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Autore: CharlieBb    15/09/2011    7 recensioni
Sono le quattro del mattino e Sherlock è alle prese con i suoi pensieri...
[Pre-slash]
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: 4:00 in the morning.
Autore: me medesima stessa.
Beta: la mia splendida Will P.
Pairing: Sherlock/John.
Rating: pg13.
Disclaimer: Non mi appartengono. Lo Sherlock originale è di Sir Arthur Conan Doyle e la BBC (@Steven Moffat e Mark Gatiss) detiene tutti i diritti per la meravigliosa serie tv che vi ha creato.
Conteggio parole:  1.734

Sommario: Sono le quattro del mattino e Sherlock è alle prese con i suoi pensieri...
Note: Tra gli avvertimenti ho inserito "slash" ma in realtà si tratta di pre-slash. Scritta in un momento di, diciamo così, delirio creativo e sulle note di 4:00 am degli Avenged Sevenfold, che mi ha ispirato il titolo.

 

4:00 in the morning

 

Sherlock ha sempre sofferto di insonnia, in qualche modo.
Insonnia giustificata, ovviamente. Come quando è così concentrato su un caso e il suo cervello va avanti per ore, giorni, senza riuscire a fermarsi prima di aver trovato la soluzione.
Sherlock è abituato al suo cervello, ci convive da sempre e per quanto alle volte lo trovi troppo lento solitamente ci va abbastanza d’accordo. Risolvere casi, dopotutto, può rivelarsi complicato. Soprattutto quando, e questo capita di rado, hai la soluzione davanti agli occhi ma per qualche oscuro motivo semplicemente non riesci a vederla.

 

Sherlock è abituato alla sua insonnia.
Quando gli capita di passare la notte in bianco, il cervello così attivo da poter dar corrente a tutta Londra per una settimana intera almeno, semplicemente lascia il letto che si è trasformato in un groviglio indistinto di lenzuola e pensieri per abbandonarsi sulla poltrona con un paio di cerotti alla nicotina attaccati saldamente al braccio. Quando si tratta di un problema da due cerotti.
Di solito, la sua insonnia è gentilmente fornita da un problema da almeno tre cerotti.
In ogni caso.
Si lascia cadere sulla sua poltrona, o anche sul divano se gli capita di essere particolarmente in disaccordo col suo cervello e aver bisogno quindi di rilassarsi di più, chiude gli occhi e semplicemente ascolta il suono assordante dei pensieri che gli vorticano incessabilmente nel cervello.

Sherlock è abituato alla sua insonnia. Quando è giustificata.
Adesso, semplicemente, non lo è.

Non ha nessun caso tra le mani -ne ha appena risolti un paio, in verità, in meno di una settimana e non gli è più capitato niente di interessante tra le mani, da qui l’ozio. E lui detesta oziare. Oziare è così inutile.

Comunque.
Il suo cervello dovrebbe essere rilassato, non avendo niente con cui scervellarsi.
E invece no.

Non lo capisce. È strano, davvero molto strano.
Perché nonostante tutto, nonostante non abbia niente con cui deliziarsi, il suo cervello continua a ronzare assordante e inarrestabile quando il resto del mondo -o almeno dell’Inghilterra e di qualche altro paese- dorme tranquillo e beato accoccolato nel caldo tepore del suo letto.

Eppure eccolo qui. Sdraiato su un divano non particolarmente comodo a fissare un soffitto non esattamente candido in attesa che il suo geniale cervello gli faccia capire quale sia il problema.
Alle tre del mattino passate da un pezzo. Dopo una notte trascorsa a girarsi e rigirarsi nel letto alla ricerca di un sonno che non aveva la minima intenzione di venirlo a trovare.
C’è qualcosa che gli sfugge. C’è sempre qualcosa, dannazione, qualcosa di così piccolo da sembrare inutile e quasi invisibile che lui non riesce a scorgere. Potrà anche sembrare invisibile, ma c’è. Oh, se c’è.
Le tre-passate-del-mattino-ma-forse-più-vicino-alle-quattro, comunque, è un bell’orario per starsene sdraiati sul divano ad ascoltare il rumore del silenzio che ti riempie le orecchie.
Anche se il suo brillante cervello si rifiuta di collaborare (e forse sarebbe il caso di togliere i tre cerotti. Non sembrano funzionare, comunque).

È quasi tentato di chiamare suo fratello sul cellulare.
Non per chiedergli consiglio, no. Solo per il gusto di svegliarlo in piena notte e spaventarlo a morte con una telefonata sul cellulare -che utilizza solo per le emergenze, almeno durante le ore notturne.
Mycroft non gli potrebbe essere di alcun aiuto, in ogni caso. Se lui stesso non riesce a comprendere quale paturnia affligga il suo cervello, come potrebbe riuscirci il suo odioso e grasso fratello?
Meglio cambiare posizione prima di ritrovarsi fastidiose e non semplici da spiegare piaghe su parti del corpo dove, l’uso comune vuole che si dica, “non batte il sole”. Che uso comune stupido e privo di senso, comunque. Non ci sono parti del corpo dove non batte il sole, dipende solo dalla posizione del corpo stesso e da quella del sole nell’orbita. Se il sole ti arriva alle spalle è ovvio che non possa poggiarsi sul lato frontale del tuo corpo. Quindi il sole può “non battere” su qualsiasi lato del corpo e battere su ogni possibile lato di esso. È solo un problema di angolatura. E questo modo di dire è troppo stupido affinché la sua mente si degni di analizzarlo.
Mente cattiva.
Si perde in ragionamenti logici su modi di dire comuni che di logico hanno decisamente nulla piuttosto che rivelargli il vero motivo di quella notte insonne.

È meglio ragionare su quale possa essere la possibile causa di tutto ciò. Niente più stupidi luoghi comuni.

La sua giornata si è svolta come di norma.
Non avendo nessun caso tra le mani si è svegliato con tutta calma, ha letto il Times mangiando la colazione che John ha preparato. È rimasto in veste da camera tutto il giorno a suonare il violino, ascoltando come molto raramente accade la non esattamente piacevole sensazione di una mente sgombra.
È rimasto steso sul divano guardando John uscire a fare la spesa e rifiutandosi categoricamente di accompagnarlo. È rimasto steso sul divano quando John è tornato dal suo giro (infruttuoso, aggiungerebbe, dato che ha dimenticato probabilmente di proposito e per un infantile dispetto i suoi fiocchi d’avena) al supermercato e ha sistemato il contenuto delle buste in cucina. Nel modo sbagliato. Non si mette lo sciroppo d’acero nello stesso sportello dove si tiene il caffè, e poco importa che si tratti in entrambi i casi di roba utile alla colazione.
In ogni caso.
Ha oziato, suonato il violino, evitato di  rispondere alle telefonate del suo seccante fratello e guardato John in quella che definirebbe “una sua giornata tipo senza di lui”.

È buffo come le persone comuni trascorrano il loro tempo facendo cose decisamente stupide e inutili.
John, ad esempio.
Si è alzato presto e ha preparato la colazione utilizzando più tempo di quanto fosse effettivamente necessario. Ha consumato la colazione in un lasso di tempo decisamente troppo lungo, parte del quale lo ha trascorso insieme a lui.
Dopo la colazione si è occupato di rimettere tutto a posto, altra cosa inutile. A che serve rimettere a posto quando puoi semplicemente uscire e fare cose più importanti?
Quindi è uscito a fare la spesa. Okay, questo non era completamente inutile. Ma avevano ancora la dispensa piena e non era indispensabile passare dal supermercato proprio in quel momento.
Dopo aver fatto la spesa dev’essersi fermato in un cafè lungo la strada e aver consumato una tazza di tè insieme a della torta al cioccolato. Non che glielo abbia detto, comunque. Era ovvio. Solo John è capace di mangiare della torta al cioccolato e lasciarsi cadere le briciole sulla camicia senza accorgersene.
Ad ogni modo.
Per il resto della giornata John è rimasto seduto sulla poltrona di fronte a lui, a leggere un libro che avrà letto almeno un migliaio di volte forse solo per fargli compagnia. Che cosa stupida. Lui è Sherlock Holmes, per l’amor di Dio, non ha bisogno di qualcuno che gli tenga compagnia. John avrebbe potuto impiegare in modo decisamente migliore il suo tempo libero.

«Sherlock, che diamine ci fai in piedi a quest’ora? Sono le quattro del mattino! »

…o impiegare in modo migliore le ore notturne.
Quell’uomo è decisamente strano, Sherlock ne è pienamente convinto. Perché mai qualcuno dovrebbe svegliarsi nel cuore della notte e, non contento, sedersi di fronte al suo insonne coinquilino dopo aver avuto cura di preparare due tazze di tè caldo? È un comportamento assurdo che nessun essere umano normale adotterebbe.
Lui non ce lo vede mica Lestrade, giusto per fare un esempio, a svegliarsi la notte e comportarsi come John. Nessuno lo farebbe. Nessun essere umano dotato di cervello pensante e correttamente funzionante.
Almeno non gli sta chiedendo se ci sia qualcosa che non va o se abbia voglia di parlarne. Grazie a Dio.
No. Si limita a guardarlo attraverso la tazza di caffè fumante che tiene tra le mani e a sorridere, come se ci fosse qualcosa di particolarmente divertente o bello in tutta quell’assurda situazione.

«Guarda, il primo raggio di luce. È sempre uno spettacolo affascinante guardare il sole sorgere. »

Qualcosa è cambiato.
Ecco su cosa il suo cervello sta rimuginando da ore intere, ecco perché quel suo cervello sociopatico lo sta tenendo sveglio contro ogni logica e previsione e, soprattutto, contro la sua perfettamente lucida e sensata volontà.
Qualcosa è cambiato.
Non è qualcosa di tangibile, e lui non è decisamente in grado di spiegarlo a parole. È qualcosa di diverso nell’aria. Nel sorriso di John, forse. O nella sua voce, o nel modo in cui quelle parole stupide sul primo raggio di sole gli siano uscite dalla bocca. Nella presenza silenziosa di John che sembra scatenare qualcosa nella stanza, che sembra mettere in movimento l’aria stessa e cambiarla fin nella più piccola molecola di ossigeno.
È qualcosa che non sa spiegare. Forse solo perché ancora non riesce a comprenderlo appieno. C’è qualcosa, un piccolo e apparentemente insignificante dettaglio che gli sfugge. C’è sempre qualcosa, dannazione.
Troverà le parole giuste per descrivere quel piccolo e apparentemente invisibile cambiamento, oh se le troverà. Lui è Sherlock Holmes, dopotutto, non gli sfugge niente. È solo questione di tempo, alle volte, ma il suo cervello si applica costantemente e sempre riesce ad arrivare alle giuste conclusioni e soluzioni. Ha solo bisogno di rifletterci un po’ su. Probabilmente dopo qualche altra notte insonne risolverà l’enigma.

«Sherlock, sono le quattro del mattino. Non credi sia ora di tornare a dormire? »

Il continuo blaterare di John non lo aiuta neanche un po’. Il suo cervello ha bisogno di ronzare in santa pace, dannazione, non di essere disturbato in continuazione. Altrimenti come potrebbe lavorare correttamente?
John è decisamente un essere umano fuori dal comune. Preoccuparsi di prendere la sua tazza sporca direttamente dalle sue mani solleticandogliele con le dita solo per riporla nel lavandino. O utilizzare la frase “tornare a dormire” quando lui non ha dormito proprio per niente, e quindi sarebbe stato più opportuno e decisamente corretto dire “andare a dormire”. Nel caso in cui John stesse includendo anche se stesso nella frase, comunque, il verbo “tornare” sarebbe sbagliato solo il parte. O corretto solo in parte.
È questione di punti di vista. È sempre questione di punti di vista.
Come quello stupido sorriso stampato sulle labbra del suo coinquilino e quella singola espressione capace, da sola, di cambiare l’atmosfera della stanza.

In ogni caso, sono le quattro del mattino e lui ha bisogno di riposare se vuole trovare l’incognita e risolvere il problema.

 

THE END

 

 
 

Permettetemi di scrivere altre due righe.
Questa storia è, come detto in precedenza, puro delirio creativo. Questo Sherlock è, forse, un po’ complicato da seguire nei suoi ragionamenti ma non impossibile (Will ce l’ha fatta, è la prova vivente che nonostante mi incasini da sola con ciò che scrivo il risultato è più o meno comprensibile).
Spero vi sia piaciuta, e spero anche in qualche commento -dopotutto, la tastiera non è un mostro a tre teste e non vi morde mica se digitate un commentino.

B.

   
 
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