collocazione per Grifis. No, la verità è che non sembrava fare parte dei pezzi, semmai poteva essere la mano invisibile che li disponeva al posto giusto. Si sentì improvvisamente triste per il biondo condottiero, senza saperne riconoscere la ragione.

- C’è una bella giornata oggi: il vento fresco allevierà il caldo, permettendoci di sopportare meglio il peso delle armature. Dovremo percorrere molta strada oggi. Hai riposato bene, Caska?
- Sì, grazie: per mia fortuna ho un sonno pesante!
- Oh, come ti invidio!- rispose lui scherzosamente.
- Perché? Non hai dormito stanotte?
- Non intendevo questo, ma basta un piccolo rumore per svegliarmi, purtroppo.
- Questa non è un’arma molto vincente quando si vive insieme ad una truppa di mercenari! Quell’idiota di Kolcas non la smetteva di cantare a squarciagola, ieri- rispose Caska tra l’ironico e il seccato.
- Ahah! Deve essersi concesso qualche bicchiere in più, immagino! Comunque per “rumori” intendo quelli che non conosco: con il passare del tempo il mio orecchio si abitua ai suoni conosciuti e finisce per ignorarli… canti nel cuore della notte compresi!
- E cosa ti ha disturbato, la notte scorsa?

Grifis si fermò un attimo a riflettere prima di rispondere: - Qualcuno mi chiamava.
- Chi?
- Non qualcuno che conoscessi.
- Forse hai fatto un brutto sogno!
- Può darsi, ma…
- Ma?
- Non è la prima volta che succede.

Caska lo vide stranamente confuso, forse anche preoccupato. E né la confusione né la preoccupazione erano stati mai associati al comandante della Squadra dei Falchi, altrimenti non si sarebbe potuto parlare di Grifis.

Eppure eccole lì, le emozioni umane, quel turbamento che aveva potuto scorgere in lui solo quell’altra mattina di tanti giorni prima, quando Grifis, immerso nelle acque di un fiume, le aveva ammesso di essersi venduto ad un nobile pervertito per denaro necessario alla squadra; Caska conservava quel momento sempre vivo nel cuore, perché era in quei pochi istanti che aveva potuto sbirciare nel vero animo di Grifis, al di sotto della sua spessa corazza. E adesso stava riaccadendo.

Era come se il giovane non riuscisse a parlare serenamente con qualcuno. Come se sapesse di avere in sé un tale fardello da riuscire a sopravvivere solo nell’isolamento. Fu allora che Caska si fece coraggio e gli pose la domanda che avrebbe voluto fare tanto tempo prima, anche nel recente discorso sull’ipotetico passato del suo salvatore.

- Grifis… ti capita mai, ecco… di sentirti solo?

Lo disse così, tutto d’un fiato, senza concedere tempo al suo cervello per elaborare: giusto o sbagliato che fosse, gli aveva ormai posto quella domanda.
Grifis rise leggermente e bonariamente: -Eppure mi avevi detto di aver riposato bene, mentre adesso mi sembra che la tua notte scorsa sia stata popolata da incubi!
- … Come?
- Esiste forse un’altra spiegazione per domande così complesse di prima mattina?

Ha ragione, si disse Caska. Perché aveva posto quella domanda così stupida e insensata? Dopotutto, forse la sua era solo curiosità nei confronti di qualcuno che sentiva di adorare.

- Hai ragione, Grifis, come sempre: non so perché oggi chiacchiero così tanto.
- Sono contento che tu sia così attiva già da ora: è di persone come te che la Squadra ha bisogno! Sei pronta, ora?
- Sì! – rispose prontamente e fiera di quelle parole; gli sorrise mentre lui le poggiava una mano sulla spalla, poi si allontanò dirigendosi verso il proprio cavallo.

Fine della discussione, esattamente come quel giorno al fiume: una domanda inopportuna, un momento di spaesamento e di debolezza e poi… niente. Un sorriso e via, come sempre, come se lo scambio verbale non fosse mai avvenuto.

Una volta liberato il campo, tutti i mercenari si ordinarono in fila dietro il loro comandante; Caska invece stava al suo fianco, un poco più indietro, ma pur sempre abbastanza vicino da sentirsene onorata e felice.  Tutto era pronto per l’inizio di una nuova giornata, e cominciò a rilassarsi ed a portare la propria attenzione sul paesaggio davanti a loro.

Ma poi arrivò, come un sussurro, proprio nell’istante in cui, con un colpo di redini, Grifis mandò al galoppo il proprio cavallo ordinando contemporaneamente la marcia al resto della squadra:

- Sì.

Caska alzò immediatamente lo sguardo verso Grifis, non riuscendo inizialmente a comprendere se fosse stato realmente lui a parlare o se invece fosse colpa della sua immaginazione: un dubbio ricco di ipocrisia, dacchè in realtà conosceva benissimo la risposta; ma Grifis si era ormai distanziato più avanti, procedendo con la marcia.

E ancora una volta, ancora come quella mattina non troppo lontana, Caska pianse una solitaria lacrima. Non per quella inaspettata risposta, ma perché sapeva che quel capitano di ventura troppo giovane, qualche istante dopo, sarebbe tornato ad essere imperscrutabile come sempre. Come fosse fatto di marmo.

Sì, era tremendamente solo, se non voleva – non poteva? – comunicare se stesso a qualcun altro; nessuno poteva fare nulla, neanche lei, unica donna dell’imbattibile Squadra dei Falchi.

Eppure Grifis riusciva a mantenersi in vita proprio nell’estraniamento, questo Caska l’aveva compreso già da tempo, fin da quando aveva deciso che, se non poteva accedere al suo cuore, l’avrebbe comunque protetto servendo la veloce mano di Grifis come spada.
Dunque, se lo amava almeno un po’ – e sì, lo amava- , non avrebbe permesso a nessuno di invadere quel suo cuore nascosto da una protezione costruita negli anni.

Non riprese più quell’argomento: non aveva intenzione di indebolirlo ancora una volta.











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Ovviamente, qui non abbiamo ancora l’entrata in scena di Gatsu nella Squadra dei Falchi.
Per quanto riguarda il “sentirsi chiamato” di Grifis, sono sempre stata convinta che la Mano di Dio abbia tentato più di una volta in passato di mettersi in contatto con il loro prescelto: credo che il particolarissimo carattere di Grifis, oltre che una dote naturale, sia infatti l’effetto di un’inconscia consapevolezza di essere diverso dagli altri.
Mi rendo conto che questa è la seconda fic che scrivo su Berserk riguardo al lato umano e più debole di Grifis, ma, miei cari lettori, non posso farci niente: andare a stuzzicare il lato nascosto delle persone fa in un certo senso parte del mio “mestiere”, vogliate perdonarmi! XD E Grifis, beh… è una delizia, per un simile scopo.
Un sincero grazie a chi passerà di qui! ;)
  
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