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Autore: Dk86    16/09/2011    5 recensioni
“Sappiamo tutti perché siamo qui, no?”.
A quelle parole seguì un lungo silenzio.[...] Solo Kurt scattò in piedi a sua volta, una luce spiritata negli occhi. “Lycra!”, esclamò.
Altro imbarazzante momento di silenzio. “Che?”, domandò Finn, la fronte corrugata.
“Mi servirà della lycra. Tanta lycra. Ho già delle idee meravigliose per i costumi, e…”, rispose Kurt, prima di essere interrotto da Puck.
“Ehi, frena! La lycra è da gay!”, esclamò. “Io voglio qualcosa di molto più cazzuto, una cosa alla Ghost Rider!”.
“Certo, Puckerman, perché pelle nera e borchie non sono
per niente omosessuali…”, rispose Kurt con un ghigno.
“No, no, sentite!”, intervenne di nuovo Finn. “Non è questo il punto! Insomma, possibile che nessuno qui pensi che quello che ci è successo sia totalmente assurdo?”.
Puck fissò l’amico. “Certo che lo penso… Mi hai preso per uno stupido? Ma per quanto possa sembrare assurdo, è quello che ci è successo: quel fumo tossico di ieri ci ha dato dei superpoteri, bello”.

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WhatIf/AU ambientata dopo l'episodio 2x20. Come se la vita delle Nuove Direzioni non fosse già abbastanza bizzarra...
Genere: Azione, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO SESTO – RAISE YOUR HAND TOGETHER



Quando i membri delle Nuove Direzioni misero piede nell’auditorium, il pomeriggio di lunedì, credevano di essere pronti a ciò che si sarebbero trovati davanti: in fondo, in un modo o nell’altro erano stati tutti avvertiti dell’identità di chi avrebbe sostituito Will Schuester come responsabile temporaneo del glee club.
Ciò che però non si aspettavano era di vedere Shannon Beiste con indosso un cappello da cowboy che strimpellava sul palco un pezzo dei Red Hot Chili Peppers con una chitarra elettrica. E non suonava neppure male.
“C-coach Beiste?”, domandò Finn, mentre il gruppo le si avvicinava con aria smarrita e anche un po’ inquietata.
La donna smise di suonare e sventolò il cappello nella loro direzione. “Ehi! Iniziavo a temere che non sareste più arrivati!”.
“Sia chiaro fin da subito, non ho alcuna intenzione di cantare robaccia country”, puntualizzò Santana. “Dalla bocca della sottoscritta non uscirà nemmeno una nota che sia stata cantata da Taylor Swift”.
La Beiste sembrò confusa. “Ah, dici per il cappello? No, l’ho portato solo perché pensavo che fosse intonato alla chitarra”. Il suo volto si fece più serio. “E comunque mettiamo in chiaro una cosa: se Taylor Swift è una cantante country, allora Sue Sylvester è la prossima candidata per il premio Nobel per la pace”.
“Lei sa chi è Taylor Swift?”, domandò Tina. Sembrava colpita.
“Ehi, dove credete che abbia vissuto, fin’ora, sotto un sasso?”. L’allenatrice di football si concesse una poderosa risata. “Ovvio che lo so! Voglio dire, visto che lavoro con voi ragazzi mi sembra doveroso rimanere al passo coi tempi, senza contare che non tutta la musica attuale è da buttare. Immagino che anche Will… cioè, il signor Schuester la pensi così, no? Voglio dire, vi ha fatto cantare Ke$ha, e Lady Gaga, e…”.
I membri delle Nuove Direzioni si fissarono l’un l’altro con aria rassegnata: erano passati attraverso lo stesso identico discorso con Holly Holiday, d’altronde. “Ehm, ecco… Di solito siamo noi a proporre quel tipo di canzoni…”, iniziò a spiegare Mercedes.
“Tranne Born This Way”, precisò Tina. “Stranamente in quell caso l’idea è venuta da lui”.
“Già, vero”, concesse Mercedes. “Però la maggior parte delle volte cerca di farci cantare qualcosa dei Journey”.
“I Journey?”, ripeté la Beiste con un’altra sonora risata. “Cioè, non fraintendetemi, hanno fatto delle canzoni stupende… ma siamo nel 2011, ce li sento meglio in una pubblicità di assicurazioni che cantati da un glee club! Dovreste fare qualcosa con un po’ più di… energia, ecco! Qualcosa che possiate sentire vostro!”. Balzò giù dal palco con un’agilità invidiabile per una donna della sua stazza e calcò il cappello da cowboy sulla testa di Sam. “Bene, ragazzi, c’è qualche canzone che volete cantare e che pensata possa essere adatta per le nazionali? Sono aperta a qualsiasi suggerimento”.
I ragazzi iniziarono subito a bersagliare la coach di proposte, e nessuno perciò si accorse della figura che scivolava fuori dalla porta dell’auditorium. Là dove fino a un secondo prima non c’era nessuno.


Non appena Finn, dopo il termine delle prove, cercò di avvicinarsi a Quinn – che da quando era arrivata a scuola quella mattina si era comportata in modo del tutto normale, tranne che con lui – quantomeno per cercare di chiederle scusa, l’unica cosa che ottenne fu uno sguardo iroso e di vedere la sua schiena allontanarsi in compagnia di Santana e Brittany, con le quali invece pareva avere fatto pace dopo i dissapori degli ultimi mesi. Il ragazzo cercò Rachel con lo sguardo, ma anche lei – dopo aver passato l’intero pomeriggio in un angolo a tenere il muso – si era eclissata subito dopo la Beiste. Finn, l’aria abbattuta e lo sguardo basso, non trovò perciò di meglio da fare che seguire il resto del gruppo al Lima Bean.
I nove ragazzi si radunarono intorno al tavolo d’angolo più defilato che riuscirono a trovare. “Credo che sia il caso di fare il punto sulla situazione”, disse Puck, in un tono per lui stranamente serio. “Cioè, oggi la Beiste è stata davvero cazzuta, per essere al suo primo giorno da direttrice di un glee club, ma è stato il signor Schue a farci arrivare alle nazionali, quindi…”.
Mercedes scosse la testa. “Non contarci troppo, Puckerman… Schuester non ci ha voluto dare retta nemmeno ieri. E’ come se fosse intrappolato nella sua adolescenza, solo che apparentemente era molto più idiota di quanto non lo siamo noi alla sua età… Almeno, credo”. La ragazza si voltò verso Kurt e Lauren. “Non lo siamo, vero?”. I due alzarono le spalle.
Sam schioccò le dita. “Ma certo!”, esclamò, come colpito da un’illuminazione improvvisa. Tutti si voltarono a guardarlo. “Ok, ascoltatemi un attimo: quel fumo ci ha dato dei poteri, ma non vi siete chiesti perché ognuno di noi ha ottenuto un’abilità diversa dagli altri?”.
Artie fu il primo a rispondere. “Cioè, dici che c’è una ragione per la quale io sono telecinetico e non lo è, chessò, Mike?”. Quest’ultimo fissò Artie, poi Sam, e annuì con vigore, come se anche lui si stesse chiedendo esattamente la stessa cosa.
“Beh, è solo una teoria, ovvio”, rispose Sam. “Ma pensateci un attimo: perché abbiamo tutti poteri diversi? Di solito nei fumetti chi diventa un supereroe grazie a una fonte esterna ha due alternative: magia o scienza. E quello che abbiamo respirato era di sicuro un qualche tipo di composto chimico”.
“Beh, di solito le reazioni chimiche hanno un esito predefinito”, osservò Artie. “Cioè… E’ per quello che si chiamano “reazioni”, in fondo. Ma il fumo non ha dato gli stessi poteri a tutti; non starai mica dicendo che quel fumo era magico o che?”, e sollevò un sopracciglio.
Sam stava per rispondere, ma le consumazioni arrivarono proprio in quel momento. Mentre tutti bevevano i loro frappuccini e sgranocchiavano biscotti, il ragazzo riprese. “Ovviamente no”, fece, sputacchiando briciole di muffin alla banana. “Ehm, scusate…”. Inghiottì il boccone. “Come stavo per dire prima: è ovvio che la magia non esista. Perciò, per giustificare la varietà dei poteri che ci sono toccati, rimane soltanto una variabile. Ovverosia noi stessi”.
Sul tavolo scese il silenzio, mentre i presenti elaboravano le parole del ragazzo. “Nah, non ha senso!”, esclamò Mercedes, una smorfia contrariata sul viso. “Ti pare che altrimenti avrei voluto un potere tanto inutile, scusa?”.
“Ma infatti non stavo parlando di una scelta consapevole. Quando abbiamo respirato quel fumo nemmeno sapevamo che cosa ci sarebbe successo!”.
“E quindi?”, domandò Lauren, ostentando la sua solita aria imbronciata. “Io non ci sto più capendo niente, non so voi…”.
Stavolta fu il turno di Tina di ricevere l’ispirazione. “Ho capito! Stai dicendo che i poteri sono un’espressione del nostro subconscio!”.
“Esatto, Tina, non avrei saputo spiegarlo meglio”, disse Sam, indirizzandole un sorriso sollevato.
“Ehm, possiamo avere la versione semplificata per quelli che a lezione dormivano?”, domandò Mercedes mentre giocherellava con un biscottino al cocco.
“Beh, prendiamo il caso del signor Schue, per esempio”. Tutti si voltarono verso Tina; lei abbassò gli occhi e per un attimo sembrò sul punto di diventare trasparente, ma riuscì a trattenersi. “Insomma, lo sappiamo tutti che ha iniziato a seguire il glee club perché ne faceva parte anche lui quando era al liceo. Quindi, se consideriamo che Schuester sta almeno in parte cercando di rivivere i momenti gloriosi della sua adolescenza attraverso di noi, e allo stesso tempo rimpiange di non aver seguito il proprio sogno fino in fondo… Beh, è come se quel gas gli abbia concesso una seconda possibilità”.
“D’accordo, ma come spiegate quello che è accaduto alla Berry, per esempio?”, obiettò Lauren. “Non credo che lei non volesse più poter cantare, anzi”.
“Beh, è che nel subconscio non ci sono soltanto i nostri desideri repressi. Ci sono anche le nostre paure”, spiegò Tina. “E immagino che ciò che Rachel temeva di più era che succedesse qualcosa alla sua voce…”.
“O come Quinn…”, disse Finn sovrappensiero, prima di rendersi conto che tutti gli altri potevano sentirlo benissimo.
“Come Quinn?”, ripeté Kurt.
Finn sospirò. Beh, ormai la frittata è fatta. E poi se non dicessi la verità a Kurt basterebbe un attimo per leggermi nella mente e scoprirla in ogni caso. “Da quando ha ottenuto il suo potere, dice che i suoi sentimenti si sono come congelati. Non sente niente, solo freddo”. Deglutì, cercando di sciogliere il groppo che rischiava di formarglisi in gola. “Ci siamo lasciati, venerdì sera. Cioè, lei ha lasciato me”.
“Sul serio?”, esclamò Mercedes, gli occhi sgranati per la sorpresa e l’interesse. “E com’è successo?”. Kurt le tirò una gomitata. “Ehm, volevo dire, mi dispiace tantissimo, Finn…”.
Sul tavolo calò un momento di imbarazzata quiete: nessuno sapeva cosa dire, e tutti speravano che fosse qualcun altro a prendere la parola, anche solo per cambiare argomento. Alla fine fu Mike, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, a rompere il ghiaccio. “Ok, abbiamo fatto un po’ di luce su cosa ci è successo e perché… Però credo che al momento la cosa che sta più a cuore a tutti noi sia un’altra, giusto?”.
L’intero tavolo annuì. “Le nazionali, ovvio”, disse Puck.
“Già. Abbiamo lavorato tutto l’anno per arrivarci, e nessuno di noi è disposto a rinunciare, credo. Il problema è che ci mancano due elementi fondamentali, ovvero il signor Schue, di cui abbiamo già parlato, e Rachel”. Il ragazzo sospirò. “Per quanto anche io ogni tanto la consideri irritante, abbiamo bisogno di lei. Non tanto per il suo talento, ma perché è parte del gruppo”. Si voltò a fissare Mercedes e Kurt. “Voi siete quelli che la capiscono di più, quelli con i quali va più d’accordo… Pensate di poterle dare una mano a tenere sotto controllo il suo potere? Voglio dire, a noi è stato sufficiente qualche tentativo per riuscire a controllarli decentemente, ma conoscendola Rachel si sarà buttata giù e non ci avrà nemmeno provato. Ve la sentite?”.
Kurt e Mercedes si fissarono. “Beh, di sicuro provarci è meglio che non fare nulla”, disse la ragazza.
Sam si schiarì la voce e si alzò in piedi. “Sentite, io fra dieci minuti devo essere da Alfredo’s a consegnare le pizze. Possiamo chiudere qui la riunione?”.
Tutti annuirono e si avviarono alla cassa. “Certo che quando ti ci metti sei davvero bravo a organizzare le cose”, disse Tina a Mike, mentre tracciava con un dito la linea del mento di lui in un gesto di innocente malizia.
Lui alzò le spalle con aria sorniona. “Beh, diciamo che sono bravo ad ascoltare ciò che gli altri hanno da dire”.
Tina sorrise. “Infatti è la seconda cosa che più mi piace di te”.
“Uh?”.
“Gli addominali sono comunque al primo posto”.
Finn rimase l’unico seduto al tavolo, lo guardo perso nel fondo di cappuccino rimasto nel bicchiere davanti a lui. Hanno ragione, pensava. Ecco il motivo per il quale ho questa forza. E’ perché non posso fare a meno di distruggere ciò che ho, così da poter ottenere quello che è fuori dalla mia portata. E quando finalmente riesco ad averlo, non lo voglio più. E il ciclo ricomincia, e ancora, e ancora, e…
Un tocco sulla spalla lo fece sobbalzare. “Ehi, Finn, tutto bene?”, domandò Artie in tono sollecito. Finn alzò la testa e vide che gli altri si stavano preparando a uscire dal locale, e lo fissavano fra l’incuriosito e l’ansioso. “Vuoi restare un po’ da solo?”.
Lui scosse la testa e si alzò in piedi. “No, scusa… ero, ehm… perso nei miei pensieri, ecco”.
L’altro lo omaggiò con un sorrisetto amaro. “Ti capisco. Anche io, quando Brittany mi ha lasciato, ero…”.
Ma Finn, mentre spingeva la sedia a rotelle di Artie fuori dal locale, tornò ad ascoltare i propri pensieri, invece del racconto dell’altro. Devo fare qualcosa per risolvere la situazione, si disse. Non so ancora cosa, ma devo essere onesto. Sia con Quinn che con Rachel.


Emma attese che Rachel avesse finito di parlare, poi scosse la testa. “Non… non so davvero che cosa dire a riguardo, Rachel”, ammise.
“Vero?”, esclamò la ragazza nel suo miglior tono da diva ferita. “Cioè, non mi fraintenda, signorina Pillsbury: una situazione del genere è una miniera d’oro per scriverci sopra delle canzoni, ma che senso ha se poi non le posso cantare?”.
La consulente chinò gli occhioni sulla scrivania. “A dire il vero non so cosa dire perché non ho capito quale sia il problema. Insomma, ho capito che non puoi cantare, anche perché me l’hai ripetuto almeno duecento volte, ma se ti rifiuti di dirmi il motivo…”.
Stavolta fu Rachel a abbassare il sguardo. “Beh, come le ho già detto non è una cosa che posso spiegare”.
“Per caso non ti ricordi cosa ti è successo? Devo avere un opuscolo sull’amnesia da qualche parte…”.
La donna iniziò a frugare in un cassetto, ma Rachel la bloccò. “No, non è amnesia”.
“E allora, cosa?”. La donna estrasse un mazzetto di opuscoli e iniziò a spulciarli. “Vediamo… trauma cranico?”. Rachel scosse la testa. “No, eh? E allora… gravidanza isterica? Buon Dio, spero proprio di no. Polluzione nott… no, decisamente non si tratta di questo”. Emma rimise nel cassetto il mazzo di foglietti colorati e spostò di nuovo lo sguardo su Rachel. “E’ qualcosa legato a ciò che è successo al professor Schuester, vero?”, domandò, la voce che le si incrinò sul finale.
Rachel quasi balzò in piedi per lo stupore. “E lei c-come fa a saperlo? E’ andata a trovarlo in ospedale?”.
Emma scosse la testa, assumendo un’aria colpevole. “Avrei voluto, ma… Non mi piacciono granché gli ospedali”. Tornò a fissare Rachel, mentre si mordicchiava il labbro inferiore in un gesto nervoso; aveva gli occhi lucidi, come se stesse per scoppiare a piangere da un momento all’altro. “Però è ovvio che sia così: voglio dire, so quanto siete legati a lui voi del glee club. E…”. Sembrò sul punto di aggiungere altro, ma si zittì. Rachel però era pronta a scommettere che qualunque fosse la frase che Emma aveva in mente, iniziava con “E anch’io”.
“Ah, per un attimo credevo che… Cioè, lasci perdere”, si corresse Rachel. “Piuttosto, signorina Pillsbury, ha mai la sensazione di poter essere perfettamente in grado di fare una cosa, ma poi, quando è a un passo dal tentare, scopre di non avere il coraggio sufficiente?”.
“Tutte le volte che tento di sedermi senza prima disinfettare la sedia. Ma questo non dirlo alla mia analista”. E Emma sbottò in una risatina nervosa che sembrava più che altro lo squittio spaventato di un topolino sorpreso da un falco nel bel mezzo di una radura, senza possibilità di fuga. “N-non glielo dirai, vero?”.
“Non so nemmeno chi sia, la sua analista”, la rassicurò Rachel.


Sue era seduta dietro la sua scrivania, intenta a decidere a quale delle associazioni caritatevoli che le avevano chiesto una donazione rispondere con maggiore perfidia, quando Sandy Ryerson scivolò nell’ufficio. “Ehm… Generale Zod?”, bisbigliò, dopo aver notato che la donna non sembrava intenzionata a dargli retta senza prima essere stata chiamata con il suo soprannome da supercattiva.
Lei si sfilò gli occhiali da lettura con lentezza teatrale. “Com’è andata la tua missione di spionaggio, Pugnale Rosa?”.
L’uomo alzò le spalle. “Bene, immagino… Non si sono accorti di me, quindi direi che è stato un successo”.
Sue si alzò in piedi e iniziò a camminare intorno alla sua cattedra, le mani raccolte dietro la schiena. “Sai, Pugnale Rosa, quando ho scoperto che il tuo potere era quello di… manipolare i colori”, e pronunciò le tre parole come se si trattasse della peggiore delle bestemmie. “Pensavo che saresti stato inutile come hai sempre dimostrato di esserlo in questi anni…”.
“Non c’è bisogno di essere così abrasivi”, sbottò Sandy in tono offeso, il mento sollevato e le labbra arricciate.
“Non mi pare di averti dato il permesso di interrompermi, Pugnale Rosa”, lo fulminò Sue. “Comunque, come ho detto, pensavo che saresti stato soltanto un peso, una zavorra, un inutile e patetico sacco di carne e ossa senza alcuno scopo… Ma il fatto che tu possa cambiare colore anche a te stesso ti rende una spia quantomeno passabile. Potrei quasi promuoverti a Camaleonte Rosa, se poi il tuo soprannome non diventasse sin troppo ovvio”.
“Pugnale Rosa va benissimo, grazie”, rispose lui, ancora un po’ piccato. “Comunque, dov’è il tuo rapporto sulla situazione?”.
“Ah, giusto! Pare che in assenza di Will Schuester le Nuove Direzioni abbiano reclutato Shannon Beiste come sostituta…”.
L’improvviso scoppio di risa di Sue lo interruppe. “Quel bue muschiato camuffato da femmina umana? In pratica è come se si fossero rovinati con le loro stesse mani!”.
“Ah, ma c’è dell’altro!”, esclamò Sandy. “Rachel Berry, da quel che ho capito, a causa del suo potere non è più in grado di cantare. E’ andata a colloquio dalla Pillsbury, ovviamente senza risolvere nulla”.
“Ovviamente”, ripeté Sue. “Irma, lì, non riuscirebbe a trovarsi quelle sue chiappette secche nemmeno con un navigatore satellitare, figuriamoci aiutare qualcun altro”. La donna si sedette di nuovo dietro la scrivania, con un lungo sospiro. “Sai, Pugnale Rosa, le Nuove Direzioni si stanno affossando così bene da sole che quasi mi hanno tolto il gusto di farlo di persona”.
“Quindi abbiamo finito, Generale Zod?”, domandò Sandy speranzoso.
“Ho detto quasi, Pugnale Rosa”, rispose lei, le dita intrecciate in un gesto da genio criminale. “E per dare loro il definitivo colpo di grazia, credo che presto arriverà il momento di aprire la gabbia della Mellivora”.







Ed ecco qui il sesto capitolo! Siamo arrivati a metà della storia, visto che in totale i capitoli previsti saranno dodici. Spero che quanto avete letto finora vi abbia soddisfatto, e che anche questo capitolo – che alla fine era né più né meno uno “spiegone” di come funziona l’abbinamento potere-personaggio – vi sia risultato gradito!
E vabbé, se non altro ho fatto apparire anche Emma che fino ad ora non era ancora entrata in scena! Mentre nel prossimo apparirà finalmente anche Karofsky.
Ah, e il nome “scientifico” del potere di Sandy è “cromocinesi”; nel caso interessasse a qualcuno, dico.XD
Come sempre ringrazio chi ha commentato, ovvero SilGleek94, LaTuM, zdraveipetrova, _lily_luna_, PooKie18 e valigleek! E ringrazio anche coloro che hanno messo la storia fra le preferite/seguite, ovvero fluorescentadolescent, Stuxon_Anderwood, robbyrivera95, cassy_star e tutorgirloth. Spero di non avere dimenticato nessuno!
Il prossimo capitolo, il settimo, si intitolerà
“Differentia”. Mi raccomando, vi aspetto!
Davide

  
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