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Autore: Koori_chan    11/09/2011    9 recensioni
E' passato molto tempo da quando Dante Alighieri ha compiuto il suo viaggio attraverso Inferno, Purgatorio e Paradiso.
Ritornato nel mondo dei vivi grazie all'aiuto di Beatrice, la sua anima ora è in pace -o quasi-.
Ma che ne è stato del suo maestro, quali sono i pensieri di Virgilio, rimasto solo fra le anime dei morti?
In che modo affronta l'eternità, ora che Dante è diventato un ricordo di tempi migliori?
//E pensare che all’inizio nemmeno voleva andarci, alla Selva.
Non sopportava l’idea di prendere ordini da Beatrice. Non che le stesse antipatica, era una ragazza intelligente con cui era piacevole conversare, ma era anche piuttosto capricciosa, e per di più era del Paradiso.
C’era sempre stata una sorta di rivalità fra quelli del Paradiso e tutti gli altri. ...//
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In Aeternum~




E pensare che all’inizio nemmeno voleva andarci, alla Selva.
Non sopportava l’idea di prendere ordini da Beatrice. Non che le stesse antipatica, era una ragazza intelligente con cui era piacevole conversare, ma era anche piuttosto capricciosa, e per di più era del Paradiso.
C’era sempre stata una sorta di rivalità fra quelli del Paradiso e tutti gli altri. Insomma, i dannati costretti a subire le peggiori torture e i Santi e i Beati, con gli angeli e tutto il resto, a festeggiare allegramente la loro infinita bontà.
C’era un non so che di irritante in quella condizione, specialmente per le anime non battezzate.
Nessuno poteva disobbedire agli ordini del Sommo, se si era condannati al settimo Cerchio non si poteva cercare di barattarlo con il quinto, non vi era modo di interrompere la pena, anche solo per un momento.
A lui non era mai andata giù quella cosa, e il fatto di non credere in Dio non lo aiutava certo.
Tuttavia, pur essendo un miscredente, la sua anima godeva di una certa libertà, non era soggetta alle regole  cui dovevano attenersi gli altri, poteva fare ciò che voleva.
O quasi.
Non gli avevano mai permesso di entrare in Paradiso, per esempio. Nemmeno un momento, solo per vedere com’era e raccontarlo agli altri, giù nelle profondità dell’Inferno.
- Il Capo non vuole, gli inzaccheri i pavimenti… - era stata la spiegazione di Beatrice alla sua richiesta di spiegazioni.
Quella ragazza aveva proprio una bella faccia tosta a parlare del suo Dio con un tale sarcasmo, a volte rasentava la mancanza di rispetto, eppure era sempre lì, in quel luogo luminoso e tranquillo, a cantare i Salmi e a pregare con i Santi. Si era chiesto più volte come avesse fatto ad aggiudicarsi un posto in Paradiso, lei con quella sua testa calda, con quelle sue idee rivoluzionarie. Non ci stava nemmeno bene, lassù!
Ricordava che una volta era scappata di nascosto ed era arrivata fino al Limbo. Non aveva nemmeno fatto a tempo a chiederle cosa diamine ci facesse lì che due angeli alti e muscolosi erano apparsi in un fruscio di ali e l’avevano afferrata saldamente per le braccia. Si era un po’ dimenata, ma la morsa degli angeli non si sarebbe mai allentata e lei lo sapeva benissimo.
Lui personalmente li trovava inquietanti, con quei loro visi infantili e vagamente androgini e gli occhi freddi e duri come i loro fisici. Chiaramente si era sempre guardato bene dal confessarlo, temeva una qualche ritorsione da parte di quei singolari gendarmi.
- Alla prossima, Virgilio! – lo aveva salutato, allegra, come se non avesse saputo che appena varcate le soglie del Paradiso, anche se non prima di tutti i riti di purificazione, avrebbe ricevuto una bella strigliata e sarebbe stata sotto stretta osservazione per almeno altri dieci giorni, quando nuove anime in arrivo avrebbero dato un bel daffare agli Angeli di Guardia e agli altri Beati.
Tutto sommato era contento di non poter visitare il Paradiso, sarebbe stato come un detenuto alle prese con la sua ora d’aria, con inquietanti angeli glabri al posto dei secondini.
Ma sì, dopotutto Virgilio si trovava bene dove stava, con la sua inspiegabile libertà, i suoi amici sparsi in ogni Girone, le chiacchierate con la Bice sulla porta del Paradiso…
Quel Dio di cui, alla fine, aveva dovuto ammettere l’esistenza, ogni tanto gli dava qualche compito per mezzo della bionda fiorentina, ma non era mai nulla di troppo impegnativo. Comunicazioni di servizio alle anime più famose dei vari Cerchi –Francesca da Rimini riceveva un’infinità di messaggi dal Purgatorio-, qualche incitamento a Caronte perché si sbrigasse a traghettare le anime, senza che si formassero cumuli di spiriti in attesa di essere giudicati…
Già le rive dell’Acheronte erano sempre affollate di per sé, ci mancava solo qualche distrazione del barcaiolo a far si che si creassero dei veri e propri grumi di anime dove l’acqua era più bassa e il guado sembrava fattibile!
Ne aveva già tanti sulla coscienza, sempre che il vecchio traghettatore ne avesse ancora una…
Aveva vissuto, se così si può dire per un abitante del Limbo, secoli abbastanza tranquilli, rimpiangeva ben poco della sua vita terrena.
Certo, nell’oltretomba era difficile procurarsi da scrivere e aveva lentamente dovuto rinunciare alla poesia, l’unica cosa della Terra che gli mancasse davvero, ma per il resto non sentiva affatto malinconia nel ricordare le guerre civili, i periodi di pace durante i quali bisognava sempre e comunque guardarsi le spalle, le delusioni di amicizie fasulle e sentimenti sprecati.
Ma tutto quel tempo trascorso fra la sofferenza di chi scontava lentamente una colpa aveva indurito la sua anima.  Era ancora l’uomo sensibile e ironico di una volta, sapeva ancora commuoversi e ridere divertito, ma vi era sul suo cuore una spessa crosta di cinismo che non ricordava.
Non era più in grado di amare, anche se non era del tutto certo di esserne mai stato capace davvero.
Poi un giorno la Bice si era ripresentata al Limbo.
Non aveva la solita faccetta divertita, la solita espressione sfacciata e birichina. Sembrava seria, quasi preoccupata.
- Virgilio, stammi bene a sentire, ho bisogno che tu faccia una cosa per me. – aveva esordito, gli occhi celesti piantati in quelli ambrati del poeta.
- Dimmi, vedrò se posso accontentarti… - aveva sospirato lui, ormai abituato ai suoi capriccetti.
- C’è un tipo… si chiama Dante, potresti andarlo a prendere nella Selva Oscura e portarlo da me? – aveva chiesto, cercando di trasmettere un’idea di quasi noncuranza nei confronti della richiesta appena fatta. Ma Virgilio conosceva abbastanza l’animo umano per rendersi conto che c’era di più nella sua domanda.
- Cosa sono diventato, una specie di guida? Guarda che traversare Inferno e Purgatorio non è mica un viaggio di piacere! – aveva replicato, più per testare le sue deduzioni che per contrarietà alla richiesta
- Virgilio, ti prego! E’ un mio caro amico, non lasciarlo in balia del peccato! – e nel suo giovane viso aveva scorto chiaramente la paura che potesse accadergli qualcosa di orribile. Non capiva come mai si preoccupasse tanto di un’anima già destinata ad una posizione insindacabile, ma la spiegazione era giunta subito dopo con la voce vibrante della fiorentina.
- Lui non è morto! –
E così si era ritrovato ai margini della Selva Oscura, pronto ad intraprendere un viaggio stancante e difficile con un perfetto sconosciuto, per di più vivo.
All’inizio non lo poteva sopportare, ad ogni Cerchio gli facevano un sacco di storie perché aveva con sé un’anima non morta, era ingenuo e pavido, a volte anche un poco lecchino, se doveva ingraziarsi il Latino prima di un passaggio particolarmente pericoloso.
Ma più il viaggio si avvicinava alla sua fine, più Virgilio capiva che le sue adulazioni erano frutto di una sincera ammirazione, che la sua ingenuità era dovuta semplicemente al forte desiderio di conoscenza, che doverlo proteggere dalle insidie dell’Inferno non era più un peso.
Pian piano, senza che nemmeno se ne accorgesse, si era affezionato a quel ragazzo vestito di rosso spuntato dal nulla.
Aveva appena fatto in tempo a comprendere quanto Dante fosse diventato importante per lui quando il loro viaggio insieme era finito.
Avevano trascorso insieme tutto quel tempo, avevano condiviso avventure mozzafiato, paure e a volte persino sogni. Virgilio era sempre stato al suo fianco, pronto a sorreggerlo nei momenti di difficoltà e a rincuorarlo quando aveva paura, Dante non aveva mai lasciato che il sorriso abbandonasse le labbra del suo duce, ricoprendolo di lodi e di gratitudine.
Anche il cinismo se n’era andato, sbriciolato sotto la potenza di quel legame che per un bellissimo quanto irrazionale momento aveva creduto indissolubile.
Aveva lavato il suo viso, purificandolo per l’incontro con Beatrice, lo aveva incoraggiato a compiere l’ultimo passo di quel lungo vagabondare, gli aveva chiesto di fidarsi di lui ancora una volta, e Dante l’aveva fatto, ciecamente, senza porsi alcuna domanda.
Non si era nemmeno voltato indietro, completamente euforico al suono di quella voce angelica.
E in quel momento  Virgilio aveva capito che  la sua parte in quella storia era giunta a un termine. Era stato bello, ma era finito. Adesso il giovane fiorentino era andato in un luogo dove non avrebbe potuto seguirlo, si era ricongiunto alla sua amata Beatrice, della quale non aveva mai smesso di parlargli.
E se da un lato era felice per lui, dall’altro non riusciva a gioire, la fronte appoggiata al tronco di un albero celestiale, le guance pallide rigate dalle lacrime.
Aveva sentito qualcosa distruggersi nel suono di migliaia di schegge di vetro, all’altezza del cuore, e si era ricordato di averne avuto uno.
Forse avrebbe dovuto dirgli addio come si deve, ringraziandolo per i sentimenti che aveva fatto fiorire nel suo cuore ormai avvizzito dalla solitudine, avrebbe dovuto abbracciarlo e augurargli buona fortuna, ma se l’avesse fatto Dante avrebbe visto le sue lacrime, e Virgilio preferiva che lo ricordasse così, un amico forse un po’ freddo sotto alla sua toga immacolata e alla fascia scarlatta, piuttosto che un’anima distrutta sotto il peso della consapevolezza, spazzata via dal vento della disperazione, calpestata dall’oblio.
Per questo gli aveva votato le spalle, scomparendo in fretta, prima che l’altro potesse accorgersene e richiamarlo a sé.
Virgilio piangeva in silenzio, corroso dal rimpianto, assalito da quella solitudine rinnovata. Troppo occupato a maledire Beatrice per tendere l’orecchio e scoprire che, dall’altra parte, anche Dante stava piangendo.
Non passeggiò più fino alle porte del Paradiso per molto, molto tempo. La sola vista di quel giardino sempre in fiore lo bruciava da dentro, strinando le sue vene come il più crudele dei veleni.
Beatrice riuscì a parlargli diversi anni dopo, raccontandogli con dolcezza come si era conclusa l’avventura del loro amico.
- Quando gli dissi addio, sotto a quel cielo coperto di stelle, disse solamente una cosa. –
Non rispose, attendendo che la ragazza andasse avanti con il racconto.
- “Vorrei che Virgilio potesse vedere tutto questo.” –
E così, senza fare rumore, come una singola lacrima d’argento in un oceano di stelle, era sparito. Era tornato a casa, alla sua vita, com’era giusto che fosse fin dal principio.
Correva voce, fra le anime dei dannati, che Virgilio il poeta non fosse più lo stesso.
Sembrava che anche lui soffrisse una qualche pena, invisibile agli altri ma più dolorosa delle spine degli arbusti suicidi, più logorante della grandine incessante. Non parlava, se ne stava seduto per ore con lo sguardo perso nel vuoto. A volte i suoi lineamenti venivano attraversati dall’ombra di un sorriso, altre volte sembrava che i suoi occhi intelligenti e seri fossero velati di malinconia.
Capitava che la Bice lo andasse a trovare per pochi minuti, il Sommo non le concedeva di più.
Parlavano un po’, lei gli dava qualche notizia su Dante, lui annuiva distratto, come se non gli importasse più di tanto, le faceva qualche domanda di routine e poi si congedavano.
La verità era che Virgilio invidiava Beatrice. Lei poteva seguire ogni mossa di Dante, poteva vegliarlo dall’alto del Paradiso e mostrarglisi in sogno.
Lui non poteva fare altro che pregare di non rivederlo mai più, andando contro ad ogni dettame del suo cuore.
Se proprio fosse stato costretto a morire, non voleva doverlo incontrare nel Limbo, o peggio ancora, nell’Inferno.
Dante meritava il Paradiso. Dante meritava Beatrice.
E anche se lo sapeva per certo, quel giorno sarebbe morto per una seconda volta, Virgilio sperava davvero che quel ragazzo fiorentino un po’ ingenuo, un po’ pavido, ma a lui così devoto, potesse trovare la sua pace fra i Santi e i Beati, assieme a quegli angeli che lui riteneva tanto inquietanti, ma che per Dante erano simbolo di sicurezza e conforto.
Da quando era morto si era ritenuto fortunato: la sua anima non doveva sottostare alle stesse regole che incatenavano gli altri, poteva fare ciò che voleva, aveva persino creduto di non avere ricevuto alcuna pena da scontare.
La presunzione e l’ingenuità mescolate assieme possono dare vita ai sogni più idilliaci.
Ma aveva dovuto svegliarsi, e aveva scoperto che Dio aveva già predisposto il suo fio, solo aveva dovuto attendere che si verificassero le circostanze adatte.
Riusciva ad immaginare benissimo il Sommo scorrere l’elenco delle anime e fermarsi giunto al suo nome, per poi spuntarlo con un piccolo segnetto, come nelle liste delle cose da comprare.
Una riga breve, una frase molto meno complicata, ma molto più crudele delle altre.
Publio Virgilio Marone: condannato ad amare per l’eternità.


 




Note


Licenze poetiche. A valanghe. <3

Ho sempre pensato che la Divina Commedia fosse una palla mostruosa, ma era chiaro che, per pensarla così, non l'avevo ancora letta.
L'obbligo scolastico è stato la scintilla che ha scatenato l'incendio, ho iniziato ad amare quest'opera sempre di più.
La storia, i personaggi, lo stile.
Boccaccio aveva ragione, Divina.
Chiedo quindi scusa a Dante per aver infangato il suo capolavoro con questa fanfictione e...
Vabbè, ok, adesso passiamo alla parte fangirl.
Che dire? Più leggo la Divina più sento di amare la coppia VirgilioxDante.
In questa fanfiction mi sono presa un bel po' di libertà per quanto riguarda i luoghi e forse anche i comportamenti dei personaggi, ma io li vedo così, specialmente Beatrice.
Perchè tanto gentile e tanto onesta... pare!
Ho provato a immaginare la "vita" di Virgilio prima e dopo l'arrivo di Dante alla Selva Oscura e ne è uscito ciò.
Vi prego, non linciatemi. XD

Kisses,
Koori-chan

 

  
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