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Autore: tersicore150187    18/09/2011    10 recensioni
L'integerrima detective Beckett mostra un lato di sè del tutto inaspettato in una situazione complessa e delicata. Al suo fianco a proteggerla, come sempre, il fidato scrittore Richard Castle.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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Route 66

 

Capitolo 1

Come quasi ogni mattina da tre anni a quella parte, Richard Castle usciva dalla caffetteria di fronte al 12mo distretto con due bicchieri di cartone colmi di liquido fumante nelle mani. E come sempre era in ritardo. Sgusciò veloce tra gli addetti davanti al palazzo per guadagnarsi l'ascensore insieme all'agente Karpowski che era scesa a ritirare dei fascicoli in archivio.

“Hey Karpowski” disse Richard un po' imbarazzato. Quella donna non gli era mai piaciuta.

“Hey Castle” rispose lei senza troppa enfasi, prima di aggiungere “non so come ho fatto a non pensare a fare la scrittrice milionaria di gialli nella vita. Avrei sempre potuto fare il poliziotto part-time!”. Quella frecciatina gli arrivò senza cattiveria, provocando solo un sorriso indisposto e seccato, e un broncio alquanto infantile. Uscirono dall'ascensore lui pensando al pessimo modo in cui era iniziata la giornata e lei ridendo sotto i baffi.

Diversa cosa sarebbe stata incontrare Beckett e salire fino in ufficio solo con lei. Si sarebbero scambiati qualche battuta e qualche occhiata furtiva, lui avrebbe respirato il suo intenso profumo che si diffondeva nella cabina, il tutto condito da quella atmosfera fresca e frizzante che accompagnava ogni primo mattino, quando le persone erano ancora perfette nei loro indumenti e la loro pelle profumava ancora di bagnoschiuma. Non che lui non la adorasse anche la sera, anche dopo che una giornata estenuante aveva lasciato quei meravigliosi ed impercettibili segni di stanchezza sul viso di Kate, quando il suo profumo era ormai misto all'odore della sua pelle lievemente sudata e del cotone delle sue camicie. Anche in quei momenti, mentre osservava le morbide ciocche spettinate ricadere in modo ribelle sul suo collo bianco, restava estasiato dalla sua bellezza, come se lei fosse un'opera d'arte, o un vino, destinato a diventare solo magicamente più profumato e corposo col passare del tempo.

Nei suoi occhi si disegnò l'immagine del suo profilo seduto alla scrivania, della sue lunghe gambe che portavano fiere quei tacchi vertiginosi che, lei gli aveva detto una volta, la facevano sentire più vicina a Dio. Ma quando avanzò non la vide seduta al suo posto. Prima di prorompere in una domanda idiota osservò, da bravo “detective volontario”, la scrivania. La pila di rapporti ferma, una busta della corrispondenza interna intatta. Se ci fosse stato un omicidio, anche improvviso, lei lo avrebbe avvisato e poi Ryan ed Esposito non sarebbero stati in ufficio. Un pensiero lo assalì. Si sporse furtivo e sbirciò dalle veneziane la sagoma di “Iron” Gates china sulle scartoffie. Sola. Ok Beckett non era stata neanche chiamata dal capo. Che stesse male? Riconobbe con se stesso di essere diventato troppo apprensivo, Kate in fondo non era la sua bambina, come tutti, ognuno a tempo debito, gli avevano fatto notare. Si avvicinò sorridente alla scrivania dei colleghi e cercando di apparire più tranquillo possibile, salutò e offrì loro i caffè.

“Non vi offendete eh? Sapete che sono sempre il mio e quello di Kate”.

“Tranquillo amico, non siamo gelosi!” rispose giocoso Ryan.

“Hey, Beckett ha chiesto malattia per caso?” chiese lo scrittore rivolto ai due.

“E tu come lo sai?” gli rispose Esposito lievemente turbato da quella sorta di connessione mentale.

“Hm, lascia perdere. È a casa?”

“sì ma ha dato ad intendere di non voler essere disturbata...non so se mi spiego”.

Quell'occhiata di Esposito fece pensare a Castle che la detective non fosse propriamente moribonda o chissà cos'altro...ci pensò su molto poco e poi voltando le spalle rispose “e quando mai io ho obbedito ad una indicazione di Beckett?”. E uscì.

 

Arrivato sotto il palazzo della donna suonò energicamente il citofono in attesa di risposta. Dopo qualche manciata di secondi si guardò intorno e fece il giro dell'isolato andando a finire sul retro dell'edificio.

“Macchina sotto il palazzo, posta nella cassetta non ancora ritirata, finestra della cucina aperta”. Constatò osservando la verandina che dava sul retro. Dalla tenda scostata vide per un istante la sagoma della detective e corrucciò la fronte al pensiero che non gli avesse aperto.

Tornò al portone giusto in tempo per approfittare della cortesia di una ragazza che stava entrando e che, riconoscendolo, gli tenne aperto. Salì a due a due i gradini, stranamente emozionato, controllò l'orologio per assicurarsi che non fosse un orario indiscreto. Le dieci e un quarto. Non troppo presto perchè qualcuno in un normale giorno di lavoro stesse dormendo, non troppo tardi perchè quel qualcuno fosse uscito per chissà quale motivo o stesse per pranzare. Beh, non che non l'avrebbe volentieri portato a pranzo fuori, quel “qualcuno”. Bussò e attese pazientemente, ma nessuno gli aprì. Sempre più insospettito dallo strano comportamento della donna Castle fece per scendere a piano terra a citofonare nuovamente, quando improvvisamente la porta si aprì e ne uscì un uomo bassino e vestito di nero accompagnato da Jim Beckett.

Castle riconobbe subito il padre di Kate e lo salutò cordialmente. Lui, per niente turbato da quell'incontro ricambiò affettuosamente il gesto dandogli una pacca sul braccio e voltandosi immediatamente ad aprire la porta di casa della detective con la sua copia delle chiavi, che teneva per le emergenze, fece cenno allo scrittore di entrare dicendogli “Kate è in cucina, le farà piacere la tua visita”.

Castle osservò i due uomini allontanarsi chiacchierando serenamente e si rese solo allora conto che il padre di Kate non aveva fatto un minimo cenno a presentargli lo sconosciuto accompagnatore e che ora lui si trovava imbambolato davanti alla porta aperta dell'appartamento della detective.

Fece capolino, preoccupandosi di doversi o meno coprire gli occhi, o meglio non preoccupandosi. Chiamò “Beckett, hey Beckett” attendendo pazientemente sul limitare della porta, ma non udendo alcun rumore bussò nuovamente per manifestare la sua presenza.

Kate si affacciò allo stipite della porta e con un espressione più che stupita esclamò “Castle, che ci fai qui?”

“Io ecco...beh...stamattina non c'eri al distretto e così ho pensato...poi sono arrivato e tuo padre...” disse indicando con il pollice la porta alle sue spalle. Poi la guardò e disse “Ho pensato di portarti il caffè”.

“E?” chiese lei con aria interrogativa.

“E cosa?” rispose lui cercando di arrampicarsi sugli specchi in quella improvvisata che chiaramente non era stata gradita

“E dov'è il caffè?”

“Ah beh ecco...l'ha bevuto Esposito” disse lui ormai sconfitto e verbalmente incapace di ribattere.

Lei per tutta risposta inarcò il sopracciglio e lui disse “oh andiamo non hai del caffè in casa? Posso preparartelo anche subito!” ma davanti al mutismo della detective per togliersi da quel tremendo imbarazzo disse “Ok Beckett evidentemente non è stata una buona idea venire qui, scusami tanto” e si voltò per andarsene. Ma lei lo blocco con le parole. “No Castle resta per favore” disse portandosi una mano sulla fronte “Scusami è che non mi aspettavo di vederti qui...” continuò. “Avanti, facciamo questo caffè” disse concludendo ad un Castle ancora un po' titubante e andò a richiudere la porta dietro di lui.


 

Per tutta la durata della visita l'atmosfera restò leggermente tesa. Man mano che lo scrittore cercava di indagare i motivi della assenza dal lavoro di Beckett e del suo strano comportamento, lei diventava più evasiva e faceva cambiare rotta alla conversazione. Dopo che ebbe guardato per la terza volta l'orologio Castle si alzò dalla sedia del soggiorno e disse “Forse non ho scelto il momento migliore per passare Beckett. A domani”. Poi si girò fece tre passi e si fermò al centro del salotto.

Si voltò lentamente e fissò la detective allibito. “Come??? Non mi richiami? Niente “scusami Castle è che sono un po' sovrappensiero?” niente “grazie per essere passato” niente di niente?”. Non era realmente arrabbiato, solo stupito e sconcertato. Non aveva mai capito le donne, ma con Beckett aveva toccato l'apice. Eppure fra loro era diverso, lei era una leonessa non un “mio mini pony” pieno di fiocchetti e accessori firmati dal muso alla coda. Lui sentiva dentro di lei e capiva che gli stava nascondendo qualcosa. Lei si alzò dal suo posto e gli andò incontro mettendosi di fronte a lui molto vicino e sillabò “No Castle, niente smancerie. Vattene, ho da fare!”.

Lui si limitò a rispondere ancora più sconcertato “No!”.

“Cosa?” chiese lei al limite della sopportazione.

“Hai sentito benissimo detective. Ho detto “NO”. Quando mai ho ubbidito ai tuoi ordini? E bada signorinella o mi dici che sta succedendo o diventerò così noioso e irritante che sarai tentata di mettermi a tacere per sempre!”

Beckett non riusciva a proferire parola, restò a bocca aperta mentre Castle si aggirava come un moscone nel suo appartamento borbottando “Ma che diamine è successo? Una volta ti fidavi di me Kate Beckett!”. Mentre passava dal corridoio l'occhio gli cadde sulla porta della camera da letto aperta. Gli bastò una veloce occhiata per vedere che c'erano delle borse aperte sul letto con della roba piegata e sistemata un po' dentro e un po' fuori. Ne prese una piccola, dal manico, e la portò alla detective. Abbandonò la sua aria canzonatoria e guardò serio la donna e senza prendere fiato le disse “Kate che sta succedendo? Io e te abbiamo sempre parlato di tutto...davvero non hai più fiducia in me? Si tratta di Josh? Continua a chiamarti? È stato insistente...ti ha fatto del male Kate? Devi dirmelo ti prego”.

Gli occhi della donna si riempirono di lacrime fece per voltarsi ma Castle la trattenne dal braccio, avvicinandosi a lei e mollando la borsa sul divano.

“Chiedimi di andarmene e me ne andrò all'istante, ma ricordati una cosa Kate Beckett, non potrai mai impedirmi di cercare in tutti i modi di proteggerti”.

Lei si voltò verso di lui e si asciugò nervosamente le guance con il dorso della mano. Poi si schiarì la voce, prese un respiro e disse “Non si tratta di Josh, Castle, è qualcosa di peggio. Sono nei guai”.




Angolo dell'autrice:

Carissimi eccomi tornata con una nuova ed originale idea!

Spero che vi piaccia e vi appassioni,
è un po' che sono alla ricerca di una nuova ispirazione ed è molto difficile, perchè questo gruppo è pieno di scrittrici con molta fantasia e bravura e a volte, con poca creatività, si rischia di finire con lo scrivere sempre le stesse cose e copiare storie stupende già pubblicate.

Io mi sforzo, nel mio piccolo, di essere creativa, originale e soprattutto corretta.

Ringrazio davvero tutti, tutte le ragazze del famoso gruppo Castle Made of EFP Writers e tutta la mia special family.

Vi abbraccio e vi auguro una spelndida attesa.....che terminerà tra pochissime ore....per la season premiere  *.*

Tersicore150187 a.k.a Muusa

  
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