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Autore: Mork    16/09/2011    2 recensioni
Dedicata a Loki :P
La gioia e l’orgoglio provato quando il suo Maestro lo aveva giudicato pronto ad affrontare i test per diventare Cavaliere erano ben poca cosa rispetto al turbine di emozioni negative che si dibattevano nella sua mente: la preoccupazione per il piccolo Anakin, il dubbio riguardo la profezia, il dolore di essere stato messo da parte dal Maestro, l’ansia per la guerra imminente e quel sentimento, confinato nell’angolo più buio e nascosto del suo cervello, al quale non aveva ancora avuto il coraggio di dare un nome.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Obi-Wan, Kenobi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Obi-Wan era irrequieto: dopo aver lasciato la sala dell’Alto Consiglio ed aver percorso dozzine di corridoi a passo di carica, si era fermato in una delle grandi terrazze che dal Tempio Jedi si affacciavano sull’enorme capitale di Coruscant. Il cielo notturno brulicava di navi e sprinter, e sotto di esso la trama di luci della città si estendeva a perdita d’occhio. Obi-Wan si appoggiò stancamente alla balaustra, cercando di riprendere il controllo di sé. La gioia e l’orgoglio provato quando il suo Maestro lo aveva giudicato pronto ad affrontare i test per diventare Cavaliere erano ben poca cosa rispetto al turbine di emozioni negative che si dibattevano nella sua mente: la preoccupazione per il piccolo Anakin, il dubbio riguardo la profezia, il dolore di essere stato messo da parte dal Maestro, l’ansia per la guerra imminente e quel sentimento, confinato nell’angolo più buio e nascosto del suo cervello, al quale non aveva ancora avuto il coraggio di dare un nome. Sospirò e si passò una mano sui capelli biondi tagliati a spazzola. Sapeva di non poter continuare ad indugiare su quelle passioni violente: la paura, l’incertezza, la depressione erano solo altrettante strade verso il Lato Oscuro; doveva concentrarsi sul momento presente e non perdersi in riflessioni che l’avrebbero condotto solo alla confusione. Scartò mentalmente tutti i pensieri rivolti al futuro e le ansie sul proprio destino, in modo da focalizzarsi sulle sensazioni scaturite dall’evento più recente. Qui-Gon probabilmente stava ancora dibattendo con l’Alto Consiglio sull’addestramento di Anakin; Obi-Wan si sorprese, sentendosi anche un po’ ridicolo, quando capì che l’emozione che lo tormentava in quel momento era una sciocchissima gelosia. Quasi scoppiò a ridere: era un comportamento davvero infantile, essere gelosi solo perché il proprio Maestro volge la sua attenzione su qualcun altro! Doveva anzi esserne contento, perfino grato, perché significava che il suo addestramento era finito e che finalmente sarebbe diventato un Cavaliere Jedi.
Ma allora da dove veniva quell’insolita agitazione che gli cresceva in petto? Quel nervosismo, quel batticuore, quel desiderio, quell’inquietudine?
«Ecco dove ti eri nascosto!»
Obi-Wan per poco non lanciò un grido di sorpresa: non si era minimamente accorto dell’arrivo del suo Maestro. Sbarrò gli occhi e rimase a fissarlo sbigottito, mentre sentiva il cuore pulsargli sempre più in fretta nelle orecchie.
«Ti ho spaventato?», chiese Qui-Gon divertito «A cosa stavi pensando?»
Obi-Wan dovette deglutire prima di rispondere: si sentiva la lingua impastata.
«Ad Anakin. È stato accettato come allievo Padawan?»
«No», rispose Qui-Gon amareggiato, afferrando la balaustra con entrambe le mani «Dicono che è troppo grande, anche se percepisco ben altri motivi nella loro diffidenza»
Obi-Wan sospirò, cercando di controllare i battiti del proprio cuore. Il Maestro se ne accorse, e gli rivolse un sorriso di scherno: «Sei sollevato? Temevi che io preferissi il piccolo Anakin a te?»
«No, no, niente affatto! Voglio dire, sono felice di essere vostro allievo, Maestro, ma sono anche fiero che mi abbiate considerato pronto per i test», si affrettò a rispondere Obi-Wan, avvertendo un indesiderato calore salirgli alle guance.
«Allora devo aver sbagliato ad interpretare quello sguardo da cucciolo ferito che mi hai rivolto dopo la mia proposta di prendere Anakin come Padawan al posto tuo»
«Non sei divertente, Maestro»
Rimasero entrambi in silenzio: il Maestro fissava l’allievo, e l’allievo cercava in tutti i modi di non ricambiare lo sguardo.
«C’è qualcosa che ti tormenta»
Non era una domanda, perciò Obi-Wan non rispose subito; sentiva l’eccitazione crescergli in gola, con un pugno di parole che gli premevano sulla lingua ma che non avrebbe mai osato pronunciare. Cercò di mandarle giù e trovarne altre di più adatte al momento, ma non ci riusciva e questo lo rendeva sempre più nervoso. Qui-Gon si allontanò dalla balaustra, voltandosi completamente verso il suo Padawan: anche se non fosse stato un Jedi, non gli sarebbe stato difficile decifrare quello sguardo, dopo tutto che aveva visto crescere il ragazzo. E tuttavia rimase destabilizzato da ciò che vide, perché non poteva credere che la passione che vedeva ardere gli fosse rimasta nascosta tanto a lungo e che ora esplodesse con la violenza di un fuoco appena acceso. Se ne sarebbe dovuto accorgere subito, appena suscitata, e avrebbe dovuto consigliare il suo allievo sul modo migliore per spegnerla. Invece si accorse che quello che sembrava a tutti gli effetti un desiderio intenso e profondamente radicato era stato soffocato a fatica per chissà quanto tempo, a sua completa insaputa, ed aveva finito per esasperare l’autocontrollo del Padawan. Il fatto che non si fosse mai confidato con lui, inoltre, per lui era un ulteriore motivo di turbamento.
Gli poggiò le mani sulle spalle, costringendolo a guardarlo negli occhi: «Qual è il problema, mio giovane Padawan?»
Obi-Wan si sforzò di non distogliere lo sguardo da quegli occhi azzurro cielo, sereni, rassicuranti, e aprì la bocca con il folle impulso di gridargli contro tutta la verità su quel sentimento che lo torturava da molto più tempo di quanto credesse, che era cresciuto con lui fino a diventare troppo grande per essere ignorato, ma troppo grande per essere manifestato. Non riusciva ad andare indietro con la memoria ad un tempo in cui non amava il suo Maestro, consapevolmente o meno, e mentre lo pensava si sorprese che l’altro non se ne fosse mai accorto, lui che era perfettamente in grado di leggergli nel cuore con una sola occhiata al suo viso.
«Ho un brutto presentimento», riuscì a mormorare, e Qui-Gon si scostò da lui con un gesto esasperato: «Tu e i tuoi brutti presentimenti! Li hai così spesso che mi chiedo se siano veramente meritevoli della mia attenzione!»
Quando si accorse dell’occhiata affranta che gli aveva scoccato Obi-Wan, si riavvicinò a lui, stringendogli le braccia e scuotendolo: «Quante volte te lo devo ripetere? Non perderti in ragionamenti vani sul futuro, su cose lontane da te! Concentrati sul momento, usa il tuo istinto, percepisci...»
«...Non pensare», concluse Obi-Wan, la voce incrinata, «Lo so, lo so, Maestro, ma non è questo il punto!»
Si dibatté per liberarsi dalla stretta di Qui-Gon, ma non riuscendoci continuò a parlare fissando il petto del Maestro, i pugni serrati e la gola riarsa: «Io non credevo che essere un Jedi fosse così difficile. Quando mi parlavi della compassione verso tutti i viventi, dell’amore assoluto che è al centro della nostra vita, io mi reputavo in grado di poterlo provare davvero, di sentirmi in armonia con tutte le creature di tutte le galassie. Non mi ero reso conto... non avevo capito che il problema non era trovare un po’ di amore per tutte le forme di vita, ma donarlo a tutte nella stessa quantità! Io non ci riesco più! L’attaccamento, il possesso... verso un’unica persona... non posso fare a meno di desiderarli! Non so più cosa fare!»
La sua voce si era spezzata e ora combatteva contro le lacrime che iniziavano a bruciargli gli occhi, il respiro ansimante. Qui-Gon mollò la presa per permettergli di asciugarsi il viso con la manica del mantello, ma non fu capace di fare altro, né di dire qualcosa. Non aveva mai visto il suo allievo in quello stato, e per un attimo fu tentato di mandare alle ortiche il protocollo Jedi e abbracciarlo forte; quella confessione accorata aveva fatto saltare qualche battito al suo cuore, alimentando una speranza che sperava di aver debellato da tempo. Doveva ripetere a quel ragazzo le stesse cose che aveva detto a se stesso molti anni addietro? Era davvero un crudele scherzo del destino.
«Ehi...», cominciò a dire, tentando di sorridere «Siamo quasi in guerra, viaggiamo da una galassia all’altra da chissà quanto, e tu trovi anche il tempo di incontrare una ragazza?»
Obi-Wan tirò su col naso e sorrise al Maestro: «È una persona che vedo sempre... e non si tratta di una ragazza»
Prese il coraggio a due mani, si alzò in punta di piedi, appoggiandosi con entrambe le mani al petto di Qui-Gon, e lo baciò timidamente, gli occhi serrati dalla paura.
Qui-Gon spalancò i propri e si allontanò bruscamente: «Cosa diavolo stai facendo?»
«Mi pare piuttosto evidente»
«Ma sei impazzito?!»
Qui-Gon si guardò intorno, sconvolto e arrabbiato con se stesso e con il suo allievo per la leggerezza di entrambi: «Se ci avesse visto qualcuno sarebbe un disastro!»
«Mi sembrava che non tenessi così in considerazione le opinioni dell’Alto Consiglio, fino a poco fa»
«Non mi ribello mica per divertimento! E comunque, quando rifiuto le decisioni del Consiglio, è per questioni importanti, che riguardano le sorti di molte persone, non per...»
«E questo non ti pare importante?! Io ti amo!»
Quelle tre brevi parole ebbero il potere di immobilizzare entrambi gli uomini, che rimasero a fissarsi in silenzio, atterriti.
Obi-Wan non riusciva a credere di aver avuto il coraggio di urlare la frase che gli ronzava in testa ogni volta che guardava il Maestro: probabilmente, se non fosse stato così ferito e furioso non ce l’avrebbe fatta.
Qui-Gon, dal canto suo, era terrorizzato: quella era una dichiarazione pericolosa sotto tutti i punti di vista: se qualcuno li avesse visti o sentiti potevano pure dire addio per sempre a quel Tempio e prepararsi al lavoro nei campi; e certamente i rapporti con il suo allievo non sarebbero potuti rimanere quelli di un tempo.
«Basta», mormorò infine il Maestro «Non voglio più sentire una sola parola a questo proposito. Per il bene di entrambi». Il suo sguardo indugiò ancora un attimo sul viso dell’allievo, poi si voltò per andarsene.
«Aspetta un attimo!» La voce di Obi-Wan tremava di rabbia e di vergogna «È tutto qui quello che hai da dire? Io non ho sofferto per tutti questi anni, amandoti ogni giorno nel più grande tormento, per farmi trattare così! Rispondimi almeno! Poi potremmo anche fare come dici tu: non ne parleremo più, e io non mi avvicinerò più a te in quel modo. Ma non puoi lasciarmi così, senza dirmi nulla»
«Non ho nient’altro da aggiungere», ribatté Qui-Gon. Non vedeva l’ora di andarsene da lì, di allontanarsi il più possibile dall’allievo «Sai benissimo anche tu che non c’è nulla da fare se non fingere che non sia successo niente»
«Ma non posso farlo!» Obi-Wan si scagliò verso il Maestro, afferrandolo per un braccio «Come puoi chiedermi una cosa simile?!»
«Non è difficile solo per te!», gridò Qui-Gon, e il Padawan si ammutolì, incredulo. Non tanto per le parole, quanto per lo sguardo del Maestro: raramente lo aveva visto triste e mai, neanche in un incubo, lo aveva visto piangere. Eppure le lacrime gli stavano soffocando gli occhi e una prima goccia scendeva, timorosa e lei stessa perplessa della sua presenza su quel volto, solcandogli una guancia. Obi-Wan la raccolse con la punta delle dita, con la stessa riverenza che si usa in una cerimonia sacra, e passò meccanicamente le braccia sotto il mantello del Maestro. Era molto più alto e robusto di lui, tuttavia non gli fu affatto difficile stringerselo al petto.
«No», gemette Qui-Gon, sfiorando con una guancia il profilo dell’allievo e premendogli le labbra contro una tempia «No, basta. Basta» Si sorprese di quanta forza gli occorresse per allontanarsi da un corpo così gracile, tanto che non gliene rimase per guardarlo ancora negli occhi. «Basta così, per favore»
Obi-Wan mosse qualche passo verso di lui, ma Qui-Gon alzò entrambe le braccia per bloccarlo: «Ti prego»
Si voltò e lasciò la terrazza a capo chino. L’allievo fece ancora qualche lento passo per inseguirlo, ma sentì le gambe cedergli e crollò contro un pilastro. Si rannicchiò contro la pietra: si sentiva completamente svuotato perfino della forza necessaria per piangere.
  
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