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Autore: Tenoch    13/09/2011    0 recensioni
La storia di uno skaven, divenuto famoso per le sue abilità in combattimento, che lotterà contro un odiato nemico e otterrà uno dei titoli più importanti della società skaven, oltre ad un potente clan di guerrieri tutto suo.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Passarono pochi minuti, ma a Shweek sembrò un’eternità. Si svegliò dolorante e si mise seduto appoggiato ad un vecchio tavolo. Si guardò attorno attonito, prima di vedere in che condizioni erano le sue braccia. Diede uno sguardo rapido, ma la situazione era migliore di quella che si aspettava. Sulle braccia non vi erano che leggerissime cicatrici violastre, quasi invisibili, laddove pochi attimi prima si contorcevano le catene infuocate. Le lame di warp erano ancora avvinghiate ai polsi di Shweek, immobili. Riprese le forze, lo skaven si alzò e mollò la presa dalle due impugnature; le lame caddero fino quasi a sfiorare il suolo, e le catene si materializzarono come prima, sottilissime e ardenti di una fiamma innaturale. Stavolta però il fuoco non bruciava, e Shweek si sentiva come se avesse le braccia lunghe fino a terra. Dopo aver testato la consistenza delle lame e delle catene con qualche movimento, l’uomo-ratto aprì i palmi delle mani, per poi ritrovarsi mezzo secondo dopo con le impugnature ben salde tra le sue dita murine. Fantastico, pensò Shweek; aveva due splendide lame che poteva usare sia come spade che come fruste, allungandone le catene; avrebbe potuto addirittura impugnare quattro armi, se lo avesse voluto, dato che quando le catene si estendevano le sue mani erano libere di muoversi. Colmo di soddisfazione, Shweek uscì dalla porta principale e andò a chiamare i suoi seguaci, che in un attimo furono tutti attorno a lui. Anche Warling era accorso, e ora guardava strabiliato le armi del suo padrone. “Stanotte, partiremo, miei seguaci! Viaggeremo attraverso l’Impero Sotterraneo e prenderemo nuovi schiavi-schiavi da aggiungere alla mia armata! Poi, marceremo-marceremo sul nemico e le sue ombre!” Gli skaven emisero squittii di frenetica gioia, all’idea che finalmente avrebbero potuto dimostrare il proprio valore in battaglia, e innalzarono spade e lance in segno di rispetto verso Shweek. Tra la folla squittente si fecero avanti due piccoli schiavi skaven con un grande mantello di pelliccia tra le zampe; giunti di fronte a Shweek si inchinarono e gli porsero il mantello. Era lo stesso mantello che indossava Tezkiorozzo durante la battaglia, opportunamente sagomato alle dimensioni di skaven; le catene con lo scudo di bronzo erano ancora li e sul bordo inferiore del mantello, i trofei dell’orco erano stati rimossi, e ora l’unica testa penzolante era quella di Tezkiorozzo, assieme a tanto altro spazio per i futuri trofei di battaglia. Shweek indossò il mantello e si sentì pervaso da una nuova forza che lo spronava a combattere con più vigore e violenza. Capì che il mantello doveva essere appartenuto a qualche stregone del caos, che lo aveva incantato affinché lo aiutasse in battaglia, ma che poi evidentemente non gli era servito a granché, dato che era caduto sotto i colpi di Tezkiorozzo. E così Shweek, mosso da un desiderio sempre crescente di vendetta, marciò assieme al suo esercito verso le terre dell’Impero, dove il suo acerrimo nemico aveva fatto sua una grossa cattedrale fortificata umana, e dove ora sedeva sul trono, in attesa della battaglia di cui già conosceva le sorti.
Shweek marciò giorno e notte senza esitare, poiché sapeva che ogni minuto perso significava doversi scontrare con un avversario ancora più potente. Nel suo viaggio verso l’Impero, molti si unirono a lui: schiavi, ratti d’assalto, truppe d’elitè di ogni clan maggiore; persino rattogri e cannoni a fulmine warp si unirono alla sua causa. Tutti sapevano che Shweek era destinato a divenire un potente signore della guerra skaven, ed è per questo che lo seguivano cecamente. Dopo giorni e giorni di cammino, finalmente gli skaven entrarono nel territorio dell’Impero. Ormai l’esercito era talmente grande che alcune unità erano costrette a seguire il resto dell’armata dall’esterno, fuori dai sicuri cunicoli dell’impero Sotterraneo. L’imponente armata si arrestò sotto una vasta pianura verde e si accampò per la notte. Shweek inviò dei ratti neri in avanscoperta per localizzare la fortezza nemica; tornarono dopo poche ore e quello che riferirono fu una modesta sorpresa per Shweek, che in fondo già si aspettava una cosa simile: migliaia e migliaia di skaven avevano preso possesso della fortezza, e ora sciamavano nei territori circostanti distruggendo qualsiasi cosa trovassero sul loro cammino; prigionieri umani lavoravano senza sosta per erigere altissime mura di resistente pietra nanica attorno alla cattedrale. Shweek si sarebbe trovato a fronteggiare un numero infinito di skaven in netta superiorità da tutti i punti di vista; fu una notte insonne per l’uomo-ratto, ma produttiva. Egli pianificò tutte le mosse in ogni minimo dettaglio, e il mattino seguente fu pronto per la grande battaglia.
Erano ormai le prime ore del giorno, quando il pallido sole invernale si alzò in cielo fino a sovrastare le montagne e a illuminare stancamente la cattedrale degli imperiali; Shweek era già pronto, e i suoi uomini aspettavano solamente un segnale per dare la carica. La strategia dell’uomo-ratto era semplice ma efficace: il grosso dell’armata, ovvero la massa di schiavi, le bestie e le macchine da guerra sarebbero rimaste davanti alla cattedrale a combattere direttamente con il nemico per cercare di sfondare le solide mura principali; Shweek invece, assieme ai suoi uomini d’elite e ad alcuni polverizzatori warp si sarebbe arrampicato fino a circa metà montagna, nel punto in cui la roccia sovrastava le mura, e avrebbe scavato un lungo tunnel fino a sbucare direttamente nella fortezza nemica. Il guaio era che il grosso delle truppe nemiche era posizionato lungo tutte le mura e appena fuori alle grandi porte della roccaforte, e i suoi umili schiavi non sarebbero sopravvissuti abbastanza a lungo per permettere a Shweek di finire il tunnel. Warling aveva proposto di restare assieme alla forza principale; sarebbe rimasto al sicuro in cima ad un cannone a fulmine, e i suoi poteri avrebbero contribuito a trattenere il nemico quanto bastava. Certo, se gli assassini nemici fossero sbucati alle loro spalle, non ci sarebbe stato più nulla da fare; consapevole di questo pericolo, Shweek fece minare tutto il campo dietro alle macchine da guerra, e lasciò a difesa di Warling alcuni dei migliori ratti d’assalto.
Il campo che a breve sarebbe stato ricoperto di sangue era l’ideale per le macchine da guerra di Shweek, poiché sparavano da un altezza considerevole, nonostante le mura nemiche fossero ancora più alte; ma Shweek non poteva aspettare che la battaglia arrivasse ad una conclusione. Doveva agire subito, e penetrare nella cattedrale il più in fretta possibile. Pensò a tutto quello che aveva fatto quel maledetto skaven, e pensò al suo unico amico, morto per colpa di quel verme traditore; ribollì di odio e rabbia, mentre avanzava lungo il costone della montagna alla ricerca di un buon punto dove scavare. Trovò della roccia dolce poco più avanti, e ordinò ai suoi ratti neri di correre ad avvisare Warling di dare inizio all’assedio; questi fecero un cenno e scomparvero sotto terra. Shweek si avvicinò ai polverizzatori: “Voglio un lavoro rapido-rapido soldati! Forza-forza, iniziamo!” I servienti fecero un inchino e avviarono i loro macchinari. La grossa pietra brillante prese a ruotare su se stessa, e appena toccò la superficie della montagna grossi pezzi di roccia vennero scagliati in aria, e quasi colpirono gli skaven; poi, i due polverizzatori iniziarono a farsi strada attraverso la roccia.
Warling gridò qualcosa agli schiavi delle macchine da guerra, che subito si mossero per sparare. I cannoni a fulmini, giganteschi cannoni di bronzo alimentati a warpietra che posano su una pericolante struttura di legno si misero a brillare, e violente scosse pervasero la warpietra al loro interno. Man mano che gli ingegneri ruotavano i comandi, le scosse diventavano sempre più violente, fino a convogliarsi tutte nella canna e a fuoriuscire in un accecante lampo verde. I fulmini colpirono con violenza le mura della roccaforte e il terreno davanti a queste, incenerendo tutto ciò che gli sbarrava la strada. Molti skaven nemici morirono tra le fiamme, e alcune grosse pietre caddero dalle mura schiacciando i ratti che stavano sotto. Il segnale era lanciato, l’assedio iniziato. La massa di schiavi prese a correre follemente in una marea disordinata di pelo marrone e corazze arrugginite, e travolse il nemico, nonostante i globi venefici lanciati dagli stregoni nemici esplodevano ovunque. Gli schiavi erano supportati da diversi branchi di ratti giganti, che sciamarono con violenza inaudita sulle unità nemiche, travolgendo e sbranando i ratti del clan in prima fila. Di tanto in tanto, un fulmine atterrava sugli schiavi alleati, e trenta o quaranta skaven venivano carbonizzati; ma erano poca cosa, visto che Shweek aveva comprato centinaia e centinaia di skaven. Dal lato opposto, il nemico poteva contare su parecchi schiavi umani che erano stati mandati al macello prima di chiunque altro, oltre a diversi globardieri e fucilieri skaven, posizionati sulle mura.
Shweek seguiva da vicino gli scavi attraverso la montagna, augurandosi di sbucare vivi dentro la fortezza nemica. Sentì alcuni squittì dietro di se, ma non si preoccupò più di tanto, fino a che qualcuno non gridò. Si voltò di scatto appena in tempo per schivare un fendente mortale di un capo assassino nemico. Erano sbucati dal nulla e avevano massacrato diversi suoi uomini, ma per fortuna erano in netta inferiorità numerica ed erano stati massacrati a loro volta. Anche il capo assassino fece la stessa fine; non si aspettava di mancare Shweek, e si ritrovò tagliato a metà dalle lame warp. I due pezzi dell’assassino caddero a terra e le lame presero a scintillare; era la prima vittima, e Shweek avvertiva una strana sensazione... Come se le lame avessero fame di altre vite. Riprese il controllo e le riportò in posizione, e smisero di brillare.
La battaglia infuriava e le truppe di Warling faticavano ad avanzare tra i cadaveri nemici e alleati. Le macchine da guerra sparavano ancora e Warling era intento a lanciare incantesimi per fulminare gli altri stregoni, che ancora non si erano accorti della sua presenza. Ci fu un rombo seguito da una serie di potenti esplosioni magiche; le trappole erano scattate dietro le macchine da guerra, e avevano sventato un attacco da parte degli assassini nemici, che ora venivano decimati dai ratti d’assalto di Warling. Alcuni si erano ripresi in fretta ed avevano raggiunto uno dei cannoni a fulmini; in pochi rapidi movimenti, i servienti erano morti e l’impalcatura era stata spezzata. Il cannone cadde con violenza a terra ed esplose, investendo gli ingenui assassini che finirono in mille pezzi; Warling maledisse i nemici e tornò all’attacco con rinnovata forza. All’improvviso ci fu un altro rombo, ma stavolta veniva dalla fortezza nemica. Un grido terrificante e il portone esterno cadde in frantumi, calpestato da una creatura così ripugnante che Warling faticava a credere ai suoi occhi. Un Abominio di Pozzo Infernale si fece largo tra le macerie, ed emise un potente ruggito, prima di scagliarsi sugli skaven terrorizzati. Era la creazione più aberrante a cui il Clan Moulder avesse mai dato vita: un ammasso deforme di muscoli, braccia e teste, sorretto da una ruota di spesso legno che gli consentiva di trasportare il suo enorme peso; nessuno aveva mai visto niente di più mostruoso. L’abominio si faceva strada mietendo tutto ciò che trovava davanti a se, con le sue enormi braccia, e raggiunse velocemente le retrovie degli skaven di Warling, dove diverse mute di rattogri stavano facendo scempio degli assassini nemici che sbucavano dappertutto. Alla vista dell’abominio, i rattogri impazzirono e si gettarono sulla mostruosità accecati dall’ira; l’abominio, che intanto sembrava invulnerabile ai colpi che arrivavano dai fucilieri alleati, afferrò due rattogri e li sollevò da terra con estrema facilità. Ne gettò uno contro un cannone a fulmine, che esplose all’istante, mentre strinse l’altro fino a farlo esplodere in un orribile fiume di sangue nero. Con le altre braccia spazzava via i rattogri davanti a se come se fossero ramoscelli. Warling ordinò a tutti i cannoni di puntare sull’abominio; i cannoni fecero fuoco e i fulmini centrarono in pieno la bestia, che gemette di dolore e si accasciò al suolo dopo diversi colpi diretti. La scena seguente lasciò gli skaven impietriti: le carni dell’abominio si squarciarono e dal suo ventre fuoriuscirono centinaia di ratti famelici, che assalirono tutto ciò che stava attorno alla carcassa dell’abominio, divorando vivi i poveri uomini ratto rimasti. Warling si riprese e lanciò un potente incantesimo che fece piovere frammenti di warpietra dal cielo sulla marea di ratti, bruciandoli tutti. Stremato, lo stregone ordinò di continuare a fare fuoco e si sedette su una trave di legno a riposare.
La luce invase il tunnel di pietra quando i polverizzatori sfondarono la solida parete davanti a loro. Shweek rimase momentaneamente abbagliato, ma quando si riprese capì di aver vinto; lui e i suoi uomini erano sbucati esattamente sopra le mura posteriori della fortezza e avevano iniziato l’invasione della roccaforte. Shweek guardò soddisfatto il campo di battaglia soffocato dai fumi delle esplosioni, e vide i suoi uomini in netto vantaggio. Scese dalle mura assieme ai suoi uomini-ratto e ordinò di distruggere le mura principali, così che tutto il suo esercito avrebbe invaso la rocca. I suoi uomini partirono alla carica, e lui approfittò della confusione per entrare nella cattedrale. Arrivò di fronte alle enormi porte di legno; ad aspettarlo c’erano diversi assassini. Nulla lo avrebbe fermato, pensava, mentre si scagliava sui ratti neri massacrandoli. Le lame warp si facevano sempre più brillanti man mano che si faceva strada tra gli assassini per entrare nella cattedrale, e, dopo che l’ennesima testa fu staccata dal corpo di un assassino, violenti fulmini scaturirono dalle lame, incenerendo gli assassini attorno a Shweek; man mano che continuava ad uccidere, Shweek si sentiva sempre più forte, pervaso da una potenza crescente. Le lame si trasformarono infine in energia warp purissima, e appena toccavano un nemico lo friggevano letteralmente. Shweek lasciò cadere le lame e si mise a roteare su se stesso. Le catene unite alle lame formarono un violento turbine di morte, che tranciò tutti gli assassini fino a sfondare le porte della cattedrale. Smise di roteare e si ritrovò all’interno della grande chiesa, mentre alcuni fulmini di energia residua saettavano lungo le lame fino a terra. Ora capiva: le lame erano vive e perennemente affamate; l’unico modo di saziarle, per sprigionare la loro vera energia, era uccidere. Se non avessero ricevuto abbastanza vittime, le lame avrebbero iniziato a divorare Shweek, fino a distruggerlo. Con queste nuove rivelazioni, lo skaven era giunto di fronte all’altare della cattedrale. Dietro all’altare dorato, vi era un trono rosso sangue, sul quale se ne stava appollaiato il suo più grande nemico. Era li di fronte a lui, racchiuso in una magnifica armatura nera, con indosso un sontuoso mantello rosso e giallo, recante il simbolo del conte elettore che una volta era il sovrano della roccaforte. Non si alzò nemmeno quando lo vide, il che significava che non era affatto preoccupato della sua presenza li. Sapeva che la battaglia era ormai persa, ma aveva ancora un asso nella manica. Dalle ombre dietro il trono si materializzò una sagoma confusa di uno skaven; Shweek rimase a guardare fino a che la sagoma non uscì dalle tenebre, e allora rabbrividì. Davanti a lui, il petto nudo ricucito dalle profonde ferite, Snitz fissava Shweek con sguardo assente. Rimase così per pochi secondi, prima di estrarre due lunghi coltelli dorati dai fianchi e puntarli verso il suo migliore amico “Snitz!” balbettò Shweek strabiliato dal vedere il suo amico vivo di fronte a lui. “Sorpreso, piccolo ratto-ratto?” Ghignò il capoclan “Ti piace mio piccolo trucco, si-si?” alzò il braccio corazzato mostrando un piccolo pendaglio nero dai lineamenti elfici “Questo amuleto, apparteneva ad un conte vampiro, ed ora-ora è qui nelle mie mani si! Con il suo potere ho risvegliato il tuo caro amico-amico, e ora obbedisce soltanto a me!” Si alzò dal trono colmo di odio e con un gesto sguinzagliò Snitz, che in un lampo fu addosso a Shweek. Faticava parecchio a parare i suoi colpi, violenti e velocissimi allo stesso tempo, e non riusciva in alcun modo a scalfire Snitz. Combattere in un duello all’ultimo sangue con il suo migliore amico... questo non se lo sarebbe mai aspettato. Era inutile parlare, Snitz era un cadavere sotto il controllo del capoclan, e non si sarebbe fermato fino a che Shweek non fosse caduto ai suoi piedi. Appena le lame di Shweek sfioravano il corpo corrotto di Snitz, la ferita si rigenerava e non ne rimaneva traccia. La chiave per sconfiggerlo era distruggere l’amuleto che il capoclan teneva stretto, mentre osservava lo scontro tra i due. Ma Shweek non poteva combattere contrò due avversari così potenti, era troppo anche per lui. Con un colpo fece schizzare via un coltello dalla mano di Snitz, che con velocità sovrumana estrasse delle lunghe unghie acuminate e graffio il volto di Shweek, che si ritrasse in una smorfia di dolore. Snitz si scagliò con rinnovata foga contro quello che una volta aveva salvato da un grosso rattogre, e che era stato salvato a sua volta, deciso a mettere fine alla sua vita. Shweek parò ancora una volta il colpo e riprese a combattere, nonostante ormai fosse stremato. Dopo alcuni minuti passati a combattere, Shweek crollo esausto, e Snitz sferrò il colpo di grazia tra le risa malefiche del suo manipolatore. Le porte della cattedrale si spalancarono e un proiettile di warpietra fischiò per tutta la navata oscura, prima di conficcarsi con un sonoro schiocco nel cervello di Snitz, che venne proiettato contro l’organo della chiesa dietro al capoclan, che stava ancora ridendo. Warling entrò inciampando sui cadaveri degli assassini e si precipitò ad aiutare il suo padrone, colpendo il capoclan con una pioggia di warpietra, dalla quale anche Shweek dovette ripararsi. Felice di vedere che il suo padrone era ancora vivo, Warling lo sollevò di forza, e con un movimento delle braccia gli ridiede forza attraverso la magia warp. Shweek non perse tempo e si scagliò contro il capoclan, e gli stacco la mano di netto. L’amuleto cadde a terra, e Shweek lo lanciò a Warling, che con un colpo della sua pistola lo ridusse in mille pezzi. Il corpo di Snitz era nuovamente libero, e la magia oscura lo abbandonava mentre si accasciava a terra, nuovamente morto. Il capoclan terrorizzato cercò di fuggire ai piani superiori della cattedrale. Corse sulle scale e aprì una porta di ferro, dopodiché fu su una larga balconata di pietra. Vide il campo di battaglia ricoperto dai corpi dei suoi skaven, e si sporse ancora, per vedere morti e incendi ovunque. Si voltò in preda al panico, e una lama di warpietra penetrò nel suo addome come un coltello nel burro. Il capoclan sbarrò gli occhi e vide Shweek davanti a se, che a sua volta lo osservava compiaciuto “Addio-addio, maledetto traditore! I corvi si prenderanno il tuo corpo, si-si, e io mi prenderò tutto il resto-resto!” La seconda lama stacco di netto la testa del capoclan; ci fu uno scintillio, e poi un violento fulmine spazzò via il capoclan. Il suo corpo esanime cadde dalla balconata, e si unì a tutti gli altri.
  
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