Titolo: 4:00 in the morning.
Autore: me medesima stessa.
Beta: la mia splendida Will P.
Pairing:
Sherlock/John.
Rating:
pg13.
Disclaimer: Non mi appartengono. Lo
Sherlock originale è di Sir Arthur Conan Doyle e la BBC
(@Steven Moffat e Mark
Gatiss) detiene tutti i diritti per la meravigliosa serie tv che vi ha
creato.
Sommario: Sono le quattro del mattino e
Sherlock è alle prese con i suoi pensieri...
Note: Tra gli avvertimenti ho
inserito "slash" ma in realtà si tratta di
pre-slash. Scritta in un momento
di, diciamo così, delirio creativo e sulle note di 4:00 am
degli Avenged
Sevenfold, che mi ha ispirato il titolo.
4:00
in the morning
Sherlock
ha sempre sofferto di insonnia, in qualche modo.
Insonnia giustificata, ovviamente. Come quando è
così concentrato su
un caso e il suo cervello va avanti per ore, giorni, senza riuscire a
fermarsi
prima di aver trovato la soluzione.
Sherlock è abituato al suo cervello, ci convive da sempre e
per quanto
alle volte lo trovi troppo lento
solitamente ci va abbastanza d’accordo. Risolvere casi,
dopotutto, può
rivelarsi complicato. Soprattutto quando, e questo capita di rado, hai
la
soluzione davanti agli occhi ma per qualche oscuro motivo semplicemente
non riesci
a vederla.
Sherlock
è abituato alla sua insonnia.
Quando gli capita di passare la notte in bianco, il cervello
così
attivo da poter dar corrente a tutta Londra per una settimana intera
almeno,
semplicemente lascia il letto che si è trasformato in un
groviglio indistinto
di lenzuola e pensieri per abbandonarsi sulla poltrona con un paio di
cerotti
alla nicotina attaccati saldamente al braccio. Quando si tratta di un
problema
da due cerotti.
Di solito, la sua insonnia è gentilmente fornita da un
problema da
almeno tre cerotti.
In ogni caso.
Si lascia cadere sulla sua poltrona, o anche sul divano se gli capita
di essere particolarmente in disaccordo col suo cervello e aver bisogno
quindi
di rilassarsi di più, chiude gli occhi e semplicemente
ascolta il suono
assordante dei pensieri che gli vorticano incessabilmente nel cervello.
Adesso, semplicemente, non lo è.
Il suo cervello dovrebbe essere rilassato, non avendo niente con cui
scervellarsi.
E invece no.
Perché nonostante tutto, nonostante non abbia niente con cui
deliziarsi, il suo cervello continua a ronzare assordante e
inarrestabile
quando il resto del mondo -o almeno dell’Inghilterra e di
qualche altro paese-
dorme tranquillo e beato accoccolato nel caldo tepore del suo letto.
Alle tre del mattino passate da un pezzo. Dopo una notte trascorsa a
girarsi e rigirarsi nel letto alla ricerca di un sonno che non aveva la
minima
intenzione di venirlo a trovare.
C’è qualcosa che gli sfugge.
C’è sempre qualcosa, dannazione, qualcosa
di così piccolo da sembrare inutile e quasi invisibile che
lui non riesce a
scorgere. Potrà anche sembrare invisibile, ma
c’è. Oh, se c’è.
Le tre-passate-del-mattino-ma-forse-più-vicino-alle-quattro,
comunque,
è un bell’orario per starsene sdraiati sul divano
ad ascoltare il rumore del
silenzio che ti riempie le orecchie.
Anche se il suo brillante cervello si rifiuta di collaborare (e forse
sarebbe il caso di togliere i tre cerotti. Non sembrano funzionare,
comunque).
È
quasi tentato di chiamare suo fratello sul cellulare.
Non per chiedergli consiglio, no. Solo per il gusto di svegliarlo in
piena notte e spaventarlo a morte con una telefonata sul cellulare -che
utilizza solo per le emergenze, almeno durante le ore notturne.
Mycroft non gli potrebbe essere di alcun aiuto, in ogni caso. Se lui
stesso non riesce a comprendere quale paturnia affligga il suo
cervello, come
potrebbe riuscirci il suo odioso e grasso fratello?
Meglio cambiare posizione prima di ritrovarsi fastidiose e non
semplici da spiegare piaghe su parti del corpo dove, l’uso
comune vuole che si
dica, “non batte il sole”. Che uso comune stupido e
privo di senso, comunque.
Non ci sono parti del corpo dove non batte il sole, dipende solo dalla
posizione del corpo stesso e da quella del sole nell’orbita.
Se il sole ti
arriva alle spalle è ovvio
che non
possa poggiarsi sul lato frontale del tuo corpo. Quindi il sole
può “non
battere” su qualsiasi
lato del corpo
e battere su ogni possibile lato di esso. È solo un problema
di angolatura. E
questo modo di dire è troppo stupido
affinché la sua mente si degni di analizzarlo.
Mente cattiva.
Si perde in ragionamenti logici su modi di dire comuni che di logico
hanno decisamente nulla piuttosto che rivelargli il vero motivo di
quella notte
insonne.
Non avendo nessun caso tra le mani si è svegliato con tutta
calma, ha
letto il Times mangiando la colazione che John ha preparato.
È rimasto in veste
da camera tutto il giorno a suonare il violino, ascoltando come molto
raramente
accade la non esattamente piacevole sensazione di una mente sgombra.
È rimasto steso sul divano guardando John uscire a fare la
spesa e rifiutandosi
categoricamente di accompagnarlo. È rimasto steso sul divano
quando John è
tornato dal suo giro (infruttuoso, aggiungerebbe, dato che ha
dimenticato
probabilmente di proposito e per un infantile dispetto i suoi fiocchi
d’avena)
al supermercato e ha sistemato il contenuto delle buste in cucina. Nel
modo
sbagliato. Non si mette lo sciroppo d’acero nello stesso
sportello dove si
tiene il caffè, e poco importa che si tratti in entrambi i
casi di roba utile
alla colazione.
In ogni caso.
Ha oziato, suonato il
violino, evitato di rispondere
alle
telefonate del suo seccante fratello e guardato John in quella che
definirebbe
“una sua giornata tipo senza di lui”.
John, ad esempio.
Si è alzato presto e ha preparato la colazione utilizzando
più tempo
di quanto fosse effettivamente necessario. Ha consumato la colazione in
un
lasso di tempo decisamente troppo lungo, parte del quale lo ha
trascorso
insieme a lui.
Dopo la colazione si è occupato di rimettere tutto a posto,
altra cosa
inutile. A che serve rimettere a posto quando puoi semplicemente uscire
e fare
cose più importanti?
Quindi è uscito a fare la spesa. Okay, questo non era completamente inutile. Ma avevano ancora
la dispensa piena e non era indispensabile passare dal supermercato
proprio in
quel momento.
Dopo aver fatto la spesa dev’essersi fermato in un
cafè lungo la
strada e aver consumato una tazza di tè insieme a della
torta al cioccolato.
Non che glielo abbia detto, comunque. Era ovvio. Solo John è
capace di mangiare
della torta al cioccolato e lasciarsi cadere le briciole sulla camicia
senza
accorgersene.
Ad ogni modo.
Per il resto della giornata John è rimasto seduto sulla
poltrona di
fronte a lui, a leggere un libro che avrà letto almeno un
migliaio di volte
forse solo per fargli compagnia. Che cosa stupida. Lui è
Sherlock Holmes, per
l’amor di Dio, non ha bisogno di qualcuno che gli tenga
compagnia. John avrebbe
potuto impiegare in modo decisamente migliore il suo tempo libero.
Quell’uomo è decisamente strano, Sherlock ne
è pienamente convinto.
Perché mai qualcuno dovrebbe svegliarsi nel cuore della
notte e, non contento,
sedersi di fronte al suo insonne coinquilino dopo aver avuto cura di
preparare
due tazze di tè caldo? È un comportamento assurdo
che nessun essere umano normale
adotterebbe.
Lui non ce lo vede mica Lestrade, giusto per fare un esempio, a
svegliarsi la notte e comportarsi come John. Nessuno lo farebbe. Nessun
essere
umano dotato di cervello pensante e correttamente funzionante.
Almeno non gli sta chiedendo se ci sia qualcosa che non va o se abbia
voglia di parlarne. Grazie a Dio.
No. Si limita a guardarlo attraverso la tazza di caffè
fumante che
tiene tra le mani e a sorridere,
come
se ci fosse qualcosa di particolarmente divertente o bello
in tutta quell’assurda situazione.
Ecco su cosa il suo cervello sta rimuginando da ore intere, ecco
perché
quel suo cervello sociopatico lo sta tenendo sveglio contro ogni logica
e
previsione e, soprattutto, contro la sua perfettamente lucida e sensata
volontà.
Qualcosa è cambiato.
Non è qualcosa di tangibile, e lui non è
decisamente in grado di
spiegarlo a parole. È qualcosa di diverso
nell’aria. Nel sorriso di John,
forse. O nella sua voce, o nel modo in cui quelle parole stupide sul
primo
raggio di sole gli siano uscite dalla bocca. Nella presenza silenziosa
di John
che sembra scatenare qualcosa nella
stanza, che sembra mettere in movimento l’aria stessa e
cambiarla fin nella più
piccola molecola di ossigeno.
È qualcosa che non sa spiegare. Forse solo perché
ancora non riesce a
comprenderlo appieno. C’è qualcosa, un piccolo e
apparentemente insignificante
dettaglio che gli sfugge. C’è sempre qualcosa,
dannazione.
Troverà le parole giuste per descrivere quel piccolo e
apparentemente
invisibile cambiamento, oh se le troverà. Lui è
Sherlock Holmes, dopotutto, non
gli sfugge niente. È solo questione di tempo, alle volte, ma
il suo cervello si
applica costantemente e sempre riesce ad arrivare alle giuste
conclusioni e
soluzioni. Ha solo bisogno di rifletterci un po’ su.
Probabilmente dopo qualche
altra notte insonne risolverà l’enigma.
John è decisamente un essere umano fuori dal comune.
Preoccuparsi di
prendere la sua tazza sporca direttamente dalle sue mani
solleticandogliele con
le dita solo per riporla nel lavandino. O utilizzare la frase
“tornare a
dormire” quando lui non ha dormito proprio per niente, e
quindi sarebbe stato
più opportuno e decisamente corretto dire “andare
a dormire”. Nel caso in cui
John stesse includendo anche se stesso nella frase, comunque, il verbo
“tornare” sarebbe sbagliato solo il parte. O
corretto solo in parte.
È questione di punti di vista. È sempre questione
di punti di vista.
Come quello stupido sorriso stampato sulle labbra del suo coinquilino
e quella singola espressione capace, da sola, di cambiare
l’atmosfera della
stanza.
THE END
Permettetemi
di scrivere altre due righe.
Questa storia è, come detto in precedenza, puro delirio
creativo.
Questo Sherlock è, forse, un po’ complicato da
seguire nei suoi ragionamenti ma
non impossibile (Will ce l’ha fatta, è la prova
vivente che nonostante mi
incasini da sola con ciò che scrivo il risultato
è più o meno comprensibile).
Spero vi sia piaciuta, e spero anche in qualche commento -dopotutto,
la tastiera non è un
mostro a tre
teste e non vi morde mica se
digitate
un commentino.
B.