Gli essere umani sono la cosa più semplice e, allo stesso tempo, complessa.
Non importa per quanto tempo si sta accanto a loro, non si potranno mai comprendere del tutto.
E, anche se non si comprendono del tutto, le loro azioni sono semplici e lineari.
Solo quando si tratta di amore, allora, tutto si sballa, diventando qualcosa che io non posso capire.
O almeno credo.

“Te lo chiedo di nuovo, Izaya. Come puoi amare Shizuo?”
Psyche è seduto accanto al suo padrone, alla sua copia umana. Lo sta tartassando da ore con la stessa domanda.
Come puoi amare Shizuo?
Una domanda strana, per un robot. Eppure lo vuole sapere.
Vuole sapere come amare, vuole capire quali reazioni si attivano.
Vuole capire la chimica del cervello umano.
“Dimmelo.”
Gli tocca il viso, accarezzandolo piano. E anche se lo osserva negli occhi non può capire i sentimenti che Izaya sta provando.
Paura. Odio. Terrore.
Tutto è dentro a quello sguardo, ma Psyche, nella sua mentalità di robot, non può comprendere nulla del genere.
Per questo lo sta tenendo legato al suo letto da ore.
“Io voglio saperlo. Voglio capirlo.”
Izaya non può spiegarglielo perché neanche lui lo sa.
Potrebbe dire un sacco di belle parole, usare le frasi di poeti e amanti. Potrebbe spiegarglielo in mille modi diversi e ancora il robot non lo comprenderebbe.
E anche se glielo fa notare non verrebbe ascoltato.
Non lo ha fatto la prima volta, come potrebbe la seconda?
“Capisco. Tu non mi servi.”
Izaya si copre gli occhi con le sue mani, ma quegli occhi non si chiudono.
Izaya vorrebbe piangere, ma non può farlo.
Izaya non può fare nulla.
Non può fermare Psyche nel vestirsi come lui e sorridere a Shizuo.
Non può impedire che loro due si bacino.
Non lo può fare perché è stato ucciso.
Può solo osservare.
E maledire di aver creato un se stesso troppo simile a lui.