L’odore
pungente del sangue ebbe su Lucy l’effetto di una
doccia fredda, facendola riprendere all’istante; ma
ciò che vide le fece
pensare che avrebbe preferito essere cieca. Natsu si era parato davanti
a lei,
venendo orribilmente ferito su un fianco da Istaria. Era a malapena
cosciente
ed era crollato sulle ginocchia, finendo fra le braccia di Lucy che lo
fissava con
gli occhi sbarrati.
“Stai…
stai bene… Lu?”, biascicò, la bocca
impastata di
sangue.
Lei non rispose,
si limitò a stringerselo contro,
sorreggendolo perché non cadesse, accarezzandogli il viso
per accertarsi che
non fosse un’ombra. “Natsu… ma che ti
è saltato in mente, vuoi farti ammazzare
proprio adesso…?!”.
Natsu
sollevò appena il viso, trovando la forza di
sorriderle, sebbene il dolore dovesse essere lancinante.
“No… te l’ho detto
che… voglio un… maschietto”.
Lucy, nonostante
le lacrime le scorressero copiose sul viso,
non trattenne un sorriso, chinandosi a baciarlo, piano, per non fargli
male; un
bacio amaro, intriso di lacrime e sangue e che per lei aveva il triste
sapore
dell’addio.
“Cerca
di resistere Natsu. Io sistemo quella strega e torno
da te”, sussurrò sulle sue labbra, tentando di
dargli fiducia, di darne a se
stessa.
Approfittando
del fatto che Loke stesse ancora tenendo
occupata Istaria, fece stendere piano Natsu sul pavimento, attenta a
non
muoverlo troppo. Lázuli li guardava
con gli occhi
sbarrati, spaventata per le sorti del suo amato papà.
“Lázuli non avere
paura, papà starà
bene”, disse Lucy, sforzandosi di sorriderle. “Mi
dai la sua sciarpa per
piacere?”.
La piccola
annuì, porgendo la sciarpa di Igneel a Lucy che la
usò per tamponare la ferita al fianco di Natsu; perdeva
troppo sangue, in
qualche modo doveva arrestare l’emorragia. Il mago strinse i
denti quando si
sentì fasciare con forza ma non si lamentò,
temendo di spaventare Lázuli.
“Natsu,
cerca di restare sveglio, parla con Lázuli…
raccontale di Igneel!”, disse Lucy accarezzando il viso
di Natsu mentre si rialzava.
La bambina si
avvicinò al padre, inginocchiandosi vicino a
lui. “Papà… ti senti male? Aspetta che
torni mamma, quando sto male mi da un
bacino e passa tutto, io dico che funziona anche con te!”.
Natsu
accennò un sorriso sfiorandole piano il visino con il
dorso della mano. “Lo penso… anche io…
piccoletta”.
Ignorando il
dolore sordo al braccio, Lucy impugnò la frusta,
attaccando anche lei Istaria, assieme a Loke. Quell’essere
terribile e
affascinante, evocato dalla follia di un uomo meschino, le aveva
portato via
tutto con un solo colpo, poichè dubitava che Natsu potesse
sopravvivere.
Proprio adesso
che Lázuli aveva di
nuovo il suo papà.
Proprio adesso
che loro erano tornati vicini.
Proprio adesso
che il suo cuore aveva ricominciato a battere.
“Sonda
i cieli, spalancali… fatti riconoscere da me
attraverso il bagliore di tutte le stelle del cielo… Oh
Tetrabiblos… sono colei
che domina sopra le stelle, rilascia il tuo aspetto, una porta
maligna… Oh 88
segni… Riluci![1]”.
Com’era
accaduto durante la battaglia contro gli Oración Seis, Lucy
riuscì a evocare e utilizzare tutto il potere
magico che le era rimasto in corpo, scatenando contro Istaria la
potenza del
cosmo, la forza dirompente delle stelle più remote
dell’universo. Ora, come
allora, riuscì ad avere ragione del suo avversario per
proteggere Natsu, il suo
drago, la persona per la quale viveva da cinque anni sebbene lo avesse
capito
solo ora che rischiava di perderlo.
Le forze la
abbandonarono di colpo, aveva chiesto troppo al
suo fisico già provato; non potè vedere il
sorriso che addolcì i lineamenti di
Istaria prima che sparisse nel nulla da cui era venuta.
Quando si
risvegliò, Lucy si trovò a osservare una stanza
sconosciuta, illuminata dai raggi del sole nascente. Il dolore acuto al
braccio
la risvegliò immediatamente e anche se a fatica,
riuscì a mettersi seduta sul
letto.
Nonostante
prendesse mentalmente nota di ogni particolare,
sperando che ciò la aiutasse a capire dove si trovava, fu
tutto inutile: la
stanza con le pareti di legno chiaro in cui si trovava le era del tutto
estranea. Si trattava di un ambiente semplice, del tutto privo di ogni
personalizzazione, come si trattasse della stanza di un ospedale.
Persino le
lenzuola, bianche e immacolate, contribuivano a quel senso di
asetticità, non
meno della semplice coperta color panna e del mobilio interamente
costruito con
lo stesso legno chiarissimo delle pareti.
Attraverso i
vetri della finestra aperta vedeva soltanto
degli alberi e si perse nell’osservazione di ogni singola
foglia, immersa nei
suoi pensieri. Non aveva il coraggio di alzarsi da quel letto e cercare
qualcuno che le desse notizie di Natsu e Lázuli. Temeva
che, per qualche strana
ragione, li avesse persi entrambi salvando solo se stessa e nessuno
avesse il coraggio
di riferirglielo; sapeva che rimandare il momento non avrebbe lenito il
dolore
se così fosse stato ma lo sforzo di volontà
necessario ad abbandonare le coltri
era troppo per lei in quel momento.
“Ti
sei svegliata finalmente!”.
Lucy si
voltò al suono di quella voce che aveva sentito pochissime
volte nella vita: Porlyusica. La maga medico si avvicinò al
letto e senza
troppi preamboli le sollevò il braccio ferito, togliendo le
fasciature, tutto
sotto lo sguardo scioccato di Lucy.
“Sta
guarendo bene. Fra pochi giorni potrai muoverlo senza
nessun problema. Perché mi guardi
così?”.
Lucy
sussultò, sentendosi scoperta e scosse la testa,
voltandosi dall’altra parte e lasciando che la maga
terminasse la medicazione.
Sperava che non ci mettesse troppo, desiderava solo restare sola.
“Ti
è andata bene”, continuò la donna, con
sommo rammarico di
Lucy che si ritrovò a chiedersi da quando Porlyusica fosse
diventata tanto
loquace. “Hai affrontato un avversario troppo potente per te,
fortunatamente ha
deciso di ritirarsi. Istaria è una divinità del
mondo antico e il cristallo
tramite cui è stata evocata doveva essere un artefatto di
Lost Magic. Mi chiedo
come abbia potuto Everlue entrarne in possesso”.
“Ritirarsi?”,
non parlava da troppo tempo Lucy e la voce era
solo un sussurro gracchiante fuoriuscito dalla sua gola secca.
“Si.
Istaria era la signora della guerra, niente e nessuno
poteva fermare i suoi eserciti inarrestabili; per assurdo, era anche
colei che
proteggeva l’amore. Penso che vedendo quanto sia grande il
sentimento che ti fa
battere il cuore, abbia deciso di tornare nel luogo da dove era stata
evocata”.
Lucy
tornò a guardare Porlyusica negli occhi, il panico
evidente dal movimento frenetico delle pupille che studiavano il volto
della
donna, alla ricerca di risposte alle sue domande.
“Se ti
stai chiedendo di Natsu…”.
“Non
voglio saperlo!”, strillò Lucy buttandosi sul
letto, i
palmi delle mani a coprire le orecchie. “Non voglio sapere
niente, lasciami
sola!”.
“Ragazzina
viziata!”, borbottò Porlyusica alzandosi.
Lucy piangeva,
dandosi della stupida per quella reazione del
tutto fuori luogo ma non riusciva a fare diversamente. Temeva che la
maga
medico le dicesse che Natsu non ce l’aveva fatta, che non
avrebbe rivisto quel
sorriso così particolare né l’avrebbe
più osservato dormire con Lázuli. Soltanto
quando Porlyusica fu vicina alla porta tolse
le mani dalle orecchie, portandole sul viso a coprire le lacrime.
“E’
sveglia e sta bene, potete vederla”, sentì dire
alla maga
mentre usciva.
“Mamma?”,
la voce di Lázuli che si
avvicinava fu una
stilettata al cuore. Come avrebbe potuto guardarla in faccia quando
aveva
lasciato morire suo padre?
“Andiamo
Lu, voltati! E smettila di piangere, lo sai che non
lo sopporto”.
Natsu. Quella
era senza dubbio la voce di Natsu, non poteva
sbagliare. Si voltò immediatamente, sedendosi sul letto e li
vide, insieme,
sani e salvi. Lui aveva delle fasciature ma stava in piedi e le
sorrideva, come
sempre. E Lázuli sembrava
avere completamente dimenticato quella brutta
avventura fra le braccia del suo papà. Prima che potesse
rendersene conto
appieno, Lucy era saltata giù dal letto correndo ad
abbracciare i suoi due
grandi amori.
Qualche ora dopo
si trovavano tutti e tre stesi sul letto; Lázuli si era
addormentata, sfinita dopo aver raccontato a Lucy
ogni dettaglio delle giornate trascorse con Natsu. La giovane maga
aveva così
scoperto di essere stata priva di conoscenza per quasi una settimana,
con
grande preoccupazione del suo compagno e di sua figlia che temevano di
non
vederla più sveglia. Avevano praticamente tampinato
Porlyusica e spiato dalla
porta ogni volta che non era nei paraggi, sperando di risentire la voce
di Lucy
ma ogni volta erano tornati indietro delusi.
“Mi
spiace Natsu… dovete essere stati molto
preoccupati”.
“E’
così. Pensavo che non volessi svegliarti per non dover
fare un altro figlio con me!”.
Lucy
arrossì di sdegno e imbarazzo, colpendo Natsu in testa.
“Ma come ti viene in mente di dire certe cose, a volte sei
proprio un animale!”.
“Ahia
Lu! Ma insomma, da quando ci siamo ritrovati non fai
che alzare le mani, sei diventata manesca?!”.
Lei
fissò ancora per qualche secondo Natsu, fingendosi
accigliata, fino a scoppiare a ridere divertita prima di baciarlo.
Quando si
staccarono, posò la fronte contro la sua, sospirando di
sollievo.
“Ho
temuto che fossi morto Natsu; pensavo che quella ferita
fosse stata letale, era davvero brutta… e non ho nemmeno
lasciato parlare
Porlyusica, pensavo mi dicesse che non ti avrei rivisto
più… ero così
disperata!”
Lucy si morse il
labbro per evitare di ricominciare a
piangere e Natsu si spostò per baciarle la fronte.
“Va tutto bene Lu, sono in
perfetta forma… beh quasi ma ho solo qualche graffio rimasto
dallo scontro con
quella demone che aveva portato via la piccoletta”.
“Cosa?!
Ma Istaria ti ha colpito, ti sei messo in mezzo per
proteggere me ed eri ferito molto gravemente!”.
“Lázuli mi ha
raccontato che dopo aver
scagliato Uranometria sei svenuta; e che Istaria ha sorriso ed
è sparita e in
quel momento è scomparsa anche la ferita che mi aveva
procurato. A quel punto
io mi sono ripreso, e infatti ricordo bene di averti vista distesa sul
pavimento della sala e di essere corso da te, per vedere come
stavi”.
Lei sorrise
posando il capo sulla sua spalla mentre gli accarezzava
il braccio; inalò il profumo selvaggio di Natsu, solo
quello. “Natsu, io… io ti
amo. Non ho mai smesso, anche se ci ho provato, ci ho provato tanto,
perché ero
così arrabbiata!”, sentì la sua presa
farsi più salda intorno al proprio corpo,
come se temesse che da un momento all’altro sarebbe fuggita
da lui. “Però… più
guardavo Lázuli,
più nonostante tutto il mio amore per te cresceva e
cresceva la rabbia; ho passato cinque anni all’inferno per
quest’ira. Non
voglio più essere arrabbiata, più di ogni cosa
desidero tornare a Magnolia con
te, e portarci Lázuli,
perché cresca a Fairy Tail, con
i suoi genitori!”.
Così
dicendo aveva sollevato il viso per poter osservare la
reazione di Natsu e ciò che vide la compiacque e
spaventò al tempo stesso. Gli occhi
del Dragon Slayer ardevano, per la gioia e l’amore che le
portava; ma c’era
sicuramente dell’altro in quegli occhi così scuri,
il desiderio di unirsi a lei
nella maniera più profonda. Lucy arrossì,
sentendo le braccia di Natsu cingerla
fino a trascinarla su di sé e accarezzarla in maniera
tutt’altro che innocente.
“Natsu…
c’è Lázuli qui, non
è il momento…”,
protestò debolmente, osservando di sottecchi la piccola Lázuli che dormiva
placidamente, raggomitolata accanto a loro. “Potrebbe
svegliarsi da un momento all’altro…”.
Natsu le rivolse
il suo sorriso più diabolico, prendendo
possesso del suo collo. “E’ mia figlia, non si
sveglierà tanto presto”, le
disse sulla pelle fra un bacio e l’altro. “E poi
voglio solo farti le coccole,
a cosa pensavi tu, eh?”.
Lucy
arrossì ancora di più, oltre quello che avrebbe
creduto
possibile in un essere umano. “E’-è
colpa t-tua! M-mi guardi in q-quel modo!”.
“In
quale modo?”.
“Lo
sai!”.
“No,
non lo so… io sono stupido”, disse azzannandole
lievemente la pelle delicata del collo.
“T-tu
non sei stupido… stai f-facendo sentire st-stupida
me!”,
sbottò Lucy, sollevandosi sui gomiti per tentare di mettere
distanza tra lei e
la bocca famelica di Natsu. “Balbetto come se fossi alla
prima cotta ed è tutta
colpa tua!”.
Natsu
ridacchiava, divertito da quella reazione esagerata. “Ma
scusa, colpa mia di cosa? Io sto solo facendo le coccole alla mia
compagna,
niente di nuovo o strano”.
Lucy protese
leggermente il labbro inferiore in un tenero
broncio. “Invece è nuovo. È nuovo
perché sono passati cinque anni e da allora
non ho lasciato che mi toccasse nessuno”.
Natsu la strinse
a sé, costringendola a stendersi sul suo
petto, la guancia sul suo cuore. “Lo senti Lu? Senti come
batte veloce, solo
all’idea di riaverti con me? Mi ha appena tenuto in vita da
quando te ne sei
andata e adesso che sei con me… non riesco a starti lontano,
è strano?”.
Lei sorrise,
chiudendo gli occhi e concentrandosi su quel
suono regolare e rassicurante. “Non è strano.
Credo sia lo stesso che provo io”,
disse tendendosi a baciarlo e questa volta fu un bacio dolce e senza
fretta,
carico di aspettative per il futuro insieme.
“Allora
Lu, lo facciamo adesso questo bambino?”.
“Natsu!”.
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Ehm,
ehm… ebbene come potete vedere il nostro Natsu non
è
morto, per un attimo l’idea mi aveva sfiorata ma sono una
grande sostenitrice
dei lieto fine *-*
[1] Naturalmente
questa frase non è opera mia, è soltanto il
testo dell’incantesimo Uranometria ;)
A questo punto
vi posso dire che la storia è conclusa, manca
solo l’epilogo; come sempre, grazie alle gentili lettrici che
mi lasciano i
loro pensieri, grazie!
E un grande
grazie anche a chi sta solo leggendo ma segue comunque
questo mio piccolo delirio, siete splendidi ^-^