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Autore: Barbara    15/05/2006    8 recensioni

Il ragazzo dai capelli corvini girò in una viuzza, ed entrò in un edificio piuttosto mal ridotto, che dentro invece era un trionfo di lusso e colori, di sete e velluti, di ori e legni preziosi. Il ragazzo si guardò intorno, disgustandosi per quel lusso mal usato. Il grande salone era vuoto, nessun rumore disturbava. Avanzò per tutto l’ingresso, passando sopra il grande ricamo al centro della grande sala, fino ad arrivare ad un portone, dove un uomo, riccamente vestito, ma con un viso che il ragazzo avrebbe voluto riempire di schiaffi, lo accolse, stupendosi che proprio quel uomo venisse a fargli visita, nella sua proprietà. Lo condusse in una stanza attigua, dove sembrava esserci vita.

-Ecco... sono loro quattro. Le spiego brevemente...-
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genjo Sanzo Hoshi
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Contenuti forti
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Nuova pagina 1

Ecco una nuova ff oneshot… è un pochino strana, ispirata come atmosfera da un bellissimo manga, di cui ho preso il titolo (se volete leggerlo potete scaricarlo da storm in heaven in IRC, oppure se mi contattate posso passarvelo io). Per il resto… non ci sarà alcuna lemon, ma parla di qualcosa non molto leggero, quindi se certi argomenti vi disturbano, siete avvisati.  Poi… non mi uccidete se qualcosa vi disturba della ff, è una Au piuttosto alternativa, ambientazione più o meno nel Giappone medievale, come personaggi ho dovuto metterne uno, ma sono altri. Mi scuso per le altre ff che devo ancora finire, ma l’ispirazione non c’è stata molto ultimamente…per La Superba, il nuovo cap. spero di finirlo presto, ho avuto più ispirazione per capitoli successivi. In compenso, oltre a questa ho scritto una piccola oneshot originale, Mattina, che onestamente mi piace molto… quindi se avete tempo… passare anche lì! Finito lo spazio della pubblicità occulta, cosa dire leggete e commentate! Bacioni!!!!!

 

Hybrid Child

 

Era l’alba sulla città semiaddormentata. Un bellissimo ragazzo, vestito con kimono blu scuro, che portava alla cintura una katana, anch’essa con il manico e il fodero blu, stava camminando fra le viuzze strette della periferia, con passo lento veloce e deciso. Aveva i capelli lisci e neri, con dei riflessi quasi blu, che gli arrivavano fino al collo, in ciuffi ribelli che, seppur lisci, rimanevano sparpagliati in morbide ciocche bluastre. La pelle era bianca, il viso regolare, con gli zigomi alti, e i lineamenti decisi ma dolci. Gli occhi erano affilati, con la lama della sua katana, malinconici, di due colori differenti: il destro di un brillante oro, mentre il sinistro di un profondo blu. La sua figura poteva anche sembrare inquietante, buia, con il solo occhio dorato che si notava, ma probabilmente più che portare dolore agli altri, come la morte, la aspettava solo per se.

 

Girò per una viuzza, ed entrò in un edificio piuttosto mal ridotto, ma che dentro invece era un trionfo di lusso e colori, di sete e velluti, di ori e legni preziosi. Il ragazzo si guardò intorno, disgustandosi per quel lusso mal usato. Il grande salone era vuoto, nessun rumore disturbava. Avanzò per tutto l’ingresso, passando sopra il grande ricamo al centro della grande sala, fino ad arrivare ad un portone, dove un uomo, riccamente vestito, ma con un viso che il ragazzo avrebbe voluto riempire di schiaffi, lo accolse, stupendosi che proprio quel uomo venisse a fargli visita, nella sua proprietà. Lo condusse in una stanza attigua, dove sembrava esserci vita. Sedutosi di fronte all’uomo, vide delle ragazze, in vistosi abito, che continuavano a lanciargli sorrisi maliziosi: un ragazzo così bello non capitava tutti i giorni, o per meglio dire le notti.

-Via, andate via, voi- disse l’uomo alle ragazze, che tra risolini salirono al piano superiore.

-Eccoci, mi scusi principe, ma le ragazze le mattina sono suscettibili sa… poi di voi si sa così poco, e le ragazze sono così curiose…-

-Non si preoccupi. Volevo solo sapere una cosa…-

-Mi dica pure, qualsiasi cosa voglia, posso procurargliela, se mi capisce… anche se non pensavo che l’avrei mai vista qui…-

-Mi ha raccomandato qualcuno di venire qui… in merito alla vostra discrezione-

-Direi che è stato raccomandato bene. E’ la prima cosa, la discrezione… quindi mi dica pure tutto-

-Lei oltre a ragazze… cosa ha…-

-Beh… se è per altri gusti… c’è anche quello. Età?-

-Più giovani… anche se non credo sia come intende lei.-

-Molte cose non è che si possano equivocare…. Comunque sia, se andiamo sotto i 20, ce ne sono 4, che potrebbero andare bene. Sui 12. Crede possa andare?-

-Si, direi di si. Posso sapere come sono?-

-Ora credo stiano dormendo o altro, e non posso farli venire giù. Ho dei disegni però…-

-Perché disegni?-

-Nel caso succeda qualcosa, o qualcuno tenti di andarsene… o anche diciamo visite. Ecco, aspetti che gli faccio prendere i fogli.-

Con un cenno di mano, uscì da una porticina laterale una ragazzina minuta, sui 14 anni, che all’ordine dell’uomo sparì, per poi tornare con un foglio, sul quale erano ritratti a matita, quattro ragazzini.

-Ecco… sono loro quattro. Le spiego brevemente.-

E indicò il primo, che aveva una faccia più infantile rispetto agli altri.

-Ecco… vede? Questo è il più piccolino…- L’uomo iniziò a spiegare alcuno cose all’altro, con quel suo tono suadente e falso, come tutto quel palazzo. Terminata la spiegazione, seguita da qualche parola bisbigliata, fu mandato a chiamare un di quei quattro. Una ragazza entrò nella saletta, dicendo che era pronto, e che aspettava nell’atrio.

-Bene… allora ci risentiremo per un piccolo affare economico… giusto?-

-Si, manderò qualcuno fra qualche giorno.-

-Capisco… è giusto, non si devono prendere le cose a scatola chiusa.-

-…-

-Se per qualche motivo non fosse soddisfatto… ci sono altre cose qui. Non credo che ciò che ha preso le si addica.-

-Sa, non onestamente non credo che nessuna qui si addica a nessuno, e quello che lei fa qui non si addice a nessun essere umano.- rispose il ragazzo corvino, con voce gelida.

-Lei infatti non è un essere umano… dio della guerra. E poi, queste cose non si posso fraintendere.-

-Lei ha frainteso tutto. Queste cose non si potrebbero fare. Mi fa schifo.-

-Finche ci sarà qualcuno che viene qui, come lei, si potrà sempre fare. C’è chi le usa le persone, e chi le uccide.- La voce viscida di quel uomo lo aveva purtroppo colpito nel segno l’altro.

-Non capirà mai lei, che certe cose sono peggio della morte, per lei e per altri vale più la moneta della vita umana.-

-Non siamo poi così diversi dopotutto. O no?- concluse l’uomo.

Lanciandogli un’ultima occhiata carica di disprezzo, l’uomo dai capelli corvini uscì dalla saletta, e vedendo l’altro che già lo aspettava, con la poca roba che aveva dietro, gli fece subito segno di uscire. Non sarebbe rimasto un minuto di più in quel luogo. Il ragazzino che lo aspettava nell’atrio, dovrà aver avuto sui 14 anni, di media altezza, piuttosto magro, con un viso piuttosto particolare. I lineamenti erano davvero belli, quasi eterei, con splendidi capelli biondi e lisci che gli cadevano morbidamente sul viso. Gli occhi erano veramente belli: di un colore stranissimo, un viola freddo con una pietra, due ametiste incastonate in quell’oro dei suoi capelli, all’ingiù, e allungati e taglienti con lame. Il disegno che gli avevano mostrato prima al samurai, non rendeva per nulla giustizia al ragazzino.

 

 

I due, usciti, camminarono per un po’ un silenzio, senza parlare. Il ragazzino biondo seguiva l’uomo dai capelli corvini. Ad un certo punto l’uomo ruppe il silenzio.

-Come ti chiami?-

-Non glielo ha già detto quel uomo?- rispose sulla difensiva il bambino.

-Ma io voglio sapere come ti chiami tu. Non cosa dice quel uomo.-

-Mi chiamo Koryu…-

-Ah! Come il fiume… da quanto sei li?-

-Non abbastanza da non ricordare la vera vita.-

-Parli già come un adulto… bene-

-Quello lì non le ha detto che mi usano anche come un adulto?-

Gli occhi viola del ragazzino, già resi più adulti dal tagli allungato, sembravano ora due pozzi carichi solo d’odio e di disprezzo per tutto, pieni solo di dolore.

-Hai ragione. Scusa.-

-Tanto non lo farà anche lei?-

-Se proprio vuoi saperlo non è nelle mie intenzioni.-

-Ah si? E quali sarebbero le sue intenzioni?-

-Lo scoprirai a tempo debito. Intanto preferirei sapere più di te e degli altri…-

-Perché gliene devo parlare?-

-Perché forse posso fare qualcosa…-

-Si, sapere quale usare, bastardi maniaci- aggiunse sottovoce Koryu, certo di non essere sentito.

-Hai detto qualcosa?- disse ironicamente l’uomo.

-Nulla…Cosa devo dirle?-

-Come sei arrivato lì, come lo sono gli altri, come mai… cose così.-

-Se devo… Siamo in 4 piccoli, io, Goku, e gli altri due, quello moro e quello rosso. Goku è quello piccolino, con gli occhi grandi e dorati. E’ arrivato il giorno dopo di me. E quella scimmia mi si è subito appiccicata addosso. Poi Hakkai… lui è qui da prima che arrivassi. Ma non è che ci sia sempre. Molto volte è malato o comunque non piace molto… il rosso è Gojyo. Sua madre credo sia una di quelle che sono qui da molto. E’ stato con il padre, ma la matrigna lo stava per uccidere…-

-Ho capito- il moro, si mise una mano sugli occhi mentre camminava, apparentemente come se volesse massaggiarsi le tempie. – e tu?-

-…-

-Non ti piace parlare di te. Continua comunque.-

-Quelli che – e il ragazzino chiuse gli occhi –prendono di più, siamo io e Goku. Lui dicono tutti che ha degli occhi da – e sembrò quasi disgustato dalla parola – cucciolo. Poi, anche Gojyo, ma lui piace di più alle donne in generale. E poi… - fece una pausa, come se per dire quelle parole dovesse prendere la rincorsa – dopo Goku, gli uomini preferiscono me. Dicono che sembro una ragazzina, una piccola Geisha.- concluse schifato il biondo.

-Direi che per te l’apparenza inganna… non mi sembri una femminuccia-

Dagli occhi del ragazzino stavano iniziando a scendere lacrime, che cercava di  celare. L’uomo se ne accorse, e si morse il labbro per aver usato parole sbagliate. Anche lei usava parole sbagliate, ma a lui erano sempre sembrate le più giuste.

-Se per colpa tua muore la persona che amavi di più, ti accorgi di essere debole. Ti fai sporcare una volta, perché non hai saputo essere forte. Ti prendono solo perché sei solo, e non riesci ad opporti. Ti usano come vogliono come se fossi un oggetto, non ti riesci a guardare nello specchio ne’ ad alzarti. Forse l’apparenza è meritata.- E il ragazzino ricaccio indietro le lacrime.

-Direi che ora tocca a me raccontare. Per evitare inutili tue ipotesi, e anche le solite voci che girano. Forse sai chi sono, ma te lo dico comunque. Sono Homura Toshin Taishi, ultimo discendente della stirpe Taishi. Soprannominato Principe Dio della guerra, per come combatto, da principe ma anche da dio della morte. Questo te lo possono dire tutti, ma il perché lo sono diventato, nessuno. Solo perché vorrei morire in una battaglia. Sanno tutti che sono della casata. Ma non sanno chi sono i miei veri parenti. Il vero erede è caduto in uno stato di catalessi dopo degli avvenimenti gravi per la famiglia. E gli sono succeduto io. Fino a 21 anni, sono stato tenuto praticamente in isolamento i n prigione, perché mio padre era uno degli eredi, e mia madre una semplice donna del popolo. Si amavano, ma lei doveva sparire per un suo matrimonio d’interesse. Li hanno uccisi, ma rimanevo io, la pietra dello scandalo. Così fui messo in prigione.- disse l’uomo, continuando a camminare e tenendo fisso lo sguardo davanti a se, come se fosse perso nei ricordi, o concentrato a raccontare il massimo nel minimo possibile.

Il bambino intanto continuava a guardare i capelli corvini davanti a lui. Quel uomo forse aveva più cose in comune con lui di quante non sembrasse realmente.

-Se questo mi può far avvicinare a te, mi è stato riservato più volte il tuo stesso trattamento, in prigione. Donne non ce ne erano, e quindi… facevano come potevano. Ovviamente una volta fatto uscire di prigione, e nel giro di qualche mese fatto principe, quelle stesse persone avevano molta paura… spero che lo stesso succeda con te.-

Il ragazzino tacque a quella aperta confessione, fatta tanto per levarsi un peso, quanto per dimostrare al piccolo, che non tutto è come sembra. Ed anche un minimo per prendersi la fiducia del ragazzino.

-Appena uscito di prigione, il sole era accecante. La prigione era stata così buia, che sentivo ancora freddo. Nel giardino del palazzo non c’era nessuno. Dopo un po’, mentre girovagavo nel parco, incontrai una ragazza: aveva delle vesti semplici, ma di un bel tessuto azzurro, non aveva l’aria della nobile, ma neppure una popolana. Mi scontrò, e mi chiese scusa. Nessuno mi aveva mai chiesto scusa per niente. Lei per una cosa così piccola. Mi affascinò subito. Solo dopo scoprì che era una ragazza che lavorava nel palazzo, ma che ha volte doveva… diciamo vendere il suo corpo. Come te. Si chiamava Rinrei. Non so se ne rimasi affascinato perché era la prima persona che mi trattava come un essere umano, fattostà che me ne innamorai. E lei si innamorò di me. Quei due tre mesi, furono i più belli della mia vita.- Il racconto era scandito da pause più o meno lunghe, come se le parole fossero state acqua da buttare su della sabbia, ed uno aspetta che si assorba ciò che si è gettato prima di buttarne dell’altro.

-Durante le giornate, prima dovevo allenarmi nelle arti marziali, il mio corpo dalla prigionia era rimasto indebolito, e per prendere nella famiglia un ruolo, dovevo saper combattere. Certo non immaginavo che avrei dovuto avere proprio quel ruolo. Le giornate comunque sia, passavano tra allenamenti, lezioni di vario tipo, e con lei. Riuscivamo a vederci tutti i giorni, e seppure ci criticavano, noi eravamo felici. Semplicemente stare in piedi, su un prato, mentre lei seduta tra i fiori mi dava felicità. Non centra molto nella storia vero?- disse l’uomo al ragazzino, facendo un sorriso. Si era lasciato andare al suo ricordo.

-In quel periodo, ciò che succedeva fuori non mi importava molto. Gli allenamenti mi sfiancavano, lo studio esauriva la mia mente, e lei… beh, lei prendeva tutto il resto, il mio cuore, la mia anima. Non avevo il tempo di pensare al resto. Ripensandoci con il senno di poi, avrei dovuto informarmi, così tutto questo non sarebbe successo. Delle persone della mia famiglia tramavano nell’ombra. Colui che aveva il mio ruolo, era solo un ragazzino, ma era una micidiale macchina da guerra. Suo padre, voleva colpire l’imperatore, e diventare lui stesso l’imperatore. Ma aveva fatto male i conti con alcune persone. Ci fu una battaglia nel palazzo, di cui tutt’ora si sa poco. Tre militari e un alto burocrate, con un ragazzino eccezionale a combattere, rimasero barricati in un palazzo e successivamente morirono. Ma con loro tutto l’esercito mandato contro di loro. Gli unici sopravvissuti furono i due ragazzini: colui che ho succeduto, fu trovato in uno stato quasi vegetale. Mentre l’altro fu trovato coperto di sangue. Ma non era suo sangue. Fu imprigionato. Le sapevi queste cose?- e si rivolse al ragazzino.

-Avevo sentito qualcosa…ma ero piccolo, e anche dopo, le notizie che giungono dall’esterno non mi interessano.- rispose subito l’altro.

-Finche non ti coinvolgono, vero?- chiese l’altro, avvertendolo di un errore in cui lui stesso era caduto.

I due continuavano a camminare nell’alba che arrivava, a passo lento ma costante, Homura davanti e Koryu che lo seguiva. Entrambi erano rimasti in silenzio, ciascuno pensando ai propri errori, o comunque al proprio passato, giusto o sbagliato che fosse, ma purtroppo mai più modificabile.

-Non manca molto, fra poco dovremmo esserci. Finisco in maniera breve ciò che ti stavo raccontando. Durante quella battaglia, ero riuscito, incredibilmente, ad andare via con Rinrei per qualche giorno, in una proprietà della famiglia, che ero riuscito ad avere… diciamo facendo leva sul pudore che ciascuno ha. Ovvero minacciando colore che mi avevano usato. La casa, per il mio silenzio. La gente è codarda nell’assumersi la colpa delle sue azioni, ricordalo. Quando tornai, seppi tutto. Ma non immaginavo ciò che ne sarebbe seguito. Fui convocato dall’imperatore. Mi dissero che gli erano arrivate voci della mia relazione con Rinrei, e che lei doveva essere giustiziata, una cortigiana non poteva unirsi con me. E che in seguito alla morte di Nataku Taishi, sarei diventato io l’erede della casata, prendendo il titolo e tutto. Non riuscii a reagire, provai a oppormi, ma non potevo. Appena uscito dal palazzo corsi come non mai da lei, sentivo che sarebbe accaduto qualcosa. L’avevano già portata via. Corsi verso il luogo dell’esecuzione. La uccisero davanti ai miei occhi. Non potevano, non aveva fatto nulla di male, nessun processo nulla. Erano andati a casa, l’avevano presa, portata lì con un motivo qualsiasi, forse le avevano detto che l’aspettavo, e l’avevano uccisa alle spalle. Avrei voluto ucciderli, ammazzarli senza pietà, perché mi avevano portato via tutto. Ma non ci riuscii. L’unica cosa che seppi fare, fu di tenere il suo corpo morto fra le braccia. Non so quanto rimasi lì. Era arrivata la sera, le lacrime continuavano a cadere, senza che io potessi fermarle. Riuscii non so come a portare il suo corpo fino alla casa. La seppellì nel giardino dove ci incontrammo, tanto tutto quel luogo era mio ormai. Mi accorsi troppo tardi del meccanismo corrotto e deviato di quel mondo, dove ogni cosa sapeva di marcio. Ero diventato una marionetta nelle loro mani.-

I due continuavano a camminare in silenzio, non si guardavano neppure. Homura stava rivivendo davanti ai suoi occhi, in un doloroso flash back, la morte di colei che amava. Vedeva ancora il sangue che c’era sulle sue mani, che usciva dalla schiena della ragazza, mentre il suo viso era sereno, come se non fosse morto, ma semplicemente addormentato. Come se una sua semplice carezza potesse farla svegliare ed illuminare il suo viso. Vedeva ancora il kimono bianco che le aveva messo per seppellirla, sotto il grande albero di ciliegio in fiore, il corpo che non avrebbe più stretto, fasciato da quel kimono da sposa che non avrebbe mai indossato per lui. E infine il silenzio di quel grande palazzo.

Koryu non era stato tanto colpito dalle parole dell’uomo, ma nella mente gli era entrato il tono, che aveva risvegliato anche in lui dei flash back. Vedere le persone a se care che muoiono davanti a tuoi occhi, che portano con se nell’aldilà, anche la tua vita.

 

-Credo che dover seppellire con le proprie mani, la persona che si ama, sia una cosa di cui non si può veramente capire il senso, fino a che non ci arrivi. Ti lascia svuotato di tutto, davvero. Una casa morta e vuota per un corpo morto e vuoto.- disse improvvisamente il moro, rompendo quel silenzio, con quelle poche e semplici parole, dette sommessamente, ma che a tutti e due sembrano essere state urlate.

 

Homura e Koryu, per tutto il resto del percorso, fino alla tenuta Taishi, rimasero in silenzio. Il biondino si continuava a chiedere cosa volesse da lui quel uomo: cosa si sarebbe dovuto aspettare? Aveva imparato a riconoscere le persone quasi subito, ma quella persona che l’aveva “comprato” non riusciva a definirla. Misteriosa? Eppure gli aveva raccontato quasi tutto di lui.  Crudele? Per ora non lo aveva ancora usato. Avrebbe dovuto fidarsi, o alla prima occasione scappare? Stranamente non riusciva a decidersi… I sentimenti che provava erano contrastanti come gli occhi di quel uomo, che nonostante tutto erano sicuri… perché davano sicurezza. Come quelli del suo maestro. Sarebbe passato da una prigione ad un’altra… anche se lì gli sarebbe mancato qualcuno, qualcuno di noioso, che sicuramente avrebbe sentito la sua mancanza.

 

Entrarono nella grande tenuta, dove Koryu si continuava a guardare attorno, si sentiva quasi perso in quel gigantesco salone, come se gli ricordasse qualcosa. “Il legno così… il rumore di passi sul legno…”. Notando che il bambino era quasi imbambolato nell’atrio, Homura lo richiamò alla realtà, invitandolo a lasciare nell’atrio quel poco che si era portato, e indicandogli una stanza attigua, dove l’uomo dai capelli corvini si sedette compostamente per terra, davanti a un tavolino, sul quale c’era del tè. Il ragazzino lo seguì, sedendosi davanti a lui.

-Avanti, serviti pure, fuori non faceva per nulla caldo.- esortò il padrone di casa al ragazzino, con fare affabile.

Koryu così si versò del tè, effettivamente aveva piuttosto freddo e si sentiva veramente stanco, e lo iniziò a bere, mentre l’ospite riprendeva a parlare.

-Allora… devo ancora far sistemare la tua stanza, sarà pronta domani, al massimo dopodomani. Poi… domani mattina potrai dormire fino all’ora che vorrai, sarai stanco. Uno o due giorni di riposo e inizierai con gli allenamenti e lo studio.- Terminò Homura con tono calmo, ma che non ammetteva ne’ repliche ne’ domande.

-Va bene… ma questo cosa significa?- chiese Koryu sulla difensiva.

-Lo scoprirai a tempo debito… -

-Cosa pensa di fare con gli altri tre?-

-Perché ti interessa?-

-Così… per sapere se dovranno ancora darmi fastidio.-

-Che carattere scontroso!- disse il moro ridendo -Direi che non lo so… finisci di raccontare quello che stavi dicendo prima, e poi come ti danno fastidio.-

-L’unico che non da fastidio è Gono. Con lui si riesce a parlare seriamente. Mentre quel altro… Sha, non fa altro che rompermi, mentre litiga con Goku. Lui si che è il più molesto. E’ una piccola stupida scimmia, che pensa solo a mangiare. Di giorno lo vedi sempre con qualche pezzo di torta o cose simili in mano, e poi non riesce mai a stare da solo!- continuava a lamentarsi il biondino, seguitp divertito e incuriosito dall’uomo. –Le ragazze gli sono sempre intorno a coccolarlo, lo considerano quasi una specie di bambola, gli vogliono tutte molto bene. Lui lo fa senza malizia, gli piace stare tra le persone, si fida molto della gente, anche se non dovrebbe… cercano di proteggerlo sempre. Di notte dopo... dopo quello, cerca sempre qualcuno con cui dormire, che lo coccoli, come se avesse paura. E quel moccioso si è anche attaccato a me! Non capisce che certe persone amano stare da soli! Cerca sempre di farti venire quella sua voglia di vivere! Come se tutti dovessero essere felici per forza! E se non trova nessuno, viene a dormire nella mia stanza. E non se ne va! E’ davvero irritante! Ora sarà veramente irritante-

-Direi che ci sei affezionato invece-

-Cosa!?! E’ davvero irritante! Siamo arrivati insieme lì, e da quel momento si è subito attaccato a me. Dice che i miei capelli sono come il sole. Ma se da lì il sole non si vede mai… Starà rompendo a tutti ora! E poi… ora… lo useranno di più…- aggiunse a bassa voce, stringendo i pugni. Ci aveva subito pensato, se lui non ci fosse stato, cosa ne sarebbe stato di Goku? Lo avrebbero usato di più? Tutte le volte che vedeva qualcuno salire con lui, gli prendeva la rabbia. Come si poteva usarlo? Quella stupida scimmia non doveva essere toccata da nessuno. Doveva solo schiamazzare e dargli fastidio. La sua stupida scimmia, l’unica persona lì dentro che riusciva ancora ad avere un sorriso sincero.

Homura si accorse del cambiamento del ragazzino, probabilmente si stava preoccupando dell’altro, come una specie di fratello maggiore. Forse più avanti avrebbe fatto qualcosa. Da quella descrizione fatta così, doveva essere una persona vivace, forse avrebbe riempito quella casa.

 

Improvvisamente Homura si alzò, seguito subito da Koryu, che aveva da poco finito il tè. Percorsero alcuni corridoi, fino ad arrivare in un’ampia stanza che dava sul giardino centrale, con i mobili all’occidentale, con al centro un letto matrimoniale. L’uomo stava iniziando a cambiarsi, tirando fuori da un armadio, uno yukata blu. Il ragazzino invece, pensando già a quello che stava accadendo, si iniziò ad abbassare una manica del kimono che portava, ridendo di se stesso, per essersi illuso che sarebbe potuto cambiare qualcosa. Ma la mano dell’altro, fece fermare la sua, premendo leggermente sulla sua spalla magra

–Ma cosa hai capito! Onestamente, non ti ho preso per quello…- e per far scendere il leggero imbarazzo del biondino, cercò di sdrammatizzare –Non sei per nulla brutto… ma… onestamente non sono ancora così pervertito!- e rise, in fondo doveva aspettarselo qualche equivoco di quel tipo.

Koryu arrossì violentemente, che figura… e che fastidio. Ma almeno non avrebbe dovuto fare nulla, perlomeno quella notte. –Ecco… pensavo…- balbettò.

-Figurati. Uno si aspetterebbe così, no? E’ solo per stanotte, anzi, stamattina, domani avrai la tua camera. Ora dormi, sarai stanco. Domani ti spiegherò tutto. Buona notte.-

Così dicendo, il moro si mise dal un lato del letto, mentre Koryu fece lo stesso nell’altro lato, addormentandosi immediatamente. Non appena Homura sentì che il respiro del ragazzo si era fatto regolare, si rialzò, e si recò in giardino, dove si sedette sotto un grande albero di ciliegio, a fissare un punto indeterminato nel vuoto, mentre i petali stavo iniziando a cadere, sotto quel vento, e il giorno iniziava a ritornare anche su quel palazzo. 

  
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