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Autore: DarknessIBecame    12/09/2011    5 recensioni
Piccola Rachel, piccolo Sam. Cosa può esserci di più carino? Santana ed i suoi monologhi in spagnolo.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rachel Berry, Sam Evans, Santana Lopez, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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fire

Firework

Durante quell’ultima esibizione, qualcosa colpì le sue già scosse emozioni. Stava fissando Rachel, che si muoveva con grazia nell’aula, cercando di sorridere, anche dopo aver capito che Quinn e Finn si erano baciati ed avevano per questo preso la mononucleosi. Sam era carino, ma non stupido. Forse lo sguardo con cui la mora era rientrata in aula di canto quel giorno, così…arrendevole, gli aveva dato la forza di arrivare finalmente alla sua stessa conclusione. Aveva la certezza che Quinn lo avesse tradito. Ma ormai la bionda era un ricordo sbiadito, di fronte a quello che con prepotenza si imponeva davanti ai suoi occhi, le forme di Rachel confuse mentre lui immaginava una bimba con le codine, un sorriso ed un naso troppo grandi per il viso e la figura minuscola, e dei veri fuochi d’artificio. Aprì leggermente la bocca, sbalordito, riportando alla mente ogni particolare.

La piccola Rachel canticchiava contenta in giardino, sotto il sole d’agosto, mentre i suoi papà si dedicavano tranquilli all’enorme giardino che in poco tempo aveva occupato l’intera recinzione che circondava la parte anteriore della casa. Persero di vista qualche secondo la bimba, sicuri che stesse seguendo qualche farfalla che spesso era attirata dal profumo dei rododendri che lei adorava. Era come addormentarsi in una nuvola rosa, ripeteva sempre loro. Sebbene ne avessero piantati di diverse tonalità, quelle che più attiravano la figlia, e per qualche motivo erano cresciuti maggiormente erano quelli rosa. Probabilmente chi sosteneva che la musica faceva bene alle piante aveva tremendamente ragione, soprattutto se le note provenivano dalla boccuccia della loro adorata stellina.

-Ciao bambino. Va tutto bene? Io sono Rachel Berry, e ieri ho vinto la mia prima gara di ballo. Quindi non essere triste, per favore!- Sam si era fermato davanti a quella casa, il giardino tanto pieno di colori da aver attirato immediatamente la sua attenzione. Per essere un bimbo di 5 anni e mezzo, era già abbastanza alto da poter passare per uno di 6 o 7, quindi gli adulti che l’avevano visto passare avevano di certo pensato che i genitori si fidassero a lasciare il figlio gironzolare per il quartiere, piuttosto sicuro a dire la verità. Aveva lasciato la sicurezza del dondolo di casa sua quando dopo diversi richiami, la sua cagnolina non era comparsa da chissà quale anfratto per leccargli la mano come faceva sempre. Quindi era uscito di nascosto, cominciando a chiamarla per nome con sempre più disperazione, perdendo di vista la casa e perciò perdendo l’orientamento. Era caduto un paio di volte ed ora aveva due bei graffi sanguinanti sulle ginocchia, mani e calzoni sporchi di fango e le guance rigate dalle lacrime. Non si era accorto della piccola che gli si era avvicinata silenziosamente, ma l’aveva fissata intensamente, invidioso della sua proprietà di linguaggio. Quanti anni poteva avere, 4? Non poteva sapere che aveva quasi un anno più di lui, era piccolissima, probabilmente se si fosse alzato le sarebbe arrivata a metà petto. Eppure irradiava un senso di confidenza che lo metteva in soggezione. La osservò attentamente, senza riuscire a trattenere un nuovo singhiozzo. Aveva dei bei capelli ricci e scuri, sistemati con cura in due codine alte, chiuse da elastici con delle palline rosse applicate in cima. Il vestito con stampati dei coniglietti che si rincorrevano intervallati da una bella carota arancione cadeva morbido sul corpicino, mentre le gambe spuntavano da sotto la gonna come due stecchini e le ginocchia erano forse un po’ troppo appuntite, ma nell’insieme non poteva dire di essere totalmente schifato da lei come succedeva con le altre bimbe. Gli piaceva soprattutto il sorriso, caldo e rassicurante, con un dentino che penzolava in bella vista. Lei gli si sedette accanto e con fare materno e fin troppo adulto gli passò un braccino intorno alle spalle, senza riuscire a circondarle del tutto data la differenza di altezza. Fu quindi costretta a ritirare la mano e posarla sulla spalla a lei più vicina, dando piccole pacche consolatorie a quel bimbo biondo dalla chioma scapigliata e la bocca tanto grande da poter mangiare un intero gelato con cono in un sol boccone.
-Vieni con me, i miei papà ti prepareranno una limonata.- con un cenno della testa, per rassicurarlo, si rialzò nuovamente, tendendogli la manina leggermente abbronzata e non protestando al contatto di quella di lui, ancora sporca di fango.
-Papà, questo bambino piangeva davanti casa nostra. Papino può preparargli la “limonata accaldata”? Mi fa sempre ridere quando la prepara.- con sguardo serio la piccola si era trascinata dietro Sam, che ora si sentiva stranamente in imbarazzo. Uno dei due uomini lo guardava curiosamente, forse con troppa insistenza. L’altro, bassino e con gli occhiali, si chinò sulle ginocchia, così da mettere una mano sulla spalla della figlia, mentre l’altra si posava senza esitazioni su quella di Sam.
-Certo piccola mia. Però questo bel giovanotto deve spiegarci come mai stava piangendo e dove sono i suoi genitori. Sicuramente saranno preoccupati.- si voltò verso il marito, facendo un cenno in direzione del portico, dove l’altro poco dopo sparì.
-Come ti chiami?- Rachel non aveva ancora lasciato la sua mano, e fissare le loro dita intrecciate era di certo più semplice che fissare i due interlocutori.
- Il mio nome è Sam Evans, abito in FairLane Road e non trovo più Coccinella…- la voce del bimbo venne meno, sostituita da singhiozzi ed infine dal pianto. Sentì due piccole braccia stringersi attorno alla vita, mentre la testolina della bimba si posava calda proprio sul suo cuore.
-Non piangere Sammy. Possiamo cercare Coccinella. E’ una tua amica? Sono sicura che Papà e Papino ci aiuteranno a trovarla.- il piccolo Evans sorrise sdentato alla bambina, gli occhioni celesti rivelavano un po’ di speranza riportata in lui dalle parole di Rachel.
-Sei il figlio di Katy e Marshall Evans?- il signor Berry chiese, mentre li sospingeva delicatamente verso casa, notando con estremo orgoglio quanto la mano della sua adorata bambina riuscisse a calmare i tremiti di quella di Sam. Il bimbo annuì, grattandosi la guancia, dove c’era ancora un piccolo graffio dall’ultima caduta.
-Bene, allora tu sali di sopra con Rachel, tra poco sistemeremo tutto, vedrai.- con un ultimo sorriso sicuro li indirizzò verso la cameretta della bimba, prima di attaccarsi al telefono per essere sicuro che i genitori di Sam non impazzissero alla scomparsa del figlio.

-Sammy, ti  fa tanto male?- la piccola guardava con orrore alle ferite del bambino, gli occhioni cioccolato spalancati e il labbro inferiore che tremolava leggermente. Cercando di imitare i bambini più grandi, Sam scrollò le spalle, come se niente fosse, ma si, i graffi gli facevano male.
-Non è niente. Vorrei un cerotto, però. Ma sono…sporche.- arricciò il nasino, al pensiero di quello che avrebbe detto la madre una volta che l’avesse visto in quelle condizioni. Sarebbero stati guai. A quel punto Rachel cominciò a saltellare come una molla intorno al letto dove lui era seduto, eccitata. Sam la guardò come se le fosse spuntata una seconda testa, e prima di riuscire a parlare, fu battuto sul tempo dal suo tono allegro.
-Ooooh. Possiamo usare il kit che i miei papà mi hanno comprato per danza! Ormai sono brava! E ci sono i cerotti delle principesse e di Scooby Doo.- mentre aspettava speranzosa la risposta del ragazzo, aveva portato le manine al petto, unite in muta preghiera. Lui non dovette fare altro che annuire ed aspettare, ed in pochi minuti lei fu di ritorno con una piccola valigetta estremamente colorata. 10 minuti dopo Sam Evans era pulito come mai lo era stato in vita sua ed incerottato a dovere, anche troppo in realtà. Rachel saltò sul letto accanto a lui e gli tirò il retro della maglietta di Spiderman, così da farlo sdraiare insieme a lei. Fissarono il soffitto in silenzio per giusto pochi secondi.
-Sam? Chi è Coccinella?- candidamente, si voltò verso il ragazzo, avvicinando le ginocchia al petto ed osservandolo prima con curiosità, poi con apprensione, visto che gli occhi del bambino erano pieni di lacrime.
-E’ la…la mia cagnolina. Prima era lì, poi non c’era più. E io l’ho chiamata! Tanto! Ma non rispondeva, allora sono andato a cercarla…- aveva parlato con enfasi, gettando le braccia per aria, scompigliando ancora di più i lunghi ciuffi biondi della frangia. Silenziosamente continuò a piangere, mentre le mani della piccola si posavano delicatamente ai lati del suo volto.

Lullaby and good night 
In the sky stars are bright 
'Round your head 
Flowers gay 
Set your slumbers till day 
Lullaby and good night 
In the sky stars are bright 
'Round your head 
Flowers gay 
Set your slumbers till day 
Close your eyes 
Now and rest 
May these hours 
Be blessed 
Close your eyes 
Now and rest 
May these hours 
Be blessed 

Dal nulla, la sua voce chiara guarì un po’ della sua tristezza, inducendo il pianto a trasformarsi in singhiozzi, i singhiozzi in sospiri ed i sospiri in sonno. Quando i genitori di Sam salirono in fretta le scale, 20 minuti più tardi, non ebbero forza di svegliare quei due angioletti, le boccucce aperte in piccoli sorrisi.

-Per favore, signore, può dirci se ha visto questa cagnolina?- il giorno dopo Rachel, Sam e le rispettive famiglie erano in giro per il parco, i bambini sempre tenuti d’occhio dai 4 guardiani della loro giovinezza, mostrando immagini di Coccinella. Un batuffolo color avana, con medaglietta rossa e tanto di macchia marrone distintiva sull’occhio destro. Nella foto era in giardino con il piccolo in groppa, le cui gambine penzolavano ai lati del corpo snello della cagnolina. Lui e Rachel non si erano dati pace tutta la sera prima e quella mattina erano riusciti a creare il volantino perfetto. I due avevano incollato la foto su un bel foglio di carta bianca, chiesto ai genitori di scrivere dove potevano portare la cagnolina in caso l’avessero trovata, e si erano messi a disegnare attorno alla foto con passione. Alla fine un totale di 15 stelline dorate e non meno di 24 ragnatele circondavano come una cornice l’immagine. Soddisfatti, avevano ordinato (Rachel, più che altro, lui era molto più timido della bambina) che se ne facessero un trilione di copie. Sorridendo deliziati, i genitori avevano diligentemente obbedito, senza avvisare i bimbi che le copie sarebbero state di meno. Erano comunque abbastanza da risultare tantissime, nelle loro piccole mani. Dopo un’intensa giornata di ricerche e di affissioni, si erano diretti tutti a casa Evans, Katy voleva preparare dei biscotti per la famiglia Berry, così da ringraziarli per il sostegno.
-Io sono vegana, proprio come Papà. Può fare dei biscotti vegani?- con orgoglio, la piccola aveva fissato la signora dai lunghi capelli biondi, che aveva trattenuto la risatina spontanea nata nel petto ed aveva annuito, incapace di deludere una creaturina adorabile come Rachel. Quella sera avevano cenato insieme, Rachel e Sam giocavano tranquilli nel giardino dietro casa, mentre le due coppie sedevano sul portico, ognuno con un bicchiere di vino in mano. Di punto in bianco, dei fuochi d’artificio esplosero sulle loro teste, e se non li avesse spaventati quello, l’urlo acuto che li seguì bastò a gelare il sangue nelle vene di chi l’ascoltava. Corsero verso il punto dove i bambini si erano accucciati, in preda al panico, pensando che uno dei due si fosse fatto male o peggio. Invece li trovarono a giocare amabilmente con la cagnolina degli Evans, riapparsa dal nulla e così felice che con un solo balzo aveva atterrato i due piccoli e li aveva leccati più e più volte in viso, facendoli ridere a crepapelle. Dopo le iniziali feste, gli urletti di gioia, le due famiglie si separarono, augurandosi la buona notte e ripromettendosi di vedersi il giorno dopo. Sfortunatamente l’incontro successivo non fu tutto feste ed allegria come si erano aspettati. I signori Berry avevano ricevuto un’improvvisa telefonata da parte del loro studio legale, che aveva deciso di trasferirli nella cittadina di Lima, dove erano disposti a nominarli capi della nuova sede. In un paio di giorni avrebbero impacchettato tutto e sarebbero partiti. Lasciarono soli i due bambini, permettendo loro di salutarsi senza dei “noiosi adulti intorno”. Due soli giorni e già si consideravano migliori amici. Certe esperienze riescono a cambiare la prospettiva con cui si guarda alle cose, ed era sicuramente stato così per loro.
-Non preoccuparti, non mi dimenticherò di te. Un giorno ci rivedremo, e canterò ancora per te, se sarai triste.- con tutta la solennità di una bambina di 6 anni, si alzò dal dondolo e si fece la croce sul cuore.
-Promesso Rae-Rae?- sussurrò il piccolo Sam, desideroso di non lasciare andare quell’amica trovata da così poco tempo.
-Promesso. Lo giuro sul mio disegno di Barbra.- detto questo la piccola tirò fuori dalla tasca del giacchino rosa un foglietto spiegazzato che si portava sempre appresso, e lo tese con mano tremante verso Sam. Il labbro inferiore tremò pericolosamente, ma trattenne le lacrime e tirò su col naso. Se cedeva il suo disegno preferito della Signora Streisand, allora niente poteva essere più serio e certo, nella sua testa.

-Che cavolo fissi, Evans? Chiudi la bocca e smettila di fissare la mia principessina.- Puck lo risvegliò da quel sogno ad occhi aperti con uno spintone poco amichevole e le sue parole lo riportarono definitivamente alla realtà. Rachel Berry era lì, di fronte a lui, abbracciando le ragazze del Glee, ferita ed al tempo stesso combattiva. Proprio così, quella era la bambina che aveva conosciuto tanti anni prima e che non aveva riconosciuto al suo arrivo, neanche a scuola. Ma lei? Lei si vantava di avere una memoria perfetta, e lui…lui aveva detto il suo cognome dalla prima volta che si erano visti. Non lo ricordava? Si era dimenticata totalmente di lui? Lui non l’aveva dimenticata, il disegno di Barbra era ancora ben sistemato nella cornice dello specchio in camera sua. Come aveva potuto fallire il collegamento? Rachel Barbra Berry. Era nel suo nome, nel suo sangue. Di scatto si alzò e si diresse verso di lei, intenta a raccogliere i suoi oggetti prima di lasciare la lezione.
-Rae-Rae?- non aveva avuto intenzione di spaventarla, ma dal salto che aveva appena fatto immaginava di aver fallito anche in quello.
-Scusa, scusami, non intendevo farti paura, io…perché stai piangendo?- si fermò di blocco, vedendola girarsi con gli occhi velati di lacrime.
-Ti sei ricordato…io…Sam. Pensavo che sapessi chi ero, all’inizio. Ti avevo riconosciuto subito, ma quando ho visto che non ti avvicinavi mai a me, ho pensato…beh, che non volessi avere a che fare con la perdente di Lima…poi però ho capito. Nei tuoi occhi c’era solo tanta gentilezza, e nessun segno di riconoscimento. Non sapevi che fossi io. Ma adesso…ti sei ricordato.- tirando un profondo sospiro, abbassò lo sguardo, lasciando che i capelli le coprissero il volto.
-Ehi. Guardami Rae. Io…ho sempre pensato a te. Ho ancora il tuo disegno, ed ogni volta che guardo dei fuochi d’artificio, mi sento…completo. Non ho mai saputo il tuo cognome, non l’ho mai chiesto. Mi bastava ricordare il tuo viso. Ma sei cambiata tanto, ed io…non sono riuscito a riconoscerti. Non fino ad oggi. Sai, la canzone…- entrambi soffocarono le risatine leggere che scuotevano i loro corpi, mozzate dalle braccia di Sam attorno alla figura fragile di Rachel. Appoggiò il mento sul suo capo, godendo del calore ritrovato del suo corpo. In silenzio, senza allontanarsi l’uno dall’altra, raccolsero  le proprie cose ed uscirono da scuola, intenzionati a ritrovare il legame di due piccoli bambini davanti ad un giardino fiorito.

10 anni dopo                 

-Sei pronto amore? Faremo tardi alla cena.- una Rachel Evans indaffarata correva per tutta la camera, alla ricerca di chissà quale orecchino perduto. Sam la guardava divertito appoggiato sullo stipite della porta.
-In effetti sei tu quella in ritardo. Sono già lindo, pinto e vestito, e senza il tuo aiuto! Non merito una ricompensa?- sporgendo le labbra all’infuori, gli lanciò il suo migliore sguardo da cagnolino, guadagnandosi una risatina, un bacio dolce e forse un po’ troppo caloroso, dato il ritardo che avrebbe potuto causare con le sue conseguenze, ed una carezza sul viso.

-Berry!! Chica, quantas veces tengo que decirte que tu hija me va a matar si no le cantes esa maldita canciòn antes de dormir? Aaaaaaaah!- l’urlo frustrato di Santana risuonò per la grande casa. La loro babysitter ufficiale (compagna di college e di stanza ufficiale, testimone di nozze ufficiale, madrina ufficiale e molto altro ancora) era stata convinta dalla moglie Sara a tenere la bambina per la notte, così da lasciare agli Evans un po’ di intimità, dopo tre anni dalla nascita di Claire. Sbrigandosi ad entrare nella stanza della piccina, i genitori si sedettero ai lati del suo letto, mentre Santana gli faceva spazio e sbuffava spazientita. Amava la sua nipotina più di quanto fosse disposta ad ammettere. Mentre osservava Rachel e Sam cantare insieme la ninnananna preferita della pargoletta, le tornò in mente qualcosa, ed aspettò che fossero tutti fuori dalla sua stanza prima di parlare.
-Ancora non mi avete detto perché questa canzone. Cioè, so che è di Celine e tutto, ma…una volta hai detto che aveva un ricordo particolare…- l’ispanica fece segno alla moretta di continuare, poggiando le spalle al muro ed osservandoli tranquilla, un sorriso morbido ad addolcirne i tratti marcati ed indubbiamente stupendi.
-E’ stata la prima canzone che ho mai cantato a Sam. Io avevo 6 anni e lui 5 e mezzo. Era adorabile, mentre si addormentava.- Santana li guardò di traverso, aspettandosi più dettagli. Nessuno aveva mai saputo la storia che c’era alle spalle dei due, l’avevano tenuta come piccolo segreto tra loro, stupendo tutti quando due mesi dopo quel flashback, avevano annunciato di essere una coppia, sorprendendo tutti i loro amici.
Dopo essersi scambiati uno sguardo complice, i due si mossero velocemente verso la porta, ridendo di gusto e lasciando la Lopez con un palmo di naso a borbottare qualcosa che ricordava un “non finisce qui, ho ancora tutte quelle lamette tra i capelli…”.

 Ok, altra sciocchezza per farvi divertire prima di prendermi qualche giorno di vacanza. Non vedevo l'ora. :3
 Quindi si, spero ve la godiate. Tutta farina del mio sacco, sfortunatamente non sono pelata, il mio cognome non è Murphy e non possiedo niente di Glee. A quest'ora avrei un sacco di soldi e me la spasserei con Mark, Chord e Lea. Davvero, tutti insieme.

Chiedo umilmente perdono per gli orrori di battitura ed ortografia.
 BascioCascio
 Vevve

   
 
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