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Autore: raimoldatolda    16/09/2011    0 recensioni
Giusy si sta per laureare e allo stesso tempo lavora nella redazione di un giornale. La sua unica sfortuna sono gli uomini per cui si innamora. La sua unica fortuna è quella di avere un grande segreto: essere l'anonima scrittrice di "Beetroots Hill" il fumetto più famoso del momento. Ma da un giorno all'altro l'arrivo di uno sconosciuto che si crede il protagonista di Beetroots Hill, le cambierà tutta la vita.
dal terzo capitolo:
- Carter chi – incalzai puntando la chiave contro il suo petto irrigidito. Da quando vivevo in quell’appartamento da sola avevo imparato a proteggermi da ogni inconveniente. E poi quella pazza di mia madre mi aveva iscritto obbligatoriamente al corso di difesa personale.
- Carter Blaze – rispose con tanta naturalezza. Scoppiai a ridere ad alta voce e lui mi guardò male.
- sì come no... e io sono Cameron Diaz – sbuffai. Mai che uomo mi prendesse sul serio. Tutti bugiardi, anche da sconosciuti che pensano che io li desideri.
- oh, molto piacere Cameron – disse tendendo la mano.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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premessa: questo primo capitolo non centra niente, o centra poco, con la trama principale, è solo introduttivo... se non capite o capite poco aspettate i prossimi capitoli...
premessa2: posto questa storia senza sapere come e quando riuscirò a continuare ad aggiornare quindi perdonatemi in anticipo :((
se è una schifezza compatitemi!



Ho Creato un Uomo?!



17 Aprile 2007


"buona serata dalla stronzetta" esclamai prima di rifilarle un pugno dritto dritto in faccia. La ragazza non si mosse e si limitò a tenersi la mano nel punto in cui l'avevo colpita e urlare.
"ma cheffaiii!?!?!" urlò coprendosi la faccia con le mani. Non contenta del risultato la presi dai capelli mettendola con le spalle contro la mia macchina, sotto lo sguardo disperato della signora fuori in balcone che urlava di smetterla.
"Stronzetta a chi eh? Lo sai che vengo a picchiarti. E stai lontana da Peppe" esclamai lasciandola per la gioia della signora del balcone che cominciò a tacere.


Il ragazzo percorse il rettilineo sfrecciando alla sinistra delle altre macchine sotto alle luci dei lampioni che per l’alta velocità sembravano a intermittenza. Svoltò in una strada secondaria contornata interamente da alberi e palazzi, dove pian piano rallentò fino a raggiungere una velocità ridotta. Parcheggiò entro le righe al lato della strada e si tolse il casco rimanendo seduto sulla moto. Mi avvicinai rabbiosa verso i suoi occhi blu tenendomi ancora la mano indolenzita sul labbro gonfio e con l’altra intenta a dargli uno spintone.
“che cazzo di stronzo! È possibile che ti sei fatto tutta Milano?!”
“perché devi sempre litigare con tutte tu?” esclamò scontroso e cercò di prendere la mia mano, ma mi scostai bruscamente.
“la stronzetta di turno crede che sia stato amore a prima vista. E questa quando l’hai pescata? Me lo spieghi  eh? Quando ero in gita? Sei il solito stronzo! E perché cercano tutte me?”
“calmati! Giù calmati!” disse attirandomi verso di lui sotto le mie continue lamentele e mi abbracciò. Poi riuscì a farmi togliere la mano dal labbro scoprendo così quel livido violetto che spuntava dalla mia faccia.
“si chiama Mary” sussurrai con le lacrime agli occhi, sia per il dolore fisico che morale. Lui mi strinse ancora più forte e cominciò ad accarezzarsi i capelli e a quel punto mi scostai. Alzai gli occhi al cielo per mandare indietro le lacrime, invano, poi sospirai.
“ti giuro che ero alle medie quando stavo con Mary. È stato prima di conoscerti, e non ci siamo mai tenuti neanche per mano”
“chissà allora come avrete compensato...” risposi acida. Conoscendolo, non ci andava piano neanche a 13 anni.
“non è vero niente”
“te lo giuro. Amo te Giù, ti amo da quattro anni...”
“e intanto per quattro anni ti sei portato a letto tutto il liceo e tutta Monza... Arianna, Paola, Alessia ti dicono niente? Al mio pugno dicono qualcosa, Giuseppe” lo apostrofai, sapendo benissimo che non sopportava essere chiamato con il suo nome per intero, facendoglielo apposta insomma.
“ok... ho sbagliato in passato, ma ora lo sai che è diverso amore”
“non chiamarmi amore, che forse stavolta sono riuscita a rompermi la mano.”
“ti accompagno al pronto soccorso allora...” disse e nel mentre mi porgeva il suo casco. Sapevo che non ne aveva un altro e che avrebbe rischiato per me.
“me ne vado in macchina. A casa” aggiunsi alla fine.
“guido io, dammi le chiavi.”
“non mi seguire. Non fare il cretino. Sono stanca di te, delle tue bugie e delle tue puttanelle che ti girano intorno. È finita” dissi tutto d’un fiato. Che l’avessi già detto altre mille volte non importava, stavolta sembrava tutto più vero. Salii in macchina velocemente, ma nella foga lasciai che la cintura si bloccasse e lui prese tempo per scendere dalla moto e salire dal lato del passeggero. Bloccò il freno a mano più veloce di me, ma riuscii a fermarlo prima che togliesse le chiavi dal quadro.
“ti ho detto che non devi seguirmi” urlai disperata.
“dai non fare la dura quando sei con me” sorrise. Mi veniva ancora più rabbia nel vederlo sorridere. Mi prese la mano destra, quella del pugno dato a Mary, che mi faceva male sul serio, e si avvicinò per baciarmi. E ogni volta che litigavamo e dopo lui mi baciava era sempre la stessa storia: mi piaceva da morire.
“no Peppe, non si può andare avanti così, io devo studiare o non vengo ammessa all’esame, non posso continuare per sempre a picchiare la gente per te. È finita.”



E da quel giorno iniziò la mia sfiga.

   
 
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