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Autore: Noth    18/09/2011    4 recensioni
L’aria profumava di pancakes bruciati. Il sole entrava dalla tenda rosa e gialla creando dei fasci di luce particolarmente fastidiosi per i miei occhi. Non avevo però voglia di aprirli.
La notte prima, il giorno prima, i mesi prima erano stati un sogno troppo bello e vivido perchè avessi voglia di svegliarmi. Il profumo di Alec – un profumo di sangue, metallo e di una fragranza da pochi soldi che aveva comprato su consiglio di Jace qualche mese prima – aleggiava ancora tra le mie dita, tra i cuscini e nella stoffa del letto disfatto.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Dedico questa Malec alla mia adorata Ericuzzola. Alla mia amata HarryJo che ama Alec Lightwood. Io amo Magnus Bane. Ti voglio bene, pezzentella.
 


Pancakes.
"Che fosse quella la felicità?"








L’aria profumava di pancakes bruciati. Il sole entrava dalla tenda rosa e gialla creando dei fasci di luce particolarmente fastidiosi per i miei occhi. Non avevo però voglia di aprirli.
La notte prima, il giorno prima, i mesi prima erano stati un sogno troppo bello e vivido perchè avessi voglia di svegliarmi. Il profumo di Alec – un profumo di sangue, metallo e di una fragranza da pochi soldi che aveva comprato su consiglio di Jace qualche mese prima – aleggiava ancora tra le mie dita, tra i cuscini e nella stoffa del letto disfatto. Il materasso era ancora caldo sul suo lato, sentivo sotto i polpastrelli la sua confortante temperatura. I muscoli mi vibravano indolenziti, mi stiracchiai e pensai al disastro culinario che stava sicuramente avvenendo in cucina.
Mi alzai a sedere, osservando con un sorriso soddisfatto l’uniforme da Cacciatore di Alec sparsa sul pavimento e la mia maglietta preferita strappata e accartocciata a terra. Buttai l’occhio sulla mia libreria e notai con disappunto i boxer di Alec, quelli che gli avevo comprato per natale, sparsi tra i libri del XII e dei XIII secolo: babbo natale con la sua collanina hawaiana su uno sfondo di tessuto rosso decisamente stonava tra le vecchie ed impolverate copertine di quei mattoni di carta.
Respirai ancora quell’odore di zucchero bruciato, udii un paio di imprecazioni sottovoce e trattenni un sorrisetto.
Alec non imparava mai.
 
Dopo essermi messo i boxer ed una maglietta nera con scritto “I’m Magical” mi diressi ciabattando verso la cucina, con un mucchietto di stoffa rossa – con sopra stampato un babbo natale danzante – in  mano.
« Alec, dovresti imparare a mettere a posto ciò che lasci in giro. Non che trovare le tue mutande in giro per casa mi dispiaccia, ma tutto questo mio caos ha un ordine preciso. » mi appoggiai al bancone della mia cucina.
Troppo indaffarato a girare della pastella Alec non mi sentì nemmeno e continuò, le spalle curve e la lingua fuori per la concentrazione, ad armeggiare con due spatole ricoperte di una miscela bruciacchiata. Mi avvicinai alle sue spalle e poggiai una mano sul ripiano accanto ai fornelli. Guardando Alec non potei far altro che ridacchiare, ripensando a quanto pareva innocente con quel grembiule ricamato a farfalline, un paio di pantaloni dal ginocchio e una delle mie magliette bianche con la scritta “It’s Big”. Non ero del tutto sicuro che avesse inteso il significato di quella scritta. Se avessi dovuto dire cosa c’era di grande in lui non sarei stato eccessivamente malizioso ed avrei risposto il cuore.
Anche se non solo.
E pensare che andava in giro ad ammazzare demoni.
Sussultò appena mi notò.
« Mi distrai. » disse, lasciando che un po’ di pastella si spiaccicasse sulla padella bruciata.
« Ottimo lavoro. » commentai, indicando quelli che avrebbero dovuto essere dei pancakes ma che somigliavano molto di più a cacca di cavallo.
Alec mi scoccò un occhiata di sfida.
« Sapresti fare di meglio? » chiese, passandosi una mano sulla fronte sudata e fissandomi con quei suoi occhi blu eccessivamente limpidi per essere sopportati la mattina presto.
« Alexander. » mormorai, con tono ovvio.
Agitai le dita e la padella tornò come nuova, una pila di soffici e dorati pancakes si dispose sopra un piatto di ceramica azzurro e l’odore di bruciato cambiò in una fragranza zuccherosa ed avvolgente che ti faceva quasi credere di stare già assaporando i dolcetti.
Alec storse il naso.
« Avrei dovuto specificare “senza magia”. » sbuffò e si tolse il grembiule.
Mi sentii un po’ in colpa, quindi presi un pancake e glielo diedi in mano. Lui lo osservò, leccandosi le dita laddove lo zucchero aveva lasciato quell’alone appiccicoso tipico. Si sedette poi a tavola, smangiucchiando svogliatamente la sua colazione.
« Alec, la magia fa parte del mio essere. » replicai, prendendo due pancakes e facendo apparire distrattamente due frappuccini fumanti targati Starbucks. Di solito non bevevo caffè così commerciale, ma era il preferito di Alec.
Avrei fatto qualsiasi sciocchezza pur di farlo felice.
« Sì, ma non del mio. »
Mi avvicinai al tavolino e mi sedetti in fronte a lui, sorridendo e gli carezzandogli uno zigomo, ridendo della sua espressione imbronciata.
« E vuoi mettere quanto è più bello? » lo incoraggiai. « Fare tutto a mano? I miei sono solo trucchetti. » poi ci ripensai. « Ottimi trucchetti, in effetti. »
Lui mi guardò storto ed io alzai le spalle.
« Alec tu sei genuino. Metti impegno in tutto quello che fai » diedi un morso al dolcissimo pancake. « E non è una cosa da poco. »
Lui si guardò le mani, assumendo quell’espressione che mi faceva annodare le budella, uno sconosciuto bisogno di abbracciarlo si impossessava di me.
Tra noi  c’era un rapporto strano. Non ci lasciavamo andare a troppe effusioni, ciò che sentivamo l’uno per l’altro si nascondeva dentro di noi, mettendo radici e sradicando le convinzioni dall’interno. E non vi era nulla di più doloroso e bello.
Io amavo Alexander Lighwood.
E sapevo che lui amava Magnus Bane.
« Anche tu sei genuino. » disse.
Io risi. Genuino non si sposava esattamente bene con me, ma non lo contraddissi.
« Hai avuto una buona idea, questa mattina. »
Alec sorrise, finendo il pancake e parlando a bocca piena.
« Dio, amo i pancakes. » si leccò le labbra come un bambino che ha appena finito di mangiare il suo tanto agognato panino con la marmellata di fragole.
Mi alzai e mi allunga verso i lui, azzerando la distanza che ci separava, ed assaggiando il gusto dei pancake direttamente dalle sue labbra. Rimase sgomento qualche istante, poi rispose con tutto ciò di cui avevo bisogno. Ma non sapeva solo da pancakes. Sapeva anche da Alec: di zucchero, di fragilità, di paura, di affetto, di confusione, di amarezza e, sorprendentemente, sapeva anche un po’ di me.
« E io amo te. » risposi, prima di rendermene conto. Lo sentii sorridere tra le mie labbra, lo sentii tremare.
Mi allontanai e non potei far altro che bearmi della vista delle sue guance infiammate.
« Ti insegnerò a fare i pancakes. » disse, prendendomi una mano e dimenticando il pessimo inizio della mattinata.
Lo guardai, cercando di capire se scherzasse.
« Credevo non li sapessi fare. » esclamai, dubbioso.
« Oh, bè, posso sempre migliorare » commentò, « con l’aiuto di uno stregone di mia conoscenza. »
Si alzò, e mi venne accanto, abbassandosi su di me ed afferrandomi con delicatezza il viso.
« Affare fatto? »
Sorrisi. Lo baciai.
« Affare fatto. »
Si infilò il grembiule, strizzandomi l’occhio.
« Potrebbe volerci del tempo. » mi avvisò, sorridendo.
« Ho tutto il tempo del mondo, Cacciatore. » gli passai un braccio attorno alla vita.
Sì avvicinò al frigo, prendendo gli ingredienti necessari. Poi parve ricordarsi di qualcosa.
« Cosa dicevi quando sei entrato e stavo cucinando? »
Avvampai.
« Niente, Alexander, niente. Lascia pure le tue mutande dove vuoi. »
Mi guardò confuso e gli risposi con un alzata di spalle.
Scoppiai a ridere.
Che fosse questa la felicità?
 




 
                                                 
   
 
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