Storie originali > Nonsense
Segui la storia  |       
Autore: Walpurgisnacht    16/09/2011    0 recensioni
Primo EIP tra Kaos e Nyappy.
Storia a quattro mani via Skype, un pezzo ad ognuno, senza nessun tipo di controllo post-scrittura.
Michele lavora in un gay-bar ed è sempre andato d'accordo con suo fratello. Franco e Kevin sono suoi amici.
Alessandro è un prete, Giulietta una prosperosa, giovane donna.
Cos'hanno in comune?
...magari sono tutti killer mafiosi.
Beh, può essere la risposta giusta.
E Seth Wolfgang chi è in tutto questo?
[Surrealtà, bizzarrie e sane dosi di nonsense delirante compresi nel prezzo]
Genere: Azione, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Michele stava facendo zapping, distratto.
Doveva uccidere il proprio fratello, o quello strano uomo avrebbe ucciso lui.
Ed era tutto così assurdo -non aveva nomi, non aveva informazioni, solo le mani tremanti al pensiero.
Uccidere Giuseppino.
E se con in mano un paio di trucchi era capace di fare magie, con in mano un coltello o una pistola Michele era certo di far ridere e basta.
Cosa poteva fare? Chiedere aiuto a Kevin?
"Ah Miché!" gli avrebbe detto questo con gli occhioni spalancati "Io non voglio sapere nulla, nulla di 'sta storia!"
E Michele non voleva coinvolgerlo. Sì, questa era una situazione che doveva risolvere da solo, nel bene -o più probabilmente- nel male.
Si sistemò meglio sul divano, appoggiandosi allo schienale morbido e cambiando di nuovo canale.
Al TG stavano dando le solite notizie: crisi, suicidi, sioperi, omicidi, eppure a lui non importava nulla. E poi gli venne un'idea.
Un'idea, eh? Si fermò un attimo a pensare.
Poteva funzionare, forse. Però c'erano un po' troppe variabili incontrollate per i suoi gusti. Doveva contare sul tempo, sul tempismo di altre persone e su quanto conosceva bene Giuseppino. L'ultima era abbastanza sotto controllo, ma le altre...
Decise, alla fine, di scartarla.
Poi, mentre si sistemava una scarpa col tacco dieci che gli stava facendo un po' male al piede, sentì squillare il suo cellulare. Macho Man dei Village People, ovviamente. Niente di meno per uno come lui.
Diede uno sguardo al visore prima di rispondere. Numero sconosciuto. Non gli piaceva. I numeri sconosciuti portavano solo miseria e morte.
Prese un po' di coraggio e porto l'apparecchio all'orecchio, abilitando la telefonata: "Pronto?".
"Sgorbio. Ci sono progressi? Leggo l'Eco di Sborrovilla tutti i giorni e non ho visto notizie di pelati ventiduenni morti. Qualcosa mi dice che non stai mantenendo la tua parte dell'accordo".
Cristo. Il prete killer. Come minchia aveva avuto il suo cellulare?
"Ma-ma certo!" esclamò Michele con enfasi "Mi sto impegnando!"
"Ahn sì?" lui deglutì rumorosamente, allontanando l'apparecchio dal viso "E dimmi, hai già un piano?"
"Forse" nell'istante stesso in cui pronunciò quella mezza promessa si maledì.
Il prete non rispose. Stava aspettando che Michele gli illustrasse il piano?
Prese un respiro profondo.
"Stavo... stavo pensando..." iniziò guardandosi attorno, a disagio.
"Non devi pensare, sgorbio. Devi AGIRE."
"Certo!" esclamò Michele annuendo con enfasi "Comunque, ecco, io non ho mai ucciso nessuno, però... alla TV è pieno di gente che lo fa."
"Non starai pensando di affidarti ad uno di quei telefilm americani del cazzo, spero." sbottò il prete e Michele negò con il capo, prima di darsi dello stupido.
Nessuno poteva vederlo lì, Giuseppino era fuori e FrouFrou, il gatto, era ancora un semplice animale -niente superpoteri o armi nascoste, sperava Michele.
"No, ecco, magari potevo... che ne so, prendere ispirazione."
"Fa' arrivare il sangue al cervello, nanerottolo. Tra cinquye secondi voglio sentire un piano di senso compiuto."
Cinque secondi?! Ma...!
"Uno..."
Cazzo. ERa rovinato.
"Due".
Cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo cazzo.
"Tre".
Disimpara a contare, bastardo! Adesso!
"La prego, mi dia ancora un po' di tempo" disse Michele ferendosi la mano destra con le unghie, affilate e ben curate, della sinistra.
"Quattro".
Che figlio di puttana. Ma d'altronde, si disse in un momento di totale assurdità mentale, un mafioso o poco ci mancava come lo era il prete era biologicamente incapace di farsi intenerire. Figurati da una mezza checca isterica.
"Cinque. Il piano, grazie".
Sospirò, vedendo chiaramente nella propria mente la sua condanna a morte firmata col sangue del suo stesso orecchio, staccato e sbattuto lì inerte sul tavolo.
Fece un respiro profondo: "Non ce l'ho".
Arriva. Arriva. Arriva.
"Pffff. Cosa dovevo aspettarmi da uno sgorbio come te? Ringrazia che alla messa di stamattina la chiesa era piena fino a scoppiare e questo mi ha messo di eccellente umore. Che ore sono? Al minuto".
Michele buttò un'occhio sulla sveglia digitale dell'83 appoggiata sul tavolo del salotto.
"Sono le ore quindici e cinquantasei, signore".
"Molto bene. Entro le quindici e cinquantasei di domani voglio che tu venga a trovarmi in sacrestia e mi porti la lieta novella. In caso contrario sentirai suonare il campanello di casa tua. E no, non sarà un venditore della Folletto o uno di quegli stronzi dei Testimoni di Geova che non sanno far altro che rompere le palle alla gente".
Deglutì. Probabilmente si ingoio anche quella roba minuscola del suo pomo d'Adamo.
"Ooooooh. Perso le parole, eh? Stupido io che ti ho affidato un simile incarico. Facciamo così, ora proverò a darti qualche idea. A che piano abitate?".
"Occupiamo il piano terra ed il primo piano" rispose Michele scostandosi i capelli glitterati dal viso.
"Buono a sapersi." commentò il prete "Primo piano, eh?"
Michele annuì, mordendosi il labbro inferiore. Il sapore sintetico del lucidalabbra gli invase la bocca.
"Potresti farlo cadere. Avete un terrazzo?" l'altro iniziò a parlare velocemente "O potresti impalarlo sulla ringhiera sempre del terrazzo. Abitate in un condominio, vero?"
"Sì" la voce di Michele era flebile, lui stesso riuscì a malapena a sentirla.
"Gas allora. O un incendio. Lo droghi e gli dai fuoco"
Gli ingranaggi della luccicante testa di Michele giravano come trottole.
Sì, poteva farlo, così non avrebbe sofferto! Ma come?
"Hai pensato ad avvelenare quel rossetto del cazzo che ti metti e dipingergli gli occhi? Oppure..." il prete continuò a parlare.
Michele stava prendendo coraggio. Tutte quelle torture -aveva la pelle d'oca attraverso le cinghie in pelle del completino che indossava- sarebbero state fatte a lui se non si fosse sbrigato, questo lo sapeva.
Quindi doveva agire. Voleva vivere. Voleva vivere!
"Potrei soffocarlo, magari" suggerì, riconoscendo subito come banale la propria idea a confronto.
BAM!
La porta sbattè e lui trasalì, urlando.
Si girò di scatto, nascondendo in telefono tra le mani grassocce.
Era Giuseppino -e a giudicare dalla sua espressione sfigurata di rabbia, aveva senito tutto.
"Che giornata di merda! Che giornata di merda! Che giornata di merda!" urlò a ripetizione il nuovo arrivato dando un calcio alla porta per chiuderla.
Michele si morse una mano. Aveva sentito? Non aveva sentito? Come poteva assicurarsene?
"Che... che ti è successo?" chiese, la voce più che un flebile sussurro.
"Mi hanno licenziato, ecco cos'è successo! Quel pezzo di merda del mio capo mi ha detto che non servo più!".
Licenziato? Giuseppino... era disoccupato...
"Scusa? Non credo di aver capito bene" fece Michele, ancora più tremebondo di prima. Si spezzo pure un'unghia mordendosi di nuovo le dita.
"Sei sordo, sgorbio di merda? Ho detto che mi hanno licenziato!".
"Ma... ma tu non sei disoccupato?".
"Mi stai prendendo per il culo, per caso? Da quell'altro... lavoro. Mi hanno detto di non farmi vedere mai più. E se hai guardato sufficienti telefilm americani del cazzo immagini cosa questo possa voler dire, no?".
"P-Pressapoco".
"Ecco. Sento la merda entrarmi nelle orecchie. Sono un fottuto cadavere che cammina, cristo!".
Si vedeva benissimo che Giuseppino voleva ammazzare qualcuno e Michele, saggiamente, scelse di non essere lui quel qualcuno. Si alzò senza far casino, prendendo in mano il cellulare, e si allontanò nel silenzio più totale di cui era capace. Il cellulare stretto nella destra, un poco sanguinante.
Giuseppino non gli disse nulla.
Giunto in camera sua Michele cominciò a piangere. Riprese l'apparecchio e disse: "Ha sentito? Giuseppino è stato fatto fuori dall'organizzazione. Vuol dire che non sono più obbligato a ucciderlo, giusto?".
"Sbagliato, sgorbio".
"Come." stava tremando. Le ginocchia gli stavano tremando, incrociate, i tacchi a spillo che affondavano nella moquette.
"Giuseppino sarà ucciso dall'Oragnizzazione." ripetè il prete -Michele era certo che l'altro stesse ghignando "E sarai tu a farlo."
"Ma... ma..." biascicò.
Doveva fare mente locale. Doveva... merda!
Non-non avrebbe preso il posto del fratello, vero?
Cosa doveva fare, chiedere? O forse era meglio lasciar predere per non istillare nell'altro strane idee?
Qualcosa di freddo gli scivolò sulla coscia stretta nelle calze a rete e abbassò lo sguardo. La sua mano sanguinava copiosa -eppure non provava dolore, no.
Doveva uccidere suo fratello.
"Niente ma. Ti ho dato idee a sufficienza, nanerottolo. Ora tocca a te portarmi un piano compiuto."
"Per le quindici e cinquantasei di domani." completò Michele.
Doveva dare l'idea di sapere quello che stava facendo -convinto e certo.
Nessuna esitazione, anche se aveva un nuovo piano.
Fuggire.
Sarebbe stato da codardi, ma che gli importava?
Sarebbe scappato, sì, si sarebbe rifatto un nome.
"A domani, allora." lo salutò il prete chiudendo la chiamata.
Michele lanciò uno sguardo allo schermo.
Giuseppino lo stvaa tenendo sollevato per le braccia, sullo sfondo; erano circondati da poster su "Gloss Michele", la star del locale in cui lavorava.
No, fuggire sarebbe stato impossibile.
Era famoso nel suo giro e... all'improvviso un'altra idea lo illuminò.
Franco.
Franco che era altro due metri e quindici, era più largo che alto e non si depilava mai -nemmeno le mani.
Poteva... no. Non avrebbe potuto chiedere aiuto a lui -non voleva coinvolgere Kevin, non l'avrebbe fatto con Franco.
Però...
Cercò sulla rubrica del telefono il gruppo "Numeri utili".
Ed eccolo lì, spiccare per lunghezza tra gli altri.
"Agenzia Investigativa Incudine, di Paolo Barça e figli"
Doveva indagare di più sul prete, su suo fratello.
Doveva sapere.
"Michelee-" lo chiamò Giuseppino dalla sala e lui appoggiò il cellulare sul comodino, la stanza avvolta nella penombra.
"Dimmi" doveva comportasri in modo naturale. Naturale.
Aprì la porta e fu investito da una zaffata di cattivo odore.
"Muori."
BANG.
Il colpo di pistola che Giuseppino aveva appena fatto esplodere fece tremare i muri di cartapesta della loro casupola. Si sarebbe sentito un po' per tutto il vicinato, probabilmente.
Michele si strinse la gamba.
Fammi capire. Quale stronzo entra in camera del fratello, gli urla "Muori" e gli spara nella gamba invece che in fronte? Ma si può essere tanto dementi?
Fu lì che il nano capì come, forse, le parole del prete non erano poi così campate in aria.
Giuseppino si era appena dimostrato un coglione di caratura mondiale.
E gli aveva sparato.
Michele decise che non poteva morire per mano di un simile cialtrone. Sarebbe stata la massima delle umiliazioni.
Lo osservò, mentre stringeva le labbra gonfie di rossetto per trattenere un urlo. Se ne stava lì in piedi, la pistola ancora plasticamente estesa in avanti e fumante dall'ultimo proiettile sparato.
Spariti dal suo volto i nervi contratti dall'ira e lo sguardo da psicopatico omicida. Ora era lì, piantato in piedi, a piangere come una femminuccia.
Un'incazzatura da primato montò in Michele.
Estrasse il coltello dal reggicalze, visto che sin dal giorno dell'incidente lo teneva sempre addosso, e gli restituì la minaccia.
"Muori".
Analizzò la situazione in un istante, un attimo di lucidità tra gli spazzi di dolore che gli pervadevano il corpo.
Aveva un coltello in mano, un'unica gamba sana, era su tacchi a spillo, era un nano.
E Giuseppino era ancora lì davanti a lui, perso in un sorriso folle, la pistola tra le dita -davvero vuota?
Flesse il ginocchio buono, portando avanti il coltello con un affondo.
Non alla cieca, no.
Davanti agli occhi di Michele, impreziositi da mascara e ombretto smoky, la patta aperta dei pantaloni di Giuseppino troneggiava gloriosa, le cuciture gialle sul jeans chiaro.
Non sarebbe riuscito a castrarlo o tagliargli via il cazzo, ma ci avrebbe provato. Poteva sempre fare qualcosa alle palle, dopotutto.
"Muori!" ripetè piegando leggermente la mano.
La lama affondò nella stoffa, infilandosi nella zip.
Michele sentì chiaramente la carne morbida sotto la lama.
Giuseppino era spacciato.
Nessun deus ex machina, nessun santo, niente di niente.
Andò tutto come doveva andare, almeno dal punto di vista di Michele.
La lama penetrò. Si sentì un rumore orripilante, come di un pomodoro schiacciato da un martellone da fabbro.
I jeans sgualciti di quel bastardo di Giuseppino si tinsero immediatamente di rosso nella zona inguinale. Il proprietario piantò un urlo animalesco e si piegò all'indietro, come se gli avessero piantato un coltello nella schiena.
Nelle palle, maledetto coglione. Non nella schiena.
Cristo. Mio fratello è veramente un demente di prima categoria.
Estrasse con velocità l'arma e senza neanche dare a nessuno dei presenti la possibilità di fare un solo respiro spiccò un balzo. Una specie di balzo, a voler essere onesti: la sua mirabolante altezza unita ai tacchi non risaltavano di certo le sue pessime dote atletiche.
Ma bastò.
Il coltellò entrò placido nel petto di Giuseppino. Come un pezzo di tonno tagliato da un grissino.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Nonsense / Vai alla pagina dell'autore: Walpurgisnacht