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Autore: L u c i n d a    19/09/2011    8 recensioni
"...Era grosso, peloso e di un colore indefinito tra il marronciognolo misto all’arancione scuro, striato sul dorso e sulle otto zampe.
Un ragno, appoggiato al muro a meno di un centimetro dalla mia mano sull’interruttore. [...]
Lo osservai in tutta la sua mole, schifata da quella vista, sentivo lo stomaco ribollirmi e gli occhi implorare pietà.
Che faccio?
Dovevo levarlo da lì, ma non sapevo da che parte cominciare..."
Non so se definirla un’esperienza comica o tragica. Dedicato a tutti gli aracnofobici come me.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’ho mai detto che i ragni mi fanno schifo?

-come inaugurare al meglio 19 anni-








 

 

 

 

Non ho mai nutrito una passione sconsiderata per la natura, mi è sempre piaciuta la comodità.

Di certo direi una bugia se vi dicessi che da piccola gli animali non mi affascinavano, sarebbe pura menzogna se non ammettessi che per un periodo molto breve e disturbato della mia infanzia non avessi sognato il mio futuro in uno studio veterinario.

Gli animali mi piacevano eccome, ma con una certa selettività della quale mi accorsi solo crescendo.

Mi piaceva vederli e immaginarli attraverso le immagini che scorrevano sullo schermo della televisione, adoravo immaginarli nella loro vita quotidiana alle prese con la caccia, con i cuccioli e con il branco.

I felini erano quelli per cui stravedevo di più, forse perché ulteriormente influenzata dal mio cartone Disney preferito: gli Aristogatti.

Ma la mia passione finiva lì.

Non ho mai avuto la possibilità di avere un animale domestico poiché la mia casa era troppo piccola ed era risaputo che mia mamma nutrisse un disperato terrore per qualsiasi essere peloso a quattro zampe.

Niente cane, niente gatto, niente coniglio e niente criceto, sostanzialmente.

Solo una volta mi capitò di vincere un pesciolino rosso al parco giochi e lo portai a casa tutta felice, era il mio primo (e unico) animale domestico, lo chiamai Flipper.

Morì dopo una settimana, mi disperai.

Da quel momento in poi il mio interesse per la natura scemò gradualmente fino a invertirsi in ribrezzo. Cominciai a notare tutto ciò che di violento e schifoso succedesse negli ambienti selvaggi, nelle savane, nelle foreste, ma realizzai che la natura era presente dappertutto, anche a casa mia, e questa scoperta mi traumatizzò.

Mi resi conto che gli animali che avevo da sempre adorato erano tutti grandi e pelosi, non avevo mai considerato la parte più piccola di essi.

Gli insetti.

Gli aracnidi.

Mi viene il voltastomaco solo al pensiero.

 

*    *    *

 

Era il 13 settembre ed ero appena tornata da un week end fuori porta con il mio adorato ragazzo, un modo carino per festeggiare il mio diciannovesimo compleanno che sarebbe caduto il giorno seguente, il  14 settembre.

Dunque la sera del 13 fu una serata passata a raccontare a mia mamma che cosa avevo visto e fatto nel week end: guardammo le foto, leggemmo i volantini e nel mentre seguivamo in sottofondo le finali di Miss Italia.

Seratina tra donne insomma, continuata solo fino alle undici e mezza poiché per mia madre, che la mattina seguente sarebbe dovuta andare al lavoro, si era fatto tardi.

Così rimasi da sola sul divano a guardarmi un altro po’ di Miss Italia e ad aspettare la mezzanotte per vedere chi per primo mi avrebbe fatto gli auguri, accesi Facebook e caricai qualche foto, insomma, tutto molto tranquillo.

Arrivata la mezzanotte i messaggi ricevuti per primi furono ovviamente quello del mio ragazzo e quello della mia migliore amica, dovevo immaginarmelo. Rimasi sveglia un altro po’ per rispondere in diretta a tutti gli auguri che ricevevo su Facebook, poi, finalmente, verso mezzanotte e mezza, decisi di andare a dormire.

Bisogna tener presente che a casa mia intorno a metà settembre circolano ancora parecchie zanzare, quindi per poter dormire tranquilli non bisogna attirarle nella propria stanza.

L’unico metodo scientificamente provato, quindi, rimane quello di non accendere le luci, tralasciando il numero infinitesimo di volte che si rischia di morire inciampando e sbattendo in mobili o oggetti non al loro posto.

Dunque mi mossi al buio anche io onde evitare nottate spiacevoli, mi preparai per la notte e infine entrai nella mia stanza chiudendomi la porta alle spalle.

Decisi che non c’era più bisogno di preoccuparsi delle zanzare visto che la porta era chiusa e non sarebbero potute entrare da nessun’altra parte, così mi diressi al bordo del letto per accendere l’abat-jour e rendere chiari i contorni degli oggetti che mi circondavano.

Quello che vidi quando il mio dito premette sull’interruttore mi fece a stento trattenere un conato.

Era grosso, peloso e di un colore indefinito tra il marronciognolo misto all’arancione scuro, striato sul dorso e sulle otto zampe.

Un ragno, appoggiato al muro a meno di un centimetro dalla mia mano sull’interruttore.

Feci un salto all’indietro fino a ritrovarmi sulla soglia.

Lo osservai in tutta la sua mole, ero schifata da quella vista, sentivo lo stomaco ribollirmi e i miei occhi implorare pietà.

Che faccio?

Dovevo levarlo da lì, ma non sapevo da che parte cominciare, non volevo svegliare mia mamma.

Di prenderlo su un fazzoletto e buttarlo fuori non se ne parlava, non l’avrei fatto nemmeno con i ragnetti dal corpo piccolo e le zampe lunghe, c’era il rischio che mi salissero addosso e solo al pensiero di sentire quelle zampette camminare sulla mia mano mi faceva sentire male.

Figuriamoci questo che era enorme.

Non potevo nemmeno schiacciarlo poiché rischiavo di rovinare permanentemente il muro e rompere l’abat-jour a lui vicinissima.

Rimasi a fissarlo per un po’ cercando altri metodi efficaci per neutralizzarlo, ma non ne trovai alcuno che facesse al caso mio.

Andai in crisi, spalancai la porta e mi diressi in camera di mia madre.

«Mamma!» chiamai per ben due volte prima di riuscire ad ottenere la sua attenzione.  Poverina, era nel meglio del sonno. «Mamma aiuto, c’è un ragno gigantesco in camera mia!»

Un mugolio di disapprovazione misto a un ‘cosa vuoi’ uscì dalla sua bocca intrisa di sonno. Ripetei l’affermazione.

«Eh, uccidilo» fu la sua risposta tranquilla.

«Ma come faccio?! E’ grandissimo!» le risposi nervosamente. Lei si voltò verso di me e si mise a sedere. Evidentemente lesse sul mio volto la più pura preoccupazione perché si alzò di scatto e si diresse in camera mia.

La seguii di corsa fino a quando arrivammo alla soglia.

«Dov’è?» mi chiese, glielo indicai.

Sbiancò.

«Oddio.» disse sottovoce. «Oddio, ma da dove è entrato quel coso? Io non lo so cosa fare.»

«Come non sai cosa fare?» dissi io in preda al panico.

«Eh, non lo so!» rispose, facendosi contagiare dalla mia ansia.

Andò in bagno ordinandomi di tenerlo d’occhio, rimasi a fissarlo inorridita fino a quando mia mamma non fece ritorno con il raid in mano.

Il raid, giusto! Perché non ci ho pensato prima?

La vidi avvicinarsi a quell’essere disgustoso con fare sospetto e col braccio teso che impugnava la bomboletta.

Spruzzò senza pietà.

Ne schizzò talmente tanto che si creò un alone gigantesco sul muro, ma quel ragnaccio riuscì a fuggire intrufolandosi dietro il mobile.

E qui ci guardammo come per dire: ‘E adesso?’

Già, e adesso?

Non sapevamo se fosse vivo o morto, non sapevamo né dove fosse nascosto né quando fosse entrato in casa, l’unica consapevolezza era che ancora si trovava nella mia stanza, e che io non ci avrei più dormito se prima non avessi visto con i miei occhi il suo cadavere.

Rimanemmo qualche secondo a guardarci, a guardare il muro, a riguardarci ancora, spaesate e senza sapere più che cosa fare.

Poi vidi qualcosa camminare alla mia sinistra, sul mobile. Mia madre vide la mia espressione terrorizzata e il mio volto girarsi lentamente in quella direzione.

Attimi di pura tensione.

Era lui.

«Mamma!! E’ lì! E’ lì! Uccidilo uccidilo!!» sbraitai come un’idiota. Lei si precipitò

davanti al mobile e continuò a spruzzare raid a destra e a manca.

«Non muore! Non muore!» urlò lei in preda al panico più che mai, mentre il ragno continuava la sua fuga indisturbato. «Fai qualcosa! Fai qualcosa!» mi implorò.

«Che cosa?!» domandai io, mentre osservavo la scena da una debita distanza.

«Prendi qualcosa, cazzo! Una scopa! Lo zoccolone! Sbrigati!»

La mia stanza era infestata dal raid, mi fiondai nel ripostiglio e afferrai lo zoccolone.

Lo zoccolone, in verità, è un oggetto il cui nome vero e proprio mi sfugge, è un bastone che ha la forma della scopa, solo che a differenza della scopa alla fine ha delle spazzole parecchio dure, è un antenato del mocio, mia madre lo usava per dirigere lo straccio quando puliva il pavimento.

Chiudendo la parentesi dello zoccolone, che potrebbe sembrare una brutta parola ma in verità credo che sia un termine intraducibile che derivi dal dialetto del sud, ritorniamo a noi.

Corsi in camera e glielo porsi con aria trionfale. Mia madre mi diede il raid e mi ordinò di continuare a spruzzarglielo addosso mentre lei cercava di schiacciarlo.

Due cretine, pensai, mentre ci davamo da fare.

Alla fine riuscì a prenderlo e ululammo dalla gioia.

Tuttavia rimase ferma nella sua posizione per un po’.

«E se non è morto?» mi chiese. «E se quando mollo lo zoccolone lui cammina ancora?» questo pensiero ci traumatizzò all’istante.

«Prendi uno straccio!» mi ordinò.

Mi precipitai a prenderlo e quando ritornai lei era ancora nella stessa posizione di prima: una gamba avanti e l’altra indietro, lo zoccolone stretto in entrambe le mani e il volto concentrato. Non osava muoversi.

Per un attimo mi venne da ridere a quella vista. Povera mammina, e pensare che fino a qualche minuto prima stava dormendo beatamente.

Lei si accorse della mia espressione e cominciò a trattenersi dallo scoppiare in una risata.

Decidemmo di rischiare e di alzare lo zoccolone, in caso fosse stato ancora vivo io avrei dovuto finirlo con lo straccio. Io che sono una fifona, giustamente.

Il ragno per fortuna non si mosse, il suo cadavere accartocciato era lì per terra davanti ai nostri occhi.

Fiuu! Ci mancava solo che avessi dovuto ucciderlo con lo straccio, che schifo.

La mia stanza era un vero campo di battaglia: muro e pavimento imbrattato di raid, mobili spostati, vestiti a terra e peluche sparsi dovunque.

Però il ragno era morto, era quello l’importante.

Il suo cadavere era il nostro trionfo.

«Almeno raccoglilo tu» disse mia madre, la mia faccia schifata le strappò una risata.

«Io?» dissi riluttante, lo sa benissimo che mi fanno schifo i ragni, sia vivi che morti, era già tanto essere sopravvissuta a quella battaglia. «Ti prendo dei fazzoletti» conclusi, sviando la sua proposta. Lei raccolse il cadavere e lo buttò nella spazzatura.

«E se ha dei parenti?» le chiesi.

Mi mandò a quel paese con un gesto.

Ok, stavo esagerando, ma il solo pensiero che un altro coso di quelli fosse nella mia stanza bastava per non farmici più mettere piede.

«Spero di non essermi intossicata con tutto quel raid» mi disse lei. «Dormi con me stanotte, la tua camera puzza troppo.»

Non ci avrei dormito in qualsiasi caso nella mia stanza quella notte, sarei andata sul divano in sala.

Ma la mamma insistette affinché io dormissi con lei nel lettone.

Da quanti anni era che non dormivo nel lettone con mamma?

Tanti, ero ancora piccola.

E questo diciannovesimo compleanno si apre facendo un salto indietro. Sì, perché il mio compleanno è oggi e tutto questo casino è successo esattamente ieri sera.

Diciannove anni di ragazza che dorme nel lettone con la mamma per colpa di un ragnaccio cattivo.

Giustissimo.

 

L’ho mai detto che i ragni mi fanno schifo?

 

 

 


L’autrice:

 

Ragazzi, forse anche quel ragno voleva farmi gli auguri di buon compleanno, ma evidentemente non li ho saputi molto apprezzare..

Che schifo, non ci posso fare niente, sono degli esseri che detesto.

Prima che i miei si separassero ci pensava mio padre a eliminare gli ‘intrusi’, ma ora che lui non c’è dobbiamo cavarcela da sole e ogni volta è un film, vi giuro, quante risate.

La definirei una shot tragi-comica.

Spero che vi abbia fatto sorridere (:

 

Un bacio a tutti dalla vostra Luci, e se avete voglia di lasciarmi un commentino sappiate che lo leggerò volentieri ^^

 

   
 
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